Archivi giornalieri: 2 marzo 2016

Chiarimenti INPS su opzione donna, benefici amianto e pensioni anticipate

Chiarimenti INPS su opzione donna, benefici amianto e pensioni anticipate 0

di in 2 marzo 2016 Inps
Opzione donna

INPS

Circolare INPS su opzione donna, benefici amianto e pensioni anticipate a seguito delle modifiche introdotte dalla Legge di Stabilità 2016

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Con la Circolare n. 45 del 29 febbraio 2016 l’INPS fornisce ulteriori chiarimenti in merito ad alcuni provvedimenti contenuti nella legge 28 dicembre 2015, n. 208 ovvero la Legge di stabilità 2016.

La circolare fornisce indicazioni sui benefici previdenziali per i lavoratori esposti all’amianto e alla proroga dei termini di presentazione delle domande, in merito al regime sperimentale donna o opzione donna e circa la riduzione percentuale della pensione anticipata prevista per i soggetti con età inferiore a 62 anni.

Proroga dei termini di presentazione delle domande per ottenere i benefici previdenziali per i lavoratori esposti all’amianto

L’articolo 1, comma 279 dalla legge di stabilità 2016 ha prorogato il termine per la presentazione all’Inps delle domande di riconoscimento del beneficio previdenziale per i lavoratori esposti all’amianto previsto dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190 modificato dall’art. 10, comma 12 – vicies bis del decreto legge n. 192/2014 convertito con modificazioni dalla legge n. 11/2015.

La domanda potrà essere presentata entro il nuovo termine fissato in data 31 dicembre 2016.

Regime sperimentale donna o Opzione donna 2016

L’art 1, comma 281, della legge 208/2015, dispone che al fine di portare a conclusione il regime sperimentale donna o Opzione donna la facoltà è estesa anche alle lavoratrici che hanno maturato i requisiti previsti dalla predetta disposizione, adeguati agli incrementi della speranza di vita, ovvero entro il 31 dicembre 2015 ancorché la decorrenza del trattamento pensionistico sia successiva a tale data, fermi restando il regime delle decorrenze e il sistema di calcolo delle prestazioni applicati al pensionamento di anzianità di cui alla predetta sperimentazione.

Pertanto, la data del 31 dicembre 2015 è da considerarsi quale termine entro il quale devono essere soddisfatti i soli requisiti contributivi e anagrafici per il diritto alla pensione di anzianità in regime sperimentale donna o opzione donna.

Penalizzazioni pensioni anticipate

L’articolo 1, comma 299, della legge di stabilità 2016 inserisce, dopo il comma 113 dell’art. 1 della L. 190/2014, il seguente: “113-bis. Le disposizioni di cui al secondo periodo del comma 2-quater dell’articolo 6 del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, come sostituito dal comma 113 del presente articolo, si applicano anche ai trattamenti pensionistici decorrenti negli anni 2012, 2013 e 2014. La disposizione del presente comma si applica esclusivamente con riferimento ai ratei di pensione corrisposti a decorrere dal 1o gennaio 2016”.

In ragione della decorrenza della norma, la ricostituzione pensionistica avverrà senza riconoscimento di interessi o arretrati per i ratei relativi a periodi precedenti alla data del 1° gennaio 2016.

 

 

  Circolare INPS numero 45 del 29-02-2016 (103,0 KiB, 30 download)

Convegno sul poeta BERNARDU DE LINAS

 

 

Il 5 marzo prossimo a Villacidro (ore 11.30, Caffe Letterario, Via Zampillo, 6) si terrà un Convegno sul poeta  BERNARDU DE LINAS. Ecco la mia relazione.

 

 

LUIGI CADONI (Bernardu de Linas)

di Francesco Casula

Premessa

Il mio sguardo sarà rivolto esclusivamente al Bernardu de Linas poeta sardo-capidanese così come emerge dalle Favolas, il suo capolavoro, in cui dimostra maggiormente la sua cifra di poeta umoristico, satirico e comico. Anche se occorre precisare che tale cifra informa non solo le altre poesie in limba (non contenute in Favolas (1909), come la trilogia di poemetti: Cosas de arriri: Chantecler sardu o siat Sa riconciliazioni de su caboni e de su margiani (1910), Unu brutt’animali,(1911-12), S’egua Ghiani, probabilmente andato perso e Concu Franciscu Elenu (1917), un’inedito poemetto in 82 strofette che ora è contenuto, insieme alla trilogia in Un Hibou dal volo d’aquila, a cura di Efisio Cadoni e Martino Contu,) ma anche – sia pure parzialmente – le sue uniche poesie in Italiano contenute in Fantasmagorie (!904) e persino la sua produzione giornalistica, come collaboratore del settimanale cattolico La voce del popolo.

 

1 “Favolas in dialetto sardu campidanesu”.

La silloge, scritta a sa manera campidanesa, avendo abbandonato s’italiana rima, dopo la protasi,che funge anche da presentazione e da dedica a un amico, nella prima parte contiene 19 poesie in cui l’autore ha per ghia Esopu e Fedru. Protagonisti delle 19 favole sono su margiani, su molenti, su cerbu, su crobu, su boi, su lioni, is topis, su mulu, su bestiolu, su cani, sa coipira, sa formiga, su lupu, s’angioni, su serpenti, sa grui, is rundileddas, su zerpedderi, sa craba, is ranas. Sono gli animali tipici di Esopo e Fedro cui il poeta si ispira ma che rielabora e reinventa personalmente e che non solo parlano in sardo ma che della lingua sarda hanno lo spirito e il respiro vitale che nutre valori di riferimento esclusivi e precisi. Ci troviamo dunque di fronte a un lavoro che pur nel rimando a modelli letterari consacrati, mostra ampi spazi di originalità. Tanto che anche quando si tratta di animali estranei al patrimonio zoologico della Sardegna, Bernardu de Linas li riduce a una dimensione geo-antropologica precisa, che li fa sembrare animali nati e vissuti in precisi  ambienti de Biddaxidru: come nel suo cortile sulla Fluminera: toponimo che ben conosciamo da Giuseppe Dessì che in Paese d’Ombre lo ricorda più volte.

In secondo luogo a fare la parte del leone è su margiani, protagonista in ben 8 poesie: e questo “presenzialismo” non è casuale. La volpe è l’animale più detestato in Sardegna. Soprattutto dai pastori. Per i danni che fa alle greggi, per i metodi perfidi con cui compie le sue stragi, per il suo continuo nascondersi che l’ha fatta assurgere a simbolo di inaffidabilità. La condanna della volpe da parte del sapere proverbiale dei sardi è senza appello, soprattutto nel mondo agropastorale. Non b’at matzone chi non fetat fine mala, recita un antico diciu sardu. E un altro: donzi matzone benit a perder sa coa. Curiosamente, espressione e paradigma di questo adagio sardo è proprio una poesia di Bernardu de Linas, anzi la prima delle Favolas: Comente margiani iat perdiu sa coa. La sua “volpinità” infatti non serve per salvarlo de unu lazzu potenti che lo rende unu margiani scoau.

I poeti in lingua sarda –soprattutto quelli più radicati nel mondo della campagna- si sono sbizzarriti a cimentarsi –come appunto Bernardu de Linas- sul tema della volpe e della ”volpinità”.

Penso a questo proposito a un poeta di oggi, come Franciscu Carlini, che della volpe parla in ben sei “Faulas in versus e in prosa” contenute nella silloge bilingue, che non a caso titola Marxani Ghiani e Ateras Faulas (edita da Edes, Sassari 2005) e che altrettanto non a caso, dedica proprio a Bernardu de Linas scrivendo: “Pro ammentu de su poeta satiricu Luisu Cadoni, alias Bernardu de Linas”.

 

2. “Atteras poesias umoristicas”

Nella seconda parte della silloge sono contenute invece 28 poesias diversas, che trattano argomenti vari e plurimi: infatti fattu prus baldanzosu, Bernardu dice adiosu a Esopu e Fedru per sighiri su viaggiu a solu, tostorrudu che unu bestiolu!!! .

E così la sua poesia, “il suo cantare vernacolo –scrive opportunamente Efisio Cadoni nella prefazione all’edizione di Favolas della Gia del 1987- “si fa più libero e forte, più elegante, più incisivo, più musicale, ricco di novità, di invenzioni, di storie, di personaggi affascinanti, trainanti, simpatici”.

Svincolato infatti da qualsiasi ascendenza o riferimento ad altri poeti, la sua poesia vola più libera e briosa, divertente e saporosa, segnatamente nei migliori sonetti in cui mette in luce gli aspetti paradossali, ridicoli, comici: penso a Su studiantichi fiat tontu che unu bestiolu” e che “po no fai un’accabu troppu miserabili/s’arruolat sergenti o guardia de presoni” mandando così in frantumi le speranze, le attese e le aspettative  della madre che lo sognava e desiderava “cun tanti de laurea o predi o generali”.  

O penso a Maistru Cicciu:nasciu in Casteddu, basciteddu che unu fazzoni, sabateri de professioni, sabiu e onestissimu” ma che nonostante lavori “totu sa dì” non riesce mai ad arricchirsi. Si tratta di un sonetto di una musicalità scoppiettante, pirotecnica, travolgente.

La straordinaria e prorompente musicalità del verso e della parola è presente anche in molti altri sonetti: segnalo in modo particolare Su molenti de ziu Nassissu e De mal in peus. A quest’ultimo però probabilmente nuoce un insistito moralismo predicatorio nella denuncia dei “lazzaronis, usuraios e Epulonis” ma soprattutto nell’attacco ai “lupus massonicus e socialistas, scetticus materialistas” campioni dei vizi del secolo (peus- secondo il poeta- de s’ateru): dall’ipocrisia alla superbia e alla boria. Per colpa di massoni e socialisti “su spiritu anticristianu/in mes’ ‘e is populus/regnat sovranu”. Spirito anticristiano e “miscredenzia” che secondo il poeta –in una visione cristiana che oggi potremmo definire fondamentalista e integralista- contribuisce alla crescita “de sa delinquenzia”.

 

3. La musicalità nella poesia di Bernardu de Linas.

Un tratto precipuo della poesia di Bernardu de Linas è dunque la musicalità: tanto che quasi tutti i suoi componimenti possiamo considerarli dei “Canti”. E per il canto Bernardu de Linas mostra una naturale attitudine. Come per il verso: che carezza e coccola e che tesse abilmente tanto che il suo lavoro –nei momenti migliori- si risolve nella cadenza della strofa, nel giro musicale della frase, nella misura metrica di ritmi sapientemente scanditi grazie a un orecchio musicale che crea sinfonismi e fonie, onomatopee e cromatismi, ritmi, assonanze e consonanze.

Certo occorre anche dire che la musicalità è un tratto tipico della stessa lingua sarda. La Lingua materna, il dantesco “parlar materno”  – per noi il Sardo– è infatti la prima lingua della poesia e della musica. Per il bambino, l’infante, che l’apprende direttamente dalla madre, appunto, essa è soprattutto senso, suoni, musica: lingua di vocali. Dunque corporale e fisica e insieme aerea, leggera e impalpabile. E le vocali sono per il poeta l’anima della lingua, sono il nesso fra la lingua e il canto; fra la poesia, i numeri della musica, il ritmo e il ballo. Tanto che, storicamente, i confini fra poesia e musica e danza, sono sempre stati labili e sfumati a tal punto che gli antichi poeti – gli aedi greci per esempio – non scrivevano poesie ma le cantavano, accompagnandosi con la lira: non a caso nasce il termine “lirica” e “aoidòs” in greco significa “cantore”.

Cantano con quella lingua materna che riassume la fisionomia, il timbro, l’energia inventiva, la cultura, la civiltà peculiare del nostro popolo. Una lingua – il Sardo – che è insieme memoria e universo di saperi e di suoni. Che sottende –talvolta in modo nascosto e subliminale– senso e insieme oltresenso, musica, ritmo e ballo.

 

4. Il tono della poesia di  Favolas

Prevale nella poesia di Favolas, un tono medio, per così dire ariostesco o, se vogliamo, oraziano: un tono arguto, brioso, vivace, quasi scoppiettante e sempre divertito e divertente. E insieme ironico e autoironico: mi riferisco – ma è solo un esempio – alla poesia che conchiude la silloge di Favolas e che ha per titolo “Morali”. In questa, dopo aver amabilmente ironizzato su una serie di personaggi (Maitagattu Sebastianu/est unu umili pittori/chi pofinzas a Tizianu/si creit di essi superiori; Ziu Bissenti Peitrebiu/poita liggit su breviariu/si creit di essiri istruiu/cant’e prus de su vicariu), ironizza anche su se stesso, e non solo per una sorta di par condicio: E deu puru chi mi creu/u’ segundu La Fontane/a sa fini it’est chi seu?/Un hibou fade e vilain!

 

 

 

 

In tal modo nelle Favolas il poeta villacidrese rivela – cito ancora il suo massimo studioso che è Efisio Cadoni la sua multiforme ironia, sdegnosa, scanzonata e canzonatoria, satirica, sottilmente dissimulatoria, paesanamente arguta… capace di saper ridere, per superare le angosce e le amarezze della vita, di tutto, di tutti e di se stesso”.

Cui aggiungerei il sapore della caricatura e della parodia, improntata però alla moderazione: che non sconfina cioè nello scherno furioso, nell’odio o nell’ira. Anche quando è mosso dall’indignazione o da un’esigenza etico-religiosa cristiana, molto forte e sentita e vuole frustare e fustigare i vizi e le miserie umane, gli errori e i tic de is concas de cipudda (vedi in particolare l’ultima poesia delle Favolas, intitolata Morali e già citata) lo fa bonariamente: per così dire, ridendo castigat mores. In cui “sa critica” – come scriverà programmaticamente in Sa torrada a s’Elicona si coniuga sempre “cun s’ingredienti de sa pietade”.

Solo nei confronti di un assassinu (nella poesia A unu assassinu) perde in qualche modo il consueto equilibrio e tono medio ricorrendo a epiteti forti e particolarmente duri: “vili delinquenti…maledittu…su rimorsu però de su delittu/e su tristu arregordu de is feridas/t’hat atturai ‘n su coru eternamenti!”

5. Il Sardo-campidanese di Bernardu de Linas.

Dopo l’esperienza poetica giovanile di Fantasmagorie, Bernardu de Linas verseggerà esclusivamente in lingua sarda: in cui, fra l’altro, darà il meglio di sé, segnatamente con il suo capolavoro Favolas. Forse non è casuale: gli è infatti che solo la lingua materna gli permetteva di “cantare” – a sa manera campidanesa liberamente, il suo mondo, ovvero senza lacci né ascendenze letterarie esterne: di Pascoli o Carducci poco importa

Una lingua, che il poeta ben conosce, padroneggia, curva e piega a suo piacimento, plasmandola e curandola con maestria e sicurezza. Una lingua, quella sardo-campidanese, comunque che già di per se stessa risulta particolarmente adatta per esprimere la satira, il comico, l’ironico, il giocoso: più delle altre varianti della lingua sarda. Forse perché lo stesso dizionario di immagini, lo stesso lessico dei modi di dire e di schemi figurativi possiede già al suo interno idee e impressioni atteggiate dall’anima popolare nella forma del paradosso, della battuta, della satira. Questo spiega – fra l’altro perché in sardo-capidanese sono state prodotti capolavori come Sa scomunica de predi Antiogu.

Il sardo del poeta villacidrese inoltre si rivela – come il poeta stesso si era augurato e promesso “tersu e luxenti, plenu de musica, de forza e briu”. Ovvero lingua duttile e flessibile, viva, fresca e prorompente, pregnante, espressiva e altamente significante, in grado di tradurre le abbondanti metafore e allegorie, le sentenze e le massime epigrammatiche, i simboli e le allusioni, i paradossi e i giochi di parole. Ma anche le ripetizioni, le contrazioni sintattiche e le brachilogie.

Pur poetando in sardo-campidanese, Bernardo de Linas conosce e padroneggia anche il logudorese: in questa variante compone Risposta de

 

 

 

Citerea, contenuta in Favolas. E anche questo non è casuale: molti cantadores e poeti campidanesi utilizzavano anche il logudorese come lingua veicolare dei loro componimenti, evidentemente ritenendolo – a torto o ragione poco importa- la variante più letteraria della Lingua sarda.

 

6.. Gli italianismi delle Favolas.

Certo, come già fece il critico de l’Unione sarda del 7 Dicembre 1909, recensendo le poesie di Favolas nella rubrica della pagina culturale “Fra libri e giornali”, si può rimproverare al suo lessico un eccessivo ricorso a degli italianismi (pugnali, soggezioni, contadinu, grandissima paura, discosceso, maliarda, zucca, maditabundu, ottobri, cretinu, lingua sporca,). Ed effettivamente alcuni di questi lessemi sono improponibili: anche perché il sardo possiede i termini corrispettivi. E ancor più inaccettabili sono i superlativi assoluti, copiosamente presenti, segnatamente nella poesia Mastru Ciccia (onestissimu,gentilissimu,bellissimu,elegantissimu,benissimu,segurissimu,divotissimu,segurissimu,malissimu,allirghissimu,soddisfattissimu):

la lingua sarda infatti non prevede né ammette il superlativo assoluto con il suffisso –ìssimu. Questo è presente nella lingua italiana e latina. Al massimo nella lingua sarda il superlativo assoluto in –issimu si può utilizzare come nome, ma mai come aggettivo: es. su Santissimu, sa Purissima, s’Altissimu (utilizzato, questa volta a proposito, proprio da Bernardu de Linas nella già citata poesia Mastru Cicciu).

Curiosamente però si tratta della stessa accusa che molti critici rivolsero a Montanaru, il grande poeta desulese, più o meno contemporaneo di Bernardu de Linas. A tale critici ha risposto Michelangelo Pira.

Antioco Casula – scrive Sentì il sardo come volgare vivo, arricchendolo degli apporti nuovi che gli venivano dalla Lingua italiana, verificandolo nel parlare quotidiano, non ancora logorato o imbalsamato dall’uso scritto. Egli tentò in definitiva l’integrazione possibile con la lingua italiana all’interno della lingua sarda, facendo brillare in ogni vocabolo di questa quel che <nell’esausta parola italiana aveva perduto ogni sapore>”.

La lingua sarda italianizzante – prosegue Pira fu rimproverata a Montanaru. Ma altri che dopo di lui hanno tentato la strada della lingua sarda si sono smarriti e non hanno fatto più ritorno. Essi non sapevano o non sanno quel che Montanaru aveva capito d’istinto: che nel nostro secolo il sardo venuto a contatto con la lingua italiana è venuto modificandosi nelle sue strutture lessicali, sintattiche, morfologiche, fonetiche e semantiche. Con Montanaru il sardo fu ancora una volta lingua, mentre già nelle poesie nuoresi del Satta aveva un sapore dialettale” (Michelangelo Pira, Sardegna fra due lingue, Quaderni di Radio Cagliari, La Zattera editrice, Cagliari 1968, pag. 122).

Si tratta di una risposta autorevole e importante ma che non mi convince del tutto.

 

7. Poeta dallo “spirito locale”?

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