del 19/02/2017 | ||
|
Archivi giornalieri: 19 febbraio 2017
rassegna
del 18/02/2017 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
–
Denunciare il datore di lavoro non è sempre causa di licenziamento
Richiedi una consulenza su questo argomento
Denunciare il datore di lavoro all’autorità giudiziaria o all’autorità amministrativa per presunti fatti che possono costituire reato, non può essere causa di licenziamento del lavoratore a meno che, la denuncia non sia pretestuosa e non costituisca una calunnia.
E’ questo quanto dichiarato dalla Corte di Cassazione con la sentenza nr. 4125 del 16 febbraio 2017. Nel rapporto di lavoro , la denuncia fatta da un dipendente alla Procura della Repubblica su presunti fatti compiuti dal datore ed integrante una qualsiasi fattispecie di reato, non può costare il posto di lavoro a meno che la denuncia non sia avvenuta con la consapevolezza di dichiarare il falso e, quindi, la volontà di accusare il datore di lavoro di fatti mai accaduti o dallo stesso non commessi.
Il fatto ha riguardato un lavoratore licenziato per giusta causa e “accusato” dal datore di lavoro di aver presentato una denuncia penale relativa alla utilizzazione “illegittima della cassa integrazione guadagni straordinaria e altre violazioni, relative alla disciplina legale e contrattuale del lavoro straordinario, alla utilizzazione di fondi pubblici e alla normativa sulla intermediazione di manodopera”. Accuse che il giudice delle indagini preliminari aveva ritenute infondate.
La Corte d’Appello riconosceva la legittimità del licenziamento sul presupposto che il diritto di critica del dipendente verso il datore non può spingersi sino al punto di intraprendere delle iniziative che,” superando i limiti del rispetto della verità oggettiva, siano idonee a ledere l’immagine e il decoro del datore di lavoro, determinando di conseguenza un possibile pregiudizio per l’impresa”.
Di diverso avviso è la Suprema Corte, secondo la quale il generale obbligo di fedeltà del lavoratore imposto dall’art. 2105 c.c.,, possa arrivare al punto di imporre al lavoratore stesso di astenersi dalla denuncia di fatti illeciti che egli ritenga essere stati consumati all’interno dell’azienda. Se così fosse, prosegue la Corte si correrebbe il rischio di far cadere il lavoratore in una specie di “dovere di omertà” che, non può trovare accoglimento in uno Stato di diritto come il nostro.
E ciò perche lo Stato ben guarda la collaborazione del privato cittadino alla repressione di fattispecie di reato che costituisce interesse pubblico preminente.
Pertanto, conclude la sentenza, “l’esercizio del potere di denuncia, riconosciuto dall’art. 333 c.p.p., non può essere fonte di responsabilità, se non qualora il privato faccia ricorso ai pubblici poteri in maniera strumentale e distorta, ossia agendo nella piena consapevolezza della insussistenza dell’illecito o della estraneità allo stesso dell’incolpato”.
Lavoro e Diritti
Lavoro e Diritti |
Denunciare il datore di lavoro non è sempre causa di licenziamento Posted: 17 Feb 2017 05:42 AM PST Denunciare il datore di lavoro all’autorità giudiziaria o all’autorità amministrativa per presunti fatti che possono costituire reato, non può essere causa di licenziamento del lavoratore a meno che, la denuncia non sia pretestuosa e non costituisca una calunnia. E’ questo quanto dichiarato dalla Corte di Cassazione con la sentenza nr. 4125 del 16 febbraio 2017. […] Link all’articolo originale: Denunciare il datore di lavoro non è sempre causa di licenziamento |
Lavoro e fisco
|
|
|
|
|
–
zi correttamente questo messaggio e-mail clicca qui | ||||
Chi sono i percettori di voucher? | ||||
L’identikit di Inps: donne e giovani ai primi posti |
||||
“Nel continuo ondeggiare dei dati sui voucher, forniti dall’Inps, che a seconda di chi li elabora, li legge e poi li interpreta, condizionano i pareri pro o contro l’uso di questo strumento, resta il fatto inconfutabile di come l’esplosione delle vendite dei cosiddetti ‘buoni lavoro’ abbia profondamente drogato i dati sull’occupazione, fino a sostituire quasi altre forme contrattuali di lavoro e ad accelerare, anziché diminuire, il fenomeno del sommerso, coinvolgendo un numero sempre più crescente di giovani e donne, alla ricerca disperata di una stabilità. E l’ultimo dossier Inps sull’argomento, per quanti sforzi lessicali faccia, non riesce a negare questa evidenza”. E’ quanto afferma Morena Piccinini, presidente Inca, rileggendo gli ultimi dati statistici forniti da Inps, in risposta alla richiesta del segretario generale della Cgil. | ||||
Leggi articolo > | ||||
|
||||
|
||||
|
||||
|
rassegna
del 17/02/2017 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
L’intera conferenza “Terrones” (Cagliari, 27 novembre 2015), che ha visto confrontarsi Pino Aprile (autore di “Terroni“), il Prof. Carlo Felice Casula (docente di Storia Contemporanea all’Università degli Studi Roma 3) e Daniele Basciu di Rete MMT. Pino Cabras, moderatore degli
IL MATTINO
–
il manifesto
San Corrado Confalonieri
Egli era un nobile del Trecento, sposo felice di una gentildonna sua pari, e aveva un debole per la caccia. Un giorno, lungo la riva del Po giallastro, un ghiotto capo di selvaggina, ch’egli inseguiva a cavallo, circondato dai cani e dai bracconieri, cercò scampo dentro una macchia impenetrabile.
Dominato dall’impazienza e dal dispetto, l’appassionato cacciatore impartì un ordine imprudente: quello di dar fuoco alla macchia per stanare l’animale. Era estate, e nella pianura riarsa dal sole, gli uomini di Corrado non furono in grado di controllare le fiamme da loro stessi suscitate. Si sviluppò un incendio che, con l’aiuto del vento, distrusse le messi e le cascine vicine.
Corrado e i suoi uomini rientrarono in città senza esser notati. Nessuno era stato testimone del loro involontario malestro. Il rimorso e la paura tennero suggellate le bocche. Ma i proprietari e i contadini danneggiati protestarono presso il governatore della città, che ordinò un’inchiesta. Fu allora arrestato un vagabondo, trovato nei boschi, vicino al luogo dell’incendio. Le prove a suo carico parvero sufficienti, ed egli venne senz’altro condannato a morte. Ma sulla piazza della città, poco prima che avesse luogo l’esecuzione, Corrado non poté resistere all’impulso della propria coscienza, che gl’imponeva di scagionare l’innocente e di accusarsi colpevole al suo posto.
La sua inaspettata confessione chiarì come erano andate le cose. Poiché non si trattava di dolo, ma di responsabilità colposa, dovuta ad una imprudenza, il nobile piacentino venne condannato a risarcire tutti i danni arrecati dalle fiamme. Corrado era ricco, ma l’incendio era stato rovinoso. Quando l’ultimo danneggiato fu risarcito, egli aveva finito non solo tutti i suoi beni ma anche quelli della moglie.
I due sposi ridotti all’indigenza non si angustiarono per questo. Per ambedue quel drammatico avvenimento aveva illuminato di nuova luce tutta la loro vita, come un segno del cielo. La donna rivestì così l’abito delle poverissime figlie di Santa Chiara, entrando nel convento di Piacenza. Corrado si unì ad alcuni devoti eremiti che vivevano fuor di città, sotto la Regola del Terz’Ordine francescano.
I meriti dell’incendiario fattosi penitente furono così luminosi, che molti ammiratori presero a visitarlo e a seguirlo. Per questo Corrado preferì allontanarsi dai luoghi natali, incamminandosi verso Roma. Ma non si fermò presso le tombe degli Apostoli. Proseguì il suo lungo viaggio percorrendo tutta la penisola e passando in Sicilia. Qui si fermò, nella valle di Noto, non lontano da Siracusa, in vista del ceruleo mare Ionio, dove visse trent’anni prima presso ‘un ospedale poi come eremita sui monti. E anche qui volò alta la fama della sua santità, e soprattutto l’eco delle durissime privazioni di quel devoto penitente. Ogni venerdì egli scendeva a Noto, e, dopo essersi confessato, pregava a lungo davanti ad un celebre crocifisso che si conserva nella cattedrale della città. In quella stessa cattedrale furono riposte le sue reliquie, dopo la morte avvenuta nel 1351, 2 i cittadini di Noto onorarono con culto vivissimo il miracoloso eremita piacentino. Ottennero anche, dal Papa Leone X, di poterlo invocak come secondo Patrono della città, subito dopo il grande San Nicola, al quale è dedicata la chiesa che ospita i venerati resti del Beato Corrado, nobile di Piacenza e primo cittadino di Noto.