Archivi giornalieri: 27 settembre 2014
IL SECOLOXIX
L?OSSERVATORE ROMANO
il fatto quotidiano
Rassegna.it
Newsletter del 27/09/2014
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Rifondanewsletter
“L’Europa non firmi il TTIP”. L’appello del premio Nobel Joseph StiglitzFonte Eunews – “L’accordo di libero scambio tra Ue e Stati uniti è iniquo. L’Europa non dovrebbe firmarlo”. Lo sostiene Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia, cha ha parlato del l Ttip nel corso di una lectio magistralis nella nuova aula dei gruppi parlamentari della Camera. Alla domanda di eunews sui motivi per i quali |
In ricordo di Alessandro Domenighinidi Paolo Ferrero – Stroncato da un male che non lascia scampo se n’è andato ieri, a soli 42 anni, Alessandro Domenighini, iscritto da sempre a Rifondazione, per due consigliature sindaco di Malegno (Valle Camonica). La sua è una figura davvero straordinaria (per una volta l’aggettivo non è abusato) di comunista, capace di saldare insieme |
La vendetta del lombardo Maroni contro le donne e il diritto di sceglieredi Giovanna Capelli, Segreteria Nazionale – Mentre tutte le regioni italiane dopo la sentenza della Corte Costituzionale si sono accordate per un ticket di 500 euro per la fecondazione eterologa ,in Lombardia questo procedimento sarà a totale costo delle donne che vi accedono;così si produrrà una evidente disparità fra Lombardia e le altre regioni,rompendo anche |
Appuntamenti e feste |
Sottoscrizione a sostegno del PRCL’Iban al quale è possibile bonificare il contributo è IT 16 C 07601 03200 000039326004 intestato a ‘Partito della Rifondazione Comunista Direzione nazionale’. Oppure con Carta di Credito su Pay Pal cliccando qui. È previsto uno sgravio fiscale del 37% per sottoscrizioni di importi compresi tra 30 e 20.000 euro annui (anche per versamenti effettuati in più soluzioni), del quale potrete usufruire con la dichiarazione dei redditi del 2015 indicando come causale del bonifico “erogazione liberale a partito politico”. |
UE
Giustizia sociale nell’UE: il divario aumenta, più colpiti i bambini e i giovani
L’Europa sta compiendo alcuni progressi in termini di stabilizzazione economica, ma il livello di giustizia sociale è diminuito negli ultimi anni nella maggior parte degli Stati membri dell’UE. Lo squilibrio sociale tra gli stati del nord, benestanti, e molti paesi dell’Europa meridionale e sud-orientale è notevolmente cresciuto nel corso della crisi. Mentre c’è ancora un alto livello di inclusione sociale in Svezia, Finlandia, Danimarca e Paesi Bassi, l’ingiustizia sociale in paesi come la Grecia, la Spagna, l’Italia o l’Ungheria non ha fatto che aumentare. In particolare, i paesi maggiormente colpiti dalla crisi sono anche quelli in cui non si è riusciti ad amministrare i massicci tagli in modo equilibrato.
Questi, in sintesi, i risultati del nuovo indicatore di giustizia sociale messo a punto dalla fondazione tedesca Bertelsmann Stiftung che ha calcolato, in modo comparativo per tutti i 28 Stati membri dell’UE, sei diverse dimensioni della giustizia sociale: la povertà, l’istruzione, l’occupazione, la salute, la giustizia generazionale nonché la coesione sociale e la non discriminazione.
Accanto al divario Nord-Sud, l’analisi critica in particolare il crescente squilibrio tra le generazioni. Secondo l’analisi, i giovani sono maggiormente colpiti dall’ingiustizia sociale rispetto ai più anziani. Il 28% dei bambini e dei giovani sono minacciati dalla povertà o dall’esclusione sociale in tutta l’Unione europea: un fenomeno in aumento rispetto al 2009, quando invece la povertà tra gli anziani è diminuita in molti paesi. Secondo Jörg Dräger, portavoce della fondazione Bertelsmann Stiftung, “Il divario sociale crescente tra gli stati e tra le generazioni può portare a tensioni e a una notevole perdita di fiducia. Qualora lo squilibrio sociale durare a lungo o aumentare ancora di più, il futuro del progetto europeo di integrazione sarà minacciata”.
I risultati migliori registrati nei paesi nordici e nei Paesi Bassi sono dovuti principalmente agli effetti positivi delle politiche di lotta alla povertà, del lavoro, della coesione sociale e della non discriminazione. Anche i paesi nordici hanno risentito gli effetti della crisi, tuttavia il grado di inclusione sociale in questi paesi è ancora elevato. Finlandia e Paesi Bassi sono stati di recente in grado di ridurre la povertà infantile in contrasto con la tendenza a livello di UE. In questi paesi, la sfida per il futuro è soprattutto l’integrazione degli immigrati nel mercato del lavoro e la lotta alla disoccupazione giovanile, ancora relativamente elevata in Svezia (23,5%) e Finlandia (19,9%).
Ma nella parte bassa della classifica i problemi sono di una qualità diversa. La Grecia deve soprattutto fare i conti con un altissimo tasso di disoccupazione giovanile (quasi il 60%), un forte aumento del rischio di povertà, soprattutto tra i bambini e gli adolescenti (dal 28% nel 2007 al 35% per cento nel 2012), un sistema sanitario duramente colpito da misure di austerità, una crescente discriminazione nei confronti delle minoranze incentivata da forze politiche radicali e un enorme debito che graverà sulle generazioni future. C’è un quadro simile in altri paesi dell’Europa meridionale. La disoccupazione giovanile è il principale problema di giustizia sociale in Spagna.
Tra i 28 paesi UE, l’Italia si colloca al ventitreesimo posto, insieme alla Lettonia. L’indicatore sintetico di giustizia sociale registrato per il nostro paese è infatti appena 4,7 su 10 (nel 2008 e nel 2011 l’indice di giustizia sociale per l’Italia era superiore a 5). In Italia, quasi tre persone su dieci vivono in condizioni di povertà relativa e il numero di coloro che vivono in condizioni di povertà assoluta è quasi raddoppiato negli ultimi anni, passando dal 6,8% del 2007 al 12,4% del 2013. Inoltre, col 32% di “Neet”, siamo gli ultimi in Europa nella graduatoria dei giovani fra i venti e i ventiquattro anni che non studiano né lavorano o cercano lavoro.
Secondo il rapporto, l’UE non dovrebbe essere percepita solo come custode della stabilità economica. Si dovrebbe sviluppare una strategia integrata che comprenda anche, per la prima volta, una coerente e onnicomprensiva politica di lotta contro l’ingiustizia sociale.
www.osservatorioinca.org
Lavoro
Lavoro: puntare sui migranti
Il calo demografico è un problema che non riguarda soltanto l’Italia, ma l’intera Europa e che, nel medio termine, porta a una significativa riduzione di manodopera disponibile e qualificata per ciascun settore: secondo le ultime stime, entro il 2020 la popolazione in età lavorativa (15-64 anni) diminuirebbe di 7,5 milioni (-2,2%) nell’Ue e aumenterebbe di altrettanto nell’insieme dei paesi dell’Ocse.
In uno scenario (irreale) senza migrazione, nel 2020 l’Ue avrebbe 11,7 milioni di abitanti in meno (- 3,5%). Per far fronte a questo rischio, secondo Commissione e Ocse, occorre promuovere la mobilità del lavoro all’interno dell’Ue, favorendo gli spostamenti di manodopera qualificata dai paesi in cui non vi è richiesta verso quelli che maggiormente hanno bisogno di competenze specifiche, migliorare l’integrazione dei migranti provenienti da paesi terzi, agevolando il riconoscimento dei titoli di studio stranieri e predisponendo una migliore formazione linguistica nel paese ospitante, e attrarre i lavoratori migranti altamente qualificati di cui ha bisogno il mercato del lavoro europeo, facilitando il sistema di ammissione legale che, spesso, è causa di pregiudizi da parte dei datori di lavoro, restii ad assumere il migrante.
In Italia, sono circa 2 milioni 500 mila gli stranieri che producono reddito, ma si tratta per lo più di occupazioni a bassa qualificazione, nell’ambito delle quali un lavoratore su tre non è italiano. Il fenomeno è evidente tra gli uomini (braccianti, muratori) ma anche tra le donne: circa la metà delle migranti è concentrata su poche professioni (assistente domiciliare e collaboratrice domestica). Poi non bisogna dimenticare i disoccupati: è impossibile fare una stima precisa, ma sono almeno 500 mila: vanno valorizzati, secondo il commissario per gli Affari interni Cecilia Malmström, attraverso programmi mirati e immessi in mercati non saturi, che richiedano le loro competenze, per rafforzare la coesione sociale migliorare la competitività dell’Europa.
In varie regioni dell’Italia, nell’ambito della programmazione delle politiche attive per target, sono previsti programmi specifici riservati ai lavoratori stranieri per favorirne l’inclusione, in gran parte a valere sui Programmi operativi Fse. Primi fra tutti, i corsi di formazione professionale, che nella metà dei casi non porta alla successiva assunzione del corsista, a differenza degli altri paesi europei. Nel nostro paese, infine, gli immigrati disoccupati non hanno trovato il nuovo lavoro tramite i centri per l’impiego, bensì per richiesta diretta del datore. (Fonte Euractiv)
il manifesto
GLI ATTI FIRMATI – Quirinale –
GLI ATTI FIRMATI
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