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Cnel – La crisi più pesante dal dopoguerra

Presentato oggi, al Cnel,  il Rapporto sul mercato del lavoro da cui emerge che ”L’economia italiana continua ad essere attraversata da una grave crisi, la più pesante dal dopoguerra sia per intensità che per durata. Iniziata nel 2007, la crisi si è protratta per sette anni, alternando fasi differenti, ma comunque mantenendo il prodotto lungo un percorso tendenzialmente cedente. Tale percorso è stato caratterizzato da ampie divergenze a livello settoriale, con perdite di prodotto e occupazione concentrate nel manifatturiero e nelle costruzioni. Del milione di posti di lavoro persi durante la crisi, più di 400mila sono nell’edilizia, e poco meno nell’industria in senso stretto”.

”Anche a livello territoriale l’intensità della crisi è stata molto diversa. La caduta del Pil al Sud è quasi il doppio di quella delle regioni del centro-Nord. La contrazione in termini di input di lavoro è di quasi 600mila occupati nelle regioni meridionali, e poco più di 400mila nel resto d’Italia. Dalla metà del 2013 hanno iniziato a manifestarsi i primi segnali di stabilizzazione dell’attività economica in Italia”.

Diversi indicatori “hanno difatti segnalato una inversione di tendenza, senza però tradursi ancora in una vera e propria fase di crescita. Anche il mercato del lavoro è stato condizionato dall’evoluzione del quadro economico generale. La domanda di lavoro ha continuato a ristagnare nella maggior parte dei settori produttivi”, continua il Cnel – è la crisi in atto  ha fatto arretrare lo stile di vita per ampie fasce della popolazione “Se tradizionalmente le difficoltà erano associate prevalentemente allo stato di disoccupato, adesso anche fra gli occupati sono frequenti i casi di privazione materiale derivanti da condizioni di sottoccupazione o di precarietà del lavoro”, evidenzia il documento.

”Il rischio di essere un working poor è cresciuto durante la crisi soprattutto per alcune categorie di lavoratori (i meno qualificati, con bassi livelli di istruzione e occupati in settori a bassi salari), tuttavia anche quei gruppi che tradizionalmente ne erano esenti (lavoratori autonomi con dipendenti e i più istruiti) sono stati investiti dal generale impoverimento”. Ma non basta. “Anche il rischio di povertà di nuclei familiari con alcuni membri che lavorano (la cosiddetta inwork poverty) è aumentato con la crisi. In particolare, ad essere maggiormente esposti al rischio di povertà sono quelle famiglie in cui il lavoratore a bassa remunerazione è il principale se non addirittura l’unico percettore di reddito”, prosegue il Cnel.

Cnelultima modifica: 2014-09-30T16:04:16+02:00da vitegabry
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