Archivi giornalieri: 18 gennaio 2024

HOME » BANDI » PROGETTI DI INCLUSIONE ATTIVA E DI INTEGRAZIONE SOCIO-LAVORATIVA DI PERSONE CON DISABILITÀ E IN SITUAZIONI DI SVANTAGGIO

La Regione Lazio ha inteso promuovere un nuovo avviso pubblico a valere sul PR FSE+ 2021-2027, a sostegno dell’inclusione socio-lavorativa delle persone con disabilità e delle persone maggiormente vulnerabili e a rischio di discriminazione, come ad esempio soggetti presi in carico e/o censiti dai servizi sociosanitari territoriali o dai servizi sanitari, soggetti in misura alternativa alla detenzione o in misura di sicurezza in carico agli Uffici di Esecuzione Penale Esterna, ecc., operando sulla loro attivazione attraverso progetti/percorsi integrati personalizzati.

Si vuole in questo modo contribuire a realizzare condizioni di pari opportunità e di inclusione nei confronti di queste componenti più fragili della popolazione regionale che sono quelle a maggiore rischio di cadere in una condizione di marginalità e di esclusione sociale.

L’avviso ha per oggetto interventi sperimentali e caratterizzati da spiccate caratteristiche di innovazione sociale, per il miglioramento dell’offerta regionale volta ad intercettare i fabbisogni di inclusione attiva dei disabili e delle persone più a rischio di marginalità sociale. A tal fine verranno finanziati progetti basati sulla realizzazione di una pluralità di attività con carattere integrato secondo una filiera logica e sequenziale coerente e funzionale al percorso di attivazione che attraverso il progetto si propone di realizzare. Le specifiche azioni attivabili devono essere progettate in un’ottica di sistema nonché di sviluppo e crescita delle comunità locali, delle istituzioni e della componente socio-economica.

Gli interventi sono articolati in funzione dell’area di disagio sociale e vulnerabilità

  • Area 1 – Disabilità psichica, fisica e sensoriale
  • Area 2 – Soggetti svantaggiati e vulnerabili

Destinatari

Per l’Area 1

Soggetti destinatari sono adolescenti, giovani e adulti di età compresa tra i 18 e i 60 anni con disabilità fisica, intellettiva, psichica e sensoriale (diagnosticata da istituzioni pubbliche/strutture sanitarie pubbliche) residenti o domiciliati nel Lazio che si trovino in una delle seguenti condizioni in relazione allo sviluppo del progetto inclusione attiva:  disoccupati, inoccupati o inattivi, anche se non iscritti al collocamento mirato; in cerca di occupazione, iscritti al collocamento mirato e presi in carico dai servizi per l’impiego e/o dai servizi sociali territoriali specializzati.

Per l’Area 2.

Per soggetti in condizione di svantaggio si intendono:

  • giovani tra i 18 e i 29 anni in condizioni di disagio economico e sociale definito dai seguenti elementi: inoccupazione persistente, famiglie multiproblematiche, condizioni a rischio per uso stupefacenti e microcriminalità;
  • persone prese in carico e/o censite dai servizi socio-sanitari con problemi di dipendenza da alcool, sostanze stupefacenti o psicotrope, con problemi di dipendenza da gioco d’azzardo patologico nonché di altre forme di dipendenze anche non legate a sostanze;
  • persone dimesse da ospedali psichiatrico-giudiziari; persone in misura alternativa alla detenzione o in misura di sicurezza in carico agli Uffici di Esecuzione Penale Esterna. Tali soggetti devono essere residenti o domiciliati nella Regione Lazio.

Soggetti proponenti

Possono presentare una sola proposta progettuale, ATS costituite/costituende finalizzate all’inclusione socio-lavorativa dei destinatari previsti dall’avviso (all’art. 3), formate da almeno tre soggetti tra i seguenti (con la presenza obbligatoria di un Ente del Terzo settore nell’ATS):

  • Enti del terzo settore di cui all’art. 4, comma 1 del D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo Settore), iscritti al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore
  • Operatori accreditati per la Formazione Professionale ai sensi della normativa regionale per le utenze speciali;
  • Cooperative sociali di tipo A e B;
  • Operatori in possesso di accreditamento per l’erogazione dei servizi al lavoro ai sensi della normativa regionale; – Imprese, associazioni, fondazioni;
  • Università.

In caso di realizzazione dell’attività formativa A.2, nell’ATS è necessaria la partecipazione di un operatore accreditato per la formazione. In caso di realizzazione dell’attività A.4, nell’ATS è necessaria la partecipazione di una Università. Per il conseguimento dei risultati e obiettivi di progetto le ATS proponenti potranno essere sostenute da enti che costituiscono una rete territoriale di supporto. Tali enti non sono beneficiari del contributo pubblico.

Articolazione delle proposte progettuali e dimensione del singolo progetto

Si rimanda al dettaglio contenuto nell’art. 5 dell’avviso. Si evidenzia che ciascun progetto potrà essere rivolto a destinatari dell’Area 1, a destinatari dell’Area 2, oppure a entrambi i gruppi di destinatari (Area 1 e Area 2). Ciascun gruppo di destinatari deve essere composto da un numero minimo di 6 e un massimo di 10 soggetti che dovranno svolgere il percorso, per un totale complessivo massimo di 20 soggetti destinatari degli interventi.

progetti dovranno avere una durata complessiva per singolo destinatario di 36 mesi per i destinatari dell’Area 1 e di 24 mesi per l’Area 2.

La proposta progettuale dovrà essere articolata nelle seguenti Azioni (che si dividono tra obbligatorie e facoltative) che dovranno essere descritte dal proponente sulla base delle caratteristiche dei destinatari e dei loro fabbisogni.

A. Percorso di inclusione socio-lavorativa

A.1 Presa in carico e orientamento (obbligatoria)

A.2 Attività formativa (facoltativa)

A.3 Tirocini di inclusione socio-lavorativa (obbligatoria, tranne per i periodi di attivazione dell’azione A.4 o di prolungamento dell’azione A.2 Attività formativa)

A.4 Percorso di inclusione all’interno del mondo universitario (facoltativa)

B. Monitoraggio e valutazione (obbligatoria)

Dotazione finanziaria

L’intervento è finanziato, nell’ambito del PR FSE Plus 2021-2027, attraverso la Priorità “Inclusione” –per un importo pari a € 5.000.000.

Tenendo conto dei parametri di costo definiti dall’Avviso (si rimanda al dettaglio contenuto nell’art. 14), per l’Area 1 il massimale di progetto non può superare l’importo di € 284.000 al netto delle indennità da erogare ai destinatari, che non possono superare complessivamente l’importo di euro 254.000.

Il costo del progetto per l’Area I non può pertanto superare € 538.000.

Per l’Area 2 il massimale di progetto non può superare l’importo di € 200.000 al netto delle 19 indennità da erogare ai destinatari, che non possono superare complessivamente l’importo di euro 174.000.

Il costo del progetto per l’Area 2 non può superare € 374.000.

Scadenza dei termini per la presentazione delle proposte progettuali

Le proposte, con le modalità di cui all’articolo 6 dell’avviso, potranno essere presentate dalle ore 9:30 del 14 dicembre 2023 e fino alle ore 17:00 del 30 gennaio 2024.

Le proposte progettuali devono essere presentate esclusivamente attraverso la procedura telematica accessibile dal sito https://sicer.regione.lazio.it/sigem-gestione-21-27/ attraverso il sistema pubblico SPID, al fine di aumentare il livello di sicurezza del sistema e in linea con le disposizioni e le modalità di accesso ad altri servizi della Pubblica Amministrazione.

Consulta il Manuale di accesso

Il completamento della procedura permette l’accesso alla compilazione di tutte le sezioni previste per la presentazione della proposta progettuale. All’interno della piattaforma, una volta effettuato l’accesso, i soggetti dovranno seguire le istruzioni disponibili sulla home page del portale al fine della candidatura, fatto salvo il possesso dei requisiti definiti dall’Avviso.

Responsabile del procedimento

Ai sensi della L. 241/90 e s.m.i., il responsabile unico del procedimento è il Dott. Paolo Giuntarelli Dirigente dell’Area Predisposizione degli Interventi della Direzione Regionale Istruzione Formazione e Politiche per l’Occupazione.

Assistenza Tecnica durante l’elaborazione delle proposte progettuali

Per ricevere assistenza e supporto anche in fase di presentazione delle proposte è possibile rivolgersi al seguente indirizzo di posta elettronica a partire dal giorno di pubblicazione del presente Avviso esclusivamente tramite mail ordinarie e non pec e fino alla scadenza dello stesso: inclusioneattiva@regione.lazio.it

Documentazione di riferimento

Si informano i potenziali soggetti richiedenti che la Direttiva della Direzione regionale Istruzione, Formazione e Politiche per l’Occupazione (n. G04128 del 28 marzo 2023) ha approvato il sistema di regole di riferimento per l’attuazione e la rendicontazione delle attività cofinanziate con il Fondo Sociale Europeo (FSE), il Fondo Sociale Europeo plus (FSE+) e altri Fondi UE e nazionali.

Vai alla Direttiva

AVVIAMENTO AL LAVORO DELLE PERSONE CON DISABILITÀ PRESSO DATORI DI LAVORO PUBBLICI

Favorire l’avviamento al lavoro delle persone con disabilità di cui all’art. 1 comma 1 della L. 68/99 ss.mm.ii. presso i datori di lavoro pubblici, attraverso la formazione di un’apposita graduatoria limitata a coloro che aderiscono alla specifica occasione di lavoro ai sensi e per gli effetti dell’art. 7, comma 1 bis della L. 68/99 ss.mm.ii.

Nel dettaglio, le persone con disabilità che possono aderire al presente avviso sono:

  • Le persone invalide civili affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e portatori di handicap intellettivo, con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento;
  • Le persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33 per cento;
  • Le persone non vedenti;
  • Le persone sordomute;
  • Le persone invalide di guerra e invalide civili di guerra con minorazioni ascritte dalla 1a alla 8a categoria;
  • Le persone invalide per servizio con minorazioni ascritte dalla prima all’ottava categoria

Le persone devono inoltre essere in possesso dei requisiti che seguono.

ISCRIZIONE NEGLI ELENCHI DELLA LEGGE 68/99: essere iscritti negli elenchi delle persone con disabilità, di cui all’art. 8 della Legge 12 marzo 1999, n. 68 ss.mm.ii., tenuti dagli Uffici competenti della Regione Lazio nell’ambito di competenza della Città Metropolitana di Roma Capitale (ex Provincia di Roma) e possedere una età anagrafica compresa tra i 16 anni (18 per gli enti pubblici) e l’età pensionabile;

CONDIZIONI DI DISOCCUPAZIONE E INCOMPATIBILITÀ CON EVENTUALI RAPPORTI DI LAVORO: per partecipare il candidato deve aver acquisito lo stato di disoccupato presso uno dei Centro per l’Impiego elencati di seguito o rilasciato la dichiarazione di immediata disponibilità (DID) ai sensi della normativa vigente, presso uno dei Centri per l’Impiego ricadenti nell’ambito territoriale della Città Metropolitana di Roma Capitale: Cinecittà – Torre Angela – Tiburtino – Primavalle – Ostia – Testaccio – Albano – Frascati – Marino – Tivoli – Guidonia – Subiaco – Velletri – Civitavecchia – Bracciano – Cerveteri – Monterotondo – Morlupo – Anzio – Colleferro – Palestrina – Pomezia – Zagarolo – Casal Bertone, entro la data di pubblicazione del presente avviso di avviamento (28.12.2023)

Il candidato non deve avere in corso un rapporto di lavoro sia di tipo subordinato che autonomo che generi un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al D.P.R. n. 917/1986, secondo il combinato disposto dall’articolo 4, comma 15-quater del d.l. n. 4/2019, convertito con modificazioni dalla Legge n. 26/2019, articolo 19 del D.lgs. n. 150/2015 e Circolare ANPAL n. 1 del 23/07/2019 e s.m.i., come modificate con Nota del Ministero del Lavoro del 05.07.2022.

Tenuto conto di quanto sopra, sono esclusi dalla partecipazione al presente avviso di avviamento, le persone disabili occupate alla data del 28.12.2023, il cui reddito annuo lordo da lavoro sia superiore a:

  1. Per il lavoro dipendente sia subordinato (compreso il lavoro intermittente) sia parasubordinato il limite reddituale prospettico è fissato ad €. 8.174,00;
  2. Per il lavoro autonomo (compresa la partecipazione in qualità di coadiuvanti o collaboratori all’impresa familiare e le prestazioni di lavoro autonomo occasionale con ritenuta d’acconto senza partita I.V.A.) il limite è fissato in €. 5.500,00 annui.

Per l’accertamento del requisito reddituale si farà riferimento al dato, se presente, della Comunicazione Obbligatoria di assunzione (UNILAV).

CITTADINANZA: cittadinanza italiana o di uno degli altri Stati membri dell’Unione europea o di Paesi terzi, purché si tratti di cittadini che siano titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria, in base a quanto disposto dall’art. 38 Dlgs. 165/2001, commi 1-3 e comma 3 bis e3 ter, sull’accesso dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea di Paesi terzi ai posti di lavoro presso pubbliche amministrazioni;

ALTRI REQUISITI SPECIFICI PER L’ACCESSO AL PUBBLICO IMPIEGO

  • Possesso del diploma di scuola secondaria di primo grado (licenza media) o equipollenza rilasciata dal MIUR per l’equiparazione di titoli di studio esteri [per coloro che abbiano conseguito titoli di studio fuori dal territorio italiano] per le PP.AA.;
  • Possesso dei requisiti generali per l’accesso al pubblico impiego (ex art. 2 del D.P.R. 487/1994)
  • Possesso delle qualità morali e di condotta di cui all’art. 35, comma 6, D.lgs. 165/2001.

criteri che concorrono alla formazione della graduatoria finale, posseduti alla data di pubblicazione del presente avviso (28.12.2023), fissati dall’“Atto di indirizzo e coordinamento inmateria di collocamento al lavoro delle persone con disabilità” approvato con Deliberazione della Giunta Regionale del 03 agosto 2017, n. 501 e pubblicata sul B.U.R.L. n. 67 del 22/08/2017, sono i seguenti:

  1. Grado di invalidità
  2. Carico familiare
  3. Età anagrafica
  4. Situazione economica

A ciascun candidato sarà attribuito automaticamente un punteggio base di 100 punti, a cui verranno aggiunti ulteriori punti, secondo i criteri stabiliti dal presente avviso.

Il punteggio totale per ciascuna domanda sarà calcolato sottraendo al punteggio iniziale, pari a 100, i punti relativi alla situazione economica (decurtazione che viene dimezzata nel caso in cui il candidato abbia riconosciuta l’indennità di accompagnamento ovvero sia portatore di un’invalidità di tipo psichico o intellettivo) e aggiungendo i punti relativi alla percentuale di invalidità, il carico familiare e l’età anagrafica.

La persona con disabilità con punteggio totale maggiore precede in graduatoria la persona con disabilità con punteggio totale minore. A parità di punteggio totale ha la precedenza in graduatoria la persona con disabilità avente minore età anagrafica [prevale il soggetto più giovane].

Le domande di partecipazione presentate ai sensi del presente avviso di avviamento si riferiscono esclusivamente alle occasioni di lavoro di cui all’allegato A) (ELENCO DEI POSTI DISPONIBILI).

La domanda di candidatura potrà essere presentata a partire dalle ore 00:01 del 4 marzo 2024 e fino alle ore 23.59 del 29 marzo 2024 esclusivamente tramite la procedura online, sul sito della Regione Lazio all’indirizzo: https://portalebandiavvisi.regione.lazio.it/bandi/bandoregionelazio?redirectId=4.

L’accesso alla piattaforma avverrà tramite SPID e l’identificazione digitale comporterà l’acquisizione di alcune informazioni personali non modificabili.

La domanda di partecipazione è composta di alcuni campi che è obbligatorio compilare al fine di completare l’acquisizione della domanda stessa.

La domanda, inoltre, dovrà contenere, a pena di esclusione, i seguenti dati:

  1. l’indicazione del CPI presso cui il candidato è iscritto negli elenchi di cui all’art. 1 della l. 68/99;
  2. l’importo autocertificato del dato IRPEF personale relativo all’anno 2022, che verrà classificato in ragione delle fasce di reddito menzionate dal presente avviso nei criteri di formazione della graduatoria.

Al momento dell’invio della domanda di partecipazione i candidati riceveranno, tramite mail, una conferma della presentazione della domanda, contenente anche il numero di protocollo che sarà considerato come codice identificativo della domanda.

A tutela della riservatezza dei candidati, il codice identificativo verrà utilizzato per la pubblicazione della graduatoria, in sostituzione delle generalità del partecipante. Il codice identificativo dovrà essere conservato con cura, al fine di identificare la propria posizione in graduatoria.

La conferma verrà inviata all’indirizzo di posta elettronica (NON PEC) indicato in fase di registrazione al portale.

Unitamente alla ricevuta di presentazione, i candidati riceveranno la copia integrale della domanda presentata, così da avere riscontro di quanto auto-dichiarato. Una volta inviata la domanda e ricevuta la mail di conferma non sarà più possibile modificare l’istanza. In caso di errori o inesattezze è possibile presentare una nuova domanda di partecipazione: ogni successiva domanda presentata dal medesimo candidato annulla la precedente, con la conseguenza che sarà ritenuta valida l’ultima istanza inviata.

Dal prossimo 8 gennaio 2024 sarà possibile contattare, prevalentemente a mezzo mail, il proprio Centro per l’impiego (solo quello in cui è stata effettuata l’iscrizione), per fissare un appuntamento, facendo riferimento al seguente elenco https://www.regione.lazio.it/cittadini/lavoro/centri-impiego al fine di accertare il corretto stato di iscrizione, nonché per constatare la completezza della documentazione sopra richiamata.

Nel caso in cui il CPI sia in possesso di tutti i documenti valenti titolo, rilascerà un certificato di iscrizione L.68/99, come aspirante al Collocamento Mirato. Per poter partecipare al presente avviso pubblico di Avviamento il Certificato dovrà riportare una data di iscrizione antecedente o uguale al 28/12/2023.

Con apposito avviso che verrà pubblicato al link: https://www.regione.lazio.it/cittadini/lavoro/sild-servizio-inserimento-lavorodisabilita/avvisi-graduatorie-sild, sarà comunicata la data di pubblicazione della graduatoria provvisoria nonché le modalità e il termine per la presentazione di eventuali osservazioni o richieste di riesame.

Con ulteriore avviso – pubblicato con le forme e modalità surriferite – sarà comunicata la data di pubblicazione della graduatoria definitiva ed il calendario degli avviamenti.

La graduatoria verrà pubblicata utilizzando i codici identificativi personali consegnati ai partecipanti all’atto di presentazione della domanda.

La graduatoria definitiva avrà validità fino all’esaurimento dei posti disponibili.

L’avviamento al lavoro presso gli enti pubblici avverrà nel rispetto delle vigenti previsioni normative: avviamento a selezione con assunzione subordinata all’esito di una prova attitudinale e al possesso dei requisiti per l’accesso al pubblico impiego.

Contatti

Informazioni e/o chiarimenti sulle modalità di partecipazione al presente avviso potranno essere richieste:

Tutte le comunicazioni relative alla presente procedura di avviamento al lavoro verranno effettuate esclusivamente attraverso specifiche pubblicazioni sul sito www.regione.lazio.it, al link https://www.regione.lazio.it/cittadini/lavoro/sild-servizio-inserimento-lavoro-disabilita/avvisigraduatorie-sild, oltre che sulla pagina Facebook di SPAZIO LAVORO all’indirizzo https://www.facebook.com/SPAZioLAVORORegioneLazio/.

Documentazione di riferimento

Perché i decreti legge omnibus sono un problema Governo e parlamento

Perché i decreti legge omnibus sono un problema Governo e parlamento

Una sentenza della corte costituzionale ha dichiarato illegittima una misura contenuta nel decreto sostegni bis, aggiunta durante l’iter di conversione. Nonostante i continui richiami, anche del Quirinale, però i decreti omnibus continuano a proliferare.

 

Una recente sentenza della corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di una norma contenuta nel decreto legge 73/2021. Tale misura, aggiunta con un emendamento parlamentare durante l’iter di conversione, è stata giudicata infatti estranea all’obiettivo originario del provvedimento.

Questo pronunciamento ha riportato d’attualità il tema dei cosiddetti “decreti omnibus”. Quegli atti cioè che affrontano temi molto diversi tra loro, violando le norme in materia. L’articolo 15 comma 3 della legge 400/1988 infatti prevede che il contenuto dei decreti legge debba essere “specifico, omogeneo e corrispondente al titolo”. Nonostante però vari pronunciamenti della corte in merito e richiami da parte del presidente della repubblica, tale fenomeno continua a persistere. E riguarda anche provvedimenti adottati nell’attuale legislatura.

16 i decreti omnibus convertiti in legge nella XIX legislatura.

Tale dinamica è probabilmente esacerbata anche dal fatto che le leggi di iniziativa parlamentare rappresentano una piccola percentuale rispetto al totale di quelle approvate. Per deputati e senatori quindi le possibilità di intervento si assottigliano. Un modo per introdurre nuove misure è proprio quello di presentare emendamenti ai decreti legge in fase di conversione. Tuttavia tale pratica, oltre a essere contraria alle norme, può anche dare origine a degli abusi.

Cosa dice la sentenza della corte costituzionale

La sentenza 215/2023 della corte costituzionale si sofferma sul decreto legge 73/2021 emanato dal governo Draghi. Anche noto come decreto sostegni bis, contiene una serie di misure per il contrasto dell’emergenza Covid-19. Si tratta quindi di un decreto che la giurisprudenza della corte definisce come “di contenuto plurimo“. Poiché interviene in diverse aree che però possono essere ricollegate a una ratio unitaria.

La parte contestata è l’articolo 54 ter comma 2, aggiunto dal parlamento durante l’iter di conversione in legge. Questo comma definisce una fase transitoria per alcune camere di commercio della Sicilia, nell’attesa che entri in vigore la riforma complessiva del sistema camerale regionale. Secondo il giudice che ha rimesso il caso alla corte tale norma, oltre a non trovare giustificazione nelle difficoltà finanziarie originate dall’emergenza pandemica, non risponderebbe neppure agli obiettivi di assicurare la continuità dei servizi erogati dai soggetti pubblici. Non ci sarebbe quindi collegamento con nessuno degli ambiti di intervento del decreto.

Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, la legge di conversione riveste i caratteri di una fonte «funzionalizzata e specializzata», volta alla stabilizzazione del decreto-legge, con la conseguenza che non può aprirsi ad oggetti eterogenei rispetto a quelli in esso presenti, ma può solo contenere disposizioni coerenti con quelle originarie dal punto di vista materiale o finalistico essenzialmente per evitare che il relativo iter procedimentale semplificato, previsto dai regolamenti parlamentari, possa essere sfruttato per scopi estranei a quelli che giustificano il decreto-legge, a detrimento delle ordinarie dinamiche di confronto parlamentare.

Per questi motivi la corte ha prima ritenuto ammissibile il ricorso promosso in via incidentale e poi dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma.

Decreti legge ed emendamenti nella XIX legislatura

In base a quanto abbiamo appena ricostruito possiamo concludere che, in linea generale, la parte critica sia rappresentata dal passaggio parlamentare della conversione dei decreti legge.

I decreti legge devono essere convertiti dal parlamento entro 60 giorni. Durante questa fase possono essere modificati attraverso l’approvazione di emendamenti. Vai a “Che cosa sono i decreti legge”

Tale prassi peraltro è tuttora molto frequente. In generale infatti, grazie ai dati messi a disposizione dall’osservatorio legislativo parlamentare aggiornati al 13 novembre e relativi ai 39 decreti convertiti in legge, possiamo osservare che in media i Dl presentati alle camere hanno registrato nel corso dell’iter un aumento medio rispetto al testo base di 35 commi e 4.628 parole. In termini percentuali, l’incremento è stato del 55,3% con riferimento al numero di commi e del 63,7% per quanto riguarda il numero di parole.

1.232 i commi aggiunti ai decreti legge in seguito all’iter di conversione (dato aggiornato al 13 novembre). 

Nell’analizzare questi dati però occorre tenere presenti alcuni elementi di contesto. Il primo riguarda il fatto che sono pochissime le leggi diverse dalle conversioni dei decreti approvate dall’inizio della legislatura a oggi. Così come sono pochissime le norme di iniziativa parlamentare entrate in vigore. Di conseguenza risulta abbastanza evidente come i margini di intervento per un parlamentare siano particolarmente esigui. La presentazione di emendamenti alle leggi di conversione quindi, per quanto impropria, rappresenta una delle poche vie che rimangono a deputati e senatori per intervenire nel processo legislativo su materie di proprio interesse.

C’è da dire però che questa dinamica non riguarda solamente i parlamentari ma anche lo stesso governo. L’esecutivo infatti può proporre emendamenti ai suoi stessi decreti, oppure può farli presentare a esponenti della propria maggioranza. Oppure ancora può direttamente approvare decreti legge in consiglio dei ministri che affrontano vari temi disomogenei tra loro.

I decreti omnibus nel dettaglio

Anche basandoci sul lavoro di analisi svolto dai comitati per la legislazione di camera e senato, abbiamo individuato alcuni dei decreti legge emanati nella legislatura in corso che, almeno potenzialmente, potrebbero essere considerati omnibus.

Dei decreti già convertiti in legge nel corso della XIX legislatura, sono 16 quelli che rientrano in questa categoria. Limitando l’analisi a queste norme, possiamo osservare che gli emendamenti approvati durante l’iter di conversione sono stati in totale 1.082. La maggior parte delle modifiche è stata apportata in commissione (1.059 emendamenti approvati). In valori assoluti, il decreto legge con il maggior numero di emendamenti approvati è il Dl milleproroghe 2023 (213). Seguono il decreto Pnrr ter (166), il Dl 44/2023 riguardante il rafforzamento della capacità amministrativa (109) e il Dl 75/2023 che affronta vari temi tra cui pubblica amministrazione, sport e giubileo del 2025 (104).

Occorre precisare che la giurisprudenza della corte costituzionale in materia ha legittimato nel tempo, pur evidenziandone tutti i limiti e le criticità, due categorie di decreti legge a contenuto plurimo. Quelli riguardanti la materia finanziaria e quelli relativi alla proroga o al rinvio di termini legislativi. Nonostante questa “concessione” ampli notevolmente il raggio d’azione, in quelli entrati in vigore nel corso dell’attuale legislatura si rilevano comunque vari profili di criticità.

Per citare alcuni esempi, il cosiddetto decreto Caivano non introduce solo misure finalizzate al contrasto della criminalità minorile, dell’elusione scolastica e del cyberbullismo ma prevede anche finanziamenti per la metropolitana di Napoli, per la diga di Montaquila in Molise e per la linea ferroviaria Biella-Novara. Nel decreto 145/2023, contenente norme fiscali, ci sono anche disposizioni relative a istruzione, sport, sicurezza, e procedure concorsuali della Consob.

Il già citato decreto 75/2023 riguarda varie aree di intervento disomogenee tra cui misure in materia di sport, di agricoltura e di politiche del lavoro. Nel decreto 51/2023, riguardante in prima battuta misure per il rafforzamento della pubblica amministrazione, troviamo tra gli altri anche interventi relativi alle criptovalute e alla realizzazione del villaggio olimpico di Milano-Cortina 2026. 

Un ultimo elemento da rilevare riguarda il fatto che la metà di questi decreti è stata approvata dopo che il governo ha posto la fiducia sulla legge di conversione sia alla camera che al senato. Questo contribuisce anche a spiegare perché la quasi totalità degli emendamenti sia stata approvata in commissione.

50% i decreti legge omnibus approvati con doppio voto di fiducia.

Negli altri casi, con la sola eccezione del decreto 98/2023, il voto di fiducia c’è stato in uno solo dei due rami del parlamento.

Foto: Corte costituzionale

 

Abbiamo speso appena il 7,4% dei fondi Pnrr previsti per il 2023 Monitoraggio e trasparenza

Abbiamo speso appena il 7,4% dei fondi Pnrr previsti per il 2023 Monitoraggio e trasparenza

Da mesi segnaliamo l’assenza di informazioni chiare e precise sullo stato di avanzamento dei progetti finanziati con il Pnrr. Una relazione dell’ufficio parlamentare di bilancio pubblicata a dicembre fornisce alcune indicazioni molto preoccupanti.

 

Nelle ultime settimane il governo Meloni ha raggiunto alcuni importanti traguardi per quanto riguarda il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Dapprima l’approvazione da parte delle istituzioni europee della proposta di revisione presentata. Successivamente l’erogazione della quarta rata di fondi legata agli obiettivi che il nostro paese doveva raggiungere entro il giugno scorso. Infine l’invio della richiesta della quinta rata relativa alle scadenze fissate per la seconda parte del 2023. 

Nonostante questi risultati, le criticità legate al piano italiano sono tutt’altro che risolte. Da mesi segnaliamo che mancano informazioni relative allo stato di avanzamento dei progetti finanziati con il Pnrr. Informazioni che sono disponibili sulla piattaforma Regis, dedicata alla rendicontazione del piano, ma che non sono pubbliche. Per avere qualche indicazione su questi aspetti occorre appoggiarsi ai report realizzati dai soggetti che hanno accesso alla piattaforma. In questo caso il documento più recente è stato realizzato dall’ufficio parlamentare di bilancio (Upb), con dati aggiornati a novembre 2023. Dall’analisi di questa relazione emerge un quadro molto preoccupante.

75% dei progetti esecutivi registrati sulla piattaforma Regis risulta in ritardo rispetto alla tabella di marcia.

Peraltro nella sua analisi, l’Upb rileva che la revisione del Pnrr non ha permesso di superare le difficoltà che hanno determinato questi ritardi. Ha semplicemente consentito di guadagnare tempo, facendo scalare in avanti alcuni degli obiettivi che il nostro paese deve raggiungere.

Indubbiamente anche la trattativa con le istituzioni europee per la revisione del piano ha provocato in qualche modo uno stallo nei lavori. Tuttavia, se non si interverrà in maniera decisa per recuperare il ritardo accumulato, il rischio è che negli anni conclusivi del piano (il 2025 e il 2026) il nostro paese si troverà a dover gestire una situazione estremamente complessa.

Criticità e carenze dei dati

Nell’introduzione alle sue analisi l’Upb sottolinea come sia estremamente complicato valutare lo stato di attuazione del Pnrr.

Le informazioni contenute in Regis presentano molte carenze.

L’ufficio parlamentare infatti rileva in primo luogo come i dati presenti nella piattaforma Regis ancora non siano né esaustivi né tempestivi. Inoltre sono carenti sia dal punto di vista della coerenza interna (tra le varie sezioni della piattaforma) che esterna (confrontando ad esempio le informazioni contenute in altre banche dati). 

Per questo motivo l’Upb ha scelto di integrare i dati sui progetti contenuti in Regis con informazioni esterne. Da questo punto di vista la fonte principale è stata la banca dati dell’autorità nazionale anticorruzione (Anac) sulle gare d’appalto.

I dati sulla spesa

Fatta questa premessa, l’Upb passa ad analizzare i dati sulle risorse assegnate e sulle spese già effettivamente sostenute. Un indicatore utile per capire se i lavori di una certa opera sono già partiti e a che livello di completamento sono.

Nel 2023 abbiamo speso molte meno risorse Pnrr del previsto.

Da questo punto di vista l’Upb rileva che, al 26 novembre, erano stati spesi complessivamente 28,1 miliardi di euro. Pari a circa il 14,7% del totale delle risorse Pnrr assegnate all’Italia. Nel periodo compreso tra il 2020 e il 2022 la spesa effettuata è stata sostanzialmente in linea con quella prevista. C’è da dire però che il piano di spesa aveva già subito alcune revisioni, come abbiamo spiegato in questo articolo.

Il dato significativo e particolarmente allarmante è quello relativo all’anno appena concluso. Nel 2023 infatti abbiamo speso circa 2,5 miliardi di euro di fondi Pnrr. Si tratta di appena il 7,4% del totale delle risorse programmate inizialmente. Un ritardo di proporzioni davvero rilevanti e che dovrà essere recuperato nei prossimi 3 anni.

Un altro elemento che emerge dall’analisi dell’Upb riguarda il fatto che i dati sulla spesa sono “trainati” da quei progetti che non prevedono la realizzazione di opere da parte dei soggetti pubblici. Parliamo in particolare di quelle misure che riguardano incentivi ai privati. Ad esempio, sono stati spesi 8,7 miliardi di euro per interventi legati a ecobonus e sismabonus.

La seconda misura che ha assorbito più fondi è quella legata al credito d’imposta per le imprese nell’ambito di Transizione 4.0 (5,4 miliardi). La terza misura invece è quella relativa alla valorizzazione del territorio e all’efficienza energetica dei comuni. Si tratta in questo caso, peraltro, di una delle misure che il governo Meloni ha inteso definanziare. Per cui ancora non è chiaro da dove arriveranno le risorse per portare a conclusione i progetti già avviati.

Lo stato di avanzamento dei progetti

La relazione dell’Upb fornisce anche indicazioni più specifiche sullo stato di avanzamento dei singoli interventi che siano dotati di un Cup (codice univoco progetto) e di un Clp (codice locale progetto). In base a quanto riportato, i progetti avviati a novembre 2023 risultavano essere in totale 231.140. Le opere già concluse erano 14.631.

6,3% i progetti Pnrr registrati sulla piattaforma Regis che risultano essere già conclusi. 

Per quanto riguarda gli interventi non ancora conclusi invece, le informazioni fornite sono relative a quei casi in cui si è già arrivati almeno al livello della progettazione esecutiva. Quella necessaria per bandire gli appalti e iniziare successivamente i lavori. I progetti in questo caso sono suddivisi in base allo step di realizzazione in cui si trovano (questa informazione però non è sempre indicata dai soggetti attuatori): approvazione del progetto esecutivo, messa a bando e assegnazione dei lotti, realizzazione delle opere, collaudo.

In base a queste informazioni, si può osservare che in generale nel 75% dei casi si sono registrati dei ritardi. Le difficoltà maggiori si riscontrano principalmente in fase di progettazione esecutiva e assegnazione. Si tratta di quasi un terzo di tutti i ritardi riscontrati nelle varie fasi, che salgono a oltre il 62% se si escludono i casi non classificati. Una volta individuata la ditta generalmente si riesce a procedere più velocemente.

GRAFICO
Questo contenuto è ospitato da una terza parte. Mostrando il contenuto esterno accetti i termini e condizioni di flourish.studio.
DA SAPERE

La tabella fa riferimento alla platea di 231.140 progetti registrati sulla piattaforma Regis. Tali interventi sono qui osservati nelle varie fasi in cui si articola la loro realizzazione. Per questo motivo il numero di progetti esecutivi è diverso rispetto al dato su quelli selezionati dai soggetti attuatori. E soprattutto il totale delle fasi passate in rassegna risulta molto maggiore. Ogni singola opera infatti per essere realizzata può avere bisogno di una o più progettazioni esecutive da mettere a gara. Inoltre il singolo progetto esecutivo può essere ripartito in lotti per la sua realizzazione.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Regis e ufficio parlamentare di bilancio
(ultimo aggiornamento: domenica 26 Novembre 2023)

 

L’Upb infine evidenzia che i ritardi non sono quasi mai attribuibili alle gare andate deserte. Questa motivazione, citata spesso in passato, può valere per singoli casi anche eclatanti (asili nido, idrogeno) ma in generale dai dati disponibili risulta marginale.

I motivi dei ritardi

In base a quanto riportato dall’Upb possiamo osservare che a fine novembre risultava in gran parte completata la fase di assegnazione delle risorse del Pnrr ai soggetti attuatori selezionati. Inoltre il 67% dei fondi assegnati risultava già allocato a singoli progetti. Da questo punto di vista l’Upb non rileva particolari disparità nell’assegnazione dei fondi tra le varie macro-aree del paese.

Queste emergono in maniera più evidente se invece si considerano la quota di progetti già arrivati a conclusione e la capacità di fare bandi e assegnare gli appalti. La quota di progetti già conclusi è bassa dappertutto ma nelle regioni del nord Italia è quasi doppia rispetto a quella del meridione. Le regioni del sud sono quelle che incontrano le maggiori difficoltà nel fare le gare e assegnare i lavori. L’Upb attribuisce queste disparità in parte a storiche difficoltà del mezzogiorno nella preparazione e nello svolgimento delle gare, soprattutto da parte di stazioni appaltanti di piccole dimensioni. Ma un altro elemento critico riguarda l’estrema frammentazione del piano a livello locale.

Una potenziale criticità riguarda l’elevata numerosità di piccoli progetti con soggetti attuatori di natura privata o mista (scuole, associazioni, imprese, consorzi, singole partite Iva o ragioni sociali, ecc.), dispersi sul territorio e con limitata esperienza di gestione delle gare.

Se da un lato si tratta di una chiara scelta del Pnrr pensata per consentire un maggiore coinvolgimento delle comunità territoriali, dall’altro l’Upb individua proprio in questo uno dei motivi dei ritardi accumulati finora. Anche in termini di trasmissione dei dati riguardanti l’assegnazione dei lavori e di monitoraggio sul loro avanzamento. Per questo sarebbe necessario intervenire a sostegno dei soggetti attuatori più in difficoltà. Anche per evitare che il divario tra nord e sud del paese si acuisca ancora di più. Divario che invece il Pnrr puntava – e punterebbe – a ridurre.

Prospettive future

Un altro elemento rilevato dall’Upb riguarda il fatto che le modifiche al Pnrr recentemente approvate dall’Unione europea comportano uno spostamento in avanti degli obiettivi da raggiungere e di conseguenza dei fondi erogati da Bruxelles al nostro paese.

La revisione del Pnrr è servita a guadagnare tempo ma non ha risolto i problemi.

Per fare un esempio pratico, a dicembre l’Italia ha richiesto l’invio dei fondi relativi alla quinta rata del piano. Un passaggio che, come sempre, è stato presentato con grande soddisfazione dagli esponenti del governo Meloni. Omettendo tuttavia un elemento importante. Il fatto cioè che lo slittamento in avanti degli obiettivi da raggiungere ha anche comportato una diminuzione dei fondi richiesti. Passati, relativamente alla quinta rata, da 18 miliardi a 10,6.


Il piano delle rate del Pnrr prima della sua revisione.

L’Upb in questo caso evidenzia che se da un lato questo slittamento consente all’Italia di guadagnare tempo per completare gli affidamenti e realizzare i lavori, dall’altro non incide minimamente sulle ragioni dei ritardi. Se non si interviene sulle capacità burocratiche e amministrative degli enti locali, il rischio è comunque quello di arrivare al 2026 con una situazione estremamente critica.

Il nostro osservatorio sul Pnrr

Questo articolo rientra nel progetto di monitoraggio civico OpenPNRR, realizzato per analizzare e approfondire il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ogni lunedì pubblichiamo un nuovo articolo sulle misure previste dal piano e sullo stato di avanzamento dei lavori (vedi tutti gli articoli). Tutti i dati sono liberamente consultabili online sulla nostra piattaforma openpnrr.it, che offre anche la possibilità di attivare un monitoraggio personalizzato e ricevere notifiche ad hoc. Mettiamo inoltre a disposizione i nostri open data che possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione.

Foto: Governo – Licenza

 

Abbiamo speso appena il 7,4% dei fondi Pnrr previsti per il 2023 Monitoraggio e trasparenza

Abbiamo speso appena il 7,4% dei fondi Pnrr previsti per il 2023 Monitoraggio e trasparenza

Da mesi segnaliamo l’assenza di informazioni chiare e precise sullo stato di avanzamento dei progetti finanziati con il Pnrr. Una relazione dell’ufficio parlamentare di bilancio pubblicata a dicembre fornisce alcune indicazioni molto preoccupanti.

 

Nelle ultime settimane il governo Meloni ha raggiunto alcuni importanti traguardi per quanto riguarda il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Dapprima l’approvazione da parte delle istituzioni europee della proposta di revisione presentata. Successivamente l’erogazione della quarta rata di fondi legata agli obiettivi che il nostro paese doveva raggiungere entro il giugno scorso. Infine l’invio della richiesta della quinta rata relativa alle scadenze fissate per la seconda parte del 2023. 

Nonostante questi risultati, le criticità legate al piano italiano sono tutt’altro che risolte. Da mesi segnaliamo che mancano informazioni relative allo stato di avanzamento dei progetti finanziati con il Pnrr. Informazioni che sono disponibili sulla piattaforma Regis, dedicata alla rendicontazione del piano, ma che non sono pubbliche. Per avere qualche indicazione su questi aspetti occorre appoggiarsi ai report realizzati dai soggetti che hanno accesso alla piattaforma. In questo caso il documento più recente è stato realizzato dall’ufficio parlamentare di bilancio (Upb), con dati aggiornati a novembre 2023. Dall’analisi di questa relazione emerge un quadro molto preoccupante.

75% dei progetti esecutivi registrati sulla piattaforma Regis risulta in ritardo rispetto alla tabella di marcia.

Peraltro nella sua analisi, l’Upb rileva che la revisione del Pnrr non ha permesso di superare le difficoltà che hanno determinato questi ritardi. Ha semplicemente consentito di guadagnare tempo, facendo scalare in avanti alcuni degli obiettivi che il nostro paese deve raggiungere.

Indubbiamente anche la trattativa con le istituzioni europee per la revisione del piano ha provocato in qualche modo uno stallo nei lavori. Tuttavia, se non si interverrà in maniera decisa per recuperare il ritardo accumulato, il rischio è che negli anni conclusivi del piano (il 2025 e il 2026) il nostro paese si troverà a dover gestire una situazione estremamente complessa.

Criticità e carenze dei dati

Nell’introduzione alle sue analisi l’Upb sottolinea come sia estremamente complicato valutare lo stato di attuazione del Pnrr.

Le informazioni contenute in Regis presentano molte carenze.

L’ufficio parlamentare infatti rileva in primo luogo come i dati presenti nella piattaforma Regis ancora non siano né esaustivi né tempestivi. Inoltre sono carenti sia dal punto di vista della coerenza interna (tra le varie sezioni della piattaforma) che esterna (confrontando ad esempio le informazioni contenute in altre banche dati). 

Per questo motivo l’Upb ha scelto di integrare i dati sui progetti contenuti in Regis con informazioni esterne. Da questo punto di vista la fonte principale è stata la banca dati dell’autorità nazionale anticorruzione (Anac) sulle gare d’appalto.

I dati sulla spesa

Fatta questa premessa, l’Upb passa ad analizzare i dati sulle risorse assegnate e sulle spese già effettivamente sostenute. Un indicatore utile per capire se i lavori di una certa opera sono già partiti e a che livello di completamento sono.

Nel 2023 abbiamo speso molte meno risorse Pnrr del previsto.

Da questo punto di vista l’Upb rileva che, al 26 novembre, erano stati spesi complessivamente 28,1 miliardi di euro. Pari a circa il 14,7% del totale delle risorse Pnrr assegnate all’Italia. Nel periodo compreso tra il 2020 e il 2022 la spesa effettuata è stata sostanzialmente in linea con quella prevista. C’è da dire però che il piano di spesa aveva già subito alcune revisioni, come abbiamo spiegato in questo articolo.

Il dato significativo e particolarmente allarmante è quello relativo all’anno appena concluso. Nel 2023 infatti abbiamo speso circa 2,5 miliardi di euro di fondi Pnrr. Si tratta di appena il 7,4% del totale delle risorse programmate inizialmente. Un ritardo di proporzioni davvero rilevanti e che dovrà essere recuperato nei prossimi 3 anni.

Un altro elemento che emerge dall’analisi dell’Upb riguarda il fatto che i dati sulla spesa sono “trainati” da quei progetti che non prevedono la realizzazione di opere da parte dei soggetti pubblici. Parliamo in particolare di quelle misure che riguardano incentivi ai privati. Ad esempio, sono stati spesi 8,7 miliardi di euro per interventi legati a ecobonus e sismabonus.

La seconda misura che ha assorbito più fondi è quella legata al credito d’imposta per le imprese nell’ambito di Transizione 4.0 (5,4 miliardi). La terza misura invece è quella relativa alla valorizzazione del territorio e all’efficienza energetica dei comuni. Si tratta in questo caso, peraltro, di una delle misure che il governo Meloni ha inteso definanziare. Per cui ancora non è chiaro da dove arriveranno le risorse per portare a conclusione i progetti già avviati.

Lo stato di avanzamento dei progetti

La relazione dell’Upb fornisce anche indicazioni più specifiche sullo stato di avanzamento dei singoli interventi che siano dotati di un Cup (codice univoco progetto) e di un Clp (codice locale progetto). In base a quanto riportato, i progetti avviati a novembre 2023 risultavano essere in totale 231.140. Le opere già concluse erano 14.631.

6,3% i progetti Pnrr registrati sulla piattaforma Regis che risultano essere già conclusi. 

Per quanto riguarda gli interventi non ancora conclusi invece, le informazioni fornite sono relative a quei casi in cui si è già arrivati almeno al livello della progettazione esecutiva. Quella necessaria per bandire gli appalti e iniziare successivamente i lavori. I progetti in questo caso sono suddivisi in base allo step di realizzazione in cui si trovano (questa informazione però non è sempre indicata dai soggetti attuatori): approvazione del progetto esecutivo, messa a bando e assegnazione dei lotti, realizzazione delle opere, collaudo.

In base a queste informazioni, si può osservare che in generale nel 75% dei casi si sono registrati dei ritardi. Le difficoltà maggiori si riscontrano principalmente in fase di progettazione esecutiva e assegnazione. Si tratta di quasi un terzo di tutti i ritardi riscontrati nelle varie fasi, che salgono a oltre il 62% se si escludono i casi non classificati. Una volta individuata la ditta generalmente si riesce a procedere più velocemente.

GRAFICO
Questo contenuto è ospitato da una terza parte. Mostrando il contenuto esterno accetti i termini e condizioni di flourish.studio.
DA SAPERE

La tabella fa riferimento alla platea di 231.140 progetti registrati sulla piattaforma Regis. Tali interventi sono qui osservati nelle varie fasi in cui si articola la loro realizzazione. Per questo motivo il numero di progetti esecutivi è diverso rispetto al dato su quelli selezionati dai soggetti attuatori. E soprattutto il totale delle fasi passate in rassegna risulta molto maggiore. Ogni singola opera infatti per essere realizzata può avere bisogno di una o più progettazioni esecutive da mettere a gara. Inoltre il singolo progetto esecutivo può essere ripartito in lotti per la sua realizzazione.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Regis e ufficio parlamentare di bilancio
(ultimo aggiornamento: domenica 26 Novembre 2023)

 

L’Upb infine evidenzia che i ritardi non sono quasi mai attribuibili alle gare andate deserte. Questa motivazione, citata spesso in passato, può valere per singoli casi anche eclatanti (asili nido, idrogeno) ma in generale dai dati disponibili risulta marginale.

I motivi dei ritardi

In base a quanto riportato dall’Upb possiamo osservare che a fine novembre risultava in gran parte completata la fase di assegnazione delle risorse del Pnrr ai soggetti attuatori selezionati. Inoltre il 67% dei fondi assegnati risultava già allocato a singoli progetti. Da questo punto di vista l’Upb non rileva particolari disparità nell’assegnazione dei fondi tra le varie macro-aree del paese.

Queste emergono in maniera più evidente se invece si considerano la quota di progetti già arrivati a conclusione e la capacità di fare bandi e assegnare gli appalti. La quota di progetti già conclusi è bassa dappertutto ma nelle regioni del nord Italia è quasi doppia rispetto a quella del meridione. Le regioni del sud sono quelle che incontrano le maggiori difficoltà nel fare le gare e assegnare i lavori. L’Upb attribuisce queste disparità in parte a storiche difficoltà del mezzogiorno nella preparazione e nello svolgimento delle gare, soprattutto da parte di stazioni appaltanti di piccole dimensioni. Ma un altro elemento critico riguarda l’estrema frammentazione del piano a livello locale.

Una potenziale criticità riguarda l’elevata numerosità di piccoli progetti con soggetti attuatori di natura privata o mista (scuole, associazioni, imprese, consorzi, singole partite Iva o ragioni sociali, ecc.), dispersi sul territorio e con limitata esperienza di gestione delle gare.

Se da un lato si tratta di una chiara scelta del Pnrr pensata per consentire un maggiore coinvolgimento delle comunità territoriali, dall’altro l’Upb individua proprio in questo uno dei motivi dei ritardi accumulati finora. Anche in termini di trasmissione dei dati riguardanti l’assegnazione dei lavori e di monitoraggio sul loro avanzamento. Per questo sarebbe necessario intervenire a sostegno dei soggetti attuatori più in difficoltà. Anche per evitare che il divario tra nord e sud del paese si acuisca ancora di più. Divario che invece il Pnrr puntava – e punterebbe – a ridurre.

Prospettive future

Un altro elemento rilevato dall’Upb riguarda il fatto che le modifiche al Pnrr recentemente approvate dall’Unione europea comportano uno spostamento in avanti degli obiettivi da raggiungere e di conseguenza dei fondi erogati da Bruxelles al nostro paese.

La revisione del Pnrr è servita a guadagnare tempo ma non ha risolto i problemi.

Per fare un esempio pratico, a dicembre l’Italia ha richiesto l’invio dei fondi relativi alla quinta rata del piano. Un passaggio che, come sempre, è stato presentato con grande soddisfazione dagli esponenti del governo Meloni. Omettendo tuttavia un elemento importante. Il fatto cioè che lo slittamento in avanti degli obiettivi da raggiungere ha anche comportato una diminuzione dei fondi richiesti. Passati, relativamente alla quinta rata, da 18 miliardi a 10,6.


Il piano delle rate del Pnrr prima della sua revisione.

L’Upb in questo caso evidenzia che se da un lato questo slittamento consente all’Italia di guadagnare tempo per completare gli affidamenti e realizzare i lavori, dall’altro non incide minimamente sulle ragioni dei ritardi. Se non si interviene sulle capacità burocratiche e amministrative degli enti locali, il rischio è comunque quello di arrivare al 2026 con una situazione estremamente critica.

Il nostro osservatorio sul Pnrr

Questo articolo rientra nel progetto di monitoraggio civico OpenPNRR, realizzato per analizzare e approfondire il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ogni lunedì pubblichiamo un nuovo articolo sulle misure previste dal piano e sullo stato di avanzamento dei lavori (vedi tutti gli articoli). Tutti i dati sono liberamente consultabili online sulla nostra piattaforma openpnrr.it, che offre anche la possibilità di attivare un monitoraggio personalizzato e ricevere notifiche ad hoc. Mettiamo inoltre a disposizione i nostri open data che possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione.

Foto: Governo – Licenza

 

Pnrr, speso il 7,4% di quanto previsto per il 2023

Pnrr, speso il 7,4% di quanto previsto per il 2023

Confronto tra la spesa dichiarata sostenuta e le risorse programmate dal 2020 al 2026

GRAFICO
DESCRIZIONE

Sulla base delle informazioni contenute in Regis alla data del 26 novembre risultano spesi complessivamente 28,1 miliardi, pari a circa il 14,7% del totale delle risorse europee del Pnrr: 1,3 miliardi nel 2020 (tutto il programmato per l’anno), 6,2 miliardi nel 2021 (leggermente più di quanto programmato), 18,1 miliardi nel 2022 (leggermente più di quanto programmato) e 2,5 miliardi nel 2023 (appena il 7,4% del programmato).

DA SAPERE

I dati sulla spesa programmata sono tratti da una relazione della corte dei conti pubblicata a maggio 2023. Il dato sulla spesa dichiarata come sostenuta nel 2023 invece è tratto dalle informazioni contenute in una memoria pubblicata dall’ufficio parlamentare di bilancio.

Abbiamo speso appena il 7,4% dei fondi Pnrr previsti per il 2023 Monitoraggio e trasparenza

Abbiamo speso appena il 7,4% dei fondi Pnrr previsti per il 2023 Monitoraggio e trasparenza

Da mesi segnaliamo l’assenza di informazioni chiare e precise sullo stato di avanzamento dei progetti finanziati con il Pnrr. Una relazione dell’ufficio parlamentare di bilancio pubblicata a dicembre fornisce alcune indicazioni molto preoccupanti.

 

Nelle ultime settimane il governo Meloni ha raggiunto alcuni importanti traguardi per quanto riguarda il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Dapprima l’approvazione da parte delle istituzioni europee della proposta di revisione presentata. Successivamente l’erogazione della quarta rata di fondi legata agli obiettivi che il nostro paese doveva raggiungere entro il giugno scorso. Infine l’invio della richiesta della quinta rata relativa alle scadenze fissate per la seconda parte del 2023. 

Nonostante questi risultati, le criticità legate al piano italiano sono tutt’altro che risolte. Da mesi segnaliamo che mancano informazioni relative allo stato di avanzamento dei progetti finanziati con il Pnrr. Informazioni che sono disponibili sulla piattaforma Regis, dedicata alla rendicontazione del piano, ma che non sono pubbliche. Per avere qualche indicazione su questi aspetti occorre appoggiarsi ai report realizzati dai soggetti che hanno accesso alla piattaforma. In questo caso il documento più recente è stato realizzato dall’ufficio parlamentare di bilancio (Upb), con dati aggiornati a novembre 2023. Dall’analisi di questa relazione emerge un quadro molto preoccupante.

75% dei progetti esecutivi registrati sulla piattaforma Regis risulta in ritardo rispetto alla tabella di marcia.

Peraltro nella sua analisi, l’Upb rileva che la revisione del Pnrr non ha permesso di superare le difficoltà che hanno determinato questi ritardi. Ha semplicemente consentito di guadagnare tempo, facendo scalare in avanti alcuni degli obiettivi che il nostro paese deve raggiungere.

Indubbiamente anche la trattativa con le istituzioni europee per la revisione del piano ha provocato in qualche modo uno stallo nei lavori. Tuttavia, se non si interverrà in maniera decisa per recuperare il ritardo accumulato, il rischio è che negli anni conclusivi del piano (il 2025 e il 2026) il nostro paese si troverà a dover gestire una situazione estremamente complessa.

Criticità e carenze dei dati

Nell’introduzione alle sue analisi l’Upb sottolinea come sia estremamente complicato valutare lo stato di attuazione del Pnrr.

Le informazioni contenute in Regis presentano molte carenze.

L’ufficio parlamentare infatti rileva in primo luogo come i dati presenti nella piattaforma Regis ancora non siano né esaustivi né tempestivi. Inoltre sono carenti sia dal punto di vista della coerenza interna (tra le varie sezioni della piattaforma) che esterna (confrontando ad esempio le informazioni contenute in altre banche dati). 

Per questo motivo l’Upb ha scelto di integrare i dati sui progetti contenuti in Regis con informazioni esterne. Da questo punto di vista la fonte principale è stata la banca dati dell’autorità nazionale anticorruzione (Anac) sulle gare d’appalto.

I dati sulla spesa

Fatta questa premessa, l’Upb passa ad analizzare i dati sulle risorse assegnate e sulle spese già effettivamente sostenute. Un indicatore utile per capire se i lavori di una certa opera sono già partiti e a che livello di completamento sono.

Nel 2023 abbiamo speso molte meno risorse Pnrr del previsto.

Da questo punto di vista l’Upb rileva che, al 26 novembre, erano stati spesi complessivamente 28,1 miliardi di euro. Pari a circa il 14,7% del totale delle risorse Pnrr assegnate all’Italia. Nel periodo compreso tra il 2020 e il 2022 la spesa effettuata è stata sostanzialmente in linea con quella prevista. C’è da dire però che il piano di spesa aveva già subito alcune revisioni, come abbiamo spiegato in questo articolo.

Il dato significativo e particolarmente allarmante è quello relativo all’anno appena concluso. Nel 2023 infatti abbiamo speso circa 2,5 miliardi di euro di fondi Pnrr. Si tratta di appena il 7,4% del totale delle risorse programmate inizialmente. Un ritardo di proporzioni davvero rilevanti e che dovrà essere recuperato nei prossimi 3 anni.

Un altro elemento che emerge dall’analisi dell’Upb riguarda il fatto che i dati sulla spesa sono “trainati” da quei progetti che non prevedono la realizzazione di opere da parte dei soggetti pubblici. Parliamo in particolare di quelle misure che riguardano incentivi ai privati. Ad esempio, sono stati spesi 8,7 miliardi di euro per interventi legati a ecobonus e sismabonus.

La seconda misura che ha assorbito più fondi è quella legata al credito d’imposta per le imprese nell’ambito di Transizione 4.0 (5,4 miliardi). La terza misura invece è quella relativa alla valorizzazione del territorio e all’efficienza energetica dei comuni. Si tratta in questo caso, peraltro, di una delle misure che il governo Meloni ha inteso definanziare. Per cui ancora non è chiaro da dove arriveranno le risorse per portare a conclusione i progetti già avviati.

Lo stato di avanzamento dei progetti

La relazione dell’Upb fornisce anche indicazioni più specifiche sullo stato di avanzamento dei singoli interventi che siano dotati di un Cup (codice univoco progetto) e di un Clp (codice locale progetto). In base a quanto riportato, i progetti avviati a novembre 2023 risultavano essere in totale 231.140. Le opere già concluse erano 14.631.

6,3% i progetti Pnrr registrati sulla piattaforma Regis che risultano essere già conclusi. 

Per quanto riguarda gli interventi non ancora conclusi invece, le informazioni fornite sono relative a quei casi in cui si è già arrivati almeno al livello della progettazione esecutiva. Quella necessaria per bandire gli appalti e iniziare successivamente i lavori. I progetti in questo caso sono suddivisi in base allo step di realizzazione in cui si trovano (questa informazione però non è sempre indicata dai soggetti attuatori): approvazione del progetto esecutivo, messa a bando e assegnazione dei lotti, realizzazione delle opere, collaudo.

In base a queste informazioni, si può osservare che in generale nel 75% dei casi si sono registrati dei ritardi. Le difficoltà maggiori si riscontrano principalmente in fase di progettazione esecutiva e assegnazione. Si tratta di quasi un terzo di tutti i ritardi riscontrati nelle varie fasi, che salgono a oltre il 62% se si escludono i casi non classificati. Una volta individuata la ditta generalmente si riesce a procedere più velocemente.

GRAFICO
Questo contenuto è ospitato da una terza parte. Mostrando il contenuto esterno accetti i termini e condizioni di flourish.studio.
DA SAPERE

La tabella fa riferimento alla platea di 231.140 progetti registrati sulla piattaforma Regis. Tali interventi sono qui osservati nelle varie fasi in cui si articola la loro realizzazione. Per questo motivo il numero di progetti esecutivi è diverso rispetto al dato su quelli selezionati dai soggetti attuatori. E soprattutto il totale delle fasi passate in rassegna risulta molto maggiore. Ogni singola opera infatti per essere realizzata può avere bisogno di una o più progettazioni esecutive da mettere a gara. Inoltre il singolo progetto esecutivo può essere ripartito in lotti per la sua realizzazione.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Regis e ufficio parlamentare di bilancio
(ultimo aggiornamento: domenica 26 Novembre 2023)

 

L’Upb infine evidenzia che i ritardi non sono quasi mai attribuibili alle gare andate deserte. Questa motivazione, citata spesso in passato, può valere per singoli casi anche eclatanti (asili nido, idrogeno) ma in generale dai dati disponibili risulta marginale.

I motivi dei ritardi

In base a quanto riportato dall’Upb possiamo osservare che a fine novembre risultava in gran parte completata la fase di assegnazione delle risorse del Pnrr ai soggetti attuatori selezionati. Inoltre il 67% dei fondi assegnati risultava già allocato a singoli progetti. Da questo punto di vista l’Upb non rileva particolari disparità nell’assegnazione dei fondi tra le varie macro-aree del paese.

Queste emergono in maniera più evidente se invece si considerano la quota di progetti già arrivati a conclusione e la capacità di fare bandi e assegnare gli appalti. La quota di progetti già conclusi è bassa dappertutto ma nelle regioni del nord Italia è quasi doppia rispetto a quella del meridione. Le regioni del sud sono quelle che incontrano le maggiori difficoltà nel fare le gare e assegnare i lavori. L’Upb attribuisce queste disparità in parte a storiche difficoltà del mezzogiorno nella preparazione e nello svolgimento delle gare, soprattutto da parte di stazioni appaltanti di piccole dimensioni. Ma un altro elemento critico riguarda l’estrema frammentazione del piano a livello locale.

Una potenziale criticità riguarda l’elevata numerosità di piccoli progetti con soggetti attuatori di natura privata o mista (scuole, associazioni, imprese, consorzi, singole partite Iva o ragioni sociali, ecc.), dispersi sul territorio e con limitata esperienza di gestione delle gare.

Se da un lato si tratta di una chiara scelta del Pnrr pensata per consentire un maggiore coinvolgimento delle comunità territoriali, dall’altro l’Upb individua proprio in questo uno dei motivi dei ritardi accumulati finora. Anche in termini di trasmissione dei dati riguardanti l’assegnazione dei lavori e di monitoraggio sul loro avanzamento. Per questo sarebbe necessario intervenire a sostegno dei soggetti attuatori più in difficoltà. Anche per evitare che il divario tra nord e sud del paese si acuisca ancora di più. Divario che invece il Pnrr puntava – e punterebbe – a ridurre.

Prospettive future

Un altro elemento rilevato dall’Upb riguarda il fatto che le modifiche al Pnrr recentemente approvate dall’Unione europea comportano uno spostamento in avanti degli obiettivi da raggiungere e di conseguenza dei fondi erogati da Bruxelles al nostro paese.

La revisione del Pnrr è servita a guadagnare tempo ma non ha risolto i problemi.

Per fare un esempio pratico, a dicembre l’Italia ha richiesto l’invio dei fondi relativi alla quinta rata del piano. Un passaggio che, come sempre, è stato presentato con grande soddisfazione dagli esponenti del governo Meloni. Omettendo tuttavia un elemento importante. Il fatto cioè che lo slittamento in avanti degli obiettivi da raggiungere ha anche comportato una diminuzione dei fondi richiesti. Passati, relativamente alla quinta rata, da 18 miliardi a 10,6.


Il piano delle rate del Pnrr prima della sua revisione.

L’Upb in questo caso evidenzia che se da un lato questo slittamento consente all’Italia di guadagnare tempo per completare gli affidamenti e realizzare i lavori, dall’altro non incide minimamente sulle ragioni dei ritardi. Se non si interviene sulle capacità burocratiche e amministrative degli enti locali, il rischio è comunque quello di arrivare al 2026 con una situazione estremamente critica.

Il nostro osservatorio sul Pnrr

Questo articolo rientra nel progetto di monitoraggio civico OpenPNRR, realizzato per analizzare e approfondire il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ogni lunedì pubblichiamo un nuovo articolo sulle misure previste dal piano e sullo stato di avanzamento dei lavori (vedi tutti gli articoli). Tutti i dati sono liberamente consultabili online sulla nostra piattaforma openpnrr.it, che offre anche la possibilità di attivare un monitoraggio personalizzato e ricevere notifiche ad hoc. Mettiamo inoltre a disposizione i nostri open data che possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione.

Foto: Governo – Licenza

 

I cittadini europei detengono oltre 2mila miliardi di dollari all’estero Europa

I cittadini europei detengono oltre 2mila miliardi di dollari all’estero Europa

Solo in Italia parliamo di 198 miliardi di dollari (9,8% del Pil), una cifra che negli ultimi anni è raddoppiata. Per monitorare questo fenomeno, particolarmente esposto all’evasione fiscale, è di cruciale importanza la cooperazione internazionale.

 

Evasione ed elusione fiscale possono assumere le forme più diverse. Spesso avvengono a livello di aziende, come nel caso delle multinazionali che, avendo sedi in più paesi, possono facilmente trasferire i propri profitti dove il regime di tassazione risulta più favorevole. Ma anche i privati cittadini possono evadere il fisco, per esempio detenendo ricchezze e risorse finanziarie fuori dal proprio paese, in paradisi fiscali. Importanti episodi di questo tipo, che hanno scosso l’opinione pubblica, sono stati ad esempio i Pandora papers e i cosiddetti Swiss leaks.

La ricchezza offshore è un fenomeno di ampia portata, non di per sé illegale, ma che, essendo maggiormente esposto all’evasione fiscale, può causare ingenti perdite alla collettività e allo stesso tempo inasprire le disuguaglianze economiche, rendendone più difficile la rilevazione. Di quest’ultimo aspetto si occupa l’Eu tax observatory, un laboratorio di ricerca finanziato dall’Unione europea. Dalle loro ultime analisi emerge che i cittadini dell’Ue detengono oltre 2mila miliardi di dollari offshore. Solo in Italia parliamo di quasi 198 miliardi, pari al 9,8% del Pil.

Come si stima la ricchezza offshore

Con ricchezza finanziaria offshore delle famiglie si fa riferimento alle attività finanziarie detenute da individui al di fuori del loro paese di residenza. Tale categoria comprende i depositi bancari e i portafogli titoli (azioni, obbligazioni, quote di fondi comuni di investimento e altri strumenti finanziari).

Detenere asset finanziari all’estero è permesso, purché si dichiarino i guadagni che ne derivano alle autorità domestiche, dato che i paesi tassano i guadagni dei propri residenti a prescindere da dove essi siano ricavati. Tuttavia, l’evasione fiscale è molto più semplice al di fuori dal paese di residenza, per tutta una serie di dinamiche: la poca visibilità, la necessità di un forte coordinamento tra gli banche e stati a livello internazionale nonché l’esistenza di una serie di possibili stratagemmi per aggirare la dichiarazione.

Il common reporting standard ha facilitato e automatizzato la cooperazione fiscale internazionale.

Per molto tempo è stato estremamente difficile delineare le dimensioni del fenomeno. È diventato poi più facile grazie alla metodologia di riferimento elaborata dall’economista francese Gabriel Zucman, dell’Eu tax observatory. Si tratta fondamentalmente di misurare il mismatch esistente tra attività e passività a livello internazionale. A segnare una svolta è stata anche la decisione di più di 100 paesi di adottare il common reporting standard (Crs) dell’Ocse. Da allora le banche nei paradisi fiscali perlopiù comunicano automaticamente le informazioni sui propri clienti alle autorità fiscali dei loro paesi di residenza. Prima invece vigeva un vero e proprio regime di segretezza bancaria e le banche rispondevano soltanto a richieste esplicite. L’adesione al Crs ha migliorato enormemente le capacità di analisi e rilevazione sul fenomeno della ricchezza offshore e per questo ha costituito un fondamentale strumento di cooperazione internazionale.

Le attività finanziarie che i cittadini europei detengono all’estero

Secondo le stime effettuate dall’Eu tax observatorya livello globale circa 12mila miliardi di dollari sono depositati fuori dal paese di residenza del proprietario alla fine del 2022. Si escludono da questa stima le proprietà materiali come oro, opere d’arte e case. Una cifra molto elevata, pari al 12% del Pil mondiale. L’osservatorio stima che circa un quarto di queste ricchezze non vengono in alcun modo tassate.

Per quanto riguarda i 22 paesi membri per i quali sono disponibili dati (sono esclusi Cipro, Lussemburgo, Belgio e Austria, considerati dall’Eu tax observatory dei paradisi fiscali e non sono disponibili i dati di Malta), la cifra supera i 2mila miliardi di dollari.

2.141 miliardi di $ gli asset finanziari detenuti all’estero dai cittadini di 22 paesi Ue (2022).

In termini assoluti la Francia è il paese Ue che registra la più consistente ricchezza finanziaria offshore: 545 miliardi di dollari nel 2022. Segue la Germania con 377 miliardi e l’Italia, al terzo posto, con 198. Se però osserviamo il rapporto con il prodotto interno lordo, il dato più elevato è quello greco: la ricchezza offshore in Grecia ammonta al 64% del Pil. Quasi il doppio della Bulgaria, che si attesta al 37,1%.

Prima era molto forte il ruolo della Svizzera, la quale però ha perso notevolmente importanza negli ultimi 15 anni, a vantaggio soprattutto dei paradisi fiscali asiatici. Continua tuttavia a essere il principale paradiso fiscale in Europa, riportando 2,6mila miliardi di dollari provenienti da cittadini non residenti nel paese. Segue il Lussemburgo con 629 miliardi.

197,96 miliardi di $ detenuti da italiani fuori dal paese nel 2022.

Nei primi anni 2000 le risorse finanziarie detenute all’estero dagli italiani erano elevate: hanno toccato due picchi nel 2004 (190 miliardi di dollari) e nel 2007 (187 miliardi). Dopo un progressivo calo, a partire dal 2016 l’entità della ricchezza finanziaria offshore è nuovamente aumentata, per toccare un altro picco nel 2021: circa 208 miliardi di dollari. Dal 2020 il rapporto con il Pil si attesta al 9,8%. Una cifra più contenuta rispetto al 14,3% del 2001, ma che comunque segna un incremento rispetto ad anni in cui la percentuale non ha superato il 5%.

L’evasione fiscale offshore

Come abbiamo accennato precedentemente, detenere risorse finanziarie all’estero non è illegale. E spesso le persone possono scegliere di farlo per ragioni che non hanno nulla a che vedere con le tasse. Globalmente, come abbiamo visto, circa il 25% delle risorse finanziarie all’estero riesce a sfuggire alla dichiarazione ed è una quota ormai in calo da diversi anni.

Tuttavia quello della ricchezza finanziaria offshore resta un fenomeno che occorre monitorare con attenzione. Una serie di fattori lo espongono infatti al problema dell’evasione fiscale. L’Eu tax observatory ne individua otto in particolare:

  • l’inadempienza delle banche, che non dichiarano le informazioni che sarebbero tenute a rilasciare, per favorire i propri clienti;
  • la trasformazione delle aziende in banche di comodo (shell banks), che permettono al proprietario di eludere la dichiarazione a terzi, di fatto autodichiarando;
  • il ricorso ai programmi di ottenimento della cittadinanza tramite investimento;
  • la diluizione: ci sono delle soglie al di sotto delle quali non è obbligatorio dichiarare, pertanto si possono diluire gli investimenti in una serie di transazioni di importo più basso;
  • le eventuali lacune nei requisiti di dichiarazione;
  • la mancata partecipazione degli Stati Uniti (un attore finanziario di dimensioni notevoli) al Crs;
  • la carenza di capacità amministrativa;
  • le sfide nell’inclusione dei paesi a più basso livello di sviluppo.

Si tratta quindi di una questione che continua a essere delicata, essendo il fenomeno gestito internazionalmente e avendo al proprio centro una serie di interessi. Per appianare il più possibile le disuguaglianze e restituire alla collettività risorse che le spettano, è necessario agire attraverso strumenti di collaborazione internazionale.

Foto: Paul Fiedler – licenza

 

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    In Evidenza

     
       

    La Legge di Bilancio per l’anno 2024 ha previsto l’obbligo per le imprese con sede legale in Italia e le imprese aventi sede legale all’estero con una stabile organizzazione in Italia di stipulare, entro il 31 dicembre 2024, contratti assicurativi a copertura dei danni direttamente cagionati da calamità naturali ed eventi catastrofali verificatisi sul territorio nazionale.

     
     

    Normativa

     
       

    Il Consiglio dei Ministri, nella seduta n. 65 del 16 gennaio 2024, ha approvato un decreto-legge che introduce disposizioni urgenti in materia di amministrazione straordinaria delle imprese di carattere strategico.

     
       

    Il Consiglio dei Ministri ha pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale n. 9 del 12 gennaio 2024, il Decreto Legislativo 8 gennaio 2024, n. 1, con la razionalizzazione e semplificazione delle norme in materia di adempimenti tributari.

     
       

    Il Consiglio dei Ministri ha pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale n. 9 del 12 gennaio 2024, il Decreto Legislativo 8 gennaio 2024, n. 1, con la razionalizzazione e semplificazione delle norme in materia di adempimenti tributari.

     
     

    Enti

     
       

    Le quote di TFR, accantonate al 31 dicembre 2022

     
       

    Il Ministero per le Disabilità, di concerto con il Ministero del Lavoro, ha pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale n. 12 del 16 gennaio 2024, il Decreto 30 novembre 2023 con i criteri e le modalità di riparto di utilizzo delle risorse del Fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare per l’anno 2023.

     
       

    Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 12 del 16 gennaio 2024, un Comunicato relativo al decreto 28 dicembre 2023, con il quale informa che a seguito dell’aggiornamento del tasso base disposto dalla Commissione europea, il tasso da applicare, a decorrere dal 1° gennaio 2024, per le operazioni di attualizzazione e rivalutazione ai fini della concessione ed erogazione delle agevolazioni in favore delle imprese, pari al 5,11%.

     
       

    Formart organizza un webinar dal titolo: “Le novità della legge di bilancio 2024 e dei provvedimenti correlati”.

    Il 30 gennaio alle ore 15:00 l’esperto analizzerà i punti cruciali della nuova legge di bilancio in vista delle novità del 2024.
    Le iscrizioni sono già aperte, basta accedere alla piattaforma Gotowebinar. Durante la diretta, i partecipanti potranno inviare domande inerenti ai temi del webinar al Dott. E. Massi, utilizzando l’apposita chat. I quesiti verranno poi affrontati nell’ultima mezz’ora dell’incontro.

    Durante l’evento l’esperto affronterà i seguenti temi:
    – Le agevolazioni per le assunzioni nel 2024
    – Il cuneo fiscale
    – Le novità per i fringe benefit
    – La proroga legale dello Smart-working per alcune categorie di lavoratori
    – I benefici nei settori turistici alberghieri e nei pubblici esercizi per lavoro notturno e festivo: criticità
    – Il nuovo limite degli aiuti “de minimis “ previsti dal Regolamento 2023/2831

    clicca qui per iscriverti

     
       

    È stato pubblicato l’Osservatorio statistico sull’Assegno unico e universale di dicembre 2023, con i dati relativi: …

     
       

    L’INPS, con la circolare n. 11 del 16 gennaio 2024, fornisce le indicazioni per la gestione degli adempimenti previdenziali connessi alla misura di esonero contributivo che l’articolo 1, comma 15, della Legge n. 213/2023, eccezionalmente riconosce, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024, in favore dei lavoratori dipendenti.

     
       

    Il Ministero del Lavoro informa che il primo aprile 2024 entrerà in vigore l’Accordo sulla sicurezza sociale tra la Repubblica Italiana e il Giappone.

     
       

    Il Ministero del Lavoro ha pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale n. 293 del 16 dicembre 2023, il Decreto 13 dicembre 2023, attuativo dell’Assegno di inclusione.

     
       

    L’INPS, con il messaggio n. 165 del 12 gennaio 2024, informa che la legge n. 213/2023 ha previsto l’esclusione dal calcolo dell’ISEE, fino a un valore complessivo di 50.000 euro, dei titoli di Stato indicati nell’articolo 3 del testo unico in materia di debito pubblico (decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398) e dei prodotti finanziari di raccolta del risparmio con obbligo di rimborso assistito dalla garanzia dello Stato.

     
       

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    L’INPS, con la circolare n. 5 del 10 gennaio 2024, fornisce i chiarimenti riguardanti il saggio di interesse legale per l’anno 2024.

     
       

    Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali fornisce una panoramica delle novità, in materia di lavoro, contenute nella Legge di Bilancio per l’anno 2024 (legge 30 dicembre 2023, n. 213).

     
       

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    Il Ministero del Lavoro ha pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale n. 293 del 16 dicembre 2023, il Decreto 13 dicembre 2023, attuativo dell’Assegno di inclusione.

     
       

    L’Inail ha pubblicato l’istruzione operativa del 9 gennaio 2024, con la quale informa che il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha pubblicato il tasso medio di interesse dei titoli di Stato per l’anno 2023, pari allo 3,76%, da utilizzare ai sensi dell’articolo 44, comma 3, del dPR 1124/1965, per il calcolo degli interessi da versare in caso di pagamento rateale del premio di autoliquidazione.

     
       

    Form-App, in collaborazione con Giuffrè Francis Lefebvre | Memento Academy, organizza un Master in Payroll Assistant con il quale intende formare da zero il partecipante ovvero consolidare competenze già in parte acquisite.

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    È stato richiesto l’accreditamento del percorso all’Ordine dei consulenti del lavoro.

    Per vedere il programma completo clicca qui

     
       

    Il Ministero del Lavoro ha emanato, in data 10 gennaio 2024, la determinazione della riduzione dei contributi previdenziali ed assistenziali in favore dei datori di lavoro del settore edile per l’anno 2023.

     
     

    Contratti Collettivi

     
       

    Federchimica, Farmindustria e FILCTEM-CGIL, FEMCA-CISL, UILTEC-UIL hanno raggiunto un’intesa in base alla quale si anticipa al 1° gennaio 2024 l’erogazione di 45 euro come quota della tranche di aumento contrattuale del Trattamento Economico Minimo (TEM) già previsto dal 1° luglio 2024.

     
     

    Giurisprudenza

     
       

    ordinanza n. 582 dell’8 gennaio 2024

     
     

    Approfondimenti

     
       

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