Archivi giornalieri: 21 settembre 2014

Moduli inps

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ULTIMI 5 MODULI PUBBLICATI
Domanda di assegno straordinario da erogarsi in forma rateale – Fondo Intersettoriale…
Comunicazione dei redditi per incumulabilità con i redditi da lavoro autonomo – mod. …
Richiesta Abilitazione all’applicazione (Denunce Contributive)
Richiesta Abilitazione all’applicazione (Contributi e Versamenti)
Riduzione del cuneo fiscale per lavoratori dipendenti e assimilati

 

AVVISI
Presentazione domande 

Si ricorda che tutte le domande di servizi dell’Istituto vanno presentate esclusivamente per via telematica. 
Per accedere ai Servizi Online è necessario essere in possesso del codice PIN rilasciato dall’Istituto; se non ne siete in possesso potete richiederlo qui, oppure chiamando il Contact Center

Nuova sezione ‘Gestione Dipendenti Pubblici’ 

E’ disponibile la nuova sezione Gestione Dipendenti Pubblici che raccoglie i moduli per le prestazioni creditizie e sociali, le prestazioni pensionistiche, i trattamenti di fine servizio e la previdenza complementare, la posizione assicurativa, l’accesso ai documenti e i reclami.
Per ottenere il modello pronto per la compilazione, è necessario cliccare sulle caselle di interesse. In tal modo il modello si predispone con i campi necessari.
Per evitare anomalie nell’utilizzo, si consiglia di controllare che la funzione JavaScript sia abilitata nelle preferenze del menu di modifica del lettore.

Nuova sezione ‘Moduli vari’ 

E’ stata creata la nuova sezione Moduli vari, che raccoglie i moduli che riguardano vari tipi di prestazioni o che si riferiscono a richieste generiche e non legate alle prestazioni. I primi moduli pubblicati sono: 
– Modulo di reclamo (MV01) 
– Richiesta di accesso ai documenti amministrativi (MV06)
– Dichiarazione concernente il diritto alle detrazioni dal reddito (MV10)

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 I miei diritti in…

Scegli un paese: (in rosso i paesi dove è presente l’INCA CGIL)

 

Austria  Irlanda Regno Unito
Belgio Italia Repubblica Ceca
Lettonia Romania
Cipro Liechtenstein Slovacchia
Croazia Lituania Slovenia
Danimarca Lussemburgo Spagna
Estonia Malta Svezia
Finlandia Norvegia Svizzera
Francia Paesi Bassi
Germania Polonia
Grecia Portogallo

In queste pagine troverete una raccolta d’informazioni e collegamenti utili sulle legislazioni sociali di 31 paesi europei: i 27 Paesi UE, + Croazia, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera.

Le informazioni di carattere generale rimandano alla sezione italiana dell’Enciclopedia libera multilingue Wikipedia.

Le informazioni sui regimi di sicurezza sociale e sugli enti nazionali di previdenza sociale dei diversi paesi (tranne la Croazia) rimandano al sito multilingue della Commissione I tuoi diritti paese per paese. Quelle della Croazia rimandano invece alla base dati MISSCEO del Consiglio d’Europa (non disponibile in lingua italiana).

Qualunque sia la fonte, è importante accertarsi che il diritto nazionale non abbia subito modifiche e che le informazioni siano effettivamente valide. A tal fine si suggerisce di rivolgersi agli uffici INCA CGIL, dove questi sono presenti, oppure agli enti nazionali i cui recapiti figurano nella scheda di ciascun paese.


Altre fonti utili:

Commissione europea
MISSOC Database – Comparative Tables on Social Protection
Tutti i paesi UE e SEE (EN, FR, DE)

Consiglio d’Europa
MISSCEO – Mutual Information System on Social Protection of the Council of Europe
Paesi europei non UE + Australia, Canada, Nuova Zelanda e Turchia (EN, FR)

CLEISS – Centre des Liaisons Européennes et Internationales de Sécurité Sociale
Les régimes locaux de sécurité sociale
67 paesi d’Europa e del mondo, aggiornati mensilmente (FR)

ISSA – International Social Security Association
Social Security Country Profiles
Oltre 170 paesi e regioni del mondo (EN, FR, ES, DE)

U.S. Social Security Administration
Social Security Programs Throughout the World
Tutte le informazioni sulla sicurezza sociale USA e su quella dei paesi d’Europa, Africa, America, Asia e Pacifico (EN)

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Notizie sulla presenza straniera in Italia

Notizie sulla presenza straniera in Italia

Altri formati
Cittadini non comunitari regolarmente presenti
Al 1° gennaio 2014 sono regolarmente presenti in Italia 3.874.726 cittadini non comunitari
Comunicato stampa, martedì 5 agosto 2014
Diversità linguistiche tra i cittadini stranieri
Le lingue di origine più comuni tra gli stranieri residenti sono rumeno, arabo, albanese e spagnolo
Comunicato stampa, venerdì 25 luglio 2014
Indicatori demografici
Nel 2013 la vita media è di 79,8 anni per gli uomini e 84,6 per le donne; 1,39 è il numero medio di figli
Comunicato stampa, giovedì 26 giugno 2014
Separazioni e divorzi
Nel 2012 le separazioni sono state 88.288 e i divorzi 51.319, entrambe in calo rispetto all’anno precedente
Comunicato stampa, lunedì 23 giugno 2014

Luciano Lama

Luciano Lama

 

Nato a Gambettola (Forlì) il 14 ottobre 1921, deceduto a Roma il 31 maggio 1996, sindacalista, parlamentare e segretario generale della CGIL.

Figlio di un capostazione delle ferrovie, si era laureato in Scienze politiche a Firenze. Durante la Seconda guerra mondiale, Lama è ufficiale di complemento. L’8 settembre 1943, si trova a Borello, una frazione di Cesena. Una staffetta del XII Reggimento Fanteria porta la notizia dell’armistizio. Il giovane sottotenente si consulta con gli altri ufficiali. Decidono di mandare a casa i soldati, per evitare che siano catturati dai tedeschi. Prima provvedono, però, a caricare armi, munizioni, fucili, mitra e mortai sui camion che gli antifascisti locali sono riusciti a procurare. Lama ritroverà quelle armi due mesi dopo, quando entrerà nell’VIII Brigata Garibaldi. Nelle file della Resistenza forlivese, grazie anche all’esperienza militare acquisita, Lama è nominato capo di stato maggiore della 29a GAP “Gastone Sozzi”. La formazione è forte di circa duecento uomini ed opera attivamente contro i nazifascisti per quasi un anno. Nell’ottobre del 1944, tocca a Lama guidare una delegazione del Comando partigiano di Forlì che, attraversata la linea del fronte, prende contatto con il Comando alleato e concorda un piano tattico comune per la sollecita liberazione della città. Militante socialista, nell’immediato dopoguerra Lama s’impegna nel lavoro sindacale e, nel 1946, è nominato segretario della Camera del Lavoro di Forlì. Nello stesso anno passa al PCI; in quello successivo entra a far parte dell’apparato centrale della CGIL e, al Congresso di Firenze della Confederazione retta da Giuseppe Di Vittorio, diventa uno dei sette vicesegretari. Lascia l’incarico nel 1952, per assumere quello di segretario della Federazione italiana lavoratori chimici e poi, nel 1958, passa a dirigere la FIOM (Federazione italiana operai metallurgici). Quattro anni dopo Lama, per la rinuncia di Luciano Romagnoli, gli subentra nell’incarico di segretario confederale della CGIL, allora diretta da Agostino Novella. Nel 1970 diventa segretario generale della maggiore organizzazione sindacale italiana e si impegna perché, dopo la scissione del 1948, le altre organizzazioni realizzino con la CGIL intese unitarie. Il 24 luglio 1972, grazie anche al lavoro di Bruno Trentin e di Vittorio Foa, tra CISL, UIL e CGIL si arriva ad un patto federativo. Eletto deputato comunista nel 1958, nel 1963 e nel 1968, Lama ha rinunciato agli incarichi parlamentari nel 1969, proprio perché l’incompatibilità tra cariche politiche e sindacali era una delle condizioni per giungere a quel patto. Disponibile alle trattative per l’unità dei lavoratori, Lama fu irremovibile nel contrasto al terrorismo, i cui prodromi ebbe a sperimentare quando fu duramente contestato, era il 17 febbraio del 1977, durante un comizio all’Università di Roma. Lasciata la direzione della CGIL nel 1986, l’anno dopo Lama è eletto al Senato nelle liste comuniste. Nel 1991, entra nel Partito Democratico della Sinistra, della cui nascita fu sostenitore e fautore, e lo rappresenta a Palazzo Madama come Vicepresidente del Senato. Nel 1992 è riconfermato nella vice presidenza e presiede anche una Commissione parlamentare sulle condizioni di lavoro nelle fabbriche italiane. Nel 1994 non si è più ripresentato al corpo elettorale, ma fino alla morte, avvenuta nella sua abitazione di Roma, ha continuato a fare il sindaco d’Amelia. La cittadina laziale gli ha intitolato la Biblioteca comunale, ricca di 60 mila volumi. Al grande dirigente sindacale sono stati intitolati premi, strade e piazze in varie parti d’Italia, associazioni, organizzazioni dei Democratici di sinistra. Nel 2004, “il Mulino” ha raccolto in volume i suoi discorsi parlamentari.

http://www.raistoria.rai.it/articoli/muore-luciano-lama/13218/default.aspx

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Agostino Novella

dati.camera.it

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Agostino Novella

Agostino Novella

 
Nato a Genova (Liguria) il 28 settembre 1905 
Deceduto il 14 febbraio 1974
Sindacalista. 
18

Interventi

 
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  • I Legislatura della Repubblica italiana
  • Svolgimento: Misure di assistenza ai lavoratori durante la stagione invernalescheda del dibattito
  • Discussione: Comunicazioni del Governo (Sulla adesione dell’Italia al Patto Atlantico)scheda del dibattito
  • Discussione: Conversione in legge del decreto – legge 8 gennaio 1951, n. 1, relativo alla richiesta di dati sulla giacenza di alcune merci e sul potenziale produttivo di alcuni settori industriali (1752)scheda del dibattito
  • Discussione e approvazione: S. 1561: Stato di previsione della spesa del Ministero dell’industria e del commercio per l’esercizio finanziario dal 1° luglio 1951 al 30 giugno 1952 (2106)scheda del dibattito
  • Svolgimento: DI VITTORIO ed altri: Provvedimenti per le popolazioni colpite dai disastri naturali (2325)scheda del dibattito
  • Discussione: NENNI PIETRO, COSTA ed altri: Sull’impiego dei fondi per le opere di riparazione dei danni causati dalle alluvioni del 1951 nella valle padana, nella Calabria, e nelle Isole. (moz. n. 73)scheda del dibattito
  • Discussione e approvazione: Stato di previsione dell’entrata e stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per l’esercizio finanziario dal 1° luglio 1952 al 30 giugno 1953 (2503); Stato di previsione della spesa del Ministero delle finanze per l’esercizio finanziario dal 1° luglio 1952 al 30 giugno 1953 (2504); Stato di previsione della spesa del Ministero del bilancio per l’esercizio finanziario dal 1° luglio 1952 al 30 giugno 1953 (2510); Provvedimenti per lo sviluppo dell’economia e l’incremento dell’occupazione (2511) (Errata corrige a pag. 38226: a pag. 37961 seconda colonna nel punto in cui il Presidente pone in votazione l’articolo 19 nel testo della Commissione aggiungere le parole omesse per errore di stampa: <<È approvato>>)scheda del dibattito
  • Discussione e approvazione: Modifiche al testo unico delle leggi per l’elezione della Camera dei Deputati, approvato con decreto presidenziale 5 febbraio 1948, n. 26 (2971)scheda del dibattito
  • II Legislatura della Repubblica italiana
  • Discussione e approvazione in Assemblea : S. 2225: Estensione del trattamento di riversibilità ed altre provvidenze in favore dei pensionati dell’assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti (3426)scheda del dibattito
  • III Legislatura della Repubblica italiana
  • COMUNICAZIONI DEL GOVERNO: Formazione del II Ministero Fanfanischeda del dibattito
  • Discussione e approvazione: Norme per l’attribuzione di efficacia generale ai contratti collettivi esistenti per garantire un minimo di trattamento economico e normativo ai lavoratori (567)scheda del dibattito
  • Discussione: Stato di previsione della spesa del Ministero del lavoro e della previdenza sociale per l’esercizio finanziario dal 1° luglio 1959 al 30 giugno 1960 (833)scheda del dibattito
  • Discussione: Disposizioni in materia di prestazioni per la disoccupazione involontaria (2473)scheda del dibattito
  • Svolgimento: BUFARDECI: Su incidenti alla raffineria Rasiom di Augusta tra scioperanti e polizia (interr. n. 3502); GATTO VINCENZO (interr. n. 3487); LUPIS (interr. n. 3516); NOVELLA (interr. n. 3486); SCALIA (interr. n. 3494)scheda del dibattito
  • Svolgimento: DANTE: Sui fatti di Ceccano, sul comportamento e sull’armamento della polizia nei conflitti di lavoro, nonchè sulla politica sindacale del Governo (interp. n. 1125); DEGLI OCCHI (interp. n. 1116); DEGLI OCCHI (interp. n. 1124); NOVELLA (interp. n. 1118); PAJETTA GIAN CARLO (interp. n. 1114); RAPELLI (interp. n. 1087); ROBERTI (interp. n. 1126); STORTI (interp. n. 1120); VECCHIETTI (interp. n. 1123)scheda del dibattito

Agostino Novella

Agostino Novella

Nato a Genova (Liguria) il 28 settembre 1905
Deceduto il 14 febbraio 1974
Sindacalista.
 

Gruppi parlamentari

 

Organi parlamentari

1

Incarichi parlamentari

82

Progetti di legge presentati

18

Interventi

Naviga
Mandati parlamentari
Progetti di legge presentati

Trent’anni fa la scomparsa di Agostino Novella


Fu segretario generale CGIL dal 1957 al 1970.

 


Il 14 settembre del 1974 moriva Agostino Novella, una delle figure più importanti del movimento operaio italiano del Novecento.

Novella, nato a Genova nel 1905, rimasto orfano in giovane età, fu avviato giovanissimo al lavoro e si impiegò come operaio specializzato presso un’azienda meccanica. Conquistato dagli ideali del socialismo, divenne ben presto dirigente della FIOM e ne fu il segretario a Genova, prima che il fascismo cancellasse ogni libertà nel nostro paese. Militante del Partito Comunista d’Italia dal 1924, svolse attività clandestina nel corso del ventennio fino a diventare uno dei maggiori responsabili della Resistenza del Centro di Roma.

Membro della Direzione del PCI, fu tra i protagonisti nella Lotta di Liberazione e, successivamente, nella ricostruzione del paese dalle macerie della guerra.
Nominato segretario del PCI lombardo, venne poi chiamato a dirigere a Roma la sezione Problemi del Lavoro.
Nel 1949 lasciò il lavoro di partito e fu eletto nella segreteria confederale della CGIL da cui, nei difficili anni della guerra fredda, a fianco di Giuseppe Di Vittorio, diresse il dipartimento di Organizzazione.
Nel 1955, dopo la sconfitta subita dalla Fiom CGIL, alle elezioni per il rinnovo della commissione interna alla Fiat, lascia la segreteria della CGIL e viene eletto segretario generale della FIOM.

Alla morte di Di Vittorio, alla fine del 1957, Agostino Novella diviene segretario generale della CGIL. Sarà proprio lui a gestire concretamente le conseguenze dell’autocritica per la sconfitta del 1955 che viene riconosciuta da Di Vittorio. E sarà sotto la direzione di Novella che la CGIL attuerà un’incisiva fase di riorganizzazione interna a partire dalla costituzione delle sezioni sindacali aziendali, nate con l’obbiettivo di contrattare le condizioni alle quali il lavoratore fornisce la propria prestazione. E’ in questa fase che il sindacato avvia le lotte che porteranno alla contrattazione articolata. E’ la preparazione della “riscossa operaia” che caratterizzerà gli anni sessanta e che segnerà la ripresa del cammino unitario dopo le scissioni degli anni ‘40, mettendo in campo le condizioni che permetteranno l’esplosione del 1968 e ’69.

Novella alla fine degli anni ‘50 organizza a Brescia, a Modena, ad Arezzo una serie di significativi convegni dove vengono messe a punto le nuove strategie della CGIL sulle politiche rivendicative, sulle politiche sociali, sulla politica agraria. Il congresso della CGIL che si terrà a Milano nel 1960 attuerà nei fatti la svolta annunciata nel 1955.
La CGIL di Agostino Novella dovrà affrontare le convulsioni del centrismo morente. Su tutto, il tentativo reazionario del Governo Tambroni, battuto dalla reazione popolare partita da Genova e guidata dalla CGIL che, da sola, proclama lo sciopero generale. Si aprirà, poi, la stagione del centro-sinistra con i suoi limiti e le sue potenzialità riformatrici. Si evidenzieranno anche pericoli per l’unità della CGIL, quando, con la riunificazione socialista della metà degli anni sessanta, si faranno sentire le voci delle sirene che auspicano la formazione di un sindacato legato al partito di nuova formazione. Ma Novella saprà tenere unita la Confederazione che dirige riprendendo contemporaneamente il dialogo con CISL e UIL. Nel voto in parlamento sulla Programmazione e sul Piano Pieraccini, sostenuto dal centro-sinistra ma avversato dal PCI, Novella convincerà tutti i sindacalisti parlamentari collocati nei diversi schieramenti ad esprimere insieme un voto di astensione.

Durante la segreteria di Agostino Novella si avvia l’autunno caldo ed è in quella fase che, con l’esplosione delle le bombe di Piazza Fontana e dell’Altare della Patria, emergerà il terrorismo. Con lo sciopero generale unitario a Milano, proclamato in occasione dei funerali delle vittime della strage, il sindacato saprà promuovere la risposta ampia, democratica e di massa delle forze del lavoro.
Nel 1970 Novella lascerà la CGIL e verrà sostituito da Luciano Lama. Opererà ancora ai vertici del PCI ed avrà un ruolo importante nella scelta di Enrico Berlinguer quale successore di Luigi Longo alla segreteria di quel partito. A lui verranno affidate delicate funzioni nella consultazione degli organismi dirigenti attuata in quel passaggio.
Novella, la cui figura è stata negli anni poco esplorata e sicuramente non sufficientemente ricordata, rappresenta una della figure cardine della CGIL in un periodo non breve della sua storia: un grande organizzatore, uno straordinario costruttore di politiche sindacali, un prestigioso dirigente del movimento unitario dei lavoratori.
La CGIL, che si avvia alle celebrazioni del proprio centenario (1906-2006), ricostruendo la storia di un secolo di lotte per l’emancipazione del lavoro e per l’avanzamento della democrazia, creerà le occasioni per meglio ricordare questa grande figura e gli insegnamenti che ci ha lasciato.

Carlo Ghezzi, presidente della Fondazione Di Vittorio.

Martedì 14 settembre, a Roma, una delegazione della Cgil, si recherà al Cimitero del Verano a deporre una corona di fiori. L’appuntamento è fissato per le ore 14,30 (ingresso di via Tiburtina).

Agostino Novella

 

Nato a Genova il 28 settembre 1905, deceduto a Roma il 15 settembre 1974, dirigente sindacale e politico, parlamentare comunista.

Apprendista nella bottega di fabbro del padre, nel 1923 fu eletto segretario della Sezione giovanile socialista genovese, passata poi in blocco al Partito comunista. Alla fine del 1925, col passaggio del partito alla clandestinità, Novella resse le fila del movimento giovanile in Lombardia e in Romagna. Già condannato al confino in contumacia, nel 1927 fu arrestato a Milano e liberato soltanto nel 1931. Passato in Francia (ma frequenti furono i suoi rientri clandestini in Italia), dopo l’occupazione tedesca fu incaricato di far parte dell’Ufficio estero del Partito comunista italiano. Nell’aprile del 1943 Novella era a Milano, a sostenere la linea dell’unità delle forze democratiche, che avrebbe portato alla costituzione del Comitato antifascista. Ricostituito il Centro interno del suo Partito, dopo la caduta di Mussolini Agostino Novella si spostò a Roma, dove (con Giorgio AmendolaGiovanni RovedaCeleste Negarville e altri dirigenti), promosse l’organizzazione del Partito nella Capitale e si adoperò per l’abbandono di ogni pregiudiziale nei confronti del governo Badoglio, traducendo in pratica l’impostazione unitaria della Guerra di liberazione. Nei mesi dell’occupazione tedesca, Novella (che era stato nominato segretario della federazione), lavorò con pazienza e tenacia alla costituzione dei primi Gruppi d’Azione Patriottica, che diedero filo da torcere ai nazifascisti finché Roma non fu liberata. Dopo la Liberazione cominciò per Novella un cruciale periodo di lavoro e di lotta per dare vita al “partito nuovo” e, soprattutto, al sindacato unitario. Deputato alla Costituente per il collegio di Genova nel 1945 (era segretario regionale del PCI in Liguria) e rieletto in tutte le successive Legislature, Agostino Novella (dopo un breve periodo come segretario comunista lombardo), fu eletto, nel 1949, segretario confederale della CGIL. Nel 1955 fu nominato segretario generale della FIOM e nel 1957, alla morte di Giuseppe Di Vittorio, gli succedette alla testa della CGIL. Presidente della Federazione sindacale mondiale dal 1958 al 1961, negli anni sessanta fu un protagonista del risveglio delle lotte operaie in Italia e nel 1970 – applicando la linea dell’incompatibilità tra cariche sindacali e politiche da lui sostenuta – passò all’attività di partito, coordinando il lavoro per lo sviluppo dell’ordinamento regionale. Fu anche, nel PCI, presidente della Commissione centrale per la politica internazionale. Ad Agostino Novella sono state intitolate strade a Genova, Roma e in altri numerosi Comuni italiani. Sulla sua figura di “dirigente dei momenti difficili” ha scritto, fra i tanti, Fabrizio Loreto.

Giuseppe Di Vittorio

pallanimred.gif (323 byte) Giuseppe Di Vittorio

Giuseppe Di Vittorio nasce a Cerignola il 13 agosto del 1892. Il padre Michele è un lavoratore dei campi e tutta la famiglia è costituita da braccianti agricoli. Nel 1904, nel maggio, partecipa ad una manifestazione di lavoratori agricoli, durante la quale interviene la polizia. Quattro lavoratori vengono colpiti a morte. Fra questi un suo giovane amico quattordicenne, Antonio Morra.
Nel 1910, alla fine di novembre, diventa segretario del circolo giovanile socialista di Cerignola, che prende il nome di “XIV maggio 1904”, per ricordare l’eccidio consumato in quell’anno. Il circolo prende ben presto un indirizzo a carettere sindacalista rivoluzionario, staccandosi dal PSI e aderendo alla Federazione di Parma della gioventù socialista.

Nel 1915 è richiamato in guerra e dopo aver partecipato a parecchie azioni rimane ferito. Per il suo passato di “sovversivo”, dopo un lungo peregrinare, viene inviato a Porto Bardia, in Libia. 
Nel 1921 viene eletto deputato mentre è detenuto nelle carceri di Lucera.  La elezione a deputato avviene in circostanze del tutto eccezionali. Esse ci offrono un quadro della situazione non solo personale, ma ci indicano lo scontro sociale in atto tra la fine del 1920 e la metà del 1921. 
In questo periodo dilaga il fascismo, con la violenza piu’ spietata, in molti centri pugliesi considerati le roccaforti del movimento socialista e, soprattutto, delle orgsnizzazioni sindacali dei lavoratori. Queste fanno capo, in parte, alla CGdL, di orientamento socialista, e in misura consistente (Cerignola, Minervino, Corato, Bari) all’ Unione sindacale italiana, di cui Di Vittorio è il maggiore e piu’ qualificato esponente. La resistenza al fascismo era molto forte in Puglia e Di Vittorio ne era uno degli animatori piu’ convinti e deciso. Ed è proprio in seguito ad uno sciopero regionale antifascista, in un momento in cui il movimento operaio è gia’ in ritirata, che Di Vittorio viene arrestato.

Su pressione delle leghe e della Camera del Lavoro viene candidato alle elezioni del 1921; lo scontro in quella campagna elettorale è totale: i fascisti provocano una strage a Cerignola (nove lavoratori uccisi). Nonostante il clima di violenza e di intimidazione Di Vittorio viene eletto. Per tutto il 1921 e fino ai primi mesi del 1923, l’attenzione preminente di Di Vittorio e’ rivolta alla situazione dei lavoratori e delle loro organizzazioni in Puglia, sottoposta ad un’opera di logoramento fino alla distruzione. Egli stesso e’ bandito dalla sua citta’, dai fascisti di Cerignola. Ma e’ a Bari che egli mette a profitto tutta la sua esperienza, nella Camera del Lavoro. L’occasione e’ offerta dallo sciopero nazionale, detto “legalitario”, dell’estate 1922, che ha luogo in tutta Italia per imporre la fine delle delle violenze fasciste ed il ritorno al rispetto della legge. 
Indetto dall’ Alleanza nazionale del lavoro lo sciopero si risolse in una amara sconfitta: furono poche le realta’ nel quale si costitui’ un ampio schieramento antifascista. Una di queste e’ stata Bari, e la sua Camera del Lavoro che riusci’ a costituire un ampio schieramento di forze (socialisti, sindacalisti, anarchici, comunisti, ufficiali fiumani, arditi del popolo) e tenne in scacco i fascisti fino all’ottobre del 1921, quando intervenne l’esercito a conquistare e sciogliere la Camera del Lavoro.

Sul finire del 1922 per Di Vittorio non e’ piu’ possibile vivere in Puglia. Si trasferisce a Roma. Nel 1924 avviene l’incontro con Antonio Gramsci e con Palmiro Togliatti, che lo porta ad aderire al Partito Comunista. Insieme con Ruggiero Grieco, dirigente comunista pugliese, avvia un’interessante lavoro per gettare le basi di un’organizzazione autonoma dei contadini italiani, in primo luogo nelle regioni meridionali. Il clima e’ quello della semilegalita’ che ben presto diventera’, ai primi di novembre del 1926, illegalita’ piena e totale.

Fra il 1928 ed il 1930 è in Urss, rappresentante del Pcd’I presso l’Internazionale Contadina. Nel 1930 va a Parigi per far parte del gruppo dirigente del PCI e per assumere l’incarico di responsabile della CGIL clandestina. E’ fra i primi ad accorrere in Spagna dove ad Albacete partecipa all’organizzazione delle Brigate Internazionali con Luigi Longo e Andrè Marty ed altri dirigenti. Rientrato in Francia nel 1939 dirige “La voce degli italiani”, quotidiano antifascista. Arrestato nel 1941 viene tradotto in Italia e destinato a Ventotene. Nel ’43 viene liberato e partecipa alla lotta di Liberazione.

Firmatario del Patto di unità sindacale di Roma del 1944 con Achille Grandi per i democristiani e Emilio Canevari per i socialisti, diviene segretario generale della Cgil unitaria e poi, dopo la scissione, della Cgil fino alla sua morte. Tra le sue innumerevoli iniziative, va almeno ricordato il Piano per il lavoro, del 1949. Nel 1953 viene eletto presidente della FSM (Federazione Sindacale Mondiale).

Deputato alla Costituente del ’46, la sua convinta adesione agli ideali comunisti fu comunque sempre contraddistinta da una totale autonomia, che ebbe il suo momento più noto nella condanna decisa della feroce repressione sovietica in Ungheria nel 1956. Un altro punto fermo del suo pensiero fu il rifiuto della violenza nelle lotte di massa e nell’azione del movimento sindacale, convinto come era che nel nuovo regime democratico ai lavoratori erano dati gli strumenti pacifici per sviluppare le loro rivendicazioni e per allargare la loro influenza sugli altri ceti della popolazione italiana.
Non ebbe esitazioni ad ammettere pubblicamente gli sbagli della organizzazione che dirigeva, e memorabile in questo senso rimane il discorso al comitato direttivo della Cgil dell’aprile del 1955, dopo la sconfitta alle elezioni dei rappresentanti dei lavoratori alla Fiat.

Morì il 3 novembre del 1957 a Lecco, dopo un incontro con i delegati sindacali.

Giuseppe Di Vittorio

 

Nato a Cerignola (Foggia) l’11 agosto 1892, deceduto a Lecco il 3 novembre 1957, dirigente sindacale unitario.

È stato certamente il maggiore e più seguito, dirigente sindacale italiano del XX secolo. Rimasto orfano quando non aveva ancora otto anni (suo padre, bracciante, morì sul lavoro), “Peppino”, come veniva affettuosamente chiamato, conobbe subito la durezza dello sfruttamento del lavoro bracciantile. A 12 anni il ragazzino era membro del sindacato dei contadini; a 13 era già nel direttivo della Lega; a 16 fondava il Circolo giovanile socialista di Cerignola. Era il 1910 quando Di Vittorio veniva eletto segretario della Federazione giovanile del PSI pugliese. L’anno dopo si era già schierato col sindacalismo rivoluzionario e, nel 1914, era alla testa dei moti della “settimana rossa” di Bari. Costretto a riparare in Svizzera, si sottopose, da autodidatta, a rigorosi studi sino a che, nel 1915, poté tornare a Cerignola e, poi, di lì partire per la Grande guerra. Gravemente ferito sull’Altipiano dei Sette Comuni nel 1916, dopo la guarigione, fu internato come “sovversivo” prima a Roma, poi alla Maddalena e a Palermo e, infine, per un anno e mezzo, in Libia. Al termine del conflitto, Di Vittorio torna a dirigere la Camera del Lavoro di Cerignola e poi quella di Bari. Sono gli anni dello squadrismo fascista foraggiato dagli agrari e, nell’aprile del 1921, il popolare dirigente dei lavoratori pugliesi finisce in carcere a Lucera. Ne esce perché è presentato, come candidato a deputato, dal PSI (partito al quale non era iscritto). Eletto, Di Vittorio sfida i fascisti di Cerignola, che gli avevano proibito l’accesso al suo paese natale, e continua a combatterli anche dopo la “marcia su Roma”. A Bari è alla testa dei lavoratori che difendono la CdL, che verrà espugnata, non dai fascisti ma dall’Esercito. Gli squadristi tentano allora di portarlo dalla loro parte, offrendogli di entrare nei sindacati fascisti, ma Di Vittorio respinge sdegnosamente le loro offerte. Aderisce invece, nel 1924, al Partito comunista e nello stesso anno è rieletto deputato. Nel 1925, nonostante l’immunità parlamentare, è di nuovo arrestato. Rilasciato nel 1926, per sfuggire alle Leggi eccezionali espatria clandestinamente, inseguito da una condanna a 12 anni di reclusione. Dal 1928 al 1930, Di Vittorio è a Mosca, dove partecipa alla direzione (era già stato segretario, in Italia, della “Associazione nazionale dei contadini poveri”, promossa con Ruggero Grieco), della “Internazionale contadina”. Quando passa in Francia, organizza a Parigi la Confederazione generale del lavoro e si dedica al rafforzamento del movimento antifascista tra gli emigrati italiani. Membro del Comitato centrale e dell’Ufficio politico del PCdI, nel 1934 Di Vittorio partecipa alla stipula del Patto d’unità d’azione tra comunisti e socialisti. Quando Francisco Franco attacca la Repubblica democratica spagnola, eccolo (col nome di Mario Nicoletti), combattere come commissario politico della XI e poi della XII Brigata Internazionale. Ferito a Guadalajara, trascorre la convalescenza in Francia, dove dirige il quotidiano La voce degli Italiani. Guarito, torna a combattere in Spagna. Alla fine della guerra civile, ecco di nuovo Di Vittorio in Francia, ad occuparsi de La Voce degli Italiani, sino a che il foglio non è soppresso dalle autorità dello Stato transalpino. Arrestato il 10 febbraio 1941, il sindacalista italiano è trattenuto dai nazisti, che lo consegnano poi alle autorità fasciste. In Italia Di Vittorio è incarcerato a Lucera e poi, il 24 settembre 1941, avviato al confino di Ventotene. Con la caduta di Mussolini, è il Governo Badoglio a nominare Di Vittorio commissario alle Confederazioni sindacali e ad affidargli la segreteria della Federazione nazionale dei lavoratori agricoli. Con l’armistizio, l’avvio della Resistenza, che vede, ancora una volta, il sindacalista pugliese in prima fila. È lui che tratta col generale Carboni per fornire di armi i patrioti nelle vana difesa di Roma; è lui che continua la lotta nella clandestinità. Alla liberazione della Capitale, nel 1944, il comunista Di Vittorio firma il Patto d’unità sindacale con democristiani e socialisti. Nasce così la CGIL, che Di Vittorio dirigerà sino alla morte. Presidente della Federazione sindacale mondiale, è il sindacalista pugliese (membro della Costituente, eletto deputato del PCI nel 1948 e nel 1953), che in Italia si batterà conseguentemente per il riscatto dei lavoratori e per la ripresa dell’economia; è sempre lui che varerà il “Piano del lavoro”, che affronterà, con coraggio e spirito unitario, le scissioni seguite all’attentato a Togliatti, le crisi della sconfitta alla Fiat, del XX Congresso del PCUS, degli eventi drammatici di Polonia e d’Ungheria. Morirà sulla breccia, stroncato da un infarto (ne aveva superato un altro l’anno prima, ma non si era risparmiato), durante una riunione con gli attivisti sindacali lecchesi. Sulla sua vita e sulle sue battaglie, la RAI ha trasmesso, nel marzo 2009, il film Pane e libertà, del regista Alberto Negrin. La figlia Baldina e la nipote Silvia Berti lo avevano presentato, in anteprima, al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Al grande dirigente sindacale italiano sono intitolati (oltre ad una Fondazione, che ha la sede centrale a Roma), circoli culturali, scuole, strade, piazze, sezioni di partito, ecc. Ricchissima anche la bibliografia su Giuseppe Di Vittorio.

L’ultimo discorso di Di Vittorio

 

La mattina del 3 novembre 1957, poche ore prima di morire, Giuseppe Di Vittorio tiene questo discorso ai dirigenti e agli attivisti sindacali di Lecco.

Lo so, cari compagni, che la vita del militante sindacale di base è una vita di sacrifici. Conosco le amarezze, le delusioni, il tempo talvolta che richiede l’attività sindacale, con risultati non del tutto soddisfacenti. Conosco bene tutto questo, perché anch’io sono stato attivista sindacale: voi sapete bene che io non provengo dall’alto, provengo dal basso, ho cominciato a fare il socio del mio sindacato di categoria, poi il membro del Consiglio del sindacato, poi il Segretario del sindacato, e così via: quindi, tutto quello che voi fate, che voi soffrite, di cui qualche volta anche avete soddisfazione, io l’ho fatto. Gli attivisti del nostro sindacato, però, possono avere la profonda soddisfazione di servire una causa veramente alta. […]

Invito a discutere su questo: è giusto che in Italia, mentre i grandi monopoli continuano a moltiplicare i loro profitti e le loro ricchezze, ai lavoratori non rimangano che le briciole? E’ giusto che il salario dei lavoratori sia al di sotto dei bisogni vitali dei lavoratori stessi e delle loro famiglie, delle loro creature? E’ giusto questo? Di questo dobbiamo parlare, perché questo è il compito del sindacato. […]

Avete visto che cosa è avvenuto: mano a mano che il capitalismo riusciva ad infliggere dei colpi al sindacato di classe e alla CGIL, e quindi a indebolire la classe operaia, non solo si è verificata una differenza di trattamento dei lavoratori, ma come conseguenza di questa differenza di trattamento, si è aperto un processo in Italia che tuttora continua. […] Si sono aperte le forbici, si è prodotto uno squilibrio sociale profondo nella società italiana. Supponete, per esempio, che il rapporto fra salari e profitti fosse 100 per i salari e 100 per i profitti nel 1948. Come è andato sviluppandosi il processo? I profitti da 100 sono andati a 110, i salari sono rimasti a 100. Poi i profitti sono andati a 150, i salari sono andati a 105; i profitti sono andati a 200, i salari sono andati a 107; i profitti sono andati a 300, i salari rimangono a 107-8-9. Quindi si sono aperte due curve: i profitti si alzano sempre più e i salari stentano a salire, rimangono sempre in basso. Le conseguenze, allora, di questi colpi ricevuti dalla CGIL ad opera del grande capitalismo, delle scissioni, delle divisioni dei lavoratori quali sono state? Ecco: le due curve, la curva dei profitti che aumenta sempre di più, e la curva dei salari che rimane sempre in basso. […]

La nostra causa è veramente giusta, serve gli interessi di tutti, gli interessi dell’intera società, l’interesse dei nostri figliuoli. Quando la causa è così alta, merita di essere servita, anche a costo di enormi sacrifici. So che una campagna come quella per il tesseramento sindacale richiede dei sacrifici, so anche che dà, certe volte, delusioni amare. Ci sono ancora lavoratori che non hanno compreso, ma non bisogna scoraggiarsi. Pensate sempre che la nostra causa è la causa del progresso generale, della civiltà della giustizia fra gli uomini.

Lavorate sodo, dunque, e soprattutto lottate insieme, rimanete uniti. Il sindacato vuol dire unione, compattezza. Uniamoci con tutti gli altri lavoratori: in ciò sta la nostra forza, questo è il nostro credo.

Lavorate con tenacia, con pazienza: come il piccolo rivolo contribuisce a ingrossare il grande fiume, a renderlo travolgente, così anche ogni piccolo contributo di ogni militante confluisce nel maestoso fiume della nostra storia, serve a rafforzare la grande famiglia dei lavoratori italiani, la nostra CGIL, strumento della nostra forza, garanzia del nostro avvenire.

Quando si ha la piena consapevolezza di servire una grande causa, una causa giusta, ognuno può dire alla propria donna, ai propri figliuoli, affermare di fronte alla società, di avere compiuto il proprio dovere. Buon lavoro, compagni.

[Da Lottate insieme, restate uniti, dall’Ultimo discorso pronunciato al convegno dei dirigenti e degli attivisti della Camera del Lavoro di Lecco, 3 novembre 1957]

L’attualità di Giuseppe Di Vittorio (di Antonio Carioti)

di Antonio Carioti *

È passato quasi un secolo da quando Giuseppe Di Vittorio, ancora adolescente, intraprese l’attività di agitatore sindacale a Cerignola, sua città natale del Tavoliere pugliese. Fu un’esperienza esaltante ma molto aspra, che lo segnò per tutta la vita. All’epoca, nella più estesa pianura del Mezzogiorno, i conflitti sociali contrapponevano frontalmente una ristretta oligarchia di proprietari terrieri a vaste masse di braccianti poveri, trattati come bestie da soma. Non di rado le lotte dei lavoratori sfociavano in tumulti violenti. Si parlava di “Puglia rossa”, per lo sviluppo straordinario che avevano conosciuto le leghe bracciantili, ma anche di “regione degli eccidi cronici”, per la frequenza dei casi in cui le forze dell’ordine sparavano sui manifestanti.

In quel clima difficile, il giovane Di Vittorio maturò un modo di concepire il compito del sindacato che metteva al primo posto l’unità dei salariati: la sua maggiore preoccupazione era evitare che gli agrari dividessero i lavoratori, magari ingaggiando al posto degli scioperanti manodopera proveniente da fuori e disposta a farsi sfruttare in modo ancora più pesante. Molti anni più tardi, quando divenne il leader della Cgil dopo la caduta del fascismo, mantenne un’impostazione analoga, rigidamente egualitaria, che vedeva la classe operaia come una moltitudine indifferenziata da far progredire in blocco. Di qui l’accentramento esasperato della contrattazione economica a livello nazionale, con l’ostinato rifiuto di articolarla e decentrarla sui luoghi di lavoro, per il timore di veder nascere sindacati aziendali che rompessero l’unità del proletariato industriale. Fu un errore pagato a caro prezzo, con le sconfitte subite nelle fabbriche dalla Cgil nelle elezioni delle commissioni interne, a partire dal tracollo patito alla Fiat nel 1955. Ma ciò non basta a concludere che Di Vittorio, morto due anni dopo, fu il protagonista di un’epoca da consegnare in tutto e per tutto alla storia, dunque un uomo che non ha più nulla da dire a noi contemporanei.
I limiti culturali del sindacalista pugliese hanno un rovescio della medaglia, che merita di essere posto in luce. Unità dei lavoratori per lui significava che il sindacato non poteva tutelare solo i propri iscritti, ma doveva assumere anche la rappresentanza dei disoccupati, quindi farsi promotore di una politica economica in grado di espandere le opportunità d’impiego. Il “piano del lavoro” da lui proposto nel 1949, pur con tutti gli aspetti criticabili che gli studiosi non hanno mancato di rilevare, dimostrava la capacità della Cgil di porsi di fronte ai problemi del Paese con un atteggiamento costruttivo, nei fatti riformista, che anticipava di molto la successiva evoluzione della sinistra italiana. E un altro punto importante su cui Di Vittorio insisteva con forza era la difesa dei diritti dei lavoratori, ridotti a minimi termini dallo strapotere della controparte imprenditoriale negli anni difficili della ricostruzione. Fu lui, al Congresso della Cgil tenuto a Napoli nel 1952, a lanciare l’idea di uno statuto che garantisse ai dipendenti di non subire abusi e discriminazioni sui luoghi di lavoro. Il richiamo alle libertà individuali e collettive, a quello che più tardi Enrico Berlinguer avrebbe chiamato “valore universale della democrazia”, era centrale per Di Vittorio, in Italia e nei Paesi capitalisti, ma anche altrove. Non solo fece di tutto perché la Federazione sindacale mondiale di osservanza sovietica, della quale era presidente, accettasse nel Congresso del 1953 il principio della libertà d’organizzazione dei lavoratori, niente affatto praticato sotto i regimi del “socialismo reale”, ma tre anni dopo si schierò a favore della rivoluzione ungherese repressa nel sangue dall’Armata rossa, anche se poi il Pci lo costrinse a una dolorosa marcia indietro.

Iscritto a quel partito dal 1924, dopo aver militato da giovane (era nato nel 1892) nei ranghi del sindacalismo rivoluzionario con Alceste De Ambris e Filippo Corridoni, era tuttavia un “comunista senza dogmi”, che anteponeva costantemente l’analisi concreta della realtà agli schemi astratti dell’ideologia. Già nel 1939 aveva dissentito dal patto Molotov-Ribbentrop fra Germania nazista e Unione Sovietica, più tardi avrebbe combattuto ogni tendenza estremista e settaria, attirandosi frequenti critiche, registrate puntualmente nei verbali della direzione comunista, da parte degli ambienti più oltranzisti del partito. Quando poi – torniamo al 1955 – la Cgil fu duramente battuta alla Fiat, Di Vittorio si addossò personalmente la responsabilità dell’insuccesso e avviò un’autocritica coraggiosa, evidenziando i limiti delle scelte da lui stesso sostenute in precedenza.
Difendere l’autonomia del sindacato dalle interferenze politiche, anche della propria parte. Battersi perché a tutti i lavoratori sia assicurato l’esercizio di alcuni diritti essenziali. Misurarsi con i problemi senza pregiudizi, con l’obiettivo prioritario di migliorare nei fatti le condizioni di vita dei salariati, offrendo una tutela anche ai soggetti estranei all’organizzazione sindacale. Sono altrettante parole d’ordine cui Di Vittorio rimase sempre fedele. E insegnamenti che ha lasciato in eredità. Non pare una forzatura affermare che la lunga e sofferta trasformazione del comunismo italiano ha seguito nella sostanza proprio le linee da lui indicate. Basta pensare che la sua Cgil assunse nei confronti del Mercato comune europeo una posizione di apertura ben differente dalla contrarietà iniziale del Pci.

Ma c’è di più. Oggi che il mercato del lavoro si va frammentando all’infinito, con la proliferazione di figure atipiche cui spesso fondamentali garanzie sono negate, per non parlare della questione costituita dalla manodopera immigrata e dalla necessità di offrirle un minimo di protezione sociale, non sembra proprio che la lezione di Di Vittorio, animata dall’assillo costante di tutelare i soggetti più deboli, possa essere relegata nel dimenticatoio. Si tratta semmai (e certo non è facile) di trovare strumenti nuovi per conseguire scopi analoghi.

(*) giornalista del Corriere della Sera, autore del recente volume Di Vittorio, edito per la collana L’identità italiana de il Mulino, Bologna 2005. (L’articolo è stato scritto per “ANCI Rivista”, in corso di stampa, maggio2006)

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Testi su Giuseppe Di Vittorio

Articoli da “Rassegna Sindacale”, 1957, nn.21-22, nel Trigesimo della morte di Di Vittorio

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Le statistiche, gli studi e le ricerche sono collocate in questo sito in ragione della materia cui afferiscono e sono consultabili accedendo alle voci poste nel menu di sinistra. I rapporti ufficiali del Governo agli organismi internazionali, che trattano materie trasversali, sono consultabili accedendo al canale Profili internazionali.


 

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Quaderni di studi e statistiche sul mercato del lavoro

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Comunicazioni Obbligatorie

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