Archivi giornalieri: 31 ottobre 2014

Stato-mafia, interrogatorio Napolitano

Stato-mafia, interrogatorio Napolitano: l’allarme degli 007 sulla trattativa

Stato-mafia, interrogatorio Napolitano: l’allarme degli 007 sulla trattativa

Mafie
Il 28 ottobre il presidente della Repubblica sarà sentito dai pm di Palermo. Sul tavolo dell’interrogatorio tutti gli eventi del 1993

di Giuseppe Pipitone | 26 ottobre 2014

 COMMENTI

Prima degli attentati alle chiese romane di San Giorgio al Velabro e San Giovanni in Laterano, prima della nota della Direzione investigativa antimafia e di quella dello Servizio centrale operativo della polizia, prima che il ministro della GiustiziaGiovanni Conso lasciasse scadere oltre trecento provvedimenti di 41 bis, c’era chi aveva capito in diretta l’intenzione targata Cosa Nostra di portare lo Stato ad intavolare una trattativa. “I mafiosi ormai certi di dover trascorrere il resto della loro vita scontando durissime pene, avrebbero raggiunto la convinzione che solo dal caos istituzionale sia possibile ricavare nuove forme di trattativa mirante ad ottenere forti sconti di pena nell’ambito di una più vasta e generale pacificazione sociale”, scrive l’allora capo del Sisde Domenico Salazar il 20 luglio del 1993, tracciando di fatto per la prima volta in una nota ufficiale la parola Trattativa.

I mafiosi avrebbero raggiunto la convinzione che solo dal caos istituzionale sia possibile ricavare nuove forme di trattativa

Il documento è stato depositato agli atti dell’inchiesta dellaprocura di Palermo e sarà un elemento importante dell’interrogatorio di Giorgio Napolitano. Il 28 ottobre il procuratore aggiunto Vittorio Teresi e il sostituto Nino Di Matteo (presenti, ma senza fare domande, anche i pm Roberto Tartaglia, Francesco Del Bene e il capo ad interim della procura Leonardo Agueci) interrogheranno il capo dello Stato in una sala del Quirinale, prendendo spunto dalla lettera inviata al Presidente da Loris D’Ambrosio il 18 giugno del 2012. In quella missiva l’ex consigliere giuridico del Colle confessava a Napolitano il timore per essere stato “utile scriba” di “indicibili accordi” nel periodo tra il 1989 e il 1993. Ed è proprio l’estate del 1993 il passaggio fondamentale di quella trattativa a colpi di stragi che porterà poi pezzi delle istituzioni a siglare un nuovo patto con Cosa Nostra. Una “generale pacificazione sociale”, la definisce Salazar, consapevole che al Sismi sono già arrivate notizie su possibili attentati contro Giorgio Napolitano e Giovanni Spadolini, allora presidenti della Camera e del Senato. Notizie che saranno contenute in due note dei servizi militari, redatte il 29 luglio e il 4 agosto, ma che già da qualche giorno erano conosciute in ambienti dei servizi visto che Salazar ne fa cenno in quel documento del 20 luglio. “In questo ambito potrebbe essere inquadrata la notizia fornita dal Sismi su possibili attentati agli onorevoli Spadolini e Napolitano” scrive il prefetto già nove giorni prima della nota riservata che alza il livello d’allarme per i presidenti di Montecitorio e Palazzo Madama, ma soprattutto con una settimana d’anticipo rispetto agli ordigni esplosi la notte del 28 luglio nelle chiese di San Giorgio al Velabro e San Giovanni in Laterano.

Quegli attentati alle chiese romane non fanno vittime, ma per gli 007 sono segnali diretti contro Napolitano e Spadolini, che portano gli stessi nomi di battesimo dei santi ai quali sono intitolate le basiliche. Proprio partendo da quell’allarme attentato lanciato contro l’incolumità dell’attuale capo dello Stato, il legale di Totò Riina potrà a sua volta interrogare Napolitano: l’avvocato Cianferoni ha infatti ricevuto il nulla osta dalla corte d’Assise presieduta da Alfredo Montalto per poter rivolgere domande al capo dello Stato. Era a conoscenza Napolitano del rischio attentato già ampiamente noto negli ambienti dei servizi, e collegato da Salazar a una possibile trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa Nostra?

Secondo quanto scrive il Corriere della Sera, il presidente della Repubblica risponderà a tutte le domande, senza sottrarsi nemmeno a quelle del legale di Totò Riina. Napolitano, ascoltato senza pubblico, senza giornalisti e alla sola presenza dei pm e degli avvocati delle parti, aveva già scritto alla corte dicendo di non avere “nulla di utile” da riferire in merito al capitolato di prova ammesso, e cioè la lettera di D’Ambrosio. L’oggetto della deposizione del Presidente, però, dopo il deposito delle note di Sismi e Sisde, si allarga notevolmente abbracciando tutti gli eventi che vanno in scena nel 1993.

L’oggetto della deposizione del Presidente si allarga a tutti gli eventi che vanno in scena nel 1993

Un’anno rovente quello successivo alle stragi di Capaci e Via d’Amelio, puntellato dalle bombe e segnato da un’attività d’intelligence che cerca di decriptare in diretta il senso di quell’attacco violento allo Stato, una linea della palma al tritolo che dalla Sicilia ha iniziato a colpire con precisione anche nel resto d’Italia. In primavera, infatti, Cosa Nostra colpisce per la prima volta lontano dall’isola dove ha la sua base, con le stragi di via Palestro, a Milano, e via dei Georgofili, a Firenze; poi prova ad assassinare il presentatore Maurizio Costanzo, quindi ai vertici del Dap avviene il passaggio di consegne tra Niccolò Amato e Adalberto Capriotti. Un momento fondamentale, nella ricostruzione della procura, che porta direttamente al mancato rinnovo di oltre trecento provvedimenti di 41 bis per detenuti mafiosi nel novembre del 1993.

Tagli ai Patronati

Tagli ai Patronati: comunicato del Cepa (Inas, Inca, Ital e Acli)

I tagli alle risorse dei Patronati, messi nero su bianco nella legge di Stabilità,   sono un attacco diretto contro i cittadini. Se venissero confermati, questi istituti, che difendono e promuovono i diritti previdenziali e socio-assistenziali, non potrebbero più garantire i servizi finora offerti. Inoltre il numero di coloro che rischiano di perdere il lavoro si attesta attorno al 70% degli organici complessivi dei vari patronati, ovvero migliaia e migliaia di persone.

Una scelta scellerata che metterà in ginocchio la rete di solidarietà dei Patronati che rimangono l’unico  welfare  gratuito  a  favore  dei  disoccupati,  dei  pensionati,  dei  lavoratori,  dei  cittadini stranieri e degli italiani all’estero. Tutti loro si troveranno a pagare per un servizio oggi gratuito, con il rischio di dover rinunciare alle tutele previdenziali e assistenziali cui hanno diritto. L’uguaglianza di accesso ai diritti sarà cancellata.

Il taglio di 150 milioni di euro al fondo patronati e la riduzione del 35% dell’aliquota previdenziale destinata ad alimentarlo non costituiscono un risparmio per nessuno. Lo 0,226% dei contributi sociali  versati da  circa  21  milioni  di  lavoratori oggi  assicura a  oltre  50  milioni  di  persone  la possibilità di usufruire dei servizi gratuiti dei patronati.

Per svolgere lo stesso lavoro, la Pubblica Amministrazione dovrebbe aprire e gestire circa 6.000 nuovi uffici permanenti e aumentare gli organici di oltre 5.000 persone. Il costo complessivo per la Pubblica Amministrazione (INPS, INAIL e Ministero dell’ Interno) sarebbe di 657 milioni di euro.

Per contrastare questa misura che minerebbe seriamente la tenuta del sistema di welfare del nostro Paese, i patronati d’Italia – Acli, Inas, Inca e Ital – avvieranno una mobilitazione sia a livello nazionale che locale, per sensibilizzare l’opinione pubblica e far comprendere al Governo e al Parlamento l’importanza di modificare immediatamente la proposta contenuta nella legge di stabilità.
 
A partire dal 29 ottobre partirà la petizione “No ai tagli ai patronati” per raccogliere le firme dei cittadini  e  delle  cittadine  in  tutte  le  sedi  dei  Patronati,  per  chiedere  al  governo  modifiche sostanziali della norma.

Nel mese di novembre, Acli, Inas, Inca e Ital promuoveranno la giornata nazionale della tutela, con manifestazioni territoriali per sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi conseguenti alla consistente riduzione delle risorse destinate alla tutela dei lavoratori, delle lavoratrici, dei pensionati, dei disoccupati, dei cittadini stranieri, degli italiani all’estero e delle famiglie.

Inoltre, saranno organizzati presidi territoriali davanti alle sedi dell’Inps, dell’Inail e delle Prefetture che accompagneranno la discussione parlamentare sulla legge di Stabilità.

31/10/2014 11.37

Tagli ai Patronati

Tagli ai Patronati: Bersani, a rischio la previdenza sociale gratuita

Chissà se negli incontri di questi giorni tra Napolitano e Renzi, in cui si è parlato sicuramente molto della legge di stabilità, è stato toccato anche il tema del taglio dei fondi ai Patronati sindacali. Qualche osservatore malizioso potrebbe dire che quello della previdenza sociale è un tema troppo di sinistra per scaldare il cuore del capo di governo, ma qui si tratta di un provvedimento che corre il rischio di essere svantaggioso anche dal punto di vista economico: si calcola infatti che, a fronte del risparmio immediato per le casse dello stato, sarà necessario stanziare almeno il doppio dei fondi per riuscire a svolgere il lavoro non più a carico dei Patronati.

I fatti sono questi: la legge di stabilità prevede un ripensamento della fetta di tasse che viene indirizzata dallo stato italiano ai patronati, si passa cioè dallo 0,226% sul totale dei contributi versati dai lavoratori dipendenti (pari a 430 milioni di euro) allo 0,148%, con una perdita di 150 milioni di euro l’anno. Soldi che continuano ad essere richiesti ai lavoratori, ma che non serviranno più a finanziare i centri di assistenza. La denuncia dei tre organi di coordinamento dei Patronati italiani Cepa, Cipas e Copas, che si è tradotta in un appello al presidente Napolitano, prospetta un taglio inevitabile dei servizi erogati, e il licenziamento di almeno 5 mila lavoratori.

I numeri del lavoro svolto dai Patronati sono imponenti. Con una sede ogni 22 mila abitanti, il Patronato gestisce il 90% delle istanze telematiche che riguardano la previdenza pensionistica, di disoccupazione o quella per gli assegni famigliari. Valuta e assiste gli infortunati sul lavoro o chi ha una malattia professionale, garantendo l’eventuale assistenza legale. Tutela i diritti socio-assistenziali, come la maternità, l’invalidità civile o l’assegno sociale. Regolarizza infine la situazione degli immigrati, seguendo le pratiche per il permesso di soggiorno o per il ricongiungimento famigliare. Questi sono alcuni dei servizi, per lo più gratuiti, offerti ogni giorno a oltre 50 milioni di utenti in Italia e all’estero. Servizi che, dicono gli addetti ai lavori, negli ultimi anni hanno visto un costante aumento di richiesta.

Solo in Veneto, l’attività annua dei Patronati Cepa (il raggruppamento di Inca, Inas, Ital e Acli) è di oltre 670 mila pratiche, svolte in 167 uffici zonali da 357 dipendenti. Nel 2013, il solo patronato Inca di Vicenza, con i suoi 18 funzionari, ha gestito più di 34 mila pratiche previdenziali, di cui 10 mila a sostegno del reddito, mille e trecento per danni sul lavoro e 6 mila assistenziali.

Emerge però, dall’appello fatto a Napolitano, una preoccupazione più profonda, per così dire a lungo termine. Secondo i sindacati infatti, il taglio di fondi previsto coinciderà con un aumento di spesa da parte della Pubblica Amministrazione, costretta a sobbarcarsi il lavoro prima svolto direttamente dai Patronati. Il calcolo fatto parla di 229 milioni di costi in più l’anno, a fronte dei 150 risparmiati dalla manovra finanziaria.

Inoltre, c’è il rischio di un acuirsi del disagio sociale e della differenziazione di classe, tra chi riesce a far valere i propri diritti e chi no. Lo ha ricordato ieri sera anche Pierluigi Bersani, ospite di Lilli Gruber a Otto e Mezzo (a 5’04” del video pubblicato): se salta il servizio gratuito infatti, molti cittadini si sentiranno costretti a rivolgersi ad intermediari a pagamento. “E adesso quella povera gente la mandiamo dai commercialisti?” chiede l’ex segretario del Partito Democratico, lasciando in sospeso una risposta tutt’altro che imprevedibile.

Scenario cupo quello prospettato, dunque. E se il governo non fosse così sicuro di sé e delle proprie scelte, verrebbe quasi da dire che certe manovre sono il frutto di idee confuse, volte ad aggiustare il cosiddetto “zero-virgola” della spesa pubblica, a discapito del benessere e dei diritti dei cittadini.

di Riccardo Carli

da Online “vicenzareport”   
   
http://www.vicenzareport.it/2014/10/legge-stabilita-taglia-i-fondi-patronati-rischio-previdenza-sociale-gratuita/

Tagli ai Patronati

Tagli ai Patronati: comunicato Cepa Francia (Acli, Inca, Inas, Ital)

In piena attività la raccolta per chiedere al Governo italiano di ritirare le norme inserite nel decreto stabilità.

I patronati Cepa Francia si riuniranno il 12 novembre per fare il punto della situazione e organizzare per il giorno 14 una giornata di mobilitazione generale degli uffici di patronato in Francia con presidi organizzati presso tutte le sedi consolari e i rispettivi sportelli territoriali.

Nel corso della riunione valuteremo anche le ulteriori iniziative a partire dalla richiesta di incontro con i parlamentari eletti nel collegio Europa, dalla sollecitazione di inserire nell’ordine del giorno dell’Intercomites Francia, convocato per il 24 novembre, il problema dell’operatività dei Patronati, la richiesta di incontro all’Ambasciatore italiano e ai nostri Consoli generali.

Tagli ai Patronati

Tagli ai Patronati: all’ordine del giorno del Comitato provinciale Inps Brindisi

Nell’odg, del Comitato provinciale Inps di Brindisi riunitosi il 30 ottobre u.s. si legge:

VISTO l’art. 26 comma 10 della legge di stabilità in cui facendo riferimento all’esercizio finanziario 2015 prevede cospicui tagli al fondo patronati e tenuto conto che questa norma, trattenendo i fondi al bilancio dello Stato, si traduce in un vero e proprio prelievo fiscale a carico dei lavoratori che hanno e versano contributi per le finalità di cui all’art. 38 della Costituzione italiana, 

CONSIDERATO che una quota di quest’ultima non verrebbe più destinata alle specifiche finalità previdenziali ma a finanziare lo Stato nella sua generalità,

ACCERTATO che dal confronto tra l’entità dei tagli proposti e i livelli minimi di servizio richiesti dalla legge, emerge la completa irragionevolezza della norma ….

CONSIDERATO che la stessa mette in discussione il ruolo e le funzioni del patronato …

CONSIDERATO che la norma risulta viziata da pesanti limiti di costituzionalità e rischia di portare al licenziamento migliaia di operatori di patronato, oltre a precludere ai cittadini la possibilità di ottenere assistenza gratuita per far valere i propri diritti previdenziali e socio-assistenziali nell’erogazione di tutte le prestazioni pensionistiche e infortunistiche

CONSTATATO che il sistema patronati con la sua azione ha contribuito significativamente alla politica di razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse pubbliche dal momento che ha permesso allo Stato un risparmio annuo di oltre 657 milioni di euro ….

VALUTATO che questa norma avrà un forte impatto sui cittadini in termini di capacità di accesso alle prestazioni, nonché dell’Inps per la diminuita capacità di far fronte alle richieste dei cittadini che inevitabilmente si riverseranno sugli sportelli del medesimo ….

TENUTO CONTO che emergerà per gli assicurati la necessità d rivolgersi ad intermediari a pagamento con il rischio di gravare anche economicamente sulla parte più debole della popolazione già così provata dalla crisi economica

SI INVITA la direzione centrale e regionale dell’Istituto previdenziale ad intervenire presso il Governo per scongiurare tale sciagurata disposizione, stralciando dal provvedimento e quindi cancellando il comma 10 dell’art. 26 della legge di stabilità 2015.

Comitato opzione donna

Pensioni: Comitato opzione donna fa class action contro Inps

Il Comitato opzione donna ha promosso una Class action contro l’Inps per due sue circolari del 2012, che hanno modificato l’applicazione della legge Maroni del 2004, la quale permetteva in via sperimentale alle donne con 57 anni e 35 di contributi, di andare in pensione con il sistema retributivo fino al 2015. L’iniziativa è stata presentata a Montecitorio dalla presidente del Comitato  e dalla parlamentare del Pd della commissione Lavoro Marialuisa Gnecchi.

Le circolari dell’Inps contestate dal Comitato, sono state emanate dall’Inps nel marzo del 2012, introducendo dei requisiti che diversi da quelli dalla legge del 2004, che taglia fuori tutte le donne che maturano i requisiti nel 2015. Gnecchi ha spiegato che sono state approvate in Parlamento ben due risoluzioni, ma che l’Inps non ha ritirato le Circolari, né il ministero del Welfare è intervenuto. “Poletti ci ha detto che abbiamo ragione – ha detto la deputata del Pd – ma la Ragioneria generale dello Stato chiede una copertura per i primi quattro anni. Ma noi contestiamo tutto ciò perché la copertura la dava
la legge Maroni del 2004″.

Il presidente del Comitato ha spiegato, in base a una tabella dell’Inps, che l’applicazione della cosiddetta Opzione Donna costa 554 milioni di euro fino al 2019, ma che ne fa poi risparmiare 1.729 fino al 2041 (l’anno fino al quale, in base alle aspettative di vita, le beneficiarie percepirebbero l’assegno), perché le pensioni sono più basse essendo calcolate con metodo contributivo pur. “Oltre a questo risparmio – ha osservato – c’è anche un vantaggio sociale ed uno economico: noi donne portiamo nelle nostre famiglie un welfare naturale, e inoltre, andando in pensione, liberiamo dei posti di lavoro”.

Sono circa 6.000 le donne che potenziali beneficiarie di questa Opzione, molte delle quali per di più hanno ora perso il lavoro, e sono così prive di reddito. a fronte del silenzio dell’Inps, il Comitato ha promosso una azione collettiva che si muove su due piani. La prima è una in base all’autotutela amministrativa, che sollecita l’Inps (o il ministro Poletti) a annullare la circolare; la seconda è una class action pubblic, che diffida l’Inps a riformare le due circolare entro90 giorni.

ansa