Come il parlamento valuta l’attuazione del Pnrr
Le norme attribuiscono alle camere il potere di richiedere tutte le informazioni e i documenti utili per esercitare il controllo sull’attuazione del Pnrr e del fondo complementare. Un ruolo di primo piano è svolto dalle commissioni.
Definizione
Il parlamento ha poteri potenzialmente molto rilevanti per quanto riguarda la verifica dello stato di attuazione del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Alle camere infatti sono attribuite ampie prerogative per quanto riguarda l’accesso a dati e informazioni, oltre alla possibilità di svolgere audizioni dei soggetti coinvolti nella realizzazione delle diverse misure.
A livello normativo, una prima disposizione in merito è prevista dall’articolo 43 della legge europea 2019-2020. Qui si prevede infatti che le commissioni parlamentari competenti svolgano un’attività di controllo sul corretto utilizzo delle risorse assegnate all’Italia.
La legge di bilancio per il 2021 ha poi introdotto l’obbligo per il governo di trasmettere alle camere una relazione annuale sullo stato di avanzamento del piano. Nel documento dovrebbero essere riportate informazioni sull’utilizzo delle risorse e sui risultati raggiunti. Si prevede inoltre che siano evidenziate le misure necessarie per accelerare l’avanzamento dei progetti e migliorare la loro efficacia rispetto agli obiettivi perseguiti.
Come funziona la nuova governance del Pnrr.
Successivamente, il decreto legge 77/2021 (articolo 2, comma 2, lettera e) ha invece stabilito che queste informazioni debbano essere inviate con cadenza semestrale. La responsabilità dell’invio di questi dati ricade in particolare sulla cabina di regia, oltre che sul ministro deputato.
La cabina di regia inoltre è tenuta a inviare alle commissioni parlamentari competenti per materia ogni ulteriore elemento utile a valutare lo stato di avanzamento degli interventi, il loro impatto e l’efficacia rispetto agli obiettivi perseguiti. In particolare nel sostegno all’occupazione dei giovani e alla lotta alle disuguaglianze di genere.
Al termine dell’esame di ogni relazione semestrale possono essere adottati atti di indirizzo (come mozioni o risoluzioni) al governo che indicano le eventuali criticità riscontrate nel programma di adozione delle riforme e nello stato di avanzamento degli investimenti.
Quanto e come può essere modificato il Pnrr.
Da notare infine che l’articolo 9 bis del decreto legge 152/2021, al comma 2, stabilisce che qualora il governo intenda modificare il Pnrr, la proposta prima dell’invio alla commissione europea deve essere condivisa con le camere “in tempo utile per consentirne l’esame parlamentare”.
Dati
A oggi sono uscite 3 relazioni del governo per il parlamento. La prima risale al 23 dicembre del 2021. La seconda è del 5 ottobre 2022. La terza, che è anche la prima e per ora unica relazione del governo Meloni, è stata trasmessa al parlamento l’8 giugno scorso.
Inoltre, dal suo insediamento, il governo Meloni ha reso alle camere 4 informative urgenti sul Pnrr (2 per ogni aula). Le prime il 26 aprile in merito allo stato di attuazione del piano, con particolare riferimento alle scadenze legate alla terza e alla quarta rata. Le seconde l’1 agosto e in questo caso l’oggetto era la presentazione della proposta di revisione complessiva del Pnrr. Da notare invece che la prima proposta di revisione, limitata alla modifica di 10 scadenze relative al primo semestre 2023, non è stata preceduta da un passaggio in parlamento prima dell’invio a Bruxelles.
Solo nella seconda occasione il parlamento si è espresso con un atto di indirizzo al termine della discussione. In entrambe le camere però la maggioranza ha fatto quadrato, respingendo gli atti presentati dalle opposizioni e approvando una sola risoluzione dai contenuti molto generici. Il ministro Fitto inoltre è intervenuto il 19 luglio in audizione nelle commissioni bilancio e politiche Ue sia alla camera che al senato.
Per quanto riguarda l’analisi delle commissioni sulla terza relazione del governo, a oggi il lavoro non è ancora concluso. Non sono stati deliberati quindi atti di indirizzo in merito. In base a quanto riportato dai resoconti delle commissioni, il numero di sedute in cui sì è affrontato il tema risulta essere abbastanza basso. Con una prevalenza del senato rispetto alla camera.
In base alla documentazione disponibile, oltre al ministro Fitto, nell’ambito della loro attività di controllo le commissioni hanno acquisito anche le osservazioni di diversi soggetti. Tra cui: la conferenza delle regioni, l’associazione nazionale comuni italiani (Anci), i sindacati, la corte dei conti e alcune delle aziende partecipate coinvolte nella realizzazione del piano.
Analisi
Sono diversi gli elementi di criticità che emergono relativamente al controllo parlamentare del Pnrr. Il primo e più evidente riguarda il fatto che il governo avrebbe dovuto presentare una relazione sul piano con cadenza semestrale. Cosa che per il momento non è mai avvenuta. Infatti, il governo guidato da Mario Draghi prima e quello di Giorgia Meloni poi finora ne hanno presentata una all’anno.
Un secondo aspetto da rimarcare riguarda il fatto che il lavoro svolto dalle commissioni nel tempo si è ridimensionato. In precedenza infatti ogni commissione aveva affrontato nel dettaglio gli aspetti di propria competenza e proposto specifici atti di indirizzo. Ciò non avviene più.
In base a quanto riportato in un report realizzato dai centri studi di camera e senato infatti la modalità con cui il parlamento si è approcciato all’analisi di questi documenti nel tempo è cambiata. Per la prima relazione infatti ogni commissione ha approfondito i profili di propria competenza. A partire dalla seconda invece le commissioni bilancio e politiche dell’Unione europea hanno acquisito un ruolo di primo piano, mentre le altre si sono limitate a esprimere pareri ma senza approfondire più di tanto la discussione.
In base a quanto è possibile ricostruire dai resoconti, alla camera oltre alle già citate commissioni bilancio e politiche Ue, del tema si sono occupate per quanto di loro competenza le commissioni cultura, lavoro e affari sociali. Al senato invece sostanzialmente tutte le commissioni hanno visto un loro coinvolgimento, anche se molto parziale. Salvo quelle per il bilancio e per le politiche Ue, negli altri casi si è trattato della formulazione di un “parere non ostativo”. Sostanzialmente quindi, salvo pochi casi, le altre commissioni non sono entrate nel merito.
Se l’obiettivo di questa nuova impostazione era quello di velocizzare i lavori, non sembra comunque essere stato raggiunto. Infatti, a distanza di oltre 4 mesi dalla presentazione del documento governativo, la discussione è ancora in corso.
Un altro elemento che vale la pena sottolineare riguarda il fatto che, nonostante gli ampi poteri attribuiti dalle norme, le richieste di informazioni ulteriori rispetto a quanto contenuto nella relazione e alle informative del ministro Fitto sono state molto generiche. Gli esponenti dell’opposizione da questo punto di vista hanno lamentato una certa ritrosia del governo nel condividere informazioni dettagliate. Cosa che gli renderebbe più difficile approfondire i vari temi. Peraltro si tratta di un elemento che, su specifici aspetti, è stato rilevato anche da esponenti della maggioranza.
Maria Cecilia GUERRA (PD-IDP), […] sottolinea un innegabile difetto di comunicazione da parte del Ministro Fitto. Rileva infatti che quest’ultimo, nella citata audizione dello scorso 19 luglio, ha evidentemente ritenuto di non dover fare alcun accenno all’importante accordo che pure era in via di conclusione tra il Governo italiano e la Commissione europea [l’approvazione della modifica delle 10 scadenze relative alla quarta rata, ndr] e di cui naturalmente non poteva che essere già allora ampiamente a conoscenza, mortificando in tal modo il ruolo istituzionalmente assegnato alle Commissioni.
Come denunciamo da tempo, le carenze dell’attuale esecutivo – come anche del precedente – in termini di trasparenza sono innegabili. Al contempo però occorre rilevare una scarsa capacità di entrare nel merito delle questioni anche da parte delle opposizioni. Anche in commissione infatti le dichiarazioni appaiono più improntate alla polemica politica che a un effettivo controllo sullo stato di attuazione del piano.