Archivio mensile:giugno 2009

Ciao Enrico

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“La democrazia è una conquista in atto. Essa va consolidata, va difesa da ogni stravolgimento e amputazione, da ogni tentativo di svuotamento o soppressione, ovunque essi si manifestino.”
Enrico Berlinguer

 

 

 

 

 

Inail

Lavoro occasionale accessorio nell’impresa familiare

L’INPS ha dettato le istruzioni necessarie per l’utilizzo dei buoni lavoro da parte dell’impresa familiare operante nei settori del commercio, del turismo e dei servizi.
Restano invariate le istruzioni riguardanti gli obblighi nei confronti dell’INAIL.
La contribuzione a favore dell’INPS è pari al 33%, quella a favore dell’INAIL al 4%, mentre un’ulteriore quota pari al 5% è dovuta per la gestione del servizio.

 

 

Notizie

immagine di layout Banca Centrale Europea: variazione tasso di riferimento– Data pubblicazione: 05/06/2009

A decorrere dal 13 maggio 2009, la Banca Centrale Europea ha fissato nella misura dell’1% il nuovo tasso ufficiale di riferimento da utilizzare per la determinazione del tasso di differimento e di dilazione da applicare ai debiti contributivi dovuti agli enti di previdenza. Gli interessi di dilazione e di differimento, sempre a partire dal 13 maggio, saranno quindi calcolati applicando l’aliquota del 7%. La modifica produce effetti anche nei confronti delle somme aggiuntive per ritardato od omesso versamento dei contributi, come descritto nella .

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Vota Comunista

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Manca ormai pochissimo alle elezioni. Pubblichiamo alcuni articoli per parlare agli indecisi. A chi è invece convinto di votare per la lista comunista e anticapitalista (Prc-Pdci-Socialismo 2000), ci permettiamo di chiedere di fare tutto il possibile anche nelle ultimissime ore per portare altri voti. Un consiglio pratico: appuntiamoci un elenco di possibili elettori della lista comunista, amici, parenti, colleghi di lavoro, coinquilini. E poi chiamiamoli uno per uno o andiamoli a trovare. Con chi non riusciamo a parlare mandiamo un sms: vota e fai votare la FALCE E MARTELLO con scritto: RIFONDAZIONE e COMUNISTI ITALIANI. Ogni voto conquistato potrebbe essere quello decisivo per superare l’infame 4% !

ALL’APPELLO PER LA LISTA COMUNISTA (PRIMO FIRMATARIO INGRAO) SI AGGIUNGONO MOLTI ALTRI NOMI.

 


“Sto dalla parte dei miei cugini comunisti”: con queste parole l’attore Paolo Rossi

 

, impegnato in questi giorni a Milano con lo spettacolo “Le guerre per il frutto del peccato”, motiva la sua adesione all’appello “Se sei di sinistra, dillo forte” che vede per primo firmatario Pietro Ingrao e poi oltre 200 esponenti del mondo della cultura, della scienza, dello spettacolo, della società civile e del mondo del lavoro che alle prossime elezioni europee voteranno per la Lista comunista e anticapitalista formata da Prc, Pdci, Socialismo 2000 e Consumatori uniti.

Anche il maestro, regista di tanti film che hanno fatto la storia del cinema italiano, Mario Monicelli ha dichiarato il suo voto alla Lista comunista e anticapitalista.
Tra le altre, tantissime, adesioni all’appello “Se sei di sinistra dillo forte” che stanno arrivando in queste ore si segnalano quelle del pittore Franco Mulas, di Marino Severini della rock band dei Gang, del designer e cartonista Enzo Apicella
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Tutti nomi che vanno ad aggiungersi, oltre che a quello del primo firmatario dell’appello, Pietro Ingrao, a quelli di molti altri, tra i quali il fisico Carlo Bernardini, lo psichiatra Luigi Cancrini, lo scrittore Massimo Carlotto, don Franzoni e don Gallo, il costituzionalista Gianni Ferrara, il cantante e attore Massimo Ranieri, il poeta  Edoardo Sanguineti, il disegnatore Vauro e altri 200 nomi.

 

Come urlare per l’unità dei comunisti e poi fare concretamente il suo contrario E-mail

Autore: Leonardo Masella

Testata/Fonte: redazione del 01/06/2009



Risposta al compagno Grondona

 

Il compagno Stefano Grondona, ex-segretario del Pdci di Bologna, oggi semplice iscritto del Pdci di Bologna e assessore nel Comune di Ozzano Emilia e sostenitore di una lista non comunista (la lista di Bifo) in Provincia e nel Comune di Bologna, ha scritto sulla mia bacheca di Facebook il seguente messaggio: “E’ necessario un unico forte Partito Comunista alternativo al Pd, non governista, autonomo, che sia il punto di riferimento di tutta la Sinistra”. Poiché se rispondessi attraverso i “commenti” di Facebook, sarei troppo sintetico per fare capire concetti un po’ complicati, ho pensato di scrivere una nota e poi di taggarla a Stefano.

Caro Stefano, ti ringrazio per l’attenzione che mi dedichi scrivendo sulla mia bacheca. Ti rispondo, così approfitto per chiarire brevemente il mio pensiero.
1) Dire che “è necessario un unico forte Partito Comunista alternativo al PD, non governista, autonomo, che sia il punto di riferimento di tutta la Sinistra” è una condivisibile petizione di principio, che però non sposta di una virgola la situazione verso quell’obbiettivo, anzi se ripetuta in modo astratto e quasi “religioso”, senza vedere i problemi concreti e capire come superarli, può persino avere l’effetto opposto. Lo chiedo a te che non sei un semplice militante di base, ma sei stato per anni il segretario del Pdci di Bologna ed oggi sei assessore di una coalizione col Pd nel Comune di Ozzano Emilia in provincia di Bologna: è realistico proporre “un unico partito comunista” nella situazione concreta italiana in cui ci sono una quindicina di partiti, partitini, gruppi e gruppetti – ognuno col suo piccolo capetto che si crede Lenin – che si autodefiniscono comunisti ? Ti sembra realistico convincere oltre al Prc e al Pdci, il Pdcl di Ferrando, Sinistra Critica di Cannavò, la Rete dei Comunisti, il Partito di Alternativa Comunista, il Pmli, Lotta Comunista, tanto per citare i più conosciuti (sia pure conosciuti in ambiti ristrettissimi), a sciogliersi ?
2) Allora, sarebbe meglio auspicare e lavorare concretamente per la costruzione piuttosto che di un partito comunista “unico”, di un partito comunista (senza necessariamente la p maiuscola e la c maiuscola) più forte di quelli esistenti, un partito cioè, diversamente da quelli esistenti, che sia comunista non solo di nome, ma anche di fatto. Essere comunisti significa, secondo me, “fare i comunisti”, oltre e più che dirsi e autodefinirsi comunisti. Di questo abbiamo bisogno. Non ci serve a niente l’ennesimo partitino autoreferenziale, comunista solo di nome e di simbolo, ma poi non di fatto, perché ultraminoritario, solo nostalgico e testimoniale del bel tempo che fu. Un partito invece non solo nominalisticamente ma realmente comunista, non si fa da un giorno alla notte, solo perché lo si vuole, lo si dice, lo si scrive, lo si chiede, lo si urla. Fosse così facile ! Purtroppo c’è bisogno di un lungo processo (teorico, politico, organizzativo) di ricostruzione/rifondazione, dopo i disastri non solo dell’ultimo Pci (che già non era più un partito comunista, anche se a parole si chiamava ancora “comunista”) ma anche dopo i disastri liquidatori di Cossutta e del cossuttismo (prima) e di Bertinotti e del bertinottismo (poi) che, entrambi, hanno contribuito, sia pure in modo diverso, a devastare il Prc (oltre al Pdci, che già all’epoca della sua fondazione, avvenuta solo per sostenere il primo governo Prodi e poi D’Alema, era molto poco comunista, tranne che nel nome, nella simbologia, sbandierata con la stessa foga con cui si moderava – parallelamente – la linea politica per mantenere l’accordo nazionale con i Ds in quella che veniva definita l’”alleanza strategica” di centro-sinistra).
3) La base di partenza di un processo del genere è, tuttavia, nella situazione concreta italiana (ma perché l’unica frase di Lenin che non si cita mai è “analisi concreta della situazione concreta” ?), superare la soglia di sbarramento elettorale del 4% in queste elezioni europee. Se ciò avviene si può aprire un processo relativamente breve di unificazione fra Prc e Pdci (che può essere attrattivo non solo e non tanto per altri “vecchi” comunisti sparsi, ma soprattutto per formare nuovi comunisti fra giovani, operai e immigrati, in mezzo ai movimenti come l’onda studentesca, le lotte operaie, i movimenti antirazzisti e antimperialisti, nella crisi radicale e profonda del sistema capitalistico), che non è “il nuovo Partito Comunista” ma avvia solamente un processo più lungo (che dovrà essere anche mondiale) di ricostruzione/rifondazione comunista su base non ultraminoritaria/nostalgica, che riesca cioè a liberare la teoria e la prassi comuniste e rivoluzionarie dalla gabbia-mausoleo in cui sono state messe assieme alla salma di Lenin, cosa questa che, secondo me, è stata la causa vera, profonda, della crisi del movimento comunista mondiale, del gravissimo scioglimento del Pcus e dell’Unione Sovietica. Se la soglia non si supera, invece, c’è il fortissimo rischio che si apra un processo opposto, di ulteriore divisione e frammentazione dei comunisti, con la formazione dal Prc e dal Pdci di altri gruppi e gruppetti che si andranno ad aggiungere a quei 15 di prima (quindi altro che “unità dei comunisti” o “partito unico” o partito più forte di quelli oggi esistenti !).
4) Dunque, per concludere e mi scuso per la schematicità, se si vuole non dico un partito unico, ma almeno (mi accontenterei !) un partito comunista un po’ più forte di quelli esistenti, la prima cosa da fare è aiutare la lista comunista e anticapitalista Prc-Pdci-Socialismo2000 a prendere voti. Se si fa il contrario, caro compagno Grondona, si dice una cosa a parole (“l’unità dei comunisti”, “un forte e unico Partito Comunista”) ed altre frasi fatte e altisonanti (“scarlatte” come diceva Lenin), ma – anche in perfetta buona fede – si fa il contrario nei fatti. Perché si sa che non bastano le buone intenzioni, e che, anzi, come diceva qualcuno, “di buone intenzioni sono lastricate le vie dell’inferno”.

Un cordiale saluto.

Leonardo Masella

Permessi elettorali

Elezioni, l’assenza è giustificata

Per chi partecipa alle operazioni di voto scatta il diritto di assentarsi dall’azienda

Trovi articoli sullo stesso argomento in: Lavoro » Assenza dal lavoro

I giorni di permesso sono considerati giornate di lavoro

Assenza giustificata dal lavoro per chi partecipa alle operazioni elettorali. I dipendenti nominati presidente, segretario, scrutatore o rappresentante di lista presso seggi in occasione di una consultazione elettorale (compresi referendum ed elezioni europee) hanno diritto ad assentarsi dal lavoro per il periodo corrispondente alla durata delle operazioni di voto e scrutinio.

La tornata elettorale

Le amministrative

Si vota sabato 6 giugno (dalle ore 15 alle ore 22) e domenica 7 giugno (dalle ore 8 alle ore 22)

Le provinciali

Si vota sabato 6 giugno (dalle ore 15 alle ore 22) e domenica 7 giugno (dalle ore 8 alle ore 22)

Il ballottaggio

Si vota sabato 21 giugno (dalle ore 15 alle ore 22) e domenica 22 giugno (dalle ore 8 alle ore 22)

Le europee

Si vota sabato 6 giugno (dalle ore 15 alle ore 22) e domenica 7 giugno (dalle ore 8 alle ore 22)

Il referendum

Si vota sabato 21 giugno (dalle ore 15 alle ore 22) e domenica 22 giugno (dalle ore 8 alle ore 22)

Il diritto ai permessi elettorali

Il diritto è riconosciuto a tutti i lavoratori dipendenti nominati scrutatore, segretario, presidente, rappresentante di lista o di gruppo presso seggi elettorali, in occasione di qualsiasi tipo di consultazione, compresi i referendum e le elezioni europee. Il diritto si concreta nella possibilità di assentarsi dal lavoro per il periodo corrispondente alla durata delle operazioni elettorali (di voto e di scrutinio).

I giorni di assenza vengono considerati dalla legge, a tutti gli effetti, giornate di attività lavorativa: i giorni lavorativi passati al seggio sono, dunque, retribuiti come se il lavoratore avesse normalmente lavorato.

I giorni festivi e quelli non lavorativi, invece (l’ipotesi ricorrente è la domenica, nonché il sabato per le imprese che applicano la settimana lavorativa cosiddetta corta), sono recuperati con una giornata di riposo compensativo; oppure possono essere compensati con quote giornaliere di retribuzione in aggiunta alla retribuzione normalmente percepita. Un eventuale rinuncia al riposo deve comunque essere validamente accettata dal lavoratore. In base ai principi in tema di riposo settimanale il riposo compensativo deve essere goduto con immediatezza, cioè subito dopo la fine delle operazioni svolte al seggio.

In base alla sentenza della Cassazione del 19 settembre 2001 n. 11830, anche se l’attività prestata per lo svolgimento delle operazioni elettorali copre soltanto una parte della giornata, l’assenza è legittima per tutto il giorno lavorativo che, quindi, deve essere retribuito interamente.

Le assenze per permessi elettorali devono essere giustificate dal lavoratore mediante esibizione al proprio datore di lavoro di idonea documentazione.

La settimana corta

L’impresa che attua, ai fini lavorativi, la cosiddetta settimana corta ha un orario settimanale di lavoro articolato da lunedì a venerdì; sabato è una giornata non lavorativa e domenica è festivo.

I giorni trascorsi al seggio dovranno essere considerati nel modo seguente:

sabato e domenica: il lavoratore ha diritto a una giornata di riposo compensativo oppure a una aggiunta di retribuzione pari a una giornata (retribuzione mensile diviso 26 o lo specifico divisore previsto dal Ccnl per la determinazione della paga giornaliera);

lunedì: il lavoratore ha diritto ad assentarsi dal lavoro e a percepire la piena retribuzione, come se avesse lavorato (vanno compresi, pertanto, anche eventuali indennità aggiuntive);

martedì: se le operazioni di scrutinio si prolungano oltre le ore 24 del lunedì, il lavoratore ha diritto ad assentarsi dal lavoro anche per questa giornata e a percepire la piena retribuzione, come se avesse lavorato.

Se le operazioni terminano entro le ore 24 del lunedì, il lavoratore fruirà dei riposi compensativi che gli spettano per le giornate di sabato e domenica nei giorni di martedì e mercoledì; ove, invece, le operazioni terminano nelle prime ore di martedì mattina, il lavoratore fruirà dei riposi compensativi nei giorni di mercoledì e giovedì.

La settimana lunga

L’impresa che attua, ai fini lavorativi, la settimana lunga ha l’orario settimanale di lavoro articolato da lunedì a sabato; resta, dunque, soltanto la domenica come giornata festiva.

I giorni trascorsi al seggio dovranno essere considerati nel modo seguente:

sabato: il lavoratore ha diritto ad assentarsi dal lavoro e a percepire la piena retribuzione, come se avesse lavorato (vanno compresi, pertanto, anche eventuali indennità aggiuntive);

domenica: il lavoratore ha diritto a una giornata di riposo compensativo oppure a una aggiunta di retribuzione pari a una giornata (retribuzione mensile diviso 26 o lo specifico divisore previsto dal Ccnl per la determinazione della paga giornaliera);

lunedì: il lavoratore ha diritto ad assentarsi dal lavoro e a percepire la piena retribuzione, come se avesse lavorato;

martedì: se le operazioni di scrutinio si prolungano oltre le ore 24 del lunedì, il lavoratore ha diritto ad assentarsi dal lavoro anche per questa giornata e a percepire la piena retribuzione, come se avesse lavorato.

Se le operazioni terminano entro le ore 24 del lunedì, il lavoratore fruirà del riposo compensativo che gli spetta per la giornate di domenica il martedì; ove, invece, le operazioni terminano nelle prime ore di martedì mattina, il lavoratore fruirà del riposo compensativo il mercoledì.

Lavoratori pubblici più tutelati

La necessità di assentarsi dal lavoro può presentarsi anche solamente per adempiere al diritto-dovere di esprimere il voto.

Il caso ricorrente è quello dei lavoratori con residenza in un comune diverso (e lontano) da quello di esercizio dell’attività lavorativa. In materia, vigono diverse regole a seconda che si tratti di lavoratori del settore pubblico o privato.

Lavoratori del settore privato

Non esistono norme di legge specifiche in merito ai lavoratori del settore privato che devono recarsi a votare in comuni diversi, anche a considerevole distanza, da quello in cui svolgono l’attività lavorativa.

Tuttavia, è pacifico il diritto del lavoratore a chiedere e ottenere permessi non retribuiti per raggiungere il proprio comune di residenza con i mezzi di trasporto ordinari (treno, aereo, nave). Il lavoratore avrà cura, in tal caso, di presentare al proprio datore di lavoro la tessera elettorale, timbrata dalla sezione, che attesti l’avvenuto esercizio del diritto di voto.

Lavoratori del settore pubblico

La concessione del permesso retribuito per recarsi a votare in comune diverso da quello della sede di servizio, ai sensi dell’articolo 118 del dpr n. 361/1957, è previsto soltanto nell’ipotesi in cui il lavoratore risulti trasferito di sede nell’approssimarsi delle elezioni.

In tal caso, il lavoratore anche se ha provveduto nel prescritto termine di 20 giorni a chiedere il trasferimento di residenza, risulta che non ha ancora ottenuto l’iscrizione nelle liste elettorali della nuova sede di servizio. Se spetta, il permesso retribuito per l’esercizio del diritto di voto sarà di:

un giorno per le distanze da 350 a 700 chilometri;

due giorni per le distanze oltre i 700 chilometri o per spostamenti da e per le isole.