Archivio mensile:luglio 2011

Insegnare il Sardo. Ma in Sardo, di Francesco Casula

mercoledì, 20 luglio 2011


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Fra l’Università di Sassari e la Regione è scoppiata la pace. Dopo mesi di acute polemiche, fra l’Assessore alla Pubblica Istruzione Milia e il rettore Mastino è stato raggiunto un accordo: l’Ateneo sassarese, nei Corsi di formazione degli insegnanti, per il 50%, utilizzerà il sardo come lingua veicolare, mentre i laboratori si terranno interamente in limba. Per mesi, Sassari sembrava opporsi con forza a tale ipotesi. Che si sia addivenuti a un accordo è positivo. Sbaglia però chi pensasse che il conflitto sia totalmente composto: alla sua base infatti non c’è il problema della Limba sarda comuna, come apparentemente parrebbe, quanto una diversa concezione del Sardo, del suo ruolo e della sua funzione. Da una parte vi sono gli accademici sassaresi –e non solo- che sostanzialmente considerano la Lingua sarda come un “bene culturale”, da conservare, proteggere e tutelare. Una sorta di “bronzetto nuragico”. Dall’altra vi è tutto il movimento che in tutti questi decenni si è battuto per il bilinguismo, che sostiene il Sardo come lingua viva, da studiare e imparare certo, specie attraverso i nostri poeti e scrittori, per conoscere la cultura e la civiltà che essa sottende; ma anche e soprattutto per utilizzarla, come strumento di comunicazione, in ogni occasione della vita e dunque anche a livello ufficiale e non solo in situazioni private e familiari. Scrivono i docenti dell’Università di Sassari:” Pessamus chi chene litteradura, chene s’istudiu de sas usantzias e de s’istoria, chene sabidoria, chene limbazos, sa limba no esistit, est unu nudda, unu battile, unu trastu calesisiat”. Si tratta di affermazioni giuste e assolutamente condivisibili da tutti: tanto da essere persino scontate. E, dunque, neppure da discutere, perché, come ci consigliano i latini, “De evidentibus non est disputandum”. Da dibattere vi è invece tutta la politica linguistica. A partire da questo presupposto: senza l’uso sociale la lingua sarda rischia di essere una lingua artificiosa e sostanzialmente morta. Di qui la necessità non solo dell’insegnamento del Sardo in Sardo ma dell’utilizzo del Sardo come lingua veicolare per insegnare anche tutte le altre materie. Di qui la necessità che il Sardo irrompa in modo organico, come lingua coufficiale in tutti i media (giornali, libri, Radio-TV, Internet), nella toponomastica, nella pubblicità. Francesco Casula

Pubblicato su SARDEGNA quotidiano del 20 luglio 2011

La cancellazione della Circoscrizione estero non riduce i costi della politica

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Dichiarazione di Morena Piccinini, presidente Inca

“La proposta Calderoli di cancellare la circoscrizione estero rientra in una strategia di smantellamento degli organismi di  rappresentanza degli italiani all’estero”. E’ quanto afferma Morena Piccinini, presidente dell’Inca, a commento della proposta di legge costituzionale presentata dal ministro per la semplificazione normativa.

“Ma davvero la proposta Calderoli riduce i costi della politica? O piuttosto, serve a privare i nostri connazionali del diritto alla partecipazione democratica alla vita politica del nostro paese?  In realtà, si ha l’impressione che tutto questo serva a impedire loro l’esercizio di voto – puntualizza la Presidente dell’Inca -, poiché l’incidenza dei costi dei parlamentari eletti nella circoscrizione estero è assai irrisoria rispetto alla spesa generale. Agendo in questo modo, di fatto, si vogliono aumentare le distanze tra gli emigrati italiani e il nostro paese.

“Non è la prima volta che questo governo interviene – precisa Piccinini -: lo ha fatto avanzando l’ipotesi di smantellamento del Cgie; lo sta facendo chiudendo le sedi consolari in quasi tutti i paesi, dove vivono le comunità italiane, privando i nostri connazionali all’estero dell’assistenza istituzionale dovuta”.

“Peraltro – conclude Piccinini – i tanti connazionali avrebbero bisogno piuttosto di avere maggiori tutele pensionistiche. Proprio per questo, siamo certi che anche gli stessi emigrati della cosiddetta Padania avrebbero il piacere di poter continuare a far sentire la loro voce e quindi a mantenere legami con l’Italia”,

Siracusa – Campagna Inca“Leggi bene per non farti male”

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Un progetto per affermare la dignità dei lavoratori

Non ci stancheremo mai di affermare che di lavoro non ci si deve ammalare, nè tanto meno morire. Il Patronato Inca e la Fillea-CGIL si apprestano ad affrontare una prima campagna mobile, a partire dai principali cantieri edili, per consegnare a tutti i lavoratori  una guida di facile consultazione che li aiuti a conoscere meglio i loro diritti in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro.

E’ il nostro modo per ribadire non soltanto la solidarietà verso le tante, troppe vittime che ogni giorno vengono investite dalla piaga insopportabile degli incidenti sul lavoro e delle malattie professionali, ma anche la nostra determinazione per contrastare gli atteggiamenti di coloro che, eludendo le leggi, contribuiscono a far diventare i luoghi di lavoro ostili alla salute e alla sicurezza delle persone.

Le statistiche complessive sugli infortuni denunciati, in calo, nel 2010, dell’1,9%(si passa da 790 000 a 775 000) ci indicano che l’inversione di tendenza non esiste , poiché è noto a tutti come sia nettamente diminuito il numero complessivo di ore lavorate per via della crisi. In edilizia passiamo da 93000 infortuni denunciati all’Inail nel 2008 a 82000 nel 2009, a circa 80000 nel 2010. Ci attestiamo mediamente al 10% del totale,Percentuale che raddoppia se analizziamo le morti sul lavoro: dall’edilizia proviene circa il 20% degli incidenti mortali.

Inoltre, si stima l’origine edilizia del 30% dei 200 000 infortuni complessivi nel sommerso. Un  dato spaventoso che ci convince ancor di più della bonta’ della nostra iniziativ

A Siracusa il dato riflette l’andamento costante che si registra a livello nazionale negli anni .Si sfiorano sempre i 3000 casi complessivi denunciati ogni anno. Ed è tristemente noto a tutti come le morti bianche in quest’ultimo periodo, in questa provincia specialmente, abbiano  confermano che è grande il problema della prevenzione, dell’informazione e della sicurezza ai lavoratori.
Anche per questa ragione andiamo oltre questa guida. La CGIL si è dotata di due nuovi strumenti medici: un audiometro(apparecchio per misurare l’udito) ed uno spirometro(mezzo per misurare la capacità polmonare),che saranno sempre disponibili per l’utenza del Patronato Inca.Gli strumenti ci consentiranno,inoltre, di preparare (sul campione visitato) un dossier sulla condizione di salute nei luoghi di lavoro nella provincia di Siracusa.

La nostra Repubblica è fondata sul lavoro, recita il primo articolo della Costituzione, ma non un lavoro qualsiasi, bensì un’occupazione dignitosa e rispettosa delle norme sulla sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori. Ogni volta che si infrange questo principio è una sconfitta della società civile.

Vogliamo che nel nostro Paese si riduca l’incidenza degli infortuni e delle malattie professionali. Questo nostro progetto è un piccolo contributo alla dignità dei lavoratori.

La condizione femminile in Italia …

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…. la parità è ancora un miraggio

Discriminate sul lavoro, escluse dai palazzi del potere, prive degli adeguati diritti sessuali e della giusta protezione dalle violenze maschili: questa è la fotografia della condizione femminile in Italia, a quanto affermano 100 donne della società civile italiana che hanno preso parte alla piattaforma nazionale “Lavori in corsa – 30 anni di Cedaw”(Convenzione Onu per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazioni contro le donne).
La denuncia è contenuta nel rapporto 2011 in cui si sottolinea come l’Italia sia in ritardo nelle sue politiche per la parità di genere. Il “rapporto ombra” è stato presentato a New York lo scorso 14 luglio, in risposta al documento che il Governo ha depositato all’Onu nel 2009. A stilarlo sono state donne che lavorano in ong come Differenza donna e Fratelli dell’uomo, in assessorati alle pari opportunità (ad esempio Ravenna), in associazioni come l’Arci e ActionAid Italia .
 
Come stabilito dalla convenzione Onu Cedaw, ogni 4 anni gli Stati membri devono stendere una relazione a New York sulla situazione della donne. Questo mese, la Commissione del Cedaw, l’organismo che esamina i rapporti governativi,  prenderà in esame proprio il rapporto italiano: “L’esistenza di un rapporto ombra a New York è stata benvista – spiega Elena Pisano di Fratelli dell’uomo -. Il dato rilevante è che il nostro studio ottiene risultati molto diversi rispetto a quello governativo”.
 
L’Italia, tra l’altro, sarebbe carente rispetto all’accesso delle donne alla vita politica: le parlamentari sono il 20%, contro una media europea – già bassa – di 24%. Nella riforma elettorale del 2005, doveva essere introdotto un tetto minimo di quote rosa al 30% ma la norma è stata bocciata con voto segreto. Un ultima forte critica viene arriva dal versante salute: il rapporto ombra denuncia misure restrittive nell’accesso alla contraccezione d’emergenza  e all’aborto medico, dato che circa il 60% dei ginecologi non lo pratica, con punte del 92,6% in Basilicata.
 
Già nel 2005 la Commissione Cedaw aveva chiesto all’Italia di promuovere delle norme a favore della parità. Peccato che, si legge nel “rapporto ombra”, “Nessuna misura è stata adottata dal Governo per assicurare l’attuazione della Convenzione da parte delle autorità locali e regionali”. Stessa mancanza di trasparenza nella comunicazione dei dati relativi allo sfruttamento sessuale, con il risultato che non è stata fatta nessuna politica di sensibilizzazione. Per di più, sottolinea il rapporto, non esiste nemmeno un Piano nazionale antitratta. Le vittime, in maggior parte immigrate irregolari, spesso non denunciano gli sfruttatori, con il timore di venire espulse o di subire nuove violenze.

Redattore sociale

Anziani, Europa unita per affrontare l’invecchiamento

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Vivere di più, vivere meglio

Nel 2025 oltre il 30% degli europei avrà più di 65 anni, mentre il numero degli ultraottantenni sarà quasi raddoppiato rispetto a oggi. Anche i questa prospettiva, la Commissione europea invita gli Stati membri a sviluppare una visione comune sul coordinamento della ricerca a livello di Ue in materia di invecchiamento demografico. È questo il messaggio contenuto nella raccomandazione dal titolo “Vivere di più, vivere meglio: potenzialità e sfide del cambiamento demografico” adottata dalla Commissione.

La raccomandazione invita gli Stati membri ad aderire a un’iniziativa di programmazione congiunta sull’invecchiamento della popolazione volta a prolungare la partecipazione al mercato del lavoro, a promuovere uno stile di vita attivo per gli anziani, all’insegna della salute e della qualità della vita, nonché a rendere sostenibili i futuri regimi previdenziali.

Tredici paesi si sono già impegnati ad aderire all’iniziativa, dove esponenti di spicco del mondo della scienza, dell’economia, delle scienze sociali, della sanità e della tecnologia si confrontano con rappresentanti dell’industria, della politica e delle organizzazioni di utenti al fine di promuovere lo sviluppo delle conoscenze in materia di invecchiamento demografico.

Nel quadro di quest’iniziativa gli Stati membri collaboreranno, per la prima volta, per finanziare la ricerca strategica in materia. Neelie Kroes, vicepresidente della Commissione europea e responsabile dell’agenda digitale, ha dichiarato: “Mi compiaccio dell’adesione di diversi Stati membri dell’Ue a quest’iniziativa congiunta, che consentirà di sviluppare nuove conoscenze scientifiche sugli effetti dei cambiamenti demografici. Confido nella futura partecipazione degli altri Stati membri, nella prospettiva di cogliere le nuove opportunità offerte da una società in via d’invecchiamento invece di subirne le conseguenze”.

figliefamiglia.it

Il portale informa

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Camere di commercio: pubblicati i dati sulle attività economiche 2010

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15 luglio 2011

Il Ministero dello Sviluppo Economico ha validato con un primo il Decreto ministeriale del 12 luglio 2011 (in corso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) i dati finora forniti da 21 Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, relativi ai parametri “numero delle imprese al 2010”, “indice di occupazione e “valore aggiunto (migliaia di euro)” al 2008, per i settori di attività economica ai sensi del DPR 472/1995.

I dati forniti dalle Camere di commercio di cui all’allegato A, con il coordinamento dell’Unioncamere, utilizzano i dati più aggiornati  resi disponibili dalle fonti  ISTAT e Istituto Tagliacarne e sono stati elaborati utilizzando la classificazione delle attività economiche ATECO 2002:

  •  Agricoltura
  •  Artigianato
  •  Industria
  •  Commercio
  •  Cooperative
  •  Turismo
  •  Trasporti e spedizioni
  •  Credito
  •  Assicurazioni
  •  Servizi alle imprese
  •  Pesca
  •  Altri settori

Trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a parziale – riforma della normativa

Le tutele particolari

La legge 247/07, norma di attuazione del protocollo sul Welfare, aveva ampliato il diritto dei lavoratori pubblici e privati, meritevoli di particolari tutele poiché affetti da patologie oncologiche o perché familiari che li assistono, alla trasformazione del proprio rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time.

In virtù della disposizione normativa del 2007, i lavoratori meritevoli di particolare tutela e quindi interessati al diritto prioritario alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale erano:

1. i lavoratori affetti da patologie oncologiche, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita, accertata dalla Commissione Asl;
2. i lavoratori che assistono familiari o persone conviventi, malati oncologici, in particolare se si tratta del coniuge, di un figlio o di un genitore;
3. i lavoratori che assistono una persona convivente la quale possiede contemporaneamente, poiché totalmente e permanentemente inabile al lavoro,  un riconoscimento del 100% di invalidità civile, un riconoscimento di gravità dell’handicap, il diritto all’indennità di accompagnamento perché non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita;
4. la lavoratrice o il lavoratore con figlio convivente di età non superiore a 13 anni
oppure con figlio convivente – di qualsiasi età – portatore di handicap (con riconoscimento della stato di handicap senza gravità).

A seguito della legge n. 170/2010, anche  i genitori di studenti con sindrome DSA (Disturbi specifici di apprendimento), hanno diritto a fruire di orari di lavoro flessibili. In attesa di una regolamentazione contrattuale di tale diritto, la posizione di questi lavoratori va considerata in forza di quanto previsto nel dlgs 165/2001 e nei CCNL in ordine alla flessibilità di orario.

Le disposizioni contenute nella legge 183/2010, hanno avuto come effetto di differenziare il grado di tutela accordato.  Pertanto, hanno un diritto prioritario alla trasformazione del rapporto di lavoro i lavoratori affetti da patologie oncologiche con ridotta capacità lavorativa, mentre nei casi di cui ai punti 2, 3 e 4, si tratta di un diritto di precedenza alla trasformazione dell rapporto di lavoro.

L’effetto di queste disposizioni é stato quello di indebolire il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro (non più automatica ma subordinata alla valutazione dell’amministrazione) comportando anche un “grave arretramento della condizione di lavoro femminile, eliminando di fatto uno strumento importante di conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro”, come ha denunziato la FP-CGIL nei mesi scorsi.

Successivamente, lo scorso 7 marzo, le parti sociali hanno sottoscritto un’apposita intesa con il Governo. Per queste ragioni ed anche per il sostanzioso contenzioso che si é venuto a creare, il Dipartimento della Funzione Pubblica, insieme al Ministro per le pari opportunità e al sottosegretario con delega alla famiglia, ha emanato una circolare congiunta contenente indicazioni per le amministrazioni che devono tener presenti “le norme di legge e le clausole dei contratti collettivi che disciplinano la materia e accordano particolari forme di tutela ai lavoratori in riferimento alla cura dei figli o a situazioni di disagio personale o famigliare”.

Le sedi dell’Inca, dislocate su tutto il territorio nazionale, sono a disposizione  per fornire ulteriori e più approfondite informazioni.

Eternit – Legale parti civili chiede “danno da esposizione”

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Un danno non contemplato …

L’avvocato Sergio Bonetto, che rappresenta oltre 300 delle circa 6 mila parti civili del maxi-processo Eternit in corso a Torino, ha chiesto un risarcimento danni per il cosiddetto “danno da esposizione” all’amianto.

Qualora venisse riconosciuto, si tratterebbe di un precedente per l’ordinamento giudiziario nel nostro Paese. Il “danno da esposizione” infatti, è contemplato nell’ordinamento giudiziario di altri Stati, come per esempio la Francia, ma non in Italia. 

”Si tratta di una cifra – ha spiegato Bonetto – di 10 mila euro l’anno per ognuno dei miei assistiti, tutti cittadini delle zone di Cavagnolo (Torino) e Casale Monferrato (Alessandria), in cui si trovavano gli stabilimenti piemontesi della Eternit. Il tempo di esposizione si può quantificare mediamente in 20 anni”. La richiesta, quindi, è di circa 60 milioni per i soli clienti dell’avvocato Bonetto.

Prima di Bonetto avevano parlato Jean-Paul Thessioner, David Hussman ed Emmanuelle Schuten, i legali che rappresentano le associazioni dei parenti delle vittime dell’amianto di Francia, Svizzera e Belgio. E’ stato proprio Thessioner a ricordare che, a Lille (Francia) nel 2006, il tribunale ha riconosciuto il cosiddetto “danno da ansieta” (paragonabile al “danno da esposizione” chiesto da Bonetto) per esposizione da amianto condannando i dirigenti della Alstom. I legali stranieri si sono augurati che, dopo la sentenza italiana, si arrivi ”a un tribunale internazionale per i crimini ambientali”.

ansa

Jeans sabbiati: più attente le catene “low cost”

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Sandblasting letale

Chimica nei tessuti, diritti dei lavoratori negati, poco rispetto per l’ambiente. E’ quanto è emerso da un’indagine di Altroconsumo nelle 11 fabbriche delle maggiori marche di  Cina, Pakistan, Marocco, Turchia e Italia. Sei su undici hanno aperto le porte delle proprie aziende e consentito ispezioni e analisi di laboratorio sui capi per verificare l’eventuale presenza di residui chimici e allergizzanti. “Il settore non splende in salubrità. – sottolinea l’indagine – Il ciclo del denim pretende consumi d’acqua altissimi e impone trattamenti chimici sull’intero processo di produzione, dalla coltivazione del cotone, alla filatura, tessitura, tintura e manifattura del jeans”.

Nell’indagine si sottolineano le conseguenze della tecnica della sabbiatura (sandblasting) che conferisce al jeans l’effetto usato: “E’ letale se non realizzata con le protezioni necessarie per evitare di inalare silice, strumenti inesistenti nelle fabbriche della produzione del sommerso. Si calcola che in Turchia, sino a quando non è stata bandita come tecnica, nel 2009, a partire dal 2005 abbia prodotto oltre 5000 morti per silicosi. Purtroppo la produzione è stata dislocata su territori meno esigenti sul rispetto della salute degli operai e sottoposti a controlli saltuari: Cina, India, Bangladesh, Pakistan e in parte del Nord Africa”.

La maggior parte delle aziende visitate (60%) ha dichiarato di aver abbandonato la tecnica. Tra tutte l’unica che adottasse la sabbiatura, pur con attrezzature protettive, è stata proprio quella in Italia, spiega il rapporto: “L’azienda ha dichiarato di aver abbandonato il sandblasting subito dopo la nostra ispezione. E’ un fatto: succede che nei Paesi occidentali i controlli si affievoliscano perché si dà per scontato il rispetto delle regole”. Nel complesso sono risultate più attente le catene di abbigliamento low cost “che garantiscono a prezzi contenuti una maggiore responsabilità sociale”.

Istat: in Italia oltre 8 milioni di poveri

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Al di sotto della linea di povertà relativa …

Sono 8,2 milioni gli italiani in condizioni di povertà, una cifra pari al 13,8% dell’intera popolazione. Si tratta di quelle famiglie che sono cadute al di sotto della linea di povertà relativa, che per un nucleo di due componenti è pari ad una spesa mensile di 992,46 euro. Scendendo più in basso, poi, ci sono 3,1 milioni di persone (il 5,2% della popolazione) che risultano in condizioni di povertà assoluta, ovvero che non riescono nemmeno ad acquisire l’insieme di beni e servizi considerati essenziali per conseguire uno standard di vita minimamente accettabile. E’ la fotografia scattata dall’Istat, che ha presentato oggi il rapporto sulla povertà 2010.

Come prevedibil, gran parte della povertà italiana si concentra al Sud, dove questa condizione interessa una famiglia numerosa su due. L’Istat rileva che la povertà relativa aumenta tra le famiglie di 5 o più componenti (dal 24,9% al 29,9%), tra quelle con membri aggregati, ad esempio quelle dove c’è un anziano che vive con la famiglia del figlio (dal 18,2% al 23%), e di monogenitori (dall’11,8% al 14,1%). In particolare, fa notare l’Istituto, nel Mezzogiorno l’incidenza di povertà relativa cresce dal 36,7% del 2009 al 47,3% del 2010 tra le famiglie con tre o più figli minori.

Più nel dettaglio, la regione più povera nel 2010 risulta la Basilicata (28,3%), mentre il fenomeno è più attenuato al Nord e specialmente in Lombardia (4%), la regione che lo soffre meno. Anche l’Emilia Romagna ha un’incidenza molto bassa di povertà (4,5%) rispettivamente. Si collocano su valori dell’incidenza di povertà inferiori al 6% l’Umbria, il Piemonte, il Veneto, la Toscana, il Friuli Venezia Giulia e la provincia di Trento. Le situazioni più gravi invece si osservano tra le famiglie residenti in Calabria (26,0%), Sicilia (27,0%) e, come detto, Basilicata (28,3%).

La ricerca dell’Istat rivela anche che la povertà è molto più diffusa tra le famiglie con a capo un operaio (15,1%) rispetto a alle famiglie di lavoratori autonomi (7,8%) o, ancor più, di imprenditori e liberi professionisti (3,7%).

Molto difficile la situazione anche per le coppie di anziani con un solo reddito da pensione, la cui quota aumenta dal 13,7% al 17,1% per la povertà relativa e dal 3,7% al 6,2% per quella assoluta.

In sintesi, in Italia nel 2010 risulta essere povera o quasi povera circa una famiglia su cinque. L’istituto spiega infatti che si tratta del 18,6% dei nuclei familiari di cui l’11% in situazione di povertà mentre 7,6% sono quelle quasi povere.

rassegna.it

Immigrazione: l’Inca vince un’altra causa sui ricongiungimenti familiari

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Ancora una volta sconfitte miopia e xenofobia

Per l’ennesima volta è dovuto intervenire il Tar del Lazio, su istanza dell’Inca, per sancire il diritto alla carta di soggiorno nell’ambito dei ricongiungimenti familiari. Infatti, con la sentenza del 21 giugno 2011 è stata riconosciuta la possibilità di richiedere la carta di soggiorno ad una immigrata per la quale il marito, già residente in Italia da anni e in possesso del permesso per soggiornanti di lungo periodo, ne aveva fatto regolare richiesta, rigettata però dalla questura di Roma per ben due volte.

Il caso in questione riguarda una donna che dal 2005 è entrata nel nostro paese munita di visto di ingresso per ricongiungimento familiare al marito. Successivamente, e dopo aver ottenuto vari rinnovi del soggiorno, i coniugi insieme hanno fatto regolare richiesta di permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo, specificando che la loro richiesta era correlata a quella presentata dal coniuge.

Tuttavia, mentre l’istanza del marito veniva accolta nel giugno 2008, quella della moglie veniva respinta nel 2009.Contro la decisione della questura di Roma, la donna ha presentato ricorso al Tar, il quale, a sua volta, con primo pronunciamento, stabiliva che la richiesta del titolo potesse essere ripetuta successivamente al conseguimento della Carta di soggiorno da parte del marito.

Sulla base di tale ordinanza, i due hanno inviato una nuova domanda alla questura di Roma nel 2009, alla quale, però,  non è seguito alcun riscontro.

Da qui il secondo e ultimo intervento del Tar che stabilisce l’obbligo da parte della pubblica amministrazione di provvedere al rilascio del titolo  richiesto, come stabilisce il dlgs 286/98 all’articolo 29, comma 1, laddove si chiarisce che il permesso per soggiornanti di lungo periodo possa essere richiesto per sé e per i familiari.
La sentenza del Tribunale del Lazio, peraltro, richiamando anche un altro pronunciamento del Tribunale amministrativo  dell’Emilia Romagna n. 253 del 2009, chiarisce che “ferma restando la verifica dei requisiti da riferire al nucleo familiare, legati al reddito sufficiente e all’alloggio adeguato, l’anzianità quinquennale del permesso di soggiorno non è necessaria per il coniuge o i figli minori conviventi, per i quali pure sia stato richiesto detto titolo”.  Il Tribunale ha anche disposto l’obbligo alla Questura di Roma, ritenendo illegittimo il suo silenzio-rifiuto, di provvedere entro 30 giorni dalla sentenza ad accogliere la richiesta dei due immigrati.
“Ancora una volta una sentenza sconfigge la miopia e la xenofobia di questo governo – commenta Enrico Moroni, coordinatore degli uffici immigrazione dell’Inca – che con ostinazione continua, in barba anche alle norme europee, a legiferare in maniera negativa nei confronti degli immigrati.

Si pensi per esempio alla conversione in legge del decreto sui rimpatri, avvenuta alla Camera, oppure alla preannunciata norma sul potere di ordinanza dei sindaci in tema di immigrazione, sulla quale si era già pronunciata la Corte costituzionale considerandola illegittima. Anche questa sentenza, così come le altre già ottenute, rafforzano la convinzione dell’Inca nel continuare a promuovere azioni legali, fino a quando non saranno ritirati tutti i provvedimenti che feriscono i diritti del lavoro e di cittadinanza delle persone straniere presenti in Italia”.

Auser – Sul Titanic solo le famiglie e gli anziani ….

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…. sulle scialuppe di salvataggio la casta della politica!

Questa manovra finanziaria non solo è   iniqua, è  sbagliata, ha una forte natura recessiva , colpisce i più deboli, i più fragili e risparmia i privilegi dei più forti e delle caste, prima fra tutte quella della politica. Sul Titanic che rischia affondare  ci saranno solo le famiglie, gli anziani, i pensionati, i giovani. Sulle scialuppe di salvataggio al sicuro, sono già saliti  quelli della prima classe, la casta di una politica corrotta e collusa che per l’ennesima volta impone a tutti gli altri di fare sacrifici e salva se stessa, spudoratamente senza ritegno. E’ proprio questo l’aspetto più disgustoso di questa Manovra, i tagli ai costi della politica  limitati ad un ridicolo 8 milioni di euro, neanche il solletico. Una beffa sulla pelle dei  milioni di cittadini a cui si chiede di portare la croce.  E non ci dicano che pecchiamo di demagogia e antipolitica, questa volta non ci stiamo. 

Questo Governo non più credibile – oggi piegato da richieste d’arresto per  gravissimi scandali di corruzione e sospette collusioni mafiose –  ha prodotto un provvedimento  che  colpirà pesantemente le fasce di popolazione già duramente appesantite dalla crisi in atto, gli anziani, i pensionati, le famiglie, i disabili. Cittadini che saranno costretti a dure rinunce sulla salute, sui consumi, sulla propria vita ed il proprio futuro. Che dovranno  fare i conti con le  riduzioni o peggio le cancellazioni dei servizi sociali a seguito del nuovo pesante taglio di 9 miliardi di euro imposto alle Regioni e agli Enti Locali. Lo scenario che si profila non lascia dubbi, è drammatico.

C’è inoltre  il rischio reale che sulle spalle del volontariato, in particolare quello esercitato al servizio della persona, si scarichino sempre di più  ruoli sostitutivi  e di totale supplenza. Un arretramento   che non condividiamo.