Archivi giornalieri: 2 maggio 2024

Enhancing opportunities by design: Exploring people’s views of what should be done to fight inequality

.Enhancing opportunities by design: Exploring people’s views of what should be done to fight inequality

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Segnalazione da Direzione Contrattazione 1

Lo studio pubblicato dall’OCSE ed intitolato “Enhancing opportunities by design: Exploring people’s views of what should be done to fight inequality“ presenta approfondimenti politici e statistici sulla misurazione del benessere, dell’inclusività, della sostenibilità e delle pari opportunità. Questo Policy Insights esplora le politiche e le misure più comunemente utilizzate al fine di ridurre la disuguaglianza e migliorare le pari opportunità per tutti. L’analisi rivela che, nonostante la preoccupazione condivisa sulle disuguaglianze e sulle opportunità limitate, le opinioni sulle possibili soluzioni divergono. Nei paesi OCSE esaminati vi è un forte sostegno sia alle politiche volte a promuovere le pari opportunità, come migliorare la parità di accesso all’istruzione (46%), sia alle azioni che limitano direttamente le disparità di mercato, come l’introduzione o il rafforzamento del salario minimo (52%). Al contrario, le misure redistributive, come l’aumento delle tasse sui redditi più alti o l’espansione dei benefici per le famiglie a basso reddito, ricevono un livello di sostegno più moderato, senza mai superare il 40%. La grande maggioranza degli intervistati ritiene, inoltre, che il settore privato possa svolgere un ruolo significativo offrendo salari equi, affrontando le disuguaglianze salariali, creando posti di lavoro nel paese e investendo nella forza lavoro. Infine, se da un lato gli intervistati esprimono un maggiore sostegno alle misure volte a migliorare le dotazioni che le persone apportano al mercato del lavoro, come l’istruzione e le competenze, dall’altro sottolineano l’importanza di misure incentrate sul funzionamento di un corretto mercato del lavoro, attraverso il rafforzamento del ruolo della contrattazione collettiva. Essa può, infatti, ridurre in modo efficace la disparità salariale a livello aziendale, settoriale o industriale e può contribuire a ridurre il divario salariale di genere.

Retribuzioni contrattuali – I trimestre 2024

Retribuzioni contrattuali – I trimestre 2024

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Segnalazione da UO Studi e analisi compatibilità

Alla fine di marzo 2024, i 39 contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica riguardano il 65,1% dei dipendenti – circa 8,5 milioni – e corrispondono al 64,5% del monte retributivo complessivo. Nel corso del primo trimestre 2024 sono stati recepiti 4 contratti: studi professionali, alimentari, commercio e servizi socio assistenziali-cooperative sociali. I contratti che a fine marzo 2024 sono in attesa di rinnovo sono 36 e coinvolgono circa 4,6 milioni di dipendenti, il 34,9% del totale. La retribuzione oraria media nel periodo gennaio-marzo 2024 è cresciuta del 2,8% rispetto allo stesso periodo del 2023. L’indice delle retribuzioni contrattuali orarie a marzo 2024 segna un aumento dello 0,3% rispetto al mese precedente e del 3,0% rispetto a marzo 2023; l’aumento tendenziale è stato del 4,7% per i dipendenti dell’industria, del 2,6% per quelli dei servizi privati e dell’1,6% per i lavoratori della pubblica amministrazione. I settori che presentano gli aumenti tendenziali più elevati sono: legno, carta e stampa (+8,5%), credito e assicurazioni (+7,1%) e settore metalmeccanico (+6,1%). L’incremento è invece nullo per farmacie private, pubblici esercizi e alberghi, telecomunicazioni, ministeri, forze dell’ordine, forze armate e attività dei vigili del fuoco. Contestualmente viene diffusa anche la Nota Informativa sugli indici delle retribuzioni contrattuali nella nuova base dicembre 2021 (la base precedentemente utilizzata era dicembre 2015).

Rapporto annuale 2023

Rapporto annuale 2023

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Segnalazione da UO Studi e analisi compatibilità

Il Rapporto evidenzia come, nel 2023 la BCE ha consolidato i progressi compiuti nella lotta all’inflazione nell’area dell’euro. L’anno era iniziato con l’inflazione complessiva ancora prossima ai massimi storici. Gli effetti negativi dei precedenti shock dal lato della domanda e dell’offerta, seppur in attenuazione, continuavano a spingere verso l’alto i prezzi. Due importanti sviluppi hanno però aperto la strada a un netto calo dell’inflazione nel corso dell’anno. In primo luogo, hanno cominciato a venir meno gli effetti degli shock passati. I prezzi dell’energia, dopo l’impennata registrata a seguito della guerra ingiustificata mossa dalla Russia all’Ucraina, hanno segnato una brusca riduzione e le strozzature dal lato dell’offerta si sono ulteriormente attenuate a livello mondiale. In secondo luogo, la BCE ha continuato a inasprire la politica monetaria e ha contribuito pertanto a ridurre ulteriormente l’inflazione frenando la domanda. Complessivamente, da gennaio a settembre, abbiamo innalzato i tassi di interesse di ulteriori 200 punti base. Al fine di calibrare accuratamente in che misura fosse necessario alzare i tassi, abbiamo introdotto tre criteri: prospettive di inflazione, dinamica dell’inflazione di fondo e intensità della trasmissione della politica monetaria. Parallelamente, abbiamo proseguito nella normalizzazione del bilancio dell’Eurosistema affinché restasse coerente con l’intonazione complessiva della nostra politica monetaria. La riduzione di oltre 1.000 miliardi di euro registrata in bilancio nel 2023 è stata determinata in gran parte dalle scadenze e dai rimborsi anticipati nell’ambito delle nostre operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine. Contemporaneamente al consolidamento dei progressi compiuti nella lotta all’inflazione, abbiamo portato avanti le attività volte a tenere conto dei rischi climatici nello svolgimento dei nostri compiti. A marzo abbiamo avviato la diffusione periodica di informazioni finanziarie riferite ai rischi climatici degli investimenti effettuati dall’Eurosistema nel settore societario. Nel 2023 sono stati compiuti notevoli progressi in un altro settore cruciale per le nostre attività: i pagamenti. A marzo è stato avviato T2, il nostro nuovo sistema di pagamento all’ingrosso. Esso contribuisce all’armonizzazione e all’efficienza dei mercati finanziari europei introducendo un nuovo sistema di regolamento lordo in tempo reale che, sostituendosi a Target2, operativo dal 2007, razionalizza la gestione della liquidità in moneta di banca centrale.

Relazione al Parlamento sulla gestione dei servizi sanitari regionali – esercizi 2022/2023 Deliberazione n. 4/SEZAUT/2024/FRG

Relazione al Parlamento sulla gestione dei servizi sanitari regionali – esercizi 2022/2023 Deliberazione n. 4/SEZAUT/2024/FRG

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Segnalazione da UO Studi e analisi compatibilità

La Corte dei conti ha pubblicato la Relazione al Parlamento sul rapporto effetti pandemia ed erogazione dei servizi sanitari, fino a fornire alcune osservazioni sulle risorse stanziate per il Servizio Sanitario Nazionale. Dopo l’impennata causata dall’emergenza sanitaria del 2020, che ha determinato un’elevata crescita della spesa (6,1%) rispetto ai valori ante emergenza (poco più dell’1%), la crescita si ridimensiona e la spesa si riduce in rapporto al Pil. Nel triennio 2022- 2024 è stimata una riduzione dal 6,7 al 6,4%, attestandosi quindi sul valore del 2019. Nel confronto internazionale, la spesa sanitaria pubblica italiana (circa 131 miliardi nel 2022) è cresciuta nel periodo 2016-2022 meno della variazione del Pil in volume. L’inverso è avvenuto invece in Francia, Germania e Regno Unito. La Corte rileva che permangono diffuse disuguaglianze territoriali che “penalizzano prevalentemente le regioni del Mezzogiorno, come evidenziano sia i risultati degli indicatori per il monitoraggio dei LEA relativi al 2021, sia le condizioni di salute misurate dagli indicatori di Benessere Equo e Solidale (BES 2023): la speranza di vita senza limitazioni nelle attività a 65 anni, pari a 10 anni a livello nazionale, scende a 8,3 nel Mezzogiorno e a 7,8 nelle Isole, mentre nel Nord sale a 11 anni. I divari nei servizi sanitari alimentano anche un’elevata mobilità sanitaria interregionale verso le Regioni che registrano le migliori performance nella valutazione dei LEA, di cui, nel biennio 2022/2023, ha beneficiato soprattutto l’Emilia-Romagna. L’indebitamento verso fornitori registra un aumento del 24% sul 2019, nonostante l’impatto positivo della fatturazione elettronica obbligatoria che, per i debiti più recenti, ha prodotto un miglioramento generalizzato nel rispetto dei tempi medi di pagamento. Contribuisce ad elevare il debito la quota risalente di debito non scaduto, per il quale sono stati previsti termini di dilazione più ampi e permangono criticità per i tempi di pagamento degli Enti della Calabria. Destano attenzione anche i risultati emersi per gli Enti del Molise e della Sardegna, anche se in miglioramento sugli anni precedenti”. Sul versante risorse umane, la dotazione di personale 2022 degli enti sanitari (697.000 unità) ha superato, dopo un decennio di costante riduzione, le 690.000 unità riferite al 2008. La spesa per i redditi del personale riferita allo stesso 2008 è stata superata, in termini nominali, solo a partire dal 2021. Permangono cruciali carenze nella dotazione organica in alcune aree sensibili del SSN, come i servizi di emergenza e urgenza delle aziende ospedaliere; ciò ha provocato il ricorso a prestazioni di personale basate su contratti di lavoro autonomo o sull’esternalizzazione di servizi. La spesa in investimenti fissi lordi per la sanità, in termini di competenza, ha avuto storicamente livelli modesti, con un picco di 5 miliardi nel 2008 (pari al 9,8% degli investimenti pubblici totali) fino a un minimo 2019 di 3,3. Con la pandemia del 2020 gli investimenti in sanità sono cresciuti di circa il 100% (più di 6,2 miliardi, pari al 14,6% di quelli totali pubblici), per stabilizzarsi nel 2021 e nel 2022 attorno alla soglia dei 5 miliardi (l’8,4% del totale nel 2022).Va tuttavia sottolineato – afferma sempre la Corte dei conti – un iniziale fenomeno di riequilibrio territoriale: rispetto al 2019, nel 2022 la crescita degli investimenti degli Enti del SSN nel Mezzogiorno, (+49,8%) è stata più dinamica di quella dell’intero comparto a livello nazionale (+35,9%) e l’incidenza della quota degli stessi sul totale nazionale è cresciuta di circa 3 punti, dal 26,6 al 29,3%.

Parere 2385 del 17/04/2024 Incentivi per funzioni tecniche – Enti locali – Progetti PNRR – MINISTERO INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

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Parere 2385 del 17/04/2024 Incentivi per funzioni tecniche – Enti locali – Progetti PNRR – MINISTERO INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

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Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

Al Ministero Infrastrutture e dei Trasporti è stato sottoposto il seguente quesito: “Articolo 8 comma 5 del D.L. 13/2023 convertito con Legge 41/2023. Richiesta. Com’è noto l’articolo 8 comma 5 del D.L. 13/2023 convertito con Legge 41/2023, consente, inter alios, agli enti locali di erogare, relativamente ai progetti PNRR, l’incentivo di cui all’articolo 113 del D.Lgs. 50/2016 anche al personale di qualifica dirigenziale coinvolto, in deroga al limite di cui all’articolo 23 comma 2 D.Lgs. 75/2017, previa integrazione dei rispettivi regolamenti e definizione dei criteri in sede di contrattazione decentrata integrativa. Poiché il nostro Ente intende avvalersi di tale facoltà, si chiede, in caso di progetti solo parzialmente finanziati da risorse derivanti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, se l’incentivo da riconoscere ai dirigenti debba essere riproporzionato in relazione all’effettiva incidenza del contributo PNRR sul quadro economico dei lavori ovvero se sia possibile fare riferimento all’importo complessivo della singola opera, includendovi anche la quota parte finanziata con risorse proprie dell’Amministrazione (es: avanzo di amministrazione, mutui passivi, ecc.)” Si riporta il parere del MIT in merito: “Con riferimento al quesito posto, si evidenzia che è consentito riconoscere al personale di qualifica dirigenziale coinvolto negli interventi finanziati con fondi PNRR l’incentivo di cui all’articolo 113 del D.Lgs. 50/2016, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 8 comma 5 del D.L. 13/2023 convertito con Legge 41/2023, in deroga al limite di cui all’articolo 23 comma 2 D.Lgs. 75/2017. La predetta disposizione, tuttavia, con riguardo al quantum da riconoscere, non fa riferimento all’effettiva incidenza del contributo PNRR, ma si riferisce al solo incentivo così complessivamente determinabile “in deroga al limite di cui all’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017 n.75”.

.Sezione regionale di controllo per la Lombardia Deliberazione 91/2024/PAR Welfare integrativo: soggetto al limite della spesa del personale anche per l’Unione ma escluso dai limiti del salario accessorio – Concessione di benefici di natura assistenziale e

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Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

Un’Unione di Comuni ha sottoposto alla Corte i seguenti quesiti: “nel caso di una Unione dei Comuni non obbligatoria i cui enti coinvolti abbiano trasferito tutto il personale all’Unione, [per] un Comune partecipante, la concessione di benefici di natura assistenziale e sociale in favore dei dipendenti ai sensi dell’art. 82 CCNL 16/11/2022: 1) costituisce spesa soggetta al tetto di spesa per il personale in base ai vincoli stabiliti dalle norme richiamate nei principi affermati nelle deliberazioni n. 8/2011/SEZAUT/QMIG e n. 20/2018/SEZAUT/QMIG, nonostante la portata derogatoria dell’art. 82 CCNL 16/11/2022? 2) costituisce spesa soggetta al limite del trattamento accessorio di cui all’art. 23 comma 2 del Dlgs. n. 75/2017, nonostante il diverso avviso della R.G.S.?” In relazione al primo quesito ad avviso del Collegio la risposta è di carattere affermativo, nel senso che la concessione di benefici di natura assistenziale e sociale in favore dei dipendenti (art. 82 CCNL vigente) costituisce un’uscita soggetta al tetto di spesa per il personale alla luce dell’art. 1, l. n. 296/2006, restando perciò fermi i principi sanciti dalla Sezione delle Autonomie della Corte dei conti nelle due deliberazioni n. 8/2011/SEZAUT/QMIG e n. 20/2018/SEZAUT/QMIG. Tale conclusione è peraltro corroborata dal vincolante insegnamento nomofilattico per il quale “nell’agglomerato soggetto a vincolo devono essere considerate tutte le spese di personale utilizzato dall’unione” (del. n. 20/2018/QMIG cit.). In merito al secondo quesito il Collegio non ha motivo di discostarsi dall’orientamento già affermato da questa stessa Sezione con le deliberazioni n. 174/2023/PAR e n. 39/2024/PAR. In particolare, mentre in base all’art. 72 del CCNL delle Funzioni Locali del 21/05/2018 gli oneri per la concessione al personale di benefici di natura assistenziale e sociale potevano trovare copertura unicamente nelle disponibilità già stanziate dagli enti sulla base delle vigenti e specifiche disposizioni normative in materia, l’art. 82, comma 2, del suddetto CCNL del 2022, stabilisce che detti oneri possono essere sostenuti anche “mediante utilizzo di quota parte del Fondo di cui all’art. 79, nel limite definito in sede di contrattazione integrativa”. Di conseguenza, come già esplicitato da questa Sezione nelle citate deliberazioni, qualora il Fondo risorse decentrate venga destinato al welfare integrativo, come innovativamente previsto dall’art. 82 cit., detto Fondo, in parte qua, non è assoggettato al limite fissato dall’art. 23, comma 2, d.lgs. n. 75/2017. Quest’ultimo, infatti, si riferisce al trattamento economico accessorio del personale ossia ad elementi a carattere retributivo, mentre i benefici di natura assistenziale e sociale del welfare integrativo hanno natura non retributiva (cfr. anche del. n. 61/2023/PAR della Sez. controllo Liguria).

Sezione IV Sentenza 2781 del 6/3/2024 Impiego Pubblico – Funzioni Locali – Procedura concorsuale

Sezione IV Sentenza 2781 del 6/3/2024 Impiego Pubblico – Funzioni Locali – Procedura concorsuale

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Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

Il Consiglio di Stato sostiene che l’esistenza di un potere discrezionale dell’amministrazione comunale che consente di revocare un bando di concorso pubblico è circostanza pacifica; ma la revoca deve essere motivata poiché è necessario operare un bilanciamento tra le esigenze finanziarie del Comune e l’interesse legittimo dell’appellato che ha titolo per partecipare non ad un mero concorso pubblico bensì ad una procedura concorsuale di stabilizzazione prevista dall’art. 4, comma 6, D.L. n. 101 del 2013. La motivazione circa le preminenti esigenze finanziarie che hanno fatto distogliere la disponibilità in bilancio per la copertura del posto messo a concorso non possono essere genericamente enunciate ma vanno descritte analiticamente altrimenti la motivazione è meramente apparente soprattutto tenuto conto del parere negativo della responsabile del servizio finanziario del Comune. Non vi è stata, in conclusione, nessuna valutazione ponderata sempre necessaria quando si pone in essere un atto di autotutela oltretutto a notevole distanza di tempo dall’emanazione dell’atto revocato e la motivazione sulle ragioni per esercitare lo ius poenitendi sono espresse con una formula di stile.

.Sezione II Sentenza 2354 del 12/3/2024 Impiego Pubblico – Mobbing e demansionamento – art. 2103 cod. civ.

.Sezione II Sentenza 2354 del 12/3/2024 Impiego Pubblico – Mobbing e demansionamento – art. 2103 cod. civ.

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Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

Il Consiglio sottolinea che mobbing e demansionamento sono due fattispecie distinte, il cui discrimen è rinvenibile nella mancata necessità di dimostrare, nel demansionamento, l’esistenza di un intento persecutorio da parte del datore di lavoro. Tale differenza concettuale può nella pratica non essere così chiara, in quanto il demansionamento costituisce uno dei possibili modi di atteggiarsi del disegno persecutorio che integra il mobbing: qualora ciò avvenga, la nozione di demansionamento applicabile è quella anteriore alla riforma del 2015 (D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81), vale a dire si sostanzia nel depauperamento qualitativo della prestazione lavorativa, ove essa sia mossa da intento vessatorio, ancorché giustificata e giustificabile sul piano organizzativo e comunque rispettosa formalmente del livello e del ruolo precedentemente rivestiti dal dipendente. Il danno alla salute fisiopsichica, ovvero il danno morale che consegue al demansionamento parte integrante del mobbing si identifica con quello derivante dal complessivo approccio prevaricatorio: in tale ottica, diviene inutile (oltre che estremamente difficoltoso) cercare di distinguere l’efficacia causale dell’uno rispetto agli altri comportamenti (Consiglio di Stato, Sez. II, sentenza 12 marzo 2024, n. 2354).

Estratta da Wolters Kluwer – One legale

.Sezione Lavoro Sentenza 7068/2024* Impiego Pubblico – Sanità – Valutazione prove – Assunzione personale ai sensi dell’art. 16 della L. 56 del 1987 presso il Centro per l’impiego

.Sezione Lavoro Sentenza 7068/2024* Impiego Pubblico – Sanità – Valutazione prove – Assunzione personale ai sensi dell’art. 16 della L. 56 del 1987 presso il Centro per l’impiego

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Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

La Corte sottolinea i seguenti principi: in tema di procedure di avviamento alla selezione degli iscritti alle liste di collocamento ed a quelle di mobilità ex art. 16 della L. n. 56 del 1987 e successive modificazioni, concernenti l’assunzione, da parte di una P.A., di lavoratori da inquadrare nei livelli retributivo funzionali per i quali non è richiesto titolo di studio superiore a quello della scuola dell’obbligo, sussiste un potere della stessa P.A. di intervenire su tale procedura solo ove questa si sia svolta in contrasto con la normativa vigente o con quanto stabilito nel decreto che vi ha dato inizio. In particolare, la Pubblica amministrazione non può annullare o revocare gli atti della prova di esame, dopo che questa sia stata completata, sul presupposto della mera eccessiva complessità della stessa, per come predisposta dalla competente commissione, perché solo tale commissione può stabilirne il livello di difficoltà e, comunque, gli interessati che l’abbiano superata e si trovino in posizione utile hanno ormai un diritto soggettivo al completamento della procedura e all’assunzione. In tema di avviamento a selezione ex art. 16 della L. n. 56 del 1987, il diritto soggettivo all’assunzione del lavoratore avviato, ancorché utilmente collocato in graduatoria, sorge all’esito del completamento del procedimento, ossia dopo la valutazione positiva della prova di idoneità, ma, per la successiva costituzione del rapporto, è necessario l’ intervento della volontà delle parti, con la stipulazione del contratto e la specificazione dei relativi elementi essenziali; peraltro, ove gli atti della procedura in questione siano stati, dopo il completamento di detta prova di esame, annullati o revocati indebitamente, l’interessato può comunque ottenere dal giudice, oltre al risarcimento dei danni subiti, l’emissione di pronuncia costitutiva del rapporto di lavoro con la P.A. ex art. 2932 c.c., qualora tali elementi essenziali, come la qualifica, le mansioni e il trattamento economico e normativo del menzionato lavoratore, siano indicati dalla legge o dalla contrattazione collettiva.

Sezione Lavoro Ordinanza 9877/2024* Impiego Pubblico – Sanità – Indennità sostitutiva di ferie non godute per il dirigente medico di struttura complessa – art. 5, comma 8, del DL 6 luglio 2012, n. 95 convertito con modificazioni nella L 7 agosto 2012, n.

Sezione Lavoro Ordinanza 9877/2024* Impiego Pubblico – Sanità – Indennità sostitutiva di ferie non godute per il dirigente medico di struttura complessa – art. 5, comma 8, del DL 6 luglio 2012, n. 95 convertito con modificazioni nella L 7 agosto 2012, n.

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Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

La Cassazione-Sezione lavoro ha ribadito che il potere di autodeterminazione delle ferie del dirigente di struttura complessa non è assoluto (come risulta dal comma 8 dell’art. 21 del CCNL 5 dicembre 1996), e non esonera comunque il datore di lavoro dall’obbligo di assicurarsi concretamente che il lavoratore sia posto in grado di fruire delle ferie, donde la non decisività del dedotto profilo in ordine all’esistenza, nella specie, di un potere di autodeterminazione delle ferie in capo al dirigente di struttura complessa, in quanto la perdita del diritto alle ferie, ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro, può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie – se necessario formalmente – e di averlo nel contempo avvisato, in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire – che, nel caso di mancata fruizione, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato.

Estratta da Wolters Kluwer – One legale

Sezione Lavoro Ordinanza 9126/2024* Impiego pubblico – Sanità – art. 65 del CCNL 5 dicembre 1996 – Lavoro straordinario-Dirigenza medica veterinaria

Sezione Lavoro Ordinanza 9126/2024* Impiego pubblico – Sanità – art. 65 del CCNL 5 dicembre 1996 – Lavoro straordinario-Dirigenza medica veterinaria

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Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

L’art. 65 del CCNL 5 dicembre 1996, area dirigenza medica e veterinaria, nel prevedere la corresponsione di una retribuzione di risultato compensativa anche dell’eventuale superamento dell’orario lavorativo per il raggiungimento dell’obiettivo assegnato, esclude in generale il diritto del dirigente, incaricato della direzione di struttura, ad essere compensato per lavoro straordinario, senza che, dunque, sia possibile la distinzione tra il superamento dell’orario di lavoro preordinato al raggiungimento dei risultati assegnati e quello imposto da esigenze del servizio ordinario, poiché la complessiva prestazione del dirigente deve essere svolta al fine di conseguire gli obiettivi propri ed immancabili dell’incarico affidatogli. Tale regola si applica anche al personale dirigente in posizione non apicale.

Estratta da Wolters Kluwer – One legale

Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale Sentenza 73/2024 Impiego pubblico – Dipendenti degli enti pubblici economici appartenenti al ruolo professionale legale – Indennità di anzianità – Esclusione dalla base di calcolo delle competenze

Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale Sentenza 73/2024 Impiego pubblico – Dipendenti degli enti pubblici economici appartenenti al ruolo professionale legale – Indennità di anzianità – Esclusione dalla base di calcolo delle competenze

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La Corte si pronuncia nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 13 della legge 20 marzo 1975, n. 70 (Disposizioni sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente), promosso dal Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 5 aprile 2023, iscritta al n. 86 del registro ordinanze 2023 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell’anno 2023. In particolare il Tribunale ordinario di Roma ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13 della legge 20 marzo 1975, n. 70, nella parte in cui, nell’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità assurta a diritto vivente, non consente che la quota delle competenze e degli onorari giudizialmente liquidati in favore degli enti pubblici non economici e attribuita, ai sensi dell’art. 26, quarto comma, della stessa legge, agli appartenenti al ruolo professionale legale da essi dipendenti, sia computata, neanche in parte, nel calcolo dell’indennità di anzianità a costoro spettante. L’indennità di anzianità, al pari dell’indennità di buonuscita per i dipendenti civili e militari dello Stato disciplinata dal d.P.R. n. 1032 del 1973, e l’indennità premio di servizio per i dipendenti degli enti locali di cui alla legge n. 152 del 1968, si inscrive, pertanto, nel novero dei trattamenti di fine servizio per i dipendenti pubblici – come il resistente nel giudizio principale – soggetti alla disciplina, di matrice pubblicistica, anteriore alla privatizzazione del pubblico impiego. Successivamente, all’interno della sezione lavoro della Corte di Cassazione si è delineato un orientamento di segno contrario. Il contrasto interpretativo è stato composto dalle Sezioni unite civili con la sentenza n. 7158 del 2010, la quale, ha enunciato il principio di diritto secondo il quale l’art. 13 della legge n. 70 del 1975 di riordinamento degli enti pubblici non economici e del rapporto di lavoro del relativo personale detta una disciplina del trattamento di quiescenza o di fine rapporto – rimasta in vigore, pur dopo la contrattualizzazione dei rapporti di pubblico impiego, per i dipendenti in servizio alla data del 31 dicembre 1995 che non abbiano optato per il trattamento di fine rapporto di cui all’art. 2120 cod. civ. – non derogabile, neanche in senso più favorevole ai dipendenti, costituita dalla previsione di un’indennità di anzianità pari a tanti dodicesimi dello stipendio annuo in godimento quanti sono gli anni di servizio prestato. Rimane rimessa all’autonomia regolamentare dei singoli enti solo l’eventuale disciplina della facoltà, per il dipendente, di riscattare, a totale suo carico, periodi diversi da quelli di effettivo servizio. Deve ritenersi esclusa la computabilità di voci retributive diverse dallo stipendio tabellare. La giurisprudenza successiva ha dato continuità a tali enunciazioni Tutto ciò premesso, nel merito, la questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento all’art. 3 Cost., sotto i diversi profili dedotti, non è fondata. Deve, anzitutto, escludersi che la nozione di stipendio assunta dalla disposizione in esame a parametro di calcolo dell’indennità di anzianità così come ricostruita dalla giurisprudenza di legittimità, continuando ad ancorare la determinazione dell’indennità di anzianità «ad un dato formale del 1975», senza che su di essa possa incidere la contrattazione collettiva, alla quale, tuttavia, nell’attuale contesto la stessa legge attribuisce «il dominio […] sugli assetti dei trattamenti economici», riveli una intrinseca irrazionalità. La regola espressa dall’art. 13 della legge n. 70 del 1975 non può essere derogata dalla fonte regolamentare, né dall’autonomia collettiva. Per quanto riguarda il trattamento di quiescenza, la disciplina dell’indennità di anzianità, come ricordato, è quasi integralmente compendiata nell’art. 13 della legge n. 70 del 1975, posto che alla fonte regolamentare è rimessa la definizione di soli aspetti marginali – e, in particolare, del riscatto degli anni di servizio ai fini del computo del trattamento –, mentre non viene riconosciuta alcuna competenza alla contrattazione collettiva. La predeterminazione legale delle modalità di calcolo del trattamento di quiescenza risponde ad esigenze di controllo e di prevedibilità della spesa pubblica. Ciò posto, la qualificazione giuridica cristallizzatasi nel diritto vivente oggetto di censura valorizza congruamente le specificità connotative del termine «stipendio» impiegato nell’art. 13 della legge n. 70 del 1975, il quale non può essere considerato come sinonimo di retribuzione, ma deve essere inteso nella sua specifica valenza assunta nel contesto della legge di riforma del parastato e, più in generale, nella disciplina del pubblico impiego. Tale sistema di calcolo, essendo ancorato, a vantaggio del lavoratore, allo stipendio dell’ultimo anno di servizio («all’atto della cessazione dal servizio»), non è compatibile con il conteggio di componenti retributive variabili, posto che tali emolumenti, nell’annualità assunta a parametro, non necessariamente potrebbero essere stati percepiti dall’interessato. Gli elementi che, alla stregua della disciplina positiva, accomunano i trattamenti di fine servizio sopra indicati all’indennità di anzianità vanno, dunque, individuati nella predeterminazione legale e nella tassatività delle componenti retributive utili al loro calcolo. A tale riguardo, la giurisprudenza amministrativa afferma costantemente che «per stabilire l’idoneità di un certo compenso a far parte della base contributiva dell’indennità di buonuscita non rileva il carattere sostanziale dello stesso (ossia se abbia o meno natura retributiva), ma esclusivamente il dato formale: vale a dire il regime impresso dalla legge a ciascun emolumento» Disciplina «esaustiva, non concorrente ed incompatibile con deroghe provenienti dalla privata autonomia, in quanto espressione di un regime pubblicistico, improntato alla cura di interessi generali, che si correlano all’onere sopportato dalla finanza pubblica». La Corte ha chiarito che la retribuzione contributiva alla quale si commisura tale trattamento è costituita dai soli emolumenti testualmente considerati dall’art. 11, quinto comma, della legge n. 152 del 1968, la cui elencazione ha carattere tassativo. L’art. 2, commi 5 e 7, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare) ha, infatti, previsto che, per i dipendenti assunti dal 1° gennaio 1996, i trattamenti di fine servizio, comunque denominati, sarebbero stati regolati in base a quanto previsto dall’art. 2120 cod. civ., in materia di trattamento di fine rapporto, mentre per i dipendenti già occupati alla data del 31 dicembre 1995 – termine poi prorogato al 31 dicembre 2000 dall’art. 1, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 marzo 2001 (Trattamento di fine rapporto e istituzione dei fondi dei pubblici dipendenti) – erano rimesse alla contrattazione collettiva nazionale le sole modalità per l’applicazione della disciplina, di fonte legislativa, del trattamento in materia di fine rapporto. La Corte ha, infatti, chiarito che «il fatto che alcuni dipendenti delle pubbliche amministrazioni godano del trattamento di fine servizio ed altri del trattamento di fine rapporto è conseguenza del transito del rapporto di lavoro da un regime di diritto pubblico ad un regime di diritto privato e della gradualità che, con specifico riguardo agli istituti in questione, il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, ha ritenuto di imprimervi» (sentenza n. 244 del 2014). Non deve, infatti, trascurarsi che, come osservato da questa Corte, gli avvocati dipendenti degli enti pubblici costituiscono un unicum e pertanto non possono essere paragonati ad altre categorie di dipendenti (sentenza n. 33 del 2009). In definitiva, il diverso status giuridico ed economico delle categorie di lavoratori poste a raffronto inficia il giudizio di comparazione richiesto dal rimettente (sentenza n. 200 del 2023). La disciplina dei trattamenti di fine servizio anteriore alla privatizzazione del pubblico impiego è caratterizzata dalla preminenza della fonte legale, la quale si coniuga con l’indole pubblicistica del rapporto di lavoro non contrattualizzato e risponde ad esigenze di razionalizzazione e di chiarezza, di prevedibilità e di controllabilità della spesa pubblica. Va, inoltre, ribadito che, in tale contesto normativo, spetta alla discrezionalità del legislatore individuare, nel rispetto del principio di eguaglianza e delle garanzie sancite dall’art. 36 Cost., la base retributiva delle singole indennità di fine servizio nonché i modi e la misura delle stesse (sentenze n. 278 del 1995, n. 243 del 1993, n. 151 del 1976 e n. 251 del 1974). Tanto premesso, l’interpretazione della Corte di cassazione, secondo la quale la “quota onorari”, riconosciuta dall’art. 26, quarto comma, della legge n. 70 del 1975 agli avvocati degli enti pubblici non economici, non rientra nella nozione di retribuzione fondamentale, non determina la violazione dell’art. 36 Cost. Secondo la giurisprudenza di legittimità, tali competenze costituiscono un’attribuzione di carattere accessorio e variabile che si aggiunge alla retribuzione contrattuale (Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenze 11 dicembre 2018, n. 31989; 5 luglio 2017, n. 16579). Indici rivelatori del carattere premiale degli onorari in disamina si rinvengono anche nella disciplina riguardante i legali degli enti locali, i quali condividono con gli avvocati dipendenti degli altri enti pubblici la matrice normativa. Il carattere di retribuzione ordinaria dell’emolumento in esame non può trarsi neppure dalla sua pur significativa entità rispetto alla retribuzione complessiva. La Corte ha, in particolare, osservato che le cosiddette propine spettanti agli avvocati e ai procuratori dello Stato sono di natura variabile «perché dipendenti dalla sorte del contenzioso» ed hanno carattere premiale (sentenza n. 128 del 2022) e non intaccano lo stipendio tabellare, che costituisce il nucleo del profilo retributivo della categoria interessata (sentenza n. 236 del 2017). Alla luce delle considerazioni che precedono, le questioni devono, pertanto, essere dichiarate non fondate.