Archivi giornalieri: 12 luglio 2011

INPS: circolari e messaggi


Gentile Cliente,
Le inviamo gli ultimi Messaggi Hermes pubblicati sul sito www.INPS.it > Informazioni > INPS comunica > normativa INPS: circolari e messaggi

 

>>> Titolo:  Messaggio numero numero 14337 del 08-07-2011
  Contenuto:  Programma di verifiche straordinarie da effettuare nell?anno 2011 nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile, sordità e cecità civile.
Tipologia:  MESSAGGIO

>>> Titolo:  Circolare numero numero 94 del 08-07-2011
  Contenuto:  art. 1-bis D.L. 5 ottobre 2004 n. 249, convertito con modificazioni, in Legge 3 dicembre 2004, n. 291; art. 2 D.L. 28 agosto 2008 convertito, con modificazioni, in Legge 27 ottobre 2008, n. 166: estensione del trattamento di integrazione salariale straordinaria e del trattamento di mobilità al
Tipologia:  CIRCOLARE

>>> Titolo:  Circolare numero numero 93 del 08-07-2011
  Contenuto:  Fondo Speciale per il sostegno del reddito e dell?occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale del settore del trasporto aereo ? Indennità di mobilità in forma anticipata in unica soluzione. Modifica Circolare n. 102 del 9 luglio 2007.
Tipologia:  CIRCOLARE

>>> Titolo:  Circolare numero numero 92 del 08-07-2011
  Contenuto:  Permessi per riduzione di orario (c.d. ROL) e per ex festività. Mancato godimento, ovvero mancato pagamento delle indennità sostitutive. Termini e modalità di assolvimento dell?obbligazione contributiva. Istruzioni operative per la compilazione del flusso UNIEMENS.
Tipologia:  CIRCOLARE

>>> Titolo:  Messaggio numero numero 14285 del 08-07-2011
  Contenuto:  Fondo di solidarietà per il personale già dipendente da imprese di assicurazione poste in liquidazione coatta amministrativa, di cui al D.I. n. 351 del 28 settembre 2000, modificato dal D.I. n. 229 del 18 dicembre 2010. Sospensione del contributo ordinario di finanziamento al Fondo dal periodo di
Tipologia:  MESSAGGIO

>>> Titolo:  Messaggio numero numero 14163 del 06-07-2011
  Contenuto:  Giorni di assenza parzialmente retribuiti soppressi fondi telefonici ed elettrici.
Tipologia:  MESSAGGIO

Lo staff di NewsLetter Hermes

Eternit – Chiesti dalla regione Piemonte 60 milioni di euro

 

Un risarcimento più che cospicuo, equo

La Regione Piemonte ha chiesto un risarcimento di 69 milioni di euro a Stephan Schmidheiny, miliardario svizzero di 64 anni, e Louis de Cartier, barone belga di 89 anni, imputati nel processo per disastro ambientale doloso e omissione volontaria di cautele sui luoghi di lavoro relativamente agli stabilimenti italiani della multinazionale dell’amianto Eternit.

Il danno patrimoniale subito dalla Regione, secondo l’avvocato di parte civile, ammonta a 60 milioni per le spese di bonifica degli stabilimenti di Casale Monferrato (Alessandria) e Cavagnolo (Torino) e nove milioni per le cure ai malati di asbestosi e tumori provocati dall’amianto. Un ulteriore risarcimento per danno di immagine potra’ essere poi stabilito dalla corte.

Quello della Regione, al momento, e’ il piu’ cospicuo risarcimento richiesto dalle parti civili del maxi-processo, il piu’ grande d’Europa per inquinamento, morti e patologie connessi all’amianto. Il pubblico ministero Raffaele Guariniello aveva chiesto per i due imputati una condanna a 20 anni di carcere. Le richieste di parte civile dovrebbero concludersi entro fine mese, mentre dopo la pausa estiva parleranno le difese.

ansa

Sicurezza sul lavoro: vale quanto una Finanziaria

I controlli devono essere raddoppiati

La prevenzione non eseguita costa quasi come una manovra finanziaria: 45,2 miliardi di euro nel 2010. Lo ricorda Rino Pavanello, segretario nazionale dell’Associazione nazionale Ambiente e lavoro, intervenuto al convegno “Icmesa, 35 anni dopo”, un incontro per ricordare l’incidente che il 10 luglio 1976 ha portato una nube di diossina sulla Brianza. E di cui si pagano le conseguenze ancora oggi.

La tragedia all’industria chimica di Seveso ha prodotto dibattiti e normative per la sicurezza sul lavoro. In particolare, le 3 direttive europee “Seveso”, la prima del 1982, l’ultima del 2005, in cui si determinano procedure particolari che devono essere seguite dalle aziende “a rischio di incidente rilevante”, cioè che possiedono materiale pericoloso che in caso di incidente potrebbero provocare danni simili a quelli di Seveso. “Oggi è  cambiato tutto, circolano informazioni e sono nate delle direttive – spiega Rino Pavanello – ma mancano ancora i decreti attuativi”. Nonostante il trend positivo che porta le morti sul lavoro a scendere sotto quota mille, Rino Pavanello parla ancora di “numeri eclatanti”, dovuti soprattutto  al basso numero di controlli. Il dato più sensibile riguarda proprio le aziende a rischio di incidente rilevante dove, secondo Pavanello, “i controlli dovrebbero essere almeno raddoppiati”.

In Italia, al 1 aprile 2011, sono 10 mila le aziende di classe A e B, dove cioè è più alta la concentrazione di materiale pericoloso. In Lombardia, la regione dove sono più numerose, la quota si attesta a 283, concentrate nella provincia di Brescia (45) e Bergamo (49). La classifica prosegue poi con Veneto (103), Emilia Romagna (99) e Piemonte (97). “In Lombardia è ancora troppo facile eludere i controlli”, afferma Pavanello. Una mancanza intrinseca legata alle carenze degli ispettori del Ministero del Lavoro e della Regione che devono monitorare le aziende a rischio si adeguino alla direttiva. Lo stesso vale anche per Asl e Vigili del fuoco, a cui spetta il compito di monitorare le aziende di classe “c”, a rischio più basso.

redattore sociale

Seveso, 35 anni dopo

NEWS

Cosa si può ancora fare?

Sabato 10 luglio1976 il reattore B dell’Icmesa, un’azienda chimica alle porte di Milano, smette di funzionare.

Dalla “fabbrica di profumi”,  come la chiamava la gente del posto, fuoriesce una gran quantità di diossina che il vento spinge verso sud colpendo Seveso, insieme ad altre tre cittadine: Meda, Desio e Cesano Maderno.

La dirigenza cerca di minimizzare l’accaduto, ma il sindacato intuisce subito la gravità dell’incidente e si mobilita. Quello di Seveso è il più  grande disastro ambientale che si sia verificato nel nostro Paese nel dopoguerra.

La fabbrica in seguito verrà demolita l’area su cui sorgeva, completamente bonificata, i danni subiti dalla popolazione sono stati enormi e tutto questo  all’interno di una storia tipicamente italiana conclusasi con lievi condanne finali. Una storia che però ha prodotto anche una nuova sensibilità in tema di rischi ambientali e che ha costretto a un ripensamento profondo del rapporto tra fabbrica e ambiente

Video su rassegna.it

Giustizia lumaca: il cittadino non può scontare l’anomalia del processo

Equa riparazione

La persona che ha subito un danno patrimoniale o non patrimoniale a causa dell’eccessiva durata di un processo può chiedere un'”equa riparazione” allo Stato in base alla  legge n. 89/2001, che porta il nome di “Pinto” dal senatore che a suo tempo la propose e riprende il principio affermato dall’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ratificata dall’Italia con la legge n. 845/55.

La domanda può essere proposta in pendenza del procedimento oppure, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui diventa definitiva la decisione che conclude la causa.

E’ ritenuta “irragionevole” la durata superiore ai tre anni per il primo grado, ai due per l’Appello, a uno per la Cassazione. Il risarcimento liquidato è in media pari a mille euro per ogni anno di ritardo nella definizione della causa rispetto agli standard individuati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Una recente sentenza della Cassazione (n. 15003/2011) ha stabilito il diritto all’equa riparazione proposta da un cittadino, assolto dopo un procedimento penale durato oltre tredici anni anche a causa della regressione al primo grado non dovuta alla sua condotta di parte processuale.

cassazione.net

Immigrazione: un’esigenza UE

NEWS

E’ necessario fare qualcosa …

L’Europa, con un basso tasso di natalità e una popolazione sempre più anziana, rischia di rimanere senza forza lavoro ed ha bisogno degli immigrati. E non di pochi: ne dovrebbero arrivare almeno 30-50 milioni entro il 2050, mette infatti in guardia un nuovo rapporto redatto dal Gruppo del Consiglio d’Europa – cui fa parte anche Emma Bonino – presentato oggi a Roma in occasione della visita di Thorbjon Jagland,  Segretario generale dell’organizzazione di Strasburgo.

Ma se i numeri della carenza di forza lavoro (che solo per l’Italia lasciano prevedere una necessità di 260 mila nuove braccia l’anno pari a 3 milioni in 10 anni, ha spiegato la Bonino) sono allarmanti e suggeriscono di non chiudere le porte ai flussi migratori, anche nell’interesse del vecchio continente, le regole devono essere poche ma chiare:

un’integrazione sì governata dagli Stati ma che non punti all’omologazione bensì al riconoscimento della diversità come valore, pur nel rispetto delle leggi. ”Il messaggio chiave del rapporto è questo ed è chiaro: l’Ue non deve aver paura della diversità ma ne deve trarre vantaggio, arricchendosi”, ha spiegato Jagland.

I risultati che emergono dal rapporto ‘Vivere Insieme’ – ha detto la Bonino illustrando il lavoro – ”non chiedono nuove convenzioni ma il rispetto di quelle internazionali già firmate dagli stati”. E raccomandano una ”politica paneuropea , finora inesistente, sull’immigrazione” ed una strategia di integrazione che ”deve coinvolgere tutti i livelli delle societa’ – dai governi centrali a quelli locali, dai sindacati alle scuole, alle associazioni imprenditoriali – senza incappare nel tentativo di omologare ma di valorizzare le diversità nel rispetto delle leggi”. Con i governi che ”hanno il diritto, ma anche il dovere, di governare il fenomeno” ha aggiunto respingendo il modello di “avanti c’è posto per tutti”. Va trovato un modello di gestione dell’immigrazione che ancora non  esiste: ”dobbiamo inventarci un modello con prudenza e pragmatismo” ha proseguito Bonino ricordando che finora non c’è stata una “formula vincente”, in nessun paese, che abbia dimostrato di funzionare. E’ un problema che non ‘riguarda solo un diritto altrui ma anche una necessità nostra”, ha rilevato riferendosi alla necessità di nuova forza lavoro. 

Al di là dell’immigrazione il rapporto affronta anche, più in generale, il problema delle minoranze non trattate ”all’altezza delle esistenti convenzioni”. Come nel caso – ha rilevato – di musulmani, ebrei, gay-lesbiche e dei cristiani in alcuni paesi. Ma anche e soprattutto quella dei Rom che – è stato ricordato – ”sono le persone che hanno meno diritti al mondo: da quelli all’istruzione o alla sanità, da quelli alla cultura o al voto. E per loro è stata ribadita la necessità di una sempre maggiore integrazione puntando anche sulla figura dei “mediatori”- gli esponenti della comunità già inseriti che aiutano gli altri a farlo – e soprattutto su un approccio di integrazione che parta dagli enti locali. ”Per loro è necessario fare qualcosa”, ha rimarcato Jagland.

Danno esistenziale da risarcire

NEWS

Sentenza choc della Cassazione

La Cassazione rilancia il danno esistenziale. Infatti, al di là del nome, vanno risarciti tutti gli sconvolgimenti della vita subiti in seguito ad un incidente e, se le tabelle non ne tengono conto, il giudice deve personalizzare il risarcimento tenendo conto degli effettivi cambiamenti di vita.

Con una sentenza del 30 giugno scorso che farà discutere e che riapre vecchie diatribe sul danno esistenziale fra magistratura e dottrina, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un ragazzo di Brescia che era rimasto gravemente ferito in un incidente stradale, perdendo una gamba e un braccio.

Il Tribunale e la Corte d’Appello lombardi avevano liquidato al giovane 250mila euro di danno non patrimoniale (biologico e morale). Il ragazzo ha presentato ricorso perchè lamentava che con un’invalidità così grave la sua vita di relazione, familiare e sentimentale era compromessa. La Cassazione sancendo l’importante principio secondo cui “vanno ristorati anche i cosiddetti aspetti relazionali propri del danno da perdita del rapporto parentale o del cosiddetto danno esistenziale, sicchè è necessario verificare se i parametri recati dalle tabelle tengano conto anche dell’alterazione/cambiamento della personalità del soggetto che si estrinsechi in uno sconvolgimento dell’esistenza e cioè in radicali cambiamenti di vita…”.

cassazione.net

Italia: uno dei Paesi più vecchi e longevi al mondo

NEWS

Progetto Welfare, Italia di Censis/Unipol

Nel 2030 gli anziani over 64 anni saranno più del 26% della popolazione totale: ci saranno 4 milioni di persone non attive in più e 2 milioni di attivi in meno. Il sistema pensionistico dovrà confrontarsi con seri problemi di compatibilità ed equità. Se le riforme delle pensioni degli anni ’90 hanno garantito la sostenibilità finanziaria a medio termine del sistema, oggi preoccupa il costo sociale della riduzione delle tutele per le generazioni future.

A fronte di un tasso di sostituzione del 72,7% calcolato per il 2010, nel 2040 i lavoratori dipendenti beneficeranno di una pensione pari a poco più del 60% dell’ultima retribuzione (andando in pensione a 67 anni con 37 anni di contributi), mentre gli autonomi vedranno ridursi il tasso fino a meno del 40% (a 68 anni con 38 anni di contributi). È quanto emerge dai risultati del primo anno di lavoro del progetto «Welfare, Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali» di Censis e Unipol. Negli ultimi tempi il dibattito sulle pensioni si è sterilizzato perché i conti degli enti previdenziali sono stati rimessi in ordine. Ma a soffrire in futuro saranno i conti delle famiglie: quanti oggi possono dire con serenità: «Mi godrò la pensione»?

Il 42% dei lavoratori dipendenti 25-34enni di oggi andrà in pensione intorno al 2050 con meno di mille euro al mese. Attualmente i dipendenti in questa fascia di età che guadagnano una cifra inferiore a mille euro sono il 31,9%. Ciò significa che in molti si troveranno ad avere dalla pensione pubblica un reddito addirittura più basso di quello che avevano a inizio carriera. E la previsione riguarda i più «fortunati», cioè i 4 milioni di giovani oggi ben inseriti nel mercato del lavoro, con contratti standard: poi ci sono un milione di giovani autonomi o con contratti atipici e 2 milioni di giovani che non studiano né lavorano.

Il ricorso a prestazioni sanitarie totalmente private è oggi molto diffuso. Nell’ultimo anno solo il 19,4% delle famiglie ne ha potuto fare a meno. Invece, più del 70% ha acquistato medicinali a prezzo pieno in farmacia, più del 40% è ricorso a sedute odontoiatriche, quasi il 35% a visite mediche specialistiche, più del 18% a prestazioni diagnostiche. Tutto ciò è costato in media 958 euro a famiglia. La spesa privata complessiva sale fino a 1.418 euro in media per le famiglie in cui un componente ha avuto bisogno del dentista.

Secondo la stima del Censis, le persone con disabilità sono oggi il 6,7% della popolazione totale: circa 4,1 milioni di persone. Ma con il progressivo invecchiamento demografico arriveranno a 4,8 milioni nel 2020 (il 7,9% della popolazione) e saranno 6,7 milioni nel 2040 (il 10,7%). Già oggi nel 30,8% dei nuclei familiari si riscontra un bisogno assistenziale. Per la maggior parte si tratta della necessità di accudire i figli, ma per il 6,9% dipende dalla disabilità o non autosufficienza di un membro della famiglia. Le risposte a questi bisogni provengono soprattutto dall’interno della famiglia stessa.

«C’è dunque innanzitutto un problema di scarsa consapevolezza sociale diffusa. Sebbene il sistema di welfare sia inevitabilmente destinato a ridurre i livelli di copertura – soprattutto il sistema previdenziale, con il passaggio dal modello retributivo a quello contributivo – gli italiani non sembrano percepire il reale impatto che queste trasformazioni avranno sulla loro qualità della vita, e ancor meno sembrano attrezzati per affrontarlo», ha commentato Carlo Cimbri, Amministratore Delegato del Gruppo Unipol.

«Oggi la spesa privata per prestazioni sociali delle famiglie è ondivaga e disorganizzata. Occorre utilizzare al meglio le risorse private facendole convergere in un sistema organizzato che razionalizzi il sistema di offerta, induca una riduzione dei costi e dunque ponga le condizioni per un incremento delle prestazioni e un allargamento della platea dei possibili beneficiari», ha detto Giuseppe De Rita, Presidente del Censis.

Per maggiori informazioni: www.censis.it