Archivi giornalieri: 11 settembre 2023

il manifesto

 

Con il Cile nel cuore, attenti ai golpe silenziosi di oggi

1973-2023. La ricorrenza del golpe cileno che oggi celebriamo ,50 anni dopo, dovrebbe farci riflettere su quanto realmente poco comune, cioè globale, sia la memoria dell’umanità, in un tempo che pure viene chiamato proprio così
Con il Cile nel cuore, attenti ai golpe silenziosi di oggi
Salvador Allende
 
 
 
 
 

Nuovo!

«Sapete dirmi cosa è successo ieri?»- domanda la maestra alle bambine e ai bambini di una classe arrangiata sotto la tenda di un campo profughi alla frontiera Afghanistan-Pakistan. Gli scolari restano in silenzio, perplessi. Finalmente una bambina alza la mano e grida, contenta di avere la risposta: «Io lo so, il nonno di Aziz è caduto nel pozzo!»

Rotto l’imbarazzo iniziale si alzano altre mani per dare informazioni analoghe. Lo “ieri” su cui la maestra indaga è il giorno dell’attacco alle Torri gemelle di New York.

E’ il primo episodio del documentario collettivo diretto nel 2002 dalla giovanissima regista iraniana Samira Makhmalbaf: titolo ’11/’09/’01, premiato più volte, anche a Venezia.

Il secondo episodio, interpretato e diretto dal regista americano Sean Penn, si svolge a New York, in una stanza al piano basso di una casa buia. Il vecchio che vi abita, solo e triste, si illumina di gioia, come la sua stanza, quando d’improvviso, e inatteso, un raggio di sole entra dalla finestra: le Torri Gemelle che chiudevano la vista sono appena state abbattute.

Ken Loach, sceglie per il suo episodio un evento di 28 anni prima. La data è per due terzi la stessa, l’11 setttembre, diverso è solo l’anno,il 1973. E’, la sua, come di consueto, una provocazione: perché non celebrare con la stessa forza quel tremendo colpo di stato di Pinochet in Cile, quando, anche quella volta, gli Stati Uniti erano stati i protagonisti principali, non come vittime ma come mandanti di una catena di fatti che ha sconvolto il mondo?

La ricorrenza del golpe cileno che oggi celebriamo ,50 anni dopo, dovrebbe farci riflettere su quanto realmente poco comune, cioè globale, sia la memoria dell’umanità, in un tempo che pure viene chiamato proprio così.

Quanti nel mondo sentiranno la stessa acuta emozione, e paura, che tuttora proviamo noi democratici occidentali nel ricordare il dramma cileno?

Pochi nel mondo, e non perché siano distratti, ma perché il sistema di valori, il modo di recepire e di avvertire gli eventi dipendono ovviamente dalle informazioni che costruiscono la cultura di ognuno, la propria soggettiva emotività. E siccome il sistema informativo mondiale si fonda oggi per più dell’80% su fonti occidentali, oltre a produrre disinformazione produce anche diffidenza verso quello che viene offerto dal pensiero unico che ci viene imposto.

Tanto più oggi quando i soprusi e i colpi di stato che li permettono, sono diventati molto più soft di un tempo. Non perché siano diminuiti o sia cambiata la loro sostanza, anzi, ma perché per questi “golpe” non c’è più bisogno di aggressioni militari, di omicidi ,di barbare reclusioni.

Basta, ma solo in occidente, ricorrere alla privatizzazione invisibile di quanto dovrebbe esser deliberato da istituzioni democratiche e invece viene sempre più spesso deciso silenziosamente da grandi gruppi finanziari che operano sul mercato mondiale, ricorrendo ad avvocati e notai privati.

Una operazione possibile sulla base della pretesa che ci avvelena ormai da qualche secolo: che il modello occidentale sia il punto d’arrivo della civiltà, e dunque tutti coloro che non vi appartengono siano obbligati a imitarne l’esempio.

Con la globalizzazione attuale il pensiero non è diventato sempre più comune, si è sempre più appiattito, perché anziché arriccchirsi di un contributo collettivo è stato sottoposto a una vera dittatura.

Questa è la dittatura più dura, più grave. Anche perché non ha bisogno di militari, di fucilate, di imprigionamenti (qualche volta sì, pensiamo ad Assange!), perché l’occidente ha imparato a esercitare il suo potere monopolistico in modi più soft, privatizzando sempre più il potere deliberativo degli organismi che dovrebbero esercitare la sovranità popolare, e affidando sempre più le decisioni importanti ai grandi gruppi finanziari multinazionali che operano indisturbati sul mercato globale.

Sono manovre silenziose, incontrollabili, sicché è più difficile persino reagire come quando il furto della democrazia avvenne, come fu a Santiago del Cile, 50 anni fa, quando il presidente Allende fu ammazzato nel palazzo del governo.

Oggi, quando tutti i giornali ci riporteranno nel cuore le emozioni, e le paure prodotte dal colpo di stato cileno, da cui noi in Italia fummo particolarmente segnati, vorrei che si avviasse anche un momento di riflessione più generale. E di impegno, nel combattere «i colpi di stato invisibili».

Anche il fascismo che li produce è più soft, ma non ci facciamo ingannare, non basta prendercela solo con le ridicole enunciazioni dei rappresentanti del governo Meloni, troppo spesso il fascismo è diventato sostanza anche se privo delle sue modalità più appariscenti.

Vuol dire, purtroppo, che i fascisti da combattere sono molto più numerosi e pericolosi. Perché la sostanza del suo fare è purtroppo molto uguale a quella del nostro democratico occidente. La “nostra” dittatura informativa ne è la dimostrazione più evidente.

Così anche commemorando, esercizio certo importantissimo, bisogna denunciare tutto, non solo Pinochet. Il Cile dobbiamo ricordarlo il più possibile, ma collegarlo con l’oggi.

Perché il governo deve trovare una coperta per il raffreddamento delle pensioni

Perché il governo deve trovare una coperta per il raffreddamento delle pensioni

Verso nuovi aumenti delle pensioni a gennaio. Un terzo della manovra di bilancio destinata all’adeguamento degli assegni, ma forse non basta.

pensioniFoto © Licenza Creative Commons

La riforma delle pensioni dipende, come sempre, dalle disponibilità economiche a bilancio. Soldi che scarseggiano sempre più, soprattutto dopo che per tre anni è stata attuata Quota 100 mandando i lavoratori a 62 anni di età, al di sotto della media Ue e Ocse. Ma anche da quando ultimamente l’inflazione si è rimessa a correre. E’ questo il problema principale che oggi preoccupa maggiormente il governo Meloni.

Lo scorso anno, fra rivalutazioni e abbondanti incrementi delle pensioni minime, sono stati stanziati circa 13 miliardi di euro con un’inflazione ufficiale al 8,1%. Quest’anno, con l’inflazione che supererà di sicuro il 6%, serviranno altri 10-11 miliardi di euro per le stesse operazioni di perequazione a difesa del potere di acquisto dei pensionati.

Pensioni 2024 da adeguare nuovamente all’inflazione

Un obbligo, quindi, per il Parlamento che già lo scorso anno aveva ridimensionato l’adeguamento dei trattamenti per coloro che percepiscono pensioni medio-alte. In sostanza, la rivalutazione piena delle rendite è stata applicata per il biennio 2023-2024 solo per coloro che percepiscono fino a 2.100 euro lordi la mese.

Oltre tale soglia sono scattati i tagli in base a uno schema costituito da sei fasce di reddito pensione:

  • 100% fino a 4 volte il trattamento minimo
  • 85% da 4 a 5 volte il trattamento minimo
  • 53% da 5 a 6 volte il trattamento minimo
  • 47% da 6 a 8 volte il trattamento minimo
  • 37% da 8 a 10 volte il trattamento minimo
  • 32% oltre le 10 volte il trattamento minimo

Tale schema dovrebbe essere mantenuto anche per il 2024, ma non è detto che sia sufficiente e contenere l’aumento della spesa pubblica. Le pensioni minime subiranno, oltretutto, un incremento aggiuntivo del 2,7% passando per la prima volta i 600 euro al mese per over 75. Solo la perequazione automatica, quindi, assorbirà un terzo della manovra finanziaria 2024

Altri tagli in arrivo alle rendite

E’ del tutto evidente che le prospettive di spesa per la previdenza in Italia sono tutt’altro che rassicuranti.

Si pagheranno sempre più le pensioni esistenti, ma al contempo aumenta anche il saldo del numero delle rendite. Fra nuove pensioni e rendite eliminate, l’ago della bilancia pende in senso sfavorevole per lo Stato. Oltretutto sta per abbattersi sul sistema un’ondata anomala di pensionati conseguente al baby booming degli anni 60 e 70.Non è quindi escluso che lo schema a sei fasce di cui sopra possa subire un nuovo ridimensionamento. Già lo scorso anno, durante la discussione della manovra di bilancio, il governo aveva insistito per tenere più bassa la percentuale della seconda fascia. Per evitare scontri aperti coi sindacati, poi, si decise di lasciare le cose come stanno. E’ probabile, però, che se ne torni a discutere in autunno.

Oltre a ciò, appare abbastanza chiaro che la via delle pensioni anticipate sarà sempre più stretta. Benchè si discuta ancora di riforme per evitare la Fornero, non ci sono margini per consentire ai lavoratori di abbandonare il lavoro prima dei 67 anni. Probabile, quindi, che Quota 103 sarà prorogata di altri 12 mesi, ma niente di più. Quota 41 (uscita con 41 anni di contributi) per tutti indipendentemente dall’età anagrafica, invece, resta per ora un sogno nel cassetto della Lega e dei sindacati.

Le proteste dei lavoratori

Sullo sfondo, nel mentre, sono scattate anche le proteste dei pensionati per i tagli applicati lo scorso anno. Sono già centinaia le lettere di diffida inviate all’Inps per contestare quanto fatto dal Parlamento lo sorso anno, preludio a un ricorso alla Corte Costituzionale. Ulteriori tagli rischiano, quindi, di acuire un problema già esistente e che coinvolgerebbe un maggiore numero di pensionati disposti, a questo punto, anche a scendere in piazza.

Già adesso, secondo il presidente dell’Inps Pasquale Tridico. lo Stato rischia di dover risarcire in un futuro lontano cause per svariati miliardi di euro.

 

Santi Proto e Giacinto

 

Santi Proto e Giacinto


Santi Proto e Giacinto

autore: Alvise De Donati anno: 1500 circa titolo: Santi Proto e Giacinto luogo: Chiesa dei Santi Ambrogio e Antonio Casnate Con Bernate
Nome: Santi Proto e Giacinto
Titolo: Martiri di Roma
Ricorrenza: 11 settembre
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
 
Martiri, santi (epoca incerta). L’esistenza di questi due martiri romani è storicamente provata dal fatto che già nel IV secolo papa Damaso aveva composto una iscrizione per il loro sepolcro.

Leggendario è invece il racconto della loro vita: sarebbero stati due fratelli eunuchi, schiavi della nobile Eugenia, figlia di Filippo il nobile prefetto di Alessandria di Egitto, che convertirono al cristianesimo.

Eugenia avrebbe ceduto i due giovani alla nobile Bassilla, convertitasi a sua volta grazie ai loro insegnamenti. Operarono altre conversioni, finché vennero arrestati e imprigionati costretti all’adorazione degli Dei. Furono infine bastonati a sangue e poi condannati alla decapitazione.

Le ossa di Proto sono venerate nel Collegio di Propaganda Fide, quelle di Giacinto nella chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma nel cimitero di Basilla sulla via Salaria antica, deposizione dei santi martiri Proto e Giacinto, che il papa san Damaso celebrò nei suoi versi, recuperando i loro tumuli nascosti sotto terra. In questo luogo, circa quindici secoli dopo sono stati nuovamente ritrovati il sepolcro intatto di san Giacinto e il suo corpo consumato dal fuoco.