Regolarizzazione lavoratori stranieri. Commedia dell’assurdo?

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A metà del periodo di regolarizzazione dei rapporti di lavoro che interessano i datori di lavoro e dei lavoratori immigrati, sono ancora poche le domande pervenute al Ministero.

Olga ha 44 anni, dal 2003 è in Italia, viene dall’Albania, fa la badante in una casa dell’Umbria. Con questo lavoro assicura ai suoi figli lo studio e il loro mantenimento al proprio paese. Il datore di lavoro ha provato a includerla nelle sanatorie precendenti. Niente. Finalmente a Pasqua, nell’Aprile di quest’anno, riesce a prendersi qualche giorno per rivedere i propri figli. Dell’anziana signora che accudisce se ne occuperà la figlia che, per l’occasione, sfrutta qualche giorno di ferie. Esce dall’Italia e vi rientra. Gli timbrano il passaporto all’uscita. Si gioca così la possibilità di far emergere il proprio rapporto di lavoro e l’uscita dalla clandestinità.

Luda da Mosca. E’ entrata in Italia nel 2010 attraverso la frontiera UE. Sul suo passaporto non c’è che il timbro di Bezledy, frontiera con la Polonia. La sua destinazione era l’Italia e, grazie agli accordi Shengen, all’ingresso nel nostro paese non gli è stato apposto alcun timbro sul passaporto. Non ci sono più le frontiere in Europa, qualcuno dovrebbe esserne avvisato. L’abbiamo incontrata sull’autobus, ha addirittura fatto per mesi l’abbonamento dell’ATAC. Lavora come aiuto cuoca in un ristorante di Trastevere. E’ destinata a rimanere nel lavoro nero perché la legge non le consente di emergere. Il timbro, il timbro, le manca il timbro italiano.

Mohamed è saldatore, da un anno lavora in nero. La sua azienda lo vorrebbe regolarizzare, è giovane, è svelto, fa bene il suo lavoro. Ma se lo fa lo condanna alla espulsione e ne aggrava la posizione. Mohamed, infatti, non ha “le prove” della sua presenza in Italia prima del 1.1.2012 che la legge richiede. Fortunatamente non è mai stato male e non ha avuto ricoveri al pronto soccorso, una delle poche prove ritenute valide. Fortunatamente o … sfortunatamente?

Sono le persone stranieri che dal 15 settembre si presentano nei nostri uffici. Chiedono informazioni, verifiche e il più delle volte ne escono senza certezze o con la garanzia che questa regolarizzazione  non li coinvolgerà.

Sono circa 32.000 le domande che ad oggi sono state inviate al Ministero dell’Interno. Siamo a metà della campagna di emersione e ben lontani da quei numeri che venivano citati agli inizi di settembre. 150.000? 350.000? A metà campagna avrebbero dovuto essere almeno il doppio di quelle entrate. La maggior parte è proveniente da lavoratori domestici e badanti (oltre 28.000). Questo nonostante il Ministro Cancellieri riporti in commissione Shengen, il 25/9 scorso, che la maggior parte del lavoro nero si concentri su «Turismo, edilizia e agricoltura sono i settori in cui è maggiore la presenza degli irregolari.”

Le imprese, di fronte ai costi elevati, non fanno emergere il lavoro nero. Non regolarizzano i lavoratori che a loro volta sono condizionati a fornire prove al limite della reperibilità.

Nel nostro paese si sta creando una nuova ulteriore situazione di ingiustizia e di discriminazione. La cosa più grave è che tutto nasce da un provvedimento di legge cha aveva l’obiettivo opposto: quello di regolarizzare e di rendere visibili le situazioni che, nel lavoro nero, sono maggiormente sottoposte al ricatto e al sopruso.

Stiamo assistendo alla messa in atto di una commedia dell’assurdo dove le vittime sono i migranti attorno ai quali si assiste ad un balletto di buone intenzioni alternate a rigidità burocratiche che ne vanificano l’esito. Come nei migliori brani di Kafka è la burocrazia che si impossessa delle vite e dei destini delle persone, condizionandone l’esito indipendentemente dal merito e incurante delle storie virtuose. L’Amministrazione risulta  respingente, il potere inconsultabile, il diritto incomprensibile. 

Si considera il lavoratore irregolare persona colpevole di un reato e da sottoporre ai vincoli che ne limitano i diritti civili compresa la facoltà di emersione. Si applicano ad una norma che intende far fare un salto di qualità alla società civile dando a questi la facoltà di affrancarsi da uno stato di invisibilità, le limitazioni e le irragionevolezze propri di sistemi illiberali basati non sull’eguaglianza ma sulla arbitrarietà del diritto.

Si premia così chi ha violato una norma di legge, chi ha contravvenuto al codice della strada con la cui multa può comprovare la presenza in Italia, e si penalizza chi ha avuto comportamento corretto e rispettoso delle regole civili. Questi ultimi, vissuti nell’ombra della clandestinità nel timore dell’espulsione, costretti nella oscurità del proprio lavoro irregolare sono le principali vittime della beffa della emersione.

E’ il momento di richiamare alle loro responsabilità i rappresentanti del Governo che da almeno 20 giorni sembrano ignorare questa situazione.

Di chiamare alle proprie responsabilità i parlamentari che hanno discusso e approvato in commissione un testo all’unanimità e hanno condizionato il Governo ad istituire la fase transitoria della regolarizzazione. Anche loro sono stati presi in giro nel vedersi vanificare gli effetti delle loro raccomandazioni.

Chiamare alla responsabilità quei pochi funzionari che antepongono il codice e il cavillo alle situazioni reali che meritano di essere riconosciute e sanate. Invece di promuovere soluzioni preferiscono ostacolare l’accesso a chi ha maggiori difficoltà a difendersi. Questi lavoratori permangono così nella situazione di ricatto da parte del datore di lavoro e dalla miopia dello Stato che anziché valorizzare i propri lavoratori ne mortifica le aspettative di vita e le opportunità di crescita civile.

La legge, già piena di limitazioni, deve essere applicata e interpretata in modo estensivo con l’obiettivo di favorire l’emersione dei rapporti di lavoro irregolare da parte dei datori di lavoro.

Rimangono più di quindici giorni. C’è il tempo per far si che questa occasione non vada sprecata.

Una occasione per una battaglia di legalità i cui benefici non riguardano solo chi emerge ma riguardano e coinvolgono  tutta la comunità. Una occasione per riportare alla luce e alle regole del vivere civile il lavoro che già esiste.

Claudio Piccinini
Coordinatore degli uffici immigrazione dell’Inca

Regolarizzazione lavoratori stranieri. Commedia dell’assurdo?ultima modifica: 2012-09-27T16:42:57+02:00da vitegabry
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