sabato 29 gennaio 2011 | ||
di Roberta Fantozzi
E’ stata una bellissima giornata di lotta. Le fabbriche si sono svuotate, altissime ovunque le percentuali di sciopero. Le piazze si sono riempite, a fatica contenendo la straordinaria partecipazione. Da Torino a Pomigliano, dalla piazza stracolma di Milano a Cassino, da Nord a Sud, la lotta per i diritti del lavoro ha unificato ieri il paese. Ma la giornata di ieri dice di più. I cortei e le piazze hanno raccontato il protagonismo delle lavoratrici e dei lavoratori metalmeccanici e della Fiom, ma anche il legame consolidato con gli studenti e con i movimenti, dai comitati per l’acqua pubblica a quelli contro il nucleare, dei centri sociali, di “uniti contro la crisi”, delle lavoratrici e dei lavoratori scesi in piazza con i sindacati di base. Sono state manifestazioni determinate e consapevoli, attraversate dalla parola d’ordine dello sciopero generale, che fosse scandita dalla piazza o salutata con gli applausi più caldi quando veniva pronunciata dal palco. La giornata di ieri dice che c’è una parte crescente della società italiana che non ci sta. Che è consapevole del fatto che alla crisi si sta rispondendo, non rimettendo in discussione il modello sociale che l’ha prodotta, ma accentuandone l’aggressività e che su questa via non c’è altro che il peggioramento delle condizioni di lavoro, l’aumento della precarietà, la crescita delle disuguaglianze, la distruzione dei diritti e della democrazia. C’è una parte della società che domanda un’alternativa. Chiede alla Cgil lo sciopero generale per unificare e dare continuità alle lotte. Chiede alla politica di ricostruire un riferimento e domanda dunque alle forze della sinistra che a Mirafiori hanno detto no, la messa in campo di percorsi unitari, l’efficacia di un’altra agenda. Non è soltanto necessario, è anche possibile. Se non ora, quando?
su Liberazione (29/01/2011) |