Archivi giornalieri: 13 settembre 2023

Storia dello stato sociale in Italia: l’età liberale (1861-1921)

Storia dello stato sociale in Italia: l’età liberale (1861-1921)

Storia delle politiche e dello sviluppo del welfare dall’unità d’Italia all’avvento del fascismo / Da Wikipedia, l’enciclopedia libera 

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La storia dello stato sociale italiano durante l’età liberale si riferisce alla nascita ed evoluzione delle politiche sociali del Regno d’Italia nei settori della previdenza, assistenza sociale e sanitaria, dall’unità all’avvento del Fascismo.

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Sciopero generale del Settembre 1914 – Colluttazioni ed arresti a Roma. L’Illustrazione Italiana, n. 25, 21 Settembre 1914

Durante i primi decenni dopo l’unificazione, ed in particolare durante i quindici anni che precedettero la prima guerra mondiale, furono gettate le fondamenti dello stato sociale italiano. Furono introdotte le prime assicurazioni sociali volontarie e poi obbligatorie. Le riforme si accompagnarono a profonde trasformazioni sociali ed economiche: crescita demografica, industrializzazione, allargamento dei diritti politici e maggior partecipazione delle masse nella vita nazionale, crescita dell’associazionismo e dei movimenti sindacali e socialisti, e crescita dell’istruzione pubblica.

Il ruolo sociale dello Stato cominciò molto gradualmente a crescere, seguendo tendenze già in atto in altri paesi europei. Le attese di riforme sociali misero in discussione il modello liberale di stato moderno: la sua capacità di dare risposte ad interessi non limitati alle elite, e di trovare un nuovo equilibrio tra libertà ed uguaglianza, responsabilità individuale e tutele pubbliche, sviluppo economico e sicurezza sociale.

Nel dopoguerra, l’impatto economico e sociale del conflitto, le aspettative crescenti e forti tensioni sociali diedero impeto a nuove riforme sociali. Tuttavia, la crisi della politica liberale e l’avvento del fascismo modificarono profondamente la traiettoria di sviluppo dello stato sociale italiano.

 
 
 
 
 
 
 

Contesto storico: cambiamenti sociali e politici dell’età liberale

Magnifying_glass_icon_mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Storia economica d’Italia.

L’Italia all’unificazione

L’Italia appena unificata era uno dei paesi più arretrati tra le grandi potenze europee. Il 44% della popolazione viveva sotto la soglia di povertà. Un bambino su quattro moriva entro il primo anno di vita, un tasso di mortalità infantile tra i più alti in Europa, così come lo erano l’incidenza d pellagra e di malattie infettive.

Le industrie e infrastrutture erano molto limitate rispetto agli altri maggiori paesi europei. Il potere nel Regno era in mano ai grandi proprietari terrieri. Solo il 1,9% della popolazione aveva diritto di voto per eleggere la Camera, mentre il re nominava i senatori. La politica dei primi decenni unitari era preoccupata di consolidare l’unità nazionale nella pubblica amministrazione, nelle finanze pubbliche e nelle principali infrastrutture dei trasporti. Un esercito numeroso rimase il metodo di controllo del malcontento sociale, specie nel meridione.

Prima fase dell’età liberale

Durante i primi trent’anni lo sviluppo economico e sociale fu molto limitato. Il paese non teneva il passo con la seconda rivoluzione industriale che fiorì dagli anni 1870 fino alla prima guerra mondiale in Europa settentrionale e in America del Nord. La classe politica dell’età liberale fu espressione principalmente dei grandi proprietari terrieri e delle élite urbane. La destra storica dominò i primi quindi anni dell’Italia unita (1861-1875). Le sue politiche economiche si concentrarono sullo sviluppo di infrastrutture su scala nazionale; la liberalizzazione del commercio; ed il risanamento di bilancio. La severa tassazione dei consumi inasprì le condizioni di vita della popolazione più povera, e produsse scontri sociali.

Durante le ultime tre decadi del secolo, l’Europa venne investita da una grave crisi economica (1873-1895). Essa era stata indotta da complessi cambiamenti economici globali, tra cui il progresso nei trasporti che favorì il commercio e la diminuzione dei prezzi delle merci. L’effetto in Italia, come in altri paesi, fu di stagnazione economica e crescenti conflitti sociali. Circa un quarto della popolazione riceveva la carità, in una forma o l’altra.

La Sinistra Storica dominò la politica dal 1876 al 1898. Essa rifletteva una base politica relativamente più ampia di quella della Destra. Ne condivideva l’ideologia liberale ma la interpretava in maniera più pragmatica, rimanendo tuttavia parimenti influenzata dai gruppi sociali che dominavano l’epoca, ovvero gli agrari (al sud come al nord) e i nascenti gruppi industriali al nord. In reazione alla crisi economica di fine secolo, essa introdusse misure di protezionismo commerciale per proteggere gli interessi dei settori economici prevalenti (agricoltura e siderurgia). I governi della Sinistra Storica introdussero riforme politiche generali e sociali di senso più inclusivo. Nel 1882 una riforma elettorale allargò il bacino degli elettori al 6.9% della popolazione. Venne introdotto un limitato decentramento amministrativo e si avviarono le prime riforme sociali, a partire dall’istruzione pubblica.

La fine del secolo vide in Italia il collasso del sistema finanziario, la sconfitta nella guerra di Abissinia, e una svolta politica reazionaria (governo Crispi) che culminò nella repressione dei moti di Milano.

Età giolittiana

La fine del secolo e i primi anni del 1900 furono anni di svolta economica in Italia. L’industria settentrionale cominciò a crescere e la produzione e le esportazioni cominciarono a differenziarsi. Il PIL crebbe ad una velocità più che doppia rispetto alle decadi precedenti. I salari reali crebbero ad una velocità maggiore del PIL e s’accentuò la crescita dei settori industriali e dei servizi mentre diminuì il peso relativo dell’agricoltura.

Gli anni da 1902 al 1914, che vanno sotto il nome di età giolittiana, videro un ulteriore progresso delle politiche di inclusione sociale, tra cui le prime riforme che fondarono lo stato sociale italiano (vedi sotto). Nel 1912 venne introdotto il suffragio universale maschile, che portò il corpo elettorale al 23% della popolazione. Le politiche economiche rimasero di stampo liberale, ma si accentuò l’interventismo statale: furono nazionalizzate le ferrovie e le assicurazioni sulla vita (1912); e si avviarono politiche di sviluppo economico del meridione e di bonifiche agrarie, la cui efficacia fu tuttavia limitata da clientelismo e gestione burocratica.

Conflitto mondiale e la ripresa post-bellica

Il conflitto mondiale costò all’Italia immense perdite in vite umane (accentuate dalla influenza spagnola). L’economia tuttavia continuò a crescere durante il periodo bellico, sebbene non ai ritmi dell’età precedente. La guerra indusse profonde trasformazioni economiche e sociali: alcuni settori industriali (metallurgia, meccanica chimica), crebbero, altri si contrassero; crebbero il ruolo e le attese di interi settori sociali (le donne, gli operai, gli ex-militari smobilizzati) e delle forze politiche di sinistra e sindacali. L’iperinflazione post-bellica erose i salari fino a circa il 1920.

La classe politica liberale entrò in crisi dopo il conflitto mondiale, nel mezzo di crescenti tensioni sociali, stretta tra i nascenti nazionalismo (e poi fascismo) e movimento socialista. Tuttavia, la crisi economica dell’immediato dopoguerra venne corretta a partire dal 1920 quando si osservò una ripresa economica, con il risanamento dei conti pubblici e la crescita dei salari reali.

Origini delle riforme sociali

Radici storiche della protezione sociale

Il Regio Ospizio di Carità di Carignano fu fondato grazie ad un lascito del banchiere Antonio Faccio da Carignano. Iniziò ad operare nel 1749:ospitava poveri ed orfani. Venne successivamente trasformato in Opera Pia Faccio Frichieri. Dal 1845 al 2007 fu gestito dalla Congregazione di religiose “Figlie della Carità di San Vincenzo De’ Paoli”. Funziona tuttora come Residenza Sanitaria Assistenziale.[9]
Il Regio Ospizio di Carità di Carignano fu fondato grazie ad un lascito del banchiere Antonio Faccio da Carignano. Iniziò ad operare nel 1749:ospitava poveri ed orfani. Venne successivamente trasformato in Opera Pia Faccio Frichieri. Dal 1845 al 2007 fu gestito dalla Congregazione di religiose “Figlie della Carità di San Vincenzo De’ Paoli”. Funziona tuttora come Residenza Sanitaria Assistenziale.

Le politiche sociali contemporanee nel mondo occidentale trovano le loro radici nell’assistenza caritatevole e beneficenza nei confronti dei poveri. Nel corso dei secoli, gli attori principali furono organizzazioni associate alla Chiesa e la filantropia nobiliare. In Europa, le prime forme assistenziali pubbliche si svilupparono in Inghilterra e Francia a partire dal XVI secolo, non solo a scopo assistenziale, ma anche repressivo e di controllo sociale dei poveri. In Inghilterra nel XVI secolo si introdusse per prima una tassazione per finanziare strutture di ricovero forzato per i poveri, affidate alle parrocchie.

Nel corso dell’ottocento, la rivoluzione industriale e la crescita demografica cambiarono fondamentalmente le società europee e crearono nuovi strati di povertà e fragilità sociale. Le prime forme di protezione sociale assunsero non solo ruoli di assistenza, ma anche di ordine pubblico e di gestione della forza lavoro. Il nascente intervento statale (più accentuato in alcuni paesi, come la Francia, che in altri) si combinava con il tradizionale ruolo della beneficenza e delle istituzioni religiose e con un ruolo crescente delle associazioni operaie e dei sindacati.

Contesto europeo nell’Ottocento

Nel corso della seconda metà dell’ottocento, i paesi europei più avanzati svilupparono interventi di protezione sociali sempre più articolate, con connotazioni talora differenti, che gradualmente diedero forma ai diversi modelli di stato sociale. Con l’accentuazione dell’industrializzazione, si diffusero le associazioni operaie di ispirazione socialista che promossero forme di assistenza mutualistica. Esse soprattutto esercitarono una pressione politica per chiedere riforme sociali da parte dei governi liberali-conservatori, che guidavano la maggior parte dei paesi. In Inghilterra vennero intraprese importanti riforme legislativi che introdussero tutele del lavoro e libertà sindacali. Tra gli anni 1870-1880 vennero fondati i primi partiti socialisti in Francia, Belgio, Germania e Spagna. La questione sociale, le riforme dell’assistenza e del lavoro, e l’introduzione di assicurazioni previdenziali divennero rapidamente centrali alle tensioni sociali e alla gestione del consenso politico.

Negli anni 1880 in Germania il governo di Bismarck gettò le fondamenta del primo vero stato sociale europeo, con l’introduzione delle assicurazioni obbligatorie per malattia, infortuni, vecchiaia, invalidità e morte del capofamiglia. Furono introdotti sistemi contributivi e si ampliò il ruolo dello stato nella gestione delle previdenze, a fianco delle associazioni mutualistiche.

Riforme analoghe verso l’estensione delle coperture assicurative (volontarie od obbligatorie) vennero intraprese anche in altri stati europei, assieme alla forte crescita del mutualismo operaio, l’estensione delle tutele del lavoro, e il crescente intervento pubblico nell’assistenza locale.

Situazione dell’Italia unificata

In Italia l’assistenza era gestita dalle Opere Pie associate alla Chiesa e finanziate dalla beneficenza, lasciti ereditari e dal patrimonio delle congregazioni religiose. Nel 1861 esistevano 18,000 Opere Pie. Le loro risorse economiche aggregate erano molto ingenti.

Le società operaie si erano diffuse soprattutto in Piemonte, in seguito allo spazio concesso dallo Statuto Albertino all’associazionismo. Nel 1861, si contarono 450 società mutualistiche. Esse erano ispirate più da idee mazziniane e liberali che socialiste.

Lo Stato aveva un ruolo assistenziale marginale: attraverso il Ministero dell’Interno, si occupava di medicina preventiva e delegava l’assistenza alle autorità locali. Le leggi consideravano la povertà un problema di ordine pubblico e includevano norme punitive e restrittive per “oziosi” e “vagabondi”. Nel 1862 una legge di riforma introdusse un blando controllo statale sulle Opere Pie, applicando un approccio che già esisteva in Piemonte. La legge delegò le funzioni di controllo a province e comuni, incaricati di assistere i poveri attraverso le Congregazioni di carità e gli Uffici pubblici di beneficenza.L’assistenza sanitaria e sociale era limitata e indirizzata a poche categorie vulnerabili: fanciulli abbandonati, malati di mente e alcuni portatori di handicap.

Nascita dello stato sociale in Italia

Riflessione politica e culturale sulla questione sociale

Più filoni di pensiero e pressione politica influenzarono la nascita delle politiche sociali. I governi liberali erano espressio

 

 

ne di elite urbane, agrarie ed industriali. A fronte dei cambiamenti sociali ed economici e della crescita dei movimenti socialisti e operai, essi promossero gradualmente politiche più inclusive.L’enciclica Rerum Novarum del 1893 di Leone XIII rappresentò la prima presa di posizione organica della Chiesa Cattolica sulla questione sociale. Essa promosse idee di conciliazione tra gli interessi sociali contrapposti, per costruire una visione alternativa alla lotta di classe di ispirazione marxista.

Avvio delle politiche sociali dei governi liberali

Il dialogo tra le forze sociali si approfondì durante l’età Giolittiana, alla ricerca di conciliazioni e collaborazione con l’ala moderata dei socialisti. Nel 1902 vennero costituiti organi consultivi, quali l’Ufficio del lavoro e il Consiglio superiore del lavoro.

Le prime misure di protezione per i rischi sociali (vecchiaia, infortuni, povertà, salute) vennero introdotte assieme a riforme sociali più ampie in due settori chiave: l’istruzione pubblica ed il lavoro. A questi due settori si accenna brevemente per contestualizzare le riforme più propriamente attinenti allo stato sociale ed esposte in maggior dettaglio qui sotto.

L’istruzione fu uno dei primi settori di intervento sociale. Nel 1859, la legge Casati istituì 2 anni di istruzione obbligatoria e gratuita. Nel 1877 la legge Coppino portò l’obbligo a 3 anni. Nel 1896 (legge Orlando) l’obbligo venne portato a 6 anni. Tuttavia il finanziamento dell’istruzione obbligatoria rimase affidato alle autorità locali e queste riforme iniziali ebbero effetti limitati. Questo cambiò nel 1911 quando la legge Daneo-Credaro stabilì il finanziamento statale dell’istruzione pubblica obbligatoria..

Nel settore del lavoro, nel 1873 vennero introdotte le prime tutele per il lavoro dell’infanzia. In seguito, i governi dell’età Giolittiana ampliarono le prime misure di tutele sociali: nel 1902 il governo introdusse le tutele del lavoro femminile e minorile. Nel 1907 rafforzò le stesse misure ed introdusse l’obbligo del riposo settimanale di almeno 24 ore. Nel dicembre 1912 fu istituito in ogni provincia un ispettorato dell’industria e del lavoro. Al di à delle riforme legislative ed amministrative, nell’età giolittiana, la politica si aprì al confronto con i sindacati ed il movimento cooperativo.

Sviluppo del mutualismo

Nell’Italia post-unitaria le società operaie di mutuo soccorso (SOMS) crebbero rapidamente. Nel 1886 la legge Berti introdusse il loro riconoscimento giuridico, benefici fiscali e la regolamentazione della loro attività economica e gestione. Nel 1894 le SOMS erano 6,722 ed avevano oltre 900,000 iscritti. Fornivano sussidi per l’invalidità, la malattia, la vecchiaia, e la morte; sostenevano spese mediche, di maternità e funerali; e ampliarono rapidamente anche interventi economici nell’edilizia abitativa, i prestiti, l’istruzione ed il collocamento lavorativo.

Riforma delle Opere Pie

Dsata sulle Opere Pie. L’attenzione pubblica e politica si accentrò sulla loro riforma. L’opurante i primi decenni post-unitari, l’assistenza pubblica rimase pressoché immutata e baposizione al ruolo della Chiesa nella carità aveva radici lontane: l’Illuminismo dal 1700 aveva ispirato idee di riforme sociali e di modernizzazione delle istituzioni pubbliche; nel corso del 1800 si diffuse la percezione che la carità creasse incentivi alla povertà invece di stimolare i poveri a rendersi autosufficienti; e l’occupazione Napoleonica aveva introdotto riforme delle istituzioni pubbliche in direzione statalista. A partire dal 1700, in alcuni stati preunitari ci furono tentativi di riforma delle Opere Pie, ma furono parziali e non duraturi. Il clero e i notabili conservarono spesso la loro influenza nella gestione degli enti. Essi rimasero le istituzioni fondamentali di assistenza, mentre l’abbandono dei minori esplodeva nel paese, per le trasformazioni sociali spinte da industrializzazione e crescita demografica.

 

«La Chiesa, che nel medio evo aveva esercitata un’azione profondamente benefica, aveva perduto man mano il concetto della sua missione. Così essa, con la mole immensa dei suoi beni, con le decine di migliaia di persone che condannava all’ozio, esercitava una influenza funesta sulla economia del paese. […] Tolte dalla tutela governativa, le opere pie divennero una vera curee e furono spesso la causa di un vero socialismo a rovescio, e moltissimi capitali furono inutilmente dilapidati, senza nessun benefizio delle classi povere. […] Le opere pie erano una vera foresta tenebrosa, dove nessuno si azzardava di metter mano. […] A Napoli si diceva e si dice tuttora, che, nelle elezioni amministrative, vince il partito che è a capo delle opere pie. […] Considerata nel suo insieme, la legge italiana del 1890 segna un notevole passo in avanti. […] l’Italia non possiede quasi nessun’altra legge, che consideri largamente il grave problema della pubblica assistenza. […] In questo momento ogni riforma trova nondimeno singolari difficoltà nelle condizioni del bilancio dello Stato. […] Quando il bilancio si troverà in condizioni molto migliori, allora sarà il caso di sviluppare più largamente, e con criteri ben più moderni, le istituzioni dirette al bene dei lavoratori.»
— Nitti, 1892, L’assistenza pubblica in Italia

Dopo l’unità, ci furono numerose commissioni di inchiesta sulle Opere Pie e le questioni sociali. Esse portarono alla luce problemi diffusi (abusi di gestione, mancanza di trasparenza e di sistemi contabili, e corruzione nella gestione dei patrimoni immobiliari) e mostrarono l’opportunità di un maggiore controllo statale sul loro operato. Un’inchiesta del 1880 stimò che le entrate complessive delle Opere Pie erano quasi equivalenti all’insieme delle entrate tributarie statali; e che esse spendevano in media quasi il 50% delle loro entrate in costi amministrativi e legati al culto. Tuttavia le inchieste non generarono riforme concrete per molto tempo.

Eventualmente nel 1890 (Legge Crispi) le Opere Pie vennero portate sotto il controllo statale e trasformate in Istituti Pubblici di Assistenza e Beneficenza (IPAB). La legge proibiva che membri del clero continuassero a sedere nei loro organi di amministrazione. La loro gestione venne soggetta al controllo delle Congregazioni di Carità, che erano a loro volta controllate dai Comuni. La loro contabilità’ era sottoposta al controllo del Ministero dell’Interno. La normativa promosse la razionalizzazione del settore attraverso l’accorpamento degli enti e l’ampliamento dei servizi di quelli che avevano mandati molto limitati. La riforma incontrò forti resistenze nel mondo cattolico e nella Chiesa, ma un vasto sostegno parlamentare.

Nascita della previdenza sociale

Assicurazioni contro gli infortuni

Le prime politiche di previdenza sociale riguardarono gli infortuni sul lavoro. Il codice civile in vigore nell’Italia post-unitaria sanciva che in caso di infortunio era l’operaio a dover dimostrare la responsabilità del datore di lavoro. L’estesa incidenza di infortuni e l’esempio di tutele introdotte in altri paesi europei come la Germania non produssero subito riforme efficaci. Nel 1883 fu costituita la Cassa Nazionale di Assicurazione per gli Infortuni, che prevedeva una iscrizione volontaria.

Nel 1898 l’iscrizione alla cassa fu resa obbligatoria per alcune categorie di lavoratori e venne sancita la responsabilità del datore di lavoro. Questa misura non era parte di una politica organica di tutele, simile ai sistemi più sviluppati, come in Germania, che pure erano noti e studiati come riferimenti del dibattito nazionale. Tuttavia, essa rappresentò una tappa importante, ovvero la nascita delle previdenze obbligatorie.

Ne 1903 un Testo Unico riordinò il settore della previdenza deli infortuni, allargando le categorie sottoposte ad obbligo di iscrizione.

Assicurazioni di vecchiaia e invalidità

Nel 1889, dopo un dibattito pluridecennale, si introdussero le prime pensioni di invalidità e di vecchiaia. La legge costituì la Cassa nazionale di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia. L’iscrizione era volontaria ed aperta a chiunque praticasse un impiego manuale regolare. I diritti di pensione sarebbero maturati a 60 anni dopo 25 anni di contribuzione; la pensione era determinata su base contributiva. Lo stato finanziava una contribuzione complementare.

La Stampa, 25 giugno 1911
La Stampa, 25 giugno 1911

Costituzione dell’Istituto Nazionale delle Assicurazioni

Nel 1912 venne costituito l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni (INA). Il disegno di Giolitti era di introdurre il monopolio delle Assicurazioni sulla vita sotto la tutela pubblica. L’obiettivo era di dare fiducia al pubblico riguardo alle assicurazioni sulla vita e quindi incentivarne la diffusione; e di investire i premi anche per sussidiare le pensioni di vecchiaia dei meno abbienti. L’obiettivo era dunque quello di consolidare il sistema previdenziale e di dargli una direzione distributiva e universalista. Tuttavia, il passaggio parlamentare della legge diluì il disegno originale: si permise alle assicurazioni private di continuare a vendere polizze per la vita per altri dieci anni.

Assicurazione per la maternità

Nel luglio 1910 fu creata la Cassa nazionale di maternità obbligatoria, che prevedeva un sussidio per le operaie madri e in casi di aborto.

Sanità

Incubatrice per bambini nati avanti termine, 1886.
Incubatrice per bambini nati avanti termine, 1886.

Nel 1888 la legge sull’igiene e la sanità pubblica gettò le fondamenta su cui sarà basata la sanità pubblica fino alla riforma del 1978.

Impatto della guerra e riforme sociali post-belliche

Il conflitto bellico e le sue profonde conseguenze sociali ed economiche, diedero impulso all’ espansione delle tutele pubbliche. Dapprima ci furono provvedimenti di emergenza, successivamente vennero introdotti dei provvedimenti di portata strutturale, tesi ad allargare il bacino di cittadini tutelati.

Tutele di emergenza post-bellica

Reduce amputato agli arti superiori con protesi artificiale. (Invalidi della guerra. Opuscolo edito dall'Opera nazionale per la protezione ed assistenza degli invalidi della guerra, Roma, 1918).
Reduce amputato agli arti superiori con protesi artificiale. (Invalidi della guerra. Opuscolo edito dall’Opera nazionale per la protezione ed assistenza degli invalidi della guerra, Roma, 1918).

Durante gli anni finali del conflitto e i primi anni post-bellici, il governo introdusse una serie di misure per mitigare la vulnerabilità di combattenti e poi smobilitati, le vedove, e i lavoratori dell’industria bellica. Alcune di queste riforme di emergenza diedero l’avvio alle più ampie riforme del 1919.

Nel 1915 le rendite delle Opere Pie vennero destinate all’infanzia e ai figli dei reclamati. Altri interventi beneficiarono gli invalidi e i familiari dei caduti. Nel 1917 fu introdotto l’obbligo di assicurazione per gli infortuni e la vecchiaia per tutti gli impiegati nella produzione bellica e poi per gli agricoltori. Una parte dei contributi fu destinata ad un Fondo per la disoccupazione involontaria, amministrato dalla Cassa depositi e prestiti: su questo primo passo si costruì la successiva assicurazione per la disoccupazione (vedi sotto).

Nel 1917 nacque l’Opera Nazionale per la Protezione e l’Assistenza agli Invalidi di Guerra. Nel 1918 il Governo nazionalizzò l’ufficio di collocamento. Nel 1919 introdusse un assegno per sostenere il reddito di vedove e orfani in un conteso di iperinflazione.

Rilancio delle riforme sociali

Sin dalla fase finale della guerra, riflessioni di più ampio respiro guardarono all’insieme delle tutele sociali oltre l’emergenza. Nel 1917 lavorò una Commissione di studio per l‘assicurazione obbligatoria contro le malattie. Nel 1918 il Consiglio superiore del lavoro produsse un documento programmatico che chiedeva numerose riforme coordinate per assistere la ripresa post-bellica e gestire smobilitazione, collocamento, disoccupazione, rilancio di settori economici, e riforme previdenziali.

Durante la fase finale del conflitto, la Commissione Reale per il Dopoguerra (1918) propose un piano di politiche sociali molto progressista, basato su principi universalistici (cioè rivolto a tutti in base alla cittadinanza). Le proposte includevano il contratto generale di lavoro, minimi salariali, assicurazione obbligatoria (anche per la disoccupazione), partecipazione operaia ai profitti aziendali e in organi consultivi di impresa.

Espansione delle assicurazioni obbligatorie

Libretto di inscrizione di un lavoratore alle assicurazioni sociali, 1921
Libretto di inscrizione di un lavoratore alle assicurazioni sociali, 1921

Nel 1917 venne introdotto il contributo statale all’assicurazione per gli infortuni.

Nel 1919 venne data una svolta anche alle assicurazioni di vecchiaia, sancendo la nascita della pensione statale per il settore privato. Le iscrizioni all’assicurazione volontaria erano cresciute molto poco: nel 1919, dopo vent’anni, gli iscritti erano circa 660,000, meno del 4% della popolazione attiva. Fu dunque decretata l’iscrizione obbligatoria e venne fondata la Cassa Nazionale per le Assicurazioni Sociali (CNAS), chiamata a gestire i sistemi di tutele assicurative in rapida espansione. L’età pensionabile venne portata a 65 anni. Soprattutto venne allargato in direzione universalistica il bacino della popolazione soggetta a iscrizione: essa includeva operai, impiegati (con retribuzione mensile inferiore alle 350 lire), mezzadri ed affittuari (al di sotto di una certa soglia di reddito). I lavoratori autonomi e impiegati a reddito più alto potevano contribuire volontariamente.

Nel 1919 (governo Nitti) fu anche introdotto uno tra i primi schemi europei di assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria. Il finanziamento era basato su contribuzioni paritetiche tra datori di lavoro e dipendenti ed era sussidiato dallo stato. La copertura era destinata a tutti i lavoratori dipendenti, a quelli dell’agricoltura, e ai dipendenti del settore privato con reddito fino a 350 lire. Erano esclusi i dipendenti pubblici. Il sussidio di disoccupazione arrivava ad una durata massima di 120 giorni e richiedeva l’obbligo di presentarsi ad un ufficio di collocamento, di accettare eventuali adeguate proposte lavorative e di seguire eventuali richieste di corsi professionali di istruzione elementare. L’applicazione dell’assicurazione di disoccupazione fu rapida, ma il funzionamento ebbe nell’immediato un impatto limitato a causa dell’esiguità del finanziamento.

Valutazioni storiche

Innovazioni e limiti delle riforme liberali

Durante l’età liberale, ed in particolare durante gli anni Giolittiani (1902-1914) vennero gettate le fondamenta dello stato sociale italiano. Furono introdotte le prime assicurazioni sociali volontarie e poi obbligatorie. Le riforme si accompagnarono a profonde trasformazioni sociali ed economiche: crescita demografica, industrializzazione, allargamento dei diritti politici e maggior partecipazione delle masse nella vita nazionale, crescita dell’associazionismo e dei movimenti sindacali e socialisti, e crescita dell’istruzione pubblica.

Le riforme compresero importanti innovazioni, ma mancarono di organicità e furono prevalentemente settoriali. Alcune riforme vennero lungamente dibattute, ma non si materializzarono: fu questo il caso della mancata assicurazione sulle malattie; della non inclusione degli agricoltori nell’assicurazione sugli infortuni; e del mancato consolidamento delle assicurazioni vita dopo la costituzione dell’INA.

Le riforme sociali introdotte furono talora piuttosto deboli. Ad esempio, le norme per la protezione del lavoro minorile, che rappresentarono una forte innovazione, in realtà erano tra le più deboli tra le analoghe misure introdotte in Europa negli stessi anni. Le riforme anti-infortunistiche furono importanti nel cambiare i principi di protezione, tuttavia la loro esecuzione concreta fu frenata dal mancato rafforzamento dell’Ispettorato del Lavoro.

Se guardiamo ad una delle riforme chiave dell’epoca, ovvero la riforma delle Opere Pie del 1890, alcuni storici ne hanno sottolineato il carattere radicale di modernizzazione sociale: secondo questo punto di vista, essa rappresentò la vittoria delle idee secolari e liberali per la razionalizzazione dei servizi sociali, attraverso l’espansione del ruolo statale. Crispi riuscì a vincere sull’inconcludenza della politica precedente, con un intervento autoritario simile a quello impiegato da Bismarck per sostenere riforme in Germania. Altri storici hanno evidenziato come la riforma fu eseguita in maniera molto debole, perché le prefetture ed autorità locali non avevano adeguate capacità e personale per assolvere alle nuove responsabilità di controllo sulle Opere Pie ed il governo non aumentò le loro risorse a fronte dei nuovi compiti; la legge, preparata da un Parlamento dominato da giuristi ed avvocati, era piena di formule di difficile interpretazione ed esecuzione; e la corruzione si diffuse tra le nuove strutture locali chiamate a gestire il patrimonio delle Opere Pie. In conseguenza, la riforma ebbe mediamente effetti pratici limitati sulla indipendenza, efficacia e trasparenza delle Opere Pie.

Crescita della copertura delle assicurazioni sociali in selezionati paesi Europei (1885-1925). Fonte dati:[39]
Crescita della copertura delle assicurazioni sociali in selezionati paesi Europei (1885-1925). Fonte dati:

Il ruolo sociale dello Stato cominciò a crescere, seguendo tendenze già in atto in altri paesi Europei ed in particolare in Germania, sebbene non con la stessa velocità. Nel 1910, in Germania il 44,5% della popolazione attiva era coperta da assicurazioni sociali, il 12,8% in Francia, il 17,5% in Inghilterra, ed il 4,8% in Italia.

La differenza è imputabile alla maggiore organicità delle riforme: ad esempio in Inghilterra il regime liberale seppe introdurre una tassazione progressiva per finanziare le riforme sociali. Riforme di più ampio respiro permisero all’Inghilterra e altri paesi nord-europei, di perseguire tutele in una chiara direzione universalistica: esse erano cioè legate alla cittadinanza piuttosto che all’occupazione.

In Italia, nel 1912 la spesa sociale complessiva è stata attribuita per il 39% allo stato, 39% alle autorità locali, 16% alle Opere Pie, 3% alle Casse Nazionali e 3% alle SOMS.

Gli storici imputano le riforme innovatrici ma frammentarie alla debole attenzione sociale della classe politica liberale e agli equilibri parlamentari dell’epoca. I politici liberali propendevano per un laissez-faire sociale: compito dello stato era assicurare l’ordine pubblico e non quello di intervenire nella società. Molti liberali sostenevano la modernizzazione sociale. Le riforme dell’istruzione pubblica furono palesemente indirizzate a consolidare l’unità nazionale e i fondamenti dei diritti civili e della partecipazione popolare nella politica. Ma le posizioni erano molto più diversificate e spesso ambivalenti riguardo al ruolo dello stato nella sicurezza sociale. La classe liberale non fu capace di produrre una visione di riforme sociali paragonabile a quella che emerse negli stessi anni ad esempio in Inghilterra, sempre in un contesto liberale. Oltre i limiti di idee politiche, c’erano anche limiti economici: le condizioni economiche generali e le finanze pubbliche non consentivano alla classe politica, preoccupata della stabilità finanziaria, di prospettare una crescita dello stato sociale.

Nello stesso tempo, il mondo cattolico resisteva riforme che limitassero il proprio ruolo tradizionale nel settore sociale. E i nascenti movimenti operai si affidavano al mutualismo più che al ruolo dello stato. L’ala massimalista dei socialisti resisteva le riforme sociali perché le considerava una fonte di distrazione e divisione della classe operaia rispetto al fine ultimo della rivoluzione.

Efficacia delle riforme giolittiane e dibattito sul modello di stato moderno

 

«Il Paese, dice l’on. Sonnino, è ammalato politicamente e moralmente, ed è vero; ma’ la causa più grave di tale malattia è il fatto che le classi dirigenti spesero enormi somme a beneficio proprio quasi esclusivo, e vi fecero fronte con imposte, il peso delle quali cade in gran parte sulle classi più povere; noi abbiamo un grande numero di imposte sulla miseria: il sale, il lotto, la tassa sul grano, sul petrolio, il dazio di consumo, ecc. ; non ne abbiamo una sola che colpisca esclusivamente la ricchezza vera.[…] Io deploro quanto altri mai la lotta di classe; ma, siamo giusti, chi l’ha iniziata? Quando confronto il nostro sistema tributario con. quello di tutti indistintamente i paesi civili, quando osservo le condizioni delle classi rurali in gran parte d’Italia, e le paragono a quelle dei paesi a noi vicini dove i nostri operai si recano a cercare lavoro e dove possono fare confronti molto dolorosi per noi, io resto compreso di ammirazione per la longanimità e la tolleranza dello nostre plebi, e penso con terrore alle conseguenze di un possibile loro risveglio.[…] È necessario persuadere le classi dirigenti che senza qualche sacrificio esse non possono sperare durevole quella pace sociale senza cui non vi è sicurezza né per le persone né per gli averi. Continuando ora nella resistenza cieca, sorgerà, in un tempo non lontano, la indeclinabile necessità di sacrifici molto più gravi; allora si cederà all’impeto popolare, alla paura, ma i sacrifici non serviranno più ad altro che a dimostrare la superiorità delle forze popolari, la debolezza delle classi ricche, e ne verrà a queste tale discredito da compromettere le nostre istituzioni e il nostro ordinamento sociale»
— Giolitti, Giovanni, Per un programma e per la unione dei partiti liberali. La Stampa, 23 Settembre 1900.

Nell’età Giolittiana l’idea liberale dello stato venne messa in discussione. Di fronte all’intensificarsi delle attese di riforme sociali, e allo scontro crescente tra politica reazionaria e movimento socialista, Giolitti condusse la ricerca di una terza via di conciliazione: lo stato doveva diventare un mediatore, imparziale ma attivo, nello scontro di classe. Non si trattava solo di cercare un compromesso e di concedere alcuni benefici: in gioco era l’evoluzione del modello di stato rispetto alle idee liberali.

Nonostante questo dibattito politico tra liberali riformisti e conservatori, durante l’età Giolittiana non si produssero radicali riforme sociali, paragonabili al cambiamento introdotto col suffragio universale maschile del 1912. I riformatori stessi rimasero scettici della capacità dello stato di sostenere finanziariamente riforme di più ampio respiro. Ed operavano in una cultura politica fatta di trasformismoclientelismo e divisioni in fazioni. Essi si limitarono spesso a riforme di aspetti particolari, nell’interesse di questa o quella categoria, piuttosto che di un interesse nazionale più vasto. La stessa costituzione dell’INA fu concepita da Giolitti come un cambiamento fondamentale per rafforzare e allargare il nascente sistema pensionistico, ma in sede parlamentare venne diluita.

Riforme del primo dopoguerra

La guerra sconquassò i precari equilibri sociali e politici. Le riforme sociali del primo dopoguerra e specialmente quelle del 1919, intraprese in un clima di fortissime tensioni sociali, costituirono un progresso fondamentale nell’impianto dello stato sociale italiano. Ci furono due direzioni di riforme di portata fondamentale: le estensioni delle coperture assicurative obbligatorie richiamate sopra; e la costituzione della CNAS. La Cassa non era ancora un ente parastatale come sarebbe diventato in epoca fascista: essa era un ente assicurativo nel cui consiglio di amministrazione erano rappresentati governo insieme ai datori di lavori, gli assicurati ed esperti. La costituzione della Cassa tuttavia rappresenta un passo importante nell’estendere il ruolo statale nella coordinazione e gestione delle crescenti tutele sociali.

Con queste riforme, che si ricollegavano alle aspirazioni universaliste della Commissione Reale del Dopoguerra, il governo Nitti intendeva gestire i conflitti scatenati dalla smobilitazione, la riconversione dell’industria bellica, e l’abbandono delle campagne. Nell’immediato, i provvedimenti adottati non riuscirono a contenere le grandi tensioni sociali, che culminarono nel Biennio rosso e nelle elezioni politiche del 1919, che ribaltarono gli equilibri politici liberali con una grande affermazione del Partito Socialista e di quello Popolare. L’efficacia delle politiche era limitata dalla conflittualità politica, dalle ridotte risorse finanziarie e dalla debolezza della classa politica nello sviluppare una visione sociale adeguata alle profonde fratture e tensioni di quegli anni.

La transizione verso l’epoca fascista

Magnifying_glass_icon_mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Politiche sociali del fascismo.

Al di là dei risultati immediati, queste riforme posero ormai lo stato sociale al centro della ricerca politica del consenso pubblico, in un periodo di forte polarizzazione politica, di grandi squilibri economici e di politiche fiscali molto restrittive.

Il governo Mussolini, instaurato nel 1922, inizialmente tornò indietro rispetto alle riforme liberali, salvo poi riprendere l’espansione dello stato sociale dal 1926. Esso però diede direzioni diverse alla previdenza: una direzione statalista e centralista, piuttosto che indirizzata verso modelli di casse di tipo privatistico quali erano stati quelli dell’età liberale. Inoltre, le riforme fasciste abbandonarono i seppure tardivi caratteri universalistici delle riforme del 1919, per dare una forte impronta occupazionale (ovvero una sicurezza sociale non legata alla condizione di essere cittadino, ma al ruolo lavorativo di ciascuno).

Note

  1. Felice, pp. 114-116.
  2. Quine, pp. 36-37.
  3. Felice, pp. 118-125.
  4. Felice, pp. 125-129.
  5. Quine, p. 42.
  6. Felice, pp. 129-147.
  7. Felice, pp. 137-141.
  8. Felice, pp. 177-186.
  9. Cenni Storici, su operapiafacciofrichieri.it.
  10. Conti e Silei, pp. 13-25.
  11. Conti e Silei, pp. 36-37.
  12. Conti e Silei, pp. 39-42.
  13. Conti e Silei, pp. 43-46.
  14. Conti e Silei, pp. 34-35.
  15. Felice, pp. 114-116.
  16. Conti e Silei, p. 60.
  17. Felice, p. 80.
  18. Felice, pp. 137-139.
  19. Conti e Silei, pp. 44-45.
  20. Quine, pp. 3-13.
  21. Quine, pp. 46-50.
  22. Conti e Silei, pp. 50-51.
  23. Quine, p. 51.
  24. Conti e Silei, pp. 47.
  25. Conti e Silei, p. 52.
  26. Conti e Silei, p. 61.
  27. Ferrera et al., p. 31.
  28. Quine, p. 78.
  29. Quine, pp. 67-95.
  30. Conti e Silei, p. 62.
  31. Taroni.
  32. Conti e Silei, pp. 76-77.
  33. Ferrera et al., pp. 46-62.
  34. Alberti 2016.
  35. Ferrera et al., pp. 35-38.
  36. Conti e Silei, pp. 61-62.
  37. Quine, pp. 74-77.
  38. Quine, pp. 56-60.
  39. Alber.
  40. Quine, p. 79.
  41. Quine, pp. 36-40.
  42. Ferrera et al., p. 29.
  43. Quine, p. 77.
  44. Quine, p. 67.
  45. Ferrera et al., p. 33.
  46. Ferrera et al., p. 32.
  47. Zamagni.
  48. Ferrera et al., pp. 33-39.

Bibliografia

Voci correlate

Presentazione del XXII Rapporto annuale INPS

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Presentazione del XXII Rapporto annuale INPS

In diretta streaming, il 13 settembre, la Relazione annuale del Commissario straordinario INPS Micaela Gelera.

Pubblicazione: 13 settembre 2023

Mercoledì 13 settembre 2023, alle ore 11.00, presso la Sala della Regina di Montecitorio, il Commissario straordinario INPS Micaela Gelera presenterà la Relazione annuale, in occasione della presentazione del XXII Rapporto annuale dell’Istituto.

Interviene il Vicepresidente della Camera Giorgio Mulé.

L’evento sarà trasmesso in diretta streaming sulla WebTV della Camera dei Deputati.

VisitINPS Scholars: avviso per ricerca Responsabile scientifico

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VisitINPS Scholars: avviso per ricerca Responsabile scientifico

Requisiti, compiti, trattamento economico e presentazione della candidatura.

Pubblicazione: 13 settembre 2023

È stato pubblicato l’avviso per l’individuazione del Responsabile scientifico del programma di ricerca VisitINPS Scholars.

Il messaggio 12 settembre 2023, n. 3180 riporta le informazioni su requisiti, compiti del Responsabile scientifico e trattamento economico.

Gli interessati dovranno compilare la domanda allegata al messaggio e inviarla, insieme agli altri documenti richiesti, entro 15 giorni dalla data di pubblicazione dell’avviso, all’indirizzo di posta elettronica AdesioniTitolaritaSedi@inps.it.

Le candidature presentate saranno esaminate solo qualora non sia possibile individuare tra i dipendenti dell’Istituto il soggetto idoneo a svolgere il ruolo di Responsabile del progetto.

Pensioni all’estero: seconda fase accertamento esistenza in vita

 

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Pensioni all’estero: seconda fase accertamento esistenza in vita

Dal 20 settembre 2023 la seconda fase dell’accertamento dell’esistenza in vita per i pensionati residenti in Europa, Africa e Oceania.

Pubblicazione: 13 settembre 2023

Il messaggio 23 febbraio 2023, n. 794 ha fornito le indicazioni sulla prima fase della campagna di accertamento dell’esistenza in vita dei pensionati residenti all’estero.

Il messaggio 12 settembre 2023, n. 3183 informa che, dal 20 settembre 2023, inizierà la seconda fase dell’accertamento per i pensionati residenti in Europa, Africa e Oceania, ad esclusione dei Paesi scandinavi e dei Paesi dell’Est Europa già interessati dalla prima fase.

Citibank spedirà ai pensionati le richieste di attestazione dell’esistenza in vita, da restituire alla banca entro il 18 gennaio 2024

Qualora l’attestazione di esistenza in vita non sia prodotta, il pagamento della rata di febbraio 2024, dove possibile, avverrà in contanti presso le agenzie Western Union del Paese di residenza. In caso di mancata riscossione personale o produzione dell’attestazione entro il 19 febbraio 2024, il pagamento delle pensioni sarà sospeso a partire dalla rata di marzo 2024.

Il messaggio fornisce le informazioni sui requisiti di esclusione dall’accertamento, sulle modalità di richiesta delle attestazioni di esistenza in vita e sulle modalità di produzione della prova dell’esistenza in vita.

San Giovanni Crisostomo

 

San Giovanni Crisostomo


San Giovanni Crisostomo

autore: ambito lombardo anno: secolo XVIII (1740 – titolo: San Giovanni Crisostomo commenta le lettere di San Paolo luogo: Diocesi di Bergamo
Nome: San Giovanni Crisostomo
Titolo: Vescovo e dottore della Chiesa
Nascita: 349 circa, Antiochia di Siria
Morte: 14 settembre 407, Comana sul Mar Nero
Ricorrenza: 13 settembre
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Memoria liturgica
Patrono di:
Asola

Giovanni soprannominato Crisostomo, o bocca d’oro, per la sua meravigliosa eloquenza, nacque in Antiochia.

In giovanissima età fu privato del padre. Gli rimase la santa genitrice che ad altro non pensò se non ad adempiere fedelmente tutti gli obblighi di una madre cristiana verso i suoi figliuoli.

Il Crisostomo studiò retorica e filosofia sotto la scorta dei migliori maestri del suo tempo e fece progressi tali che lo stesso suo insegnante ne rimase meravigliato, e, interrogato una volta dai suoi amici quale dei suoi discepoli avrebbe preferito gli succedesse nella cattedra: Io nominerei, rispose, a mio successore Giovanni; se i Cristiani non ce l’avessero già involato.

Il vescovo di Antiochia, Melezio, conoscendo le rare qualità del Crisostomo, lo ordinò lettore. Flaviano, successore di S. Melezio, lo innalzò al sacerdozio, con l’incarico di predicar la parola di Dio, ufficio che Giovanni compì con zelo infaticabile e con grandissimo frutto. Egli spiegava Ie Scritture con molta chiarezza e proprietà; le sue istruzioni erano sode, le esortazioni vive e penetranti. Riprendeva con forza, esortava con carità e sapeva adattarsi alla mentalità di ciascuno.

Dodici anni continuò nel suo ufficio, quando venne a morire il vescovo di Costantinopoli, Nettario. Nell’elezione il pensiero corse subito a Giovanni, che a voce di popolo fu eletto successore il 26 febbraio dell’anno 398. Lo zelo per riformare i costumi gli attirò molti nemici.

Avendo pubblicamente ripreso dal pulpito alcune colpe dell’imperatrice, questa se ne volle vendicare. Lo fece quindi arrestare, e radunò il consiglio per escogitare cosa fare al Crisostomo. Chi proponeva l’esilio, chi la morte, chi la prigione perpetua, e chi altro. Finalmente uno che conosceva l’animo del Santo disse: « Ouanto avete proposto, altro non serve che a rallegrare il Vescovo. Con una cosa sola voi potete fargli del male, cioè facendogli commettere anche un solo peccato; ma fare questo non è in vostro potere ».

Si decise di esiliarlo in Bitinia. La notte appresso vi fu in Costantinopoli un terribile terremoto che tutti riguardarono come un effetto della collera divina. L’imperatrice medesima si spaventò e scongiurò l’imperatore a richiamare il santo Vescovo.

Tornò Giovanni in mezzo al suo popolo plaudente, ma per poco tempo, perché i suoi nemici non desistettero, e tanto fecero che l’imperatore fu costretto a esiliarlo nuovamente. Giovanni, per l’avanzata età e per gli strapazzi del viaggio, a stento poté arrivare alla città destinata; il giorno dopo il Signore lo chiamò a sè: era il 14 settembre del 407. Varie e pregevolissime sono le opere scritte da lui, e la Chiesa lo dichiarò Dottore.

PRATICA Non temete i mali di coloro che vi vogliono spaventare, ma temete il peccato che vi può mandare eternamente all’inferno.

PREGHIERA. La grazia celeste, deh! Signore, amplifichi la tua Chiesa, la quale hai voluto illustrare con i meriti gloriosi e la dottrina del tuo beato Giovanni, vescovo e confessore.

MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di san Giovanni, vescovo di Costantinopoli e dottore della Chiesa, che, nato ad Antiochia, ordinato sacerdote, meritò per la sua sublime eloquenza il titolo di Crisostomo e, eletto vescovo di quella sede, si mostrò ottimo pastore e maestro di fede. Condannato dai suoi nemici all’esilio, ne fu richiamato per decreto del papa sant’Innocenzo I e, durante il viaggio di ritorno, subendo molti maltrattamenti da parte dei soldati di guardia, il 14 settembre, rese l’anima a Dio presso Gumenek nel Ponto, nell’odierna Turchia.

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Domande Frequenti

  • Quando si festeggia San Giovanni Crisostomo?

     

  • Quando nacque San Giovanni Crisostomo?

     

  • Dove nacque San Giovanni Crisostomo?

     

  • Quando morì San Giovanni Crisostomo?

     

  • Dove morì San Giovanni Crisostomo?

     

  • Di quali comuni è patrono San Giovanni Crisostomo?

     

  • Chi sono i dottori della Chiesa?

     

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San Giovanni Dat

– San Giovanni Dat
MartireNacque a Dong-Chuoi, nel Tonchino. Cresciuto nella casa della missione cattolica del suo paese, in seguito frequentò la scuola cattolica della provincia…

San Giovanni de Ribera

– San Giovanni de Ribera
VescovoGiovanni era figlio di uno dei più importanti tra i grandi di Spagna, Pedro de Ribera, duca di Alcalà e viceré di Napoli per quattordici anni. Distintosi…

San Giovanniccio

– San Giovanniccio
Monaco in BitiniaNacque nella città di Maricat in Bitinia, da una famiglia umile. Fin dalla sua infanzia dovette prendersi cura del bestiame di famiglia. Si arruolò nell’esercito…

San Giovanni da Dukla

– San Giovanni da Dukla
Francescano polaccoGiovanni, nato a Dukla vicino ai Monti Carpazi in Polonia nel 1414 circa, dopo essere entrato nei frati minori conventuali, fu uno dei numerosi membri…

San Giovanni Xenos

– San Giovanni Xenos
MonacoNacque sull’isola di Creta. Fin da giovane abbracciò la vita solitaria. Fondò vari santuari e monasteri in tutta l’isola, il primo è quello di Myriokefalos…

I dottori della Chiesa

Sant' Antonio di Padova

– Sant’ Antonio di Padova
Sacerdote e dottore della ChiesaSant’Antonio nacque a Lisbona nel 1195 da genitori favoriti da Dio di ricchezze spirituali e di un certo benessere. Dopo la prima educazione ricevuta nella…

Santa Teresa d'Avila

– Santa Teresa d’Avila
Vergine e Dottore della ChiesaS. Teresa di Gesù nacque ad Avila (Spagna) il 28 marzo dell’anno 1515, da nobile ed antica famiglia. Teresa si distinse fin da bambina per un grande amore…

Santa Teresa di Lisieux

– Santa Teresa di Lisieux
Vergine e dottore della ChiesaIl 2 gennaio 1873 verso mezzanotte, la casa di Giuseppe Stanislao Martin e di Zelia Guerin fu rallegrata da un nuovo olezzante fiorellino: Maria Teresa…

Sant' Ambrogio

– Sant’ Ambrogio
Vescovo e dottore della ChiesaDi nobile famiglia romana, nacque a Treviri nelle Gallie ove suo padre era prefetto e a pochi mesi di vita uno sciame di api portò alla sua bocca del miele…

Santa Caterina da Siena

– Santa Caterina da Siena
Vergine e dottore della Chiesa, patrona d’ItaliaIl Signore è solito servirsi di umili e deboli creature per operare cose grandi: si servì di Ester per liberare il suo popolo dalla morte, di Giuditta…

Sant' Alberto Magno

– Sant’ Alberto Magno
Vescovo e dottore della ChiesaAlberto Magno, canonizzato e decorato del titolo di Dottore dal Sommo Pontefice Pio XI, nacque all’inizio del secolo XIII dai conti di Bollstädt a Lauingen…

Sant' Agostino

– Sant’ Agostino
Vescovo e dottore della Chiesa(LA) « Fecisti nos ad te et inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te. » (IT) « Ci hai creati per Te, [Signore,] e inquieto è il nostro cuore fintantoché…

San Roberto Bellarmino

– San Roberto Bellarmino
Vescovo e dottore della ChiesaS. Roberto Bellarmino nacque a Montepulciano il 4 ottobre del 1542 da Cinzia Cervini, sorella del Papa Marcello II e da Vincenzo Bellarmino. Affezionato…

Sant' Alfonso Maria de' Liguori

– Sant’ Alfonso Maria de’ Liguori
Vescovo e dottore della ChiesaNacque il 27 settembre del 1696 a Napoli dalla nobile famiglia De’ Liguori. Ricevette dai suoi buoni genitori un’educazione santa ed energica, a cui il…

San Tommaso d'Aquino

– San Tommaso d’Aquino
Sacerdote e dottore della ChiesaUn astro di luce particolare e inestinguibile brilla nel cielo del secolo XIII; luce che attraversa i secoli, che illumina le menti: l’Angelico Dottore…

San Francesco di Sales

– San Francesco di Sales
Vescovo e dottore della ChiesaFrancesco nacque l’anno 1567 nel castello di Sales, diocesi di Ginevra, da Francesco, conte di Sales, e da Francesca di Sionas. Fin dai primi anni mostrò…

San Bernardo di Chiaravalle

– San Bernardo di Chiaravalle
Abate e dottore della ChiesaBernardo nacque l’anno 1091 nel castello di Fontaine, presso Dijon. Suo padre Techelino era uno dei più cospicui uomini del tempo e sua madre Aletta era…

San Girolamo

– San Girolamo
Sacerdote e dottore della ChiesaÈ il Santo che pose tutta la sua vasta erudizione a servizio della Sacra Scrittura. Nacque nel 347 a Stridone in’ Dalmazia, da famiglia patrizia e cristiana…

San Giovanni della Croce

– San Giovanni della Croce
Sacerdote e dottore della ChiesaCollaboratore di Santa Teresa d’Avila nella fondazione dei Carmelitani Scalzi, Dottore della Chiesa, Giovanni della Croce risulta sempre più un affascinante…

San Leone Magno

– San Leone Magno
Papa e dottore della ChiesaS. Leone visse nella prima metà del fortunoso secolo v, che vide il dissolvimento e lo sfacelo finale dell’impero dei Cesari, e gli effetti meravigliosi…

Sant' Ilario di Poitiers

– Sant’ Ilario di Poitiers
Vescovo e dottore della ChiesaNacque Ilario a Poitiers, in seno al paganesimo, da una delle più illustri famiglie di Francia. Ecco come avvenne la sua conversione. Si pose un giorno…

San Gregorio Magno

– San Gregorio Magno
Papa e dottore della ChiesaLa Chiesa con molta ragione ha decorato questo santo Pontefice con il titolo di Grande, titolo che egli ha meritato con lo splendore delle sue azioni…

San Bonaventura

– San Bonaventura
Vescovo e dottore della ChiesaNell’anno 1221 nasceva in Bagnoregio (Lazio) San Bonaventura che al fonte battesimale fu chiamato Giovanni. Essendosi ammalato gravemente all’età di quattro…

San Lorenzo da Brindisi

– San Lorenzo da Brindisi
Sacerdote e dottore della ChiesaSan Lorenzo da Brindisi fu religioso francescano. Uomo singolare per intelligenza, seppe compiere le più belle opere per la gloria di Dio ed il bene delle…

Sant' Atanasio

– Sant’ Atanasio
Vescovo e dottore della ChiesaSi era alla fine del II secolo: ormai anche la decima ed ultima persecuzione volgeva al termine, quando un nuovo uragano stava per scatenarsi contro la…

San Pier Damiani

– San Pier Damiani
Vescovo e dottore della ChiesaGlorioso collaboratore di S. Gregorio VII e come lui figlio di S. Benedetto. S. Pier Damiani è una delle glorie più fulgide della Chiesa nel secolo xi…

San Cirillo d'Alessandria

– San Cirillo d’Alessandria
Vescovo e dottore della ChiesaCirillo fu l’intrepido difensore della divina maternità di Maria, il trionfatore di quel concilio di Efeso che mise fine a un’insidiosa controversia teologica…

San Beda il Venerabile

– San Beda il Venerabile
Sacerdote e dottore della ChiesaBeda significa uomo che prega. Nacque l’anno 672 sui confini della Scozia. A sette anni i genitori lo affidarono a S. Benedetto Biscopio, il quale ammirando…

San Cirillo di Gerusalemme

– San Cirillo di Gerusalemme
Vescovo e dottore della ChiesaNacque in Gerusalemme nell’anno 314. Dopo aver appreso i primi rudimenti della letteratura e delle scienze profane, studiò Sacra Scrittura, con tanto ardore…

San Pietro Crisologo

– San Pietro Crisologo
Vescovo e dottore della ChiesaS. Pietro Crisologo fu nel secolo v difensore della Chiesa occidentale contro gli Eutichiani. Nacque da agiata famiglia di Imola e fu battezzato dal vescovo…

Sant' Anselmo d'Aosta

– Sant’ Anselmo d’Aosta
Vescovo e dottore della ChiesaQuesto Santo è chiamato, a ragione, il primo degli Scolastici, ossia quei filosofi che ripresero lo studio della vera e sana filosofia del grande Aristotile…

Sant' Efrem

– Sant’ Efrem
Diacono e dottore della ChiesaEfrem nacque a Nisibi in Mesopotamia circa l’anno 306 sotto l’imperatore Costantino. Era figlio di pagani, ma studiò con ardore la dottrina cristiana…

San Pietro Canisio

– San Pietro Canisio
Sacerdote e dottore della ChiesaÈ un degno figlio di S. Ignazio di Loyola, destinato da Dio a risplendere di luce vivissima nella Germania, nel tempo in cui Lutero si ribellava alla Chiesa…

San Basilio Magno

– San Basilio Magno
Vescovo e dottore della ChiesaS. Basilio, ornamento e decoro della Chiesa greca, è un anello prezioso nella catena di santi che illustrano la sua famiglia. Nacque infatti da genitori…

Sant' Isidoro di Siviglia

– Sant’ Isidoro di Siviglia
Vescovo e dottore della ChiesaS. Isidoro venne sempre riguardato come il più illustre dottore della chiesa di Spagna. Iddio lo fece nascere, dice S. Braulione, per arrestare il torrente…

San Giovanni Damasceno

– San Giovanni Damasceno
Sacerdote e dottore della ChiesaS. Giovanni Damasceno nacque a Damasco da illustre famiglia e studiò filosofia e teologia a Costantinopoli, sotto la guida del monaco Cosma. L’empio imperatore…

San Gregorio Nazianzeno

– San Gregorio Nazianzeno
Vescovo e dottore della ChiesaS. Gregorio, detto il Teologo per la sua profonda scienza delle Sacre Scritture, nacque da nobili genitori l’anno 329 nella piccola città di Nazianzo in…

Sant' Ildegarda di Bingen

– Sant’ Ildegarda di Bingen
VergineIldegarda di Bingen sarebbe stata famosa in qualunque secolo, ma nel suo i risultati e la sua influenza, particolarmente come donna, furono straordinari…

San Giovanni d'Avila

– San Giovanni d’Avila
SacerdoteGiovanni, prete santo, mistico e scrittore, godette grandissima stima nella Spagna del xvi secolo; fu amico di S. Ignazio di Loyola (31 lug.) e consigliere…

San Gregorio di Narek

– San Gregorio di Narek
Dottore della Chiesa armenaSan Gregorio nacque in Armenia nel 951 da insigne famiglia sacerdotale — suo padre era arcivescovo — ed era ancora fanciullo quando fu affidato alle cure…
 

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Oggi 13 settembre si venera:

San Giovanni Crisostomo

San Giovanni Crisostomo
Vescovo e dottore della ChiesaGiovanni soprannominato Crisostomo, o bocca d’oro, per la sua meravigliosa eloquenza, nacque in Antiochia. In giovanissima età fu privato del padre. Gli rimase la santa genitrice che ad altro non pensò…
 

Domani 14 settembre si venera:

Esaltazione della Santa Croce

Esaltazione della Santa Croce
Trofeo della vittoria pasqualeL’Esaltazione della Santa Croce commemora la croce sulla quale fu crocifisso Gesù.

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Oggi 13 settembre nasceva:

Beato Benedetto da Urbino

Beato Benedetto da Urbino
Sacerdote cappuccinoMartino, o Marco, nacque a Urbino il 13 settembre 1560 dall’illustre famiglia dei Passionei. Studiò filosofia all’università di Perugia e giurisprudenza a Padova, divenendo famoso in entrambe per la sua…

Oggi 13 settembre si recita la novena a:

– Santi Cipriano e Cornelio
I. Per quella umiltà profondissima per cui, sobben distintissimi per ognì genere di virtù, vi riputaste sempre immeritevoli di ogni distinzione fra gli uomini anche allora che i più saggi ed i più pii…
– Santa Eufemia di Calcedonia
I. Ammirabile s. Eufemia, che, consacrata al Signore fin dall’età la più tenera, foste per la vostra modestia e per la santità dei vostri costumi, più ancora che per la vostra nobiltà, per la vostra ricchezza…
– San Gennaro
I. Gloriosissimo nostro Protettore San Gennaro, ammiriamo il fervente vostro zelo, e la cura pastorale che esercitaste con tanta premura pei vantaggi spirituali del vostro gregge. Umilmente vi preghiamo…
– San Giuseppe da Copertino
I. Glorioso s. Giuseppe, che, non pago di tollerar sempre in pace i duri trattamenti che aveste a soffrire nella vostra domestica educazione, vi aggiungeste ancora spontaneamente, non solo la fuga costante…
– San Matteo
I. Per quell’ammirabile prontezza, con cui voi, o glorioso s. Matteo, abbandonaste l’impiego, la casa e la famiglia per conformarvi agli inviti di Gesù Cristo, ottenete a noi tutti la grazia di approfittar…
– San Maurizio
I. O glorioso a. Maurizio, che, deliziandovi di conversare col santo vescovo di Gerusalemme, vi deliziaste più ancor degli elogi ch’egli vi fece del Cristianesinio, per cui lo abbracciaste senza ritardo…
– Santa Croce
O Dio vieni a salvarmi, Signore vieni presto in mio aiuto Gloria al Padre al Figlio e allo Spirito Santo come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Ti adoro, Croce Santa, che fosti ornata…
– Maria Addolorata
Nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo. Amen. La Madonna contempla quel Corpo Divino, svenato, esanime. – Oh, com’è ridotto il mio Gesù! è morto! … I suoi nemici saranno finalmente sazi!…..