Archivio mensile:agosto 2023

Sant’ Elena Imperatrice

 

Sant’Elena Imperatrice


Sant'Elena Imperatrice

autore: Cima da Conegliano anno: 1495 titolo: Sant’Elena luogo: National Gallery, New York
Nome: Sant’Elena Imperatrice
Titolo: Madre di Costantino
Nascita: 250, Roma
Morte: 329, Roma
Ricorrenza: 18 agosto
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
È impossibile parlare dei primi secoli del Cristianesimo senza ricordare con particolare affetto il nome di S. Elena, della quale si rinvengono notizie contrastanti presso gli storici. Nata in Roma da genitori pagani verso il 250, dimostrò subito eccellentissime doti di ingegno e di bontà d’animo. Divenuta grandicella, per la sua delicatezza e per la sua modestia, piacque al giovane ufficiale Costanzo Cloro, che la volle in sposa, e la condusse seco in Dardania, dove egli era nato e possedeva delle terre. Altri studiosi vogliono sia nata a Drepanum in Bitinia nel golfo di Nicomedia (attuale Turchia); città rinominata in seguito Helenopolis (“città di Elena”) in suo onore, dal futuro figlio Costantino, il che ha causato anche l’incerta e successiva interpretazione dell’ indicazione di Drepanum come luogo di nascita di Elena stessa.

Nella città di Naisso, nacque da Elena nell’anno 272 Costantino, il grande imperatore che avrebbe data la libertà al Cristianesimo. Quando Cloro venne dal Senato creato Cesare assieme a Galerio per ordine degli imperatori Diocleziano ‘e Massimiano, dovette legalmente ripudiare la sua sposa Elena nel 293 per volere di Diocleziano e sposare Teodora, la figliastra dell’imperatore Massimiano, allo scopo di cementare con un matrimonio dinastico l’elevazione di Costanzo a Cesare di Massimiano all’interno della Tetrarchia. Di fatto Elena fu lasciata libera di vivere tranquillamente col figlio Costantino nella quiete della loro villa nell’Illiria.

Quantunque ammirabili e singolari fossero le virtù di Elena durante il governo dell’imperatore suo marito, tuttavia non erano che virtù umane, non essendo ancor cristiana. La grazia però del battesimo non era più lontana. Infatti Costantino suo figlio, proclamato imperatore nel 306, dopo la morte di Costanzo, la chiamò subito presso di sé, conferendole il titolo prestigioso di Augusta, e facendole conoscere il vero Dio. È impossibile dire con quanto fervore Elena si mise a far opere di pietà, quantunque fosse in età di circa sessant’anni; cercò in ogni modo di ricuperare il tempo perduto, edificando coi suoi esempi la chiesa di Dio, che suo figlio cercava di dilatare colla sua autorità.

Avendo Elena largamente a sua disposizione i tesori dell’impero, se ne servì per fare abbondanti elemosine, e per arricchire di vasi e arredi sacri le chiese della cristianità. Dopo il Concilio di Nicea, l’imperatore Costantino si diede con grandissimo slancio a far costruire templi e basiliche al vero Dio, specialmente in Terra Santa. La piissima Elena si assunse l’incarico di curare le costruzioni di Palestina a nome del figlio, recandosi essa stessa sul luogo. Partì per Gerusalemme l’anno 326: e quel viaggio non fu che una continua effusione di elemosine ch’essa andava spargendo a larghe mani ovunque passava e a chiunque ricorreva a lei. Giunta a Gerusalemme, fece tosto gettare a terra il tempio di Venere che era stato edificato sul Calvario dai pagani, che avevano così voluto profanare il luogo della morte e della risurrezione di Gesù. Ivi essa scoprì e ritrovò il S. Sepolcro ed il legno della S. Croce. In processione, col Vescovo di Gerusalemme, la Croce su cui Gesù era morto fu portata nella cattedrale della città.

Dopo questo, Elena si trattenne ancor un po’ a Gerusalemme per vedere iniziata la sontuosa basilica fatta da lei erigere sul S. Sepolcro; indi, ordinate le costruzioni di altre chiese sul luogo della nascita e della Crocifissione di Gesù, si preparò per il ritorno. Prima di partire da Gerusalemme volle servire a tavola ella stessa le Vergini che erano ricoverate nel monastero da lei fatto costruire. Ritornata a Roma, il Signore la chiamò a godere il premio delle sue fatiche e delle sue elette virtù. Spirò tra le braccia del figlio Costantino l’anno 329.

Gli storici non sono sempre concordi nel riferire la vita di Elena e i particolari della sua conversione alla religione ortodossa. Alcuni ne additano la causa ai motivi politici che avrebbero indotto lo stesso Costantino a spingerla a ciò, per riconquistare il favore da lui perso presso i popoli orientali dell’Impero.

PRATICA. Facciamo elemosine per soccorrere poveri e promuovere il culto di Dio.

PREGHIERA. Concedi, o Signore, che ad imitazione della tua serva Elena disprezziamo i beni della terra, e ci dedichiamo tutti al tuo santo servizio e a procurare la tua gloria.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma sulla via Labicana, santa Elena, madre dell’imperatore Costantino, che si adoperò con singolare impegno nell’assistenza ai poveri; piamente entrava in chiesa mescolandosi alle folle e in un pellegrinaggio a Gerusalemme alla ricerca dei luoghi della Natività, della Passione e della Risurrezione di Cristo onorò il presepe e la croce del Signore costruendo venerande basiliche.

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Domande Frequenti

  • Quando si festeggia Sant’Elena Imperatrice?

  • Chi è il santo protettore degli archeologi?

  • Quando nacque Sant’Elena Imperatrice?

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Madre di CostantinoÈ impossibile parlare dei primi secoli del Cristianesimo senza ricordare con particolare affetto il nome di S. Elena, della quale si rinvengono notizie contrastanti presso gli storici. Nata in Roma da…

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San Giovanni Eudes
SacerdoteGiovanni nacque il 14 novembre 1601 da pia e modesta famiglia a Ri, un villaggio vicino ad Argentan nella Normandia. Fin da giovinetto diede prova di grande virtù e di profonda pietà, dimostrando una particolar…
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Beata Maria di Gesù

Beata Maria di Gesù
ReligiosaMaria Lopez de Rivas nacque a Tartanedo, nella provincia spagnola di Guadalajara, il 18 agosto 1560. Alla morte del padre era ancora molto giovane, perciò fu mandata a Molina di Aragona per essere allevata…
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I. Fu pur grande la vostra fede, o glorioso Sant’Alessandro, allorquando sebben elevato al rango di primo fra i capitani della legione Tebea, ed ammirato ed amato anche dagli stessi gentili, vi dichiaraste…
– San Bartolomeo
I. Per quello spirito singolarissimo d’orazione onde voi, o grande apostolo s. Bartolomeo, non lasciaste mai passar giorno senza prostrarvi più volte infine a terra in ossequio alla divina Maestà, malgrado…
– San Bernardo di Chiaravalle
I. Ammirabile S. Bernardo, che, dopo essere stato la delizia dei genitori con l’innocenza dei vostri costumi, diveniste modello dei religiosi con l’austerità della vostra penitenza, con il fervore della…
– San Ludovico (Luigi IX)
I. O degnissimo Figlio del Serafico Patriarca, san Lodovico, Voi tra lo pompe e le delizie d’una splendida corte, e tra i trambusti e le cure d’un vasto regno, mercè della divina grazia che imploraste…
– Santa Monica
I. Gloriosa santa Monica, che fino dall’età la più tenera, accogliendo con santa allegrezza le sante correzioni delle vostre istitutrici, vi emendaste con somma premura d’ogni più leggera imperfezione…
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I. Ammirabile santa Rosa, eletta da Dio ad illustrare con la santità la più eccelsa la nuova cristianità dell’America o specialmente la capitale dell’immenso Perù, voi che, appena letta la vita di s. Caterina…

 

 

Santa Beatrice de Silva

 

Santa Beatrice de Silva


Nome: Santa Beatrice de Silva
Titolo: Vergine
Nome di battesimo: Beatrice de Silva Meneses
Nascita: 1424, Cauta, Nord Africa
Morte: 1 settembre 1490, Toledo, Spagna
Ricorrenza: 17 agosto
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Beatificazione:
28 luglio 1926, Roma, papa Pio XI
Canonizzazione:
3 ottobre 1976, Roma, papa Paolo VI

Beatrice de Silva Meneses, fu una santa portoghese, nacque a Cauta (Nord Africa) nel 1424 in una famiglia nobile. Sorella del beato Amedeo de Silva, Beatrice era imparentata con la famiglia reale portoghese.

La sua bellezza e la sua virtù, attirò presto i nobili castigliani; ciò suscitò la gelosia della regina Isabella che la rinchiuse per tre giorni in una cassapanca, mettendo a rischio la sua vita. Liberata, fa voto di castità e parte a Toledo.

Si racconta che ad accompagnarla nel viaggio sono le apparizioni di san Francesco d’Assisi e di sant’Antonio di Padova; arrivata a Toledo entra nel convento cistercense di San Domenico, dove vive per circa trent’anni.

Grazie all’appoggio di Isabella la Cattolica, futura regina di Spagna, che dona a Beatrice il palazzo di Galiana in Toledo, con l’annessa chiesa di Santa Fè, la religiosa fonda l’ordine dell’Immacolata Concezione.

Muore a Toledo il 1° settembre 1490. È proclamata santa nel 1976 da Paolo VI.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Toledo nella Castiglia in Spagna, santa Beatrice da Silva Meneses, vergine, che fu dapprima nobildonna della corte regia al seguito della regina Isabella; successivamente, desiderosa di una vita di maggior perfezione, si ritirò per molti anni tra le monache dell’Ordine di San Domenico, fondando infine un nuovo Ordine che intitolò alla Concezione della Beata Maria Vergine.

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VergineBeatrice de Silva Meneses, fu una santa portoghese, nacque a Cauta (Nord Africa) nel 1424 in una famiglia nobile. Sorella del beato Amedeo de Silva, Beatrice era imparentata con la famiglia reale portoghese…

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San Giuseppe Marchand

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Sacerdote e martireGiuseppe Marchand nacque a Passavant in diocesi di Besangon nel 1803 e divenne membro della Società delle Missioni Estere di Parigi spinto dal desiderio di convertire gli infedeli. Fu inviato come missionario…

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– San Bernardo di Chiaravalle
I. Ammirabile S. Bernardo, che, dopo essere stato la delizia dei genitori con l’innocenza dei vostri costumi, diveniste modello dei religiosi con l’austerità della vostra penitenza, con il fervore della…
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I. Ammirabile santa Rosa, eletta da Dio ad illustrare con la santità la più eccelsa la nuova cristianità dell’America o specialmente la capitale dell’immenso Perù, voi che, appena letta la vita di s. Caterina…
 
 

 

San Rocco

 

San Rocco


San Rocco

autore: Tommaso Pombioli anno: 1610/1636 titolo: San Rocco luogo: Museo Civico di Crema e del Cremasco
Nome: San Rocco
Titolo: Pellegrino e Taumaturgo
Nascita: XIV secolo, Montpellier, Francia
Morte: XIV secolo, Voghera, Lombardia
Ricorrenza: 16 agosto
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Canonizzazione:
1414, Concilio di Costanza, papa Gregorio XI

Di questo Santo, che fu uno dei più illustri del secolo XIV e uno dei più cari a tutta la cristianità, si hanno poche notizie. Oriundo di Montpellier (Francia), della sua giovinezza si narrano cose meravigliose. Ventenne, rimasto privo del padre e della madre, distribuì parte dei suoi beni ai poveri e parte li donò ad uno zio paterno. Quindi, vestitosi da pellegrino, si avviò elemosinando alla volta di Roma, per visitare il centro del Cristianesimo, sede della verità e della civiltà, e per vedere il Pastore Supremo dei popoli e delle nazioni, il Papa.

Nell’attraversare le contrade della nostra bella Italia, seppe che la peste faceva strage in parecchie parti della penisola. Ed ecco S. Rocco nel genovesato, in Toscana, a Cesena, a Rimini e specialmente ad Acquapendente farsi consolatore dei poveri ammalati ed operare prodigi di cristiana carità. Fu salutato ovunque quale salvatore, ed in Roma il suo nome risuonò in benedizione. Ma egli schivava la lode e per evitarla, poco dopo aver soddisfatta la sua pietà, lasciò la Città Eterna e si portò a Piacenza, dove infieriva allora il morbo fatale. Qui il suo apostolato ebbe del meraviglioso, dell’eroico, del sovrumano, e Dio lo benedisse talmente, che gli bastava alle volte un segno di croce per rendere la sanità anche, a molti. Ma infine anch’egli fu attaccato dalla peste: per non essere di peso a nessuno si ritirò in un antro fuori della città, dove, consumato da febbre, soffrì dolori indicibili. La Divina Provvidenza però (come già un giorno al grande Anacoreta della Tebaide), quotidianamente gli inviava un pane per mezzo di un cane. Guarito per grazia di Dio e per l’aiuto datogli da un pio signore, che sulle orme del cane aveva rintracciato il povero sofferente, Rocco lasciò Piacenza e si ritirò in Francia. Quivi, creduto una spia, connivente lo stesso suo zio, a cui aveva lasciato parte dei suoi beni, fu messo in prigione. Passò quindi i suoi ultimi anni sconosciuto.

Alla sua morte, avvenuta come si ritiene il 16 agosto 1378, furono udite voci di fanciulli che gridavano: È morto il Santo! E le campane suonarono a festa da sole. S. Rocco era passato a ricevere il premio delle sue fatiche e delle sue opere buone.

Si seppe la storia della sua santa vita da uno scritto da lui lasciato all’edificazione dei posteri, ma più di tutto la sua santità ci fu resa nota dagli innumerevoli miracoli che la Provvidenza operò sulla sua tomba gloriosa. La devozione a S. Rocco è universale ed è invocato contro le malattie contagiose.

PRATICA. Visitiamo ed aiutiamo gli infermi, preghiamo per essi.

PREGHIERA. O Dio, che concedeste a S. Rocco la grazia di guarire col segno della croce quelli che erano infetti di peste, noi vi supplichiamo per i suoi meriti e per sua intercessione, di preservarci dal contagio e dalla morte subitanea ed improvvisa.

MARTIROLOGIO ROMANO. In Lombardia, san Rocco, che, originario di Montpellier in Francia, acquistò fama di santità con il suo pio peregrinare per l’Italia curando gli appestati.

ICONOGRAFIA

Nell’iconografia San Rocco spicca sicuramente per gli attributi inconfondibili che sottolineano la sua vita di apostolato tra i malati. Fra gli attributi più importanti vi è sicuramente il cane che fu per il Taumaturgo il segno tangibile della Divina Provvidenza che lo soccorse nelle condizioni di bisogno estremo. È simbolo della sua fedeltà alla chiamata divina.

San Rocco

titolo San Rocco
autore Raimondo Butera anno 1838

La conchiglia ricorda il pellegrinaggio a Santiago, ogni pellegrino che si recava in Galizia prelevava la conchiglia dalle spiagge, come segno dell’avvenuto pellegrinaggio. È simbolo della perseveranza: la vita di fede è per il discepolo è un cammino di fedeltà rinnovabile nelle cadute.

La piaga ricorda il morbo della peste che il Santo contrasse nei pressi di Piacenza. È simbolo della carità cristiana.

L’Angelo Celeste è l’anello che congiunge l’esperienza terrena del Santo alla presenza Divina che infonde coraggio, specie nei momenti di sofferenza solitarie e di umana ingratitudine. È simbolo della presenza Divina, che accompagna i passi del quotidiano

San Rocco

titolo San Rocco
autore Carlo Alberto Baratta anno 1640 – 1660

Il bastone richiama i lunghissimi cammini del pellegrino, con cui esercitò la carità in maniera insigne ed eroica, lenendo piaghe fisiche e morali, asciugando lacrime e consolando gli afflitti. È simbolo del pellegrinaggio della vita, un cammino verso l’Eterno

La “Croce rossa”, presente in poche riproduzioni, ricorda la voglia a forma di croce che aveva sul petto fin dalla nascita. È simbolo della predilezione divina ad essere Apostolo di Carità.

San Rocco

titolo San Rocco
autore Ambito veronese anno 1821

Il pane fu il sostegno nella famosa pausa a Piacenza, dove il Santo si isolò perché malato. Un cane gli portava l’alimento, prelevandolo dalla mensa del suo padrone Gottardo. È il simbolo dell’Eucarestia, sostegno nel cammino della vita.

La zucca o borraccia richiama ancora una volta il pellegrinaggio, custodiva l’acqua per lenire l’arsura nel cammino. È simbolo della sete del divino che c’è in ogni uomo.

titolo
autore Alessandro Zamboni anno 1863

Il sanrocchino è sempre un abito legato al pellegrinaggio, mantello corto di tela, che serviva a proteggere dalle intemperie. È simbolo della protezione divina e del senso della come pellegrinaggio verso l’Eterno.

La tavoletta fa memoria della scena agiografica in cui si racconta della grazia chiesta nel momento della morte da San Rocco: Il Signore accoglie la preghiera sincera dei suoi figli: Rocco anche in morte si mostra uomo di Carità. È simbolo della comunione dei Santi e quindi della preghiera di intercessione.

Bernardo Strozzi

titolo Bernardo Strozzi
autore san-rocco-bernardo-strozzi.jpg anno 1640

La Corona del Rosario che compare poche volte ricorda la sua vita di preghiera del Rosario che nasce proprio nel periodo storico in cui visse Rocco di Montpellier. È simbolo dell’orazione cristiana semplice e quotidiana.

Di notevole pregio il polittico di San Rocco, opera di Antonio Gandino, si compone di una grande tela centrale centinata, raffigurante il santo, contornata da undici tele quadrate più piccole, dove sono narrati altrettanti episodi della sua vita. In ordine, dal primo in basso a sinistra all’ultimo in basso a destra, si trovano: I genitori di san Rocco invocano alla Beata Vergine la grazia della sua nascita, Nascita di san Rocco a Montpellier, San Rocco distribuisce i suoi beni ai poveri, Confessione di san Rocco prima del pellegrinaggio in Italia, San Rocco riceve la comunione a Roma, San Rocco riceve la benedizione di papa Urbano V, San Rocco soccorre gli appestati, San Rocco benedice un gregge, San Rocco ammalato riceve un pane da un cane, San Rocco in preghiera riceve l’illuminazione divina e Morte di san Rocco ad Angera.

Polittico di San Rocco

titolo Polittico di San Rocco
autore Antonio Gandino anno 1590

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Assunzione della Beata Vergine Maria

 

Assunzione della Beata Vergine Maria


Assunzione della Beata Vergine Maria

autore: Guido Reni anno: 1627 titolo: Assunzione di Maria luogo: Chiesa di Santa Maria Assunta a Castelfranco Emilia
Nome: Assunzione della Beata Vergine Maria
Titolo: Maria assunta in cielo
Ricorrenza: 15 agosto
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Solennità

Gesù salendo al cielo aveva lasciato la sua Madre a guida della Chiesa nascente perchè fosse a tutti di conforto. La lasciò fin tanto che la vide necessaria a guidare e raddolcire le pene degli Apostoli e dei discepoli, ma appena vide che la sua missione era compiuta, le fece risuonare all’orecchio le parole: Veni, mater mea: Veni, coronaberis (Vieni, madre mia, vieni: sarai coronata). Maria che tanto e così ardentemente aveva desiderato di unirsi in Paradiso al suo Divin Figliuolo, ebbe un sussulto: il suo vergine cuore, inondato di nuovo amore e di nuova speranza, con un palpito più forte spezzò il fragile velo del corpo che teneva ancora la sua anima prigioniera su questa terra e spirò di puro amor di Dio. Era a Gerusalemme e fu sepolta nell’orto degli Ulivi. Narra la tradizione che al transito della Beata Vergine erano presenti tutti gli Apostoli, eccetto San Tommaso. Ma come la sua mancanza di fede nella resurrezione di Gesù gli aveva permesso di mettere la sua mano nel costato del Salvatore, così ora la sua assenza era stata disposta da Dio perchè gli Apostoli potessero constatare l’Assunzione della Vergine. Difatti, all’arrivo di Tommaso, gli Apostoli gli furono attorno raccontandogli il beato transito della Madonna, e quando egli espresse il desiderio di vederla ancora una volta, sia pure nel sepolcro, tutti gioirono perché dava anche ad essi occasione di rinnovare il loro doloroso, ma pur amoroso addio alla Madre. Si recarono quindi tutti insieme al sepolcro, ma invece del corpo di Maria trovarono rose e gigli dai quali emanavano fragranze ineffabili di Paradiso. Maria, l’arca santa, il tabernacolo del Verbo fatto carne, era stata dagli Angeli assunta in cielo. Questa è l’origine della festa odierna che è una delle più antiche in onore della SS. Vergine. L’Assunzione segna l’ingresso trionfale di Maria in cielo, la sua glorificazione, la sua incoronazione nella corte celeste.

Maria trionfa oggi in cielo della triplice vittoria del figlio suo: Gesù ha trionfato del peccato, della concupiscenza e della morte: e la SS. Vergine associata al trionfo del Figlio, canta oggi vittoria sul peccato per la sua immacolata concezione; vittoria sulla concupiscenza per la sua verginale maternità; vittoria sulla morte per la sua risurrezione e gloriosa assunzione al cielo.

« Colla sua morte, Maria, dice S. Giovanni Damasceno, dà gloria a Dio accettando la distruzione del suo essere come condizione della natura umana da lui creata; acquista per sè grandi meriti umiliandosi fino all’annientamento; dà a noi l’esempio della sottomissione che dobbiamo avere al Creatore ». Oltre a questo S. Alfonso dice che la SS. Vergine accettò la morte anche per imitare il suo Divin Figliuolo, che si era degnato di morire per amor nostro. Perciò S. Bernardino da Siena, tutto pieno di gioia per tanta festività, commentando il passo: Surge Domina, tu et arca sanctificationis tuae, grida al Signore: « Sì, o Gesù, ascenda al cielo anche la tua SS. Madre santificata dalla tua concezione ».

Cosi, come Gesù è nostro Salvatore, Maria è dispensatrice di grazie; Gesù nostro mediatore, e Maria nostra mediatrice; Gesù redentore, Maria corredentrice; Gesù via, verità, vita, Maria vita, dolcezza e speranza nostra; Gesù e Maria come sono uniti nella loro opera per la nostra salvezza, così in cielo sono uniti nella medesima gloria immortale.

PRATICA. Facciamo l’atto di accettazione della morte.

PREGHIERA. Supplichiamo la tua clemenza, o Signore Dio nostro, affinchè, mentre celebriamo l’Assunzione della Madre tua, veniamo liberati, per sua intercessione, da tutti i mali che ci minacciano.

MARTIROLOGIO ROMANO. Solennità dell’Assunzione della beata Vergine Maria, Madre di Dio e Signore nostro Gesù Cristo, che, completato il corso della sua vita terrena, fu assunta anima e corpo nella gloria celeste. Questa verità di fede ricevuta dalla tradizione della Chiesa fu solennemente definita dal papa Pio XII.

ICONOGRAFIA

Nell’iconografia l’immagine di Maria Assunta in Cielo è in genere strutturata in tre parti sovrapposte. Maria è collocata nella parte superiore in piedi mentre è trasportata da angeli spesso musicanti, a volte è inscritta in una mandorla formata dagli stessi angeli come nel capolavoro del Pinturicchio. Possono accompagnarla gli arcangeli Michele e Gabriele, più raramente Cristo, a terra gli apostoli circondano il sepolcro vuoto con gli occhi rivolti alla scena. L’esempio più classico è sicuramente quello di Guido Reni che creò varie versioni di Maria Assunta.

Assunzione della Vergine Maria

titolo Assunzione della Vergine Maria
autore Guido Reni anno 1617

Assunzione della Vergine Maria

titolo Assunzione della Vergine Maria
autore Alessandro Turchi anno 1631-35

Assunzione della Vergine

titolo Assunzione della Vergine
autore Ambito di Federico Zuccari anno XVI sec

Assunzione della Vergine

titolo Assunzione della Vergine
autore Simon Vouet anno 1644-49

Assunzione della Vergine

titolo Assunzione della Vergine
autore Pinturicchio anno XV sec.

Talora sono presenti alcuni santi come in una Sacra Conversazione o l’apostolo Tommaso in atto di ricevere la cintola dalla Vergine stessa. Rubens aggiunse il nuovo motivo delle due donne che raccolgono le rose, forse Marta e Maria, personificazioni della vita attiva e di quella contemplativa. Esse simboleggiano, secondo un autore della Controriforma, il corpo e l’anima della Madonna.

Assunzione della Vergine

titolo Assunzione della Vergine
autore Pieter Paul Rubens anno 1625-1626

Un terzo elemento della composizione, è costituito da Dio padre a volte circondato da cherubini e serafini che si appresta ad accogliere la Vergine.

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Alcune dedicazioni a Maria Assunta

Duomo di Siena

Duomo di Siena
Cattedrale metropolitana di Santa Maria AssuntaLa città di Siena disponeva, fin dall’epoca paleocristiana, di una cattedrale, dedicata a san Bonifazio e situata sul colle di Castelvecchio, là dove si…

Basilica di Santa Maria di Collemaggio

Basilica di Santa Maria di Collemaggio
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Assunzione della Beata Vergine Maria

Assunzione della Beata Vergine Maria
Maria assunta in cieloGesù salendo al cielo aveva lasciato la sua Madre a guida della Chiesa nascente perchè fosse a tutti di conforto. La lasciò fin tanto che la vide necessaria a guidare e raddolcire le pene degli Apostoli…

Domani 16 agosto si venera:

San Rocco

San Rocco
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Oggi 15 agosto nasceva:

Sant' Antonio di Padova

Sant’ Antonio di Padova
Sacerdote e dottore della ChiesaSant’Antonio nacque a Lisbona nel 1195 da genitori favoriti da Dio di ricchezze spirituali e di un certo benessere. Dopo la prima educazione ricevuta nella casa paterna da uno zio canonico, continuò la…

Oggi 15 agosto si recita la novena a:

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Santa Giovanna Francesca de Chantal

 

Santa Giovanna Francesca de Chantal


Nome: Santa Giovanna Francesca de Chantal
Titolo: Religiosa
Nome di battesimo: Jeanne-Françoise Frémyot
Nascita: 23 gennaio 1572, Dijon, Francia
Morte: 13 dicembre 1641, Moulins, Francia
Ricorrenza: 12 agosto
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Beatificazione:
21 novembre 1751, Roma , papa Benedetto XIV
Canonizzazione:
16 luglio 1767, Roma , papa Clemente III
La nobile Giovanna di Chantal, figlia di Benigno Fremiot, presidente al Parlamento di Borgogna, nacque il 23 gennaio 1572 a Dijon.

Il presidente Fremiot, rimasto vedovo quando i figli erano ancora in tenera età, si prese cura personalmente della loro educazione: li allevò con tenerezza paterna nei principi di una soda pietà. Giovanna fu quella che corrispose meglio di tutti alle sue cure.

Giunta all’età di 20 anni, si sposò col barone di Chantal, un ufficiale di 27 anni che si trovava al servizio di Enrico IV.

Sua prima cura fu quella di vegliare sui servi, di far loro praticare i doveri della religione cristiana e di obbligarli a partecipare alla preghiera che tutte le sere si faceva in comune. Nei giorni di festa li mandava alla S. Messa in parrocchia, mentre nei giorni feriali dovevano assistere alla Messa nella cappella gentilizia.

Iddio però bramava di regnare solo nel cuore di Giovanna e per questo la provò col più duro dei sacrifici.

Un giorno il barone di Chantal venne invitato da un amico ad una partita di caccia ed egli, come al solito, vi aderì. Ma nel rincorrere la selvaggina che si era internata nella macchia, il barone, senza avvedersene, si era portato al tiro dell’amico: questi che al rumore della canizza si teneva pronto, come vide muovere gli sterpi di fronte scaricò il suo archibugio che colpì mortalmente il povero barone.

La nostra Santa rimase così vedova all’età di 28 anni. Ella aveva avuto sei figli, di cui quattro viventi. Sopportò il suo dolore per quanto fosse acuto, con rassegnazione e con fortezza. Amava di ripetere queste parole: Voi avete spezzato, o Signore, i miei vincoli: io posso ora presentarvi una vittima di lode. D’allora in poi desiderò maggiormente di essere unicamente del Signore, di vivere sola e di non avere più nulla di comune col mondo. La realizzazione di questa aspirazione però le era impedita dal dovere di assistere ed educare i suoi quattro figli, e d’altra parte le mancava un direttore il quale potesse condurla nelle vie in cui Dio la voleva. Ma un giorno, durante l’orazione, il Signore glielo fece vedere: incontratasi poi con San Francesco di Sales, riconobbe in lui l’uomo della visione e gli aprì la sua anima. Questo gran Santo la guidò per le vie mirabili della Provvidenza, ed aiutandola a compiere i suoi doveri di madre, la costituì pietra fondamentale dell’Istituto che egli stava per fondare.

Prima di partire per il chiostro, avendo ella chiesto la benedizione paterna, il presidente Fremiot, trafitto dal dolore e bagnato di lagrime, gridò:
– O Mio Dio, non mi è dato di oppormi all’esecuzione dei vostri disegni, quantunque ciò mi debba costare la vita; io vi offro, o Signore, questa cara figliuola; degnatevi di riceverla e farne la mia consolazione.

Sotto la sua guida, l’Ordine della Visitazione fece grandi progressi, diventando un’aiuola di elette virtù. S. Giovanna era così accesa di amor di Dio, che soleva esclamare: Amore, amore, io non voglio parlare che di amore. Morì il 13 dicembre 1641.

PRATICA. Grande onore e grande gloria è servire Dio, disprezzando tutto quello che non ci conduce a lui. (Imitazione di Cristo).

PREGHIERA. O Dio onnipotente e misericordioso, che alla beata Giovanna Francesca, accesa del tuo amore, donasti un’ammirabile forza di spirito per seguire nei diversi stati della vita la via della perfezione e che per lei volesti arricchire la tua Chiesa di una nuova famiglia, concedi per i suoi meriti e preghiere che noi vinciamo con l’aiuto della grazia celeste tutte le difficoltà del nostro cammino.

MARTIROLOGIO ROMANO. Santa Giovanna Francesca Frémiot de Chantal, religiosa: dal suo matrimonio cristiano ebbe sei figli, che educò alla pietà; rimasta vedova, percorse alacremente sotto la guida di san Francesco di Sales la via della perfezione, dedicandosi alle opere di carità soprattutto verso i poveri e i malati; diede inizio all’Ordine della Visitazione di Santa Maria, che diresse pure con saggezza. Il suo transito avvenuto a Moulins sulle rive dell’Allier vicino a Nevers in Francia ricorre il 13 dicembre.

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Domande Frequenti

  • Quando si festeggia Santa Giovanna Francesca de Chantal?

  • Quando nacque Santa Giovanna Francesca de Chantal?

  • Dove nacque Santa Giovanna Francesca de Chantal?

  • Quando morì Santa Giovanna Francesca de Chantal?

  • Dove morì Santa Giovanna Francesca de Chantal?

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Santi Ponziano e Ippolito

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MartiriIppolito celebra la festa assieme a un altro santo martire, Ponziano, alle cui vicende la sua vita fu drammaticamente legata. Ponziano sedeva sul soglio di Pietro, essendo succeduto a Urbano nel 230, mentre…
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Oggi 12 agosto nasceva:

Santa Luisa de Marillac

Santa Luisa de Marillac
Vedova e religiosaSebbene nata il 12 agosto 1591, si può dire che Luisa di Marillac è una Santa d’oggi e per oggi. Proveniente da famiglia agiata, fin dalla fanciullezza frequenta gli studi propri della sua età e diviene…
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I. Vergine beatissima, per quel giubilo che senti l’anima vostra all’avviso recatovi del vostro transito alla gloria immortale, impetrate a noi tutti di vivere in guisa che incontriamo con lieto aspetto…

 

 

 

San Lorenzo

San Lorenzo

San Lorenzoautore Juan De Miranda anno 1785 titolo San Lorenzo luogo: Chiesa della Concezione Tenerifenome

San Lorenzo

titolo

Diacono e martire

nascita

226

Osca, Spagna

morte

10 agosto 258

Roma

ricorrenza

10 agosto

martirologio

edizione 2004

altri dati…

Agiografia

Preghiera

Novena

Santino

Dedicazioni

Commenti

AGIOGRAFIA

Nacque ad Osca in Spagna nel 226 da nobilissimi e santi genitori. Tanti furono i doni che ricevette nei Sacramenti del Battesimo, Cresima ed Eucaristia, che sembrò prevenuto dalla grazia; mentre era ancora bambino s’astenne sempre da ogni divertimento puerile e fu a tutti modello di docilità e santa innocenza. Ricevuta la prima istruzione in patria, passò a Saragozza per apprendere lettere, ed in questa celebre Università i suoi progressi furono sì rapidi e meravigliosi, che era ritenuto il migliore di tutti gli allievi. In questo tempo il Vescovo di quella città, vedendo in lui un tal candore di vita, gli conferì gli ordini dell’Ostiariato, del Lettorato ed Esorcistato.

Trovandosi nella penisola Iberica il futuro Papa Sisto II, allora arcidiacono della Chiesa Romana, avendo udito parlare delle virtù di Lorenzo, lo condusse seco a Roma, ove personalmente ebbe cura della sua formazione. All’età di 17 anni, per il suo progresso nella scienza e nella virtù, fu dal Pontefice Fabiano ordinato accolito, sei anni dopo suddiacono e quindi diacono: aveva 27 anni. Nel 258, essendo stato eletto alla Cattedra di Pietro Sisto II, Lorenzo divenne arcidiacono della Chiesa Romana, carica che corrisponde alla attuale dignità cardinalizia.

Ma mentre la Chiesa lavorava e si espandeva ognora più fra i pagani, specie per l’infuocata predicazione di Lorenzo, si scatenò la persecuzione di Valeriano che al dire di San Dionisio fu delle più terribili.

Lorenzo fu imprigionato e torturato. Poco tempo dopo anche S. Sisto venne preso e condannato al carcere. Mentre il Pontefice veniva barbaramente trascinato dalla soldatesca, gli si fece incontro Lorenzo che col volto bagnato di lacrime incominciò ad esclamare: « Dove vai, o Padre, senza il tuo figlio? Per dove ti incammini, o santo sacerdote, senza il tuo diacono? ». Sisto gli rispose: « Io non ti lascio né ti abbandono, o figlio, ma a te spettano altri combattimenti… Dopo tre giorni mi seguirai… Prendi le ricchezze ed i tesori della Chiesa e distribuiscili a chi tu meglio credi ».

Lorenzo fece diligente ricerca di quanti poveri e chierici poté trovare nei quartieri di Roma e distribuì loro tutte le ricchezze. Poscia, salutati per l’ultima volta i Cristiani, si portò da Valeriano che già l’aveva fatto chiamare, ed all’intimazione di recargli i beni della Chiesa, promise che entro tre giorni glieli avrebbe mostrati. Percorse le vie della città, raccolse un gran numero di poveri e glieli condusse dicendo: « Ecco qui i beni della Chiesa! ». Ma quell’uomo irritato gridò: « Come hai tu ardito beffarti di me?… Io so che tu brami la morte… Ma non credere di morire in un istante poiché io prolungherò i tuoi tormenti ». Ordinò infatti che Lorenzo fosse posto su una graticola di ferro rovente ed arrostito lentamente. Ma nel cuore del Martire ardeva un incendio ben maggiore! Quando fu bruciato da una parte, il carnefice ordinò che lo rivoltassero, ed avendo gli aguzzini ubbidito, il Martire con volto sereno disse: « Ora potete mangiare, perché la mia carne è già cotta abbastanza ».

Nuovi insulti uscirono dalla bocca del prefetto, ma il Martire, cogli occhi rivolti al cielo si offriva al Signore invocando su Roma la divina misericordia, per incoraggiare ancora una volta i Cristiani presenti. Tra questi spasimi spirò la sua grande anima. Era il 10 agosto 258.

PRATICA. Sopportate con pazienza e rassegnazione le sofferenze della vita ed offritele a Dio per la propagazione della fede.

PREGHIERA. Dacci, te ne preghiamo, Dio onnipotente, la grazia di estinguere le fiamme dei nostri vizi, tu che desti al beato Lorenzo la forza di superare il fuoco dei suoi tormenti.

MARTIROLOGIO ROMANO. Festa di san Lorenzo, diacono e martire, che, desideroso, come riferisce san Leone Magno, di condividere la sorte di papa Sisto anche nel martirio, avuto l’ordine di consegnare i tesori della Chiesa, mostrò al tiranno, prendendosene gioco, i poveri, che aveva nutrito e sfamato con dei beni elemosinati. Tre giorni dopo vinse le fiamme per la fede in Cristo e in onore del suo trionfo migrarono in cielo anche gli strumenti del martirio. Il suo corpo fu deposto a Roma nel cimitero del Verano, poi insignito del suo nome.

LE STELLE CADENTI

Stelle cadenti

Da sempre nella notte di San Lorenzo si punta lo sguardo in alto alla ricerca delle stelle cadenti. Secondo alcune credenze, sarebbero le sue lacrime che scendono dal cielo. Inoltre la leggenda vuole che, esprimendo un desiderio nel momento in cui si vede una stella cadente, questo si potrà avverare. San Lorenzo, infatti, è infatti definito protettore dei sogni.

ICONOGRAFIA

Nell’iconografia San Lorenzo è, sin dal primo Cristianesimo, raffigurato come un giovane diacono rivestito della dalmatica, il classico paramento dei diacono, con l’attributo della graticola, indicante la metodo del supplizio; la palma del martirio e la borsa del tesoro della Chiesa romana da lui ridistribuito ai poveri, secondo i testi agiografici.

San Lorenzotitolo San Lorenzo

autore Girolamo Da Santacroce anno 1520/30

Il diacono viene riprodotto non raramente nell’atto dell’elemosina come nell’affresco realizzato da Beato Angelico e Benozzo Gozzoli pittore toscano o mentre elargisce ricchezze della chiesa.


San Lorenzo distribuisce le elemosinetitolo San Lorenzo distribuisce le elemosine

autore Beato Angelico e Benozzo Gozzoli anno 1447-1448

San Lorenzo distribuisce le ricchezze della Chiesatitolo San Lorenzo distribuisce le ricchezze della Chiesa

autore Bernardo Strozzi anno 1625

Oltre alle classiche raffigurazioni San Lorenzo è infine spesso rappresentato nel momento del suo martirio come nella splendida tela del Guercino.

Martirio di San Lorenzotitolo Martirio di San Lorenzo

autore Guercino anno 1628

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Santa Teresa Benedetta della Croce

 

Santa Teresa Benedetta della Croce


Nome: Santa Teresa Benedetta della Croce
Titolo: Martire
Nome di battesimo: Edith Stein
Nascita: 12 ottobre 1891, Wroclaw, Polonia
Morte: 9 agosto 1942, Campo di concentramento di Auschwitz, O?wi?cim, Polonia
Ricorrenza: 9 agosto
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Festa
Beatificazione:
1 maggio 1987, Germania , papa Giovanni Paolo II
Canonizzazione:
11 ottobre 1998, Roma , papa Giovanni Paolo II

Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein) nacque il 12 ottobre 1891, è una delle figure più straordinarie, affascinanti e complesse dello scorso secolo. Fu tra le pochissime donne del suo tempo che poté studiare e insegnare filosofia, inoltrandosi nei sentieri di una ricerca esistenziale, da sempre riservata quasi esclusivamente ai maschi. E lo ha fatto con esiti felicissimi, riuscendo a imporsi, accanto a uno dei grandi maestri della filosofia del Novecento, Edmund Husserl.

Come lei stessa ha confessato, « dall’età di tredici anni fui atea perché non riuscivo a credere nell’esistenza di Dio ». Ma, protesa in una ricerca incessante e radicale della verità, impegnata nella soluzione dei grandi problemi della vita, non poteva non imbattersi nella verità di Dio, un Dio che in Gesù mette in gioco tutto per gli uomini, che non si arresta neppure di fronte al dolore e alla morte.

La verità di Dio sta proprio nel suo affermarsi attraverso la debolezza della croce e della morte. La scoperta che, in Gesù, Dio ha condiviso con noi tutto, fa nascere quell’abbandono in lui che caratterizza la vita di quanti sanno che, dalla venuta di Gesù in poi, Dio non ha mai abbandonato l’uomo.

Queste certezze hanno illuminato la vita di Edith Stein, nata a Breslavia nel 1891. Ultima di sette fratelli di un’agiata famiglia ebrea, ha percorso con successo il ciclo di studi, occupandosi soprattutto di psicologia e di ricerca filosofica nell’università della sua città natale e poi in quelle di Gottinga e di Friburgo, come allieva prima e assistente poi del celebre filosofo Edmund Husserl. Quando nel 1917 si laureò, aveva già al suo attivo una serie di studi importanti che le avrebbero aperto le porte della carriera accademica. Ma successero alcuni fatti che diedero alla sua vita una svolta radicale.

Il pensiero di Dio, che un tempo neppure la sfiorava, cominciò a insinuarsi prepotentemente nella sua vita, sulla spinta anche di alcuni avvenimenti. Nella prima guerra mondiale moriva un professore che lei stimava molto. Fu un grande dolore per tutti, soprattutto per la moglie, la quale, anziché crollare sotto il peso di quel dramma, trovò nel rapporto con Dio la forza di iniziare una nuova vita. Edith ne fu profondamente colpita. « Fu il mio primo incontro con la croce — scriverà ricordando il fatto — e con la forza che essa comunica in chi la porta ».

La ricerca della verità la condusse verso la verità di Dio. Nel 1921 il cammino di avvicinamento giungeva alla conclusione. Ospite di un’amica, fu da questa invitata a scegliersi un libro tra i molti di cui era fornita la sua biblioteca. Edith allungò la mano a caso e ne estrasse uno alquanto voluminoso: era l’autobiografia di santa Teresa d’Avila. Lo lesse d’un fiato. « Chiudendolo “ha poi scritto” mi sono detta: questa è la verità ».

Santa. Teresa aveva sintetizzato in un motto la sua fede: « Dio basta ». Edith lo fece suo. L’approdo al cattolicesimo avvenne il giorno di capodanno del 1922, quando ricevette il battesimo. La sua scelta di farsi cattolica la mise in vivace contrasto con la madre, che era molto legata alla religione ebraica. Dopo la conversione, Edith insegnò nel collegio delle domenicane di Speyer e viaggiò molto in Germania e all’estero. Nel 1932 insegnò pedagogia a Miinster. Ma il regime nazista aveva già cominciato a discriminare gli ebrei, costringendoli a lasciare insegnamento. Gli eventi infausti accelerarono un proposito che la Stein aveva già maturato, quello di dedicarsi alla vita contemplativa. E così, lasciandosi alle spalle una prestigiosa carriera, si annullava nell’anonimato nel Carmelo di Colonia, con il nome di Teresa Benedicta a Cruce.

Il Carmelo è una grande scuola di umiltà. Edith dovette mettere da parte i suoi libri per dedicarsi come le altre sorelle alle faccende domestiche: si adeguò alle esigenze della vita comune con gioia, per seguire Gesù anche nelle quotidiane umili cose. Nel 1938 con la professione perpetua decideva di essere per sempre carmelitana.

L’odio contro gli ebrei intanto divampava in Germania. La presenza di Edith, pur sempre ebrea nonostante la conversione al cristianesimo, nel Carmelo di Colonia costituiva un pericolo per le sue consorelle. Si trasferì allora in Olanda, nel Carmelo di Echt, dove si dedicò allo studio della figura e dell’opera di san Giovanni della Croce, grande riformatore, assieme a santa Teresa d’Avila, della vita carmelitana.

Nel 1940 i tedeschi invasero l’Olanda, l’odio contro gli ebrei cominciò a mietere vittime anche lì. Edith dovette appuntare sull’abito monastico la stella gialla che la segnalava come ebrea. E non fu la sola delle umiliazioni. I tempi s’erano fatti duri. « Sono contenta di tutto “scriveva”; solo se si è costretti a portare la croce in tutto il suo peso, si può conquistare la saggezza della croce ».

Il 2 agosto 1942 i tedeschi irruppero nel Carmelo, prelevarono Edith, assieme alla sorella Rosa, fattasi anche lei carmelitana, e le avviarono al campo di raccolta di Westerbork, da dove il 7 agosto venne deportata ad Auschwitz: lì, in uno dei lager più tristemente noti per l’insana crudeltà dell’uomo, forse un paio di giorni dopo, finiva assieme alle altre compagne di sventura nelle camere a gas e poi nel forno crematorio.

Un ebreo scampato allo sterminio, che fu testimone delle ultime ore di Edith, ha descritto la sua serenità, la calma, l’incessante prodigarsi per gli altri, preda della disperazione e dello sconforto. Si occupava soprattutto delle donne: le consolava, cercava di calmarle, le aiutava; si prendeva cura dei figli di quelle mamme che, impazzite dal dolore, li abbandonavano. « Vivendo nel lager in un continuo atteggiamento di disponibilità e di servizio “scrive il testimone” rivelò il suo grande amore per il prossimo ».

Ebrea per nascita, cristiana per scelta, dopo un lungo cammino di ricerca e di approfondimento dei vari aspetti della conoscenza, portando ai più alti livelli le istanze spirituali delle due religioni, ha poi volato alto nei cieli della mistica, ed è diventata esempio affascinante e trascinante per quanti, laici e credenti di varie religioni, cercano la verità con amore tenace e coraggioso.

Papa Giovanni Paolo II l’ha proclamata beata nel duomo di Colonia 1’1 maggio 1987 e santa 1’11 ottobre 1998, nella basilica di San Pietro a Roma, e poi l’ha anche dichiarata patrona d’Europa.

MARTIROLOGIO ROMANO. Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith) Stein, vergine dell’Ordine delle Carmelitane Scalze e martire, che, nata ed educata nella religione ebraica, dopo avere per alcuni anni tra grandi difficoltà insegnato filosofia, intraprese con il battesimo una vita nuova in Cristo, proseguendola sotto il velo delle vergini consacrate, finché sotto un empio regime contrario alla dignità umana e cristiana fu gettata in carcere lontana dalla sua terra e nel campo di sterminio di Auschwitz vicino a Cracovia in Polonia fu uccisa in una camera a gas.

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SAN Domenico di Guzman

 

San Domenico di Guzman


Nome: San Domenico di Guzman
Titolo: Sacerdote e fondatore dei Predicatori
Nome di battesimo: Domenico di Guzmán
Nascita: 1170, Calaruega, Spagna
Morte: 6 agosto 1221, Bologna
Ricorrenza: 8 agosto
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Canonizzazione:
13 luglio 1234, Roma, papa Gregorio IX

Nato a Calaruega in Spagna nel 1170, da Felice Guzman e Giovanna di Asa, fu subito consacrato al Signore dalla madre sua, la quale aveva già visto in sogno che il figlio era destinato dal Signore a compiere cose grandi nella Chiesa. Appena ne fu capace, la pia Giovanna si prese cura di istruirlo nelle verità cristiane, e Domenico mostrava quanto grande fosse già fin d’allora la sua intelligenza e la sua pietà.

A quattordici anni fu inviato all’Università di Valenza di dove uscì con la laurea in retorica, filosofia e teologia. Divenuto sacerdote e sentendosi inclinato ad una vita piuttosto ritirata dal secolo, entrò fra i Canonici Regolari di S. Agostino, dedicandosi alla conversione degli eretici Albigesi, ma dopo tante fatiche, visto che quello scoglio era troppo duro per essere spezzato da un uomo solo, meditò d’istituire un ordine di uomini religiosi i quali accoppiassero agli esercizi di pietà lo studio delle scienze ecclesiastiche per dedicarsi specialmente alla predicazione: pregò molto il Signore affinchè gli manifestasse la sua divina volontà: e finalmente comunicò il suo disegno ai vescovi della Linguadoca, e tutti unanimemente approvarono; sedici missionari che già con lui faticavano lo seguirono e così l’ordine fu iniziato a Tolosa nel 1215. Fondato a Prouille un monastero di religiose ed un Terz’Ordine, si recava a Roma per ottenere l’approvazione per i nuovi religiosi. La sua istituzione venne così sanzionata nel 1216 assieme alle sue sagge costituzioni, ed il granello di senapa seminato nel fecondo campo della Chiesa, non tardò a dare i suoi copiosi frutti, poiché, ancor vivente, egli ebbe la consolazione di vedere fiorire in molte regioni d’Europa numerosi conventi da lui medesimo fondati. Gli Albigesi si convertirono, gran parte del clero si uni alla santa crociata, e fra i Cristiani si notò presto un forte risveglio.

La principale gloria di S. Domenico é però quella di aver divulgato la bella devozione del S. Rosario. Mentre egli predicava nella Linguadoca per la conversione degli eretici, vedendo che gran parte delle sue fatiche riuscivano vane, ricorse all’intercessione della SS. Vergine: e Maria SS. gli ispirò la recita di 150 Avemaria intercalate da 15 Pater e dalla considerazione di 15 misteri di nostra santa religione. Domenico ed i suoi figli con il Rosario riuscirono a convertire gli ostinati Albigesi; S. Pio V ottenne la celebre vittoria di Lepanto sui Turchi, e tutti i Santi che seguirono ebbero dal Rosario le più belle vittorie sul demonio.

Il santo patriarca, dopo aver compiuto in Roma l’ufficio di maestro del Sacro Palazzo, percorse ancora una volta la Spagna e la Francia, lasciando in esse il profumo delle sue virtù e fondando diversi monasteri: ritornò quindi in Italia per terminare i suoi ultimi giorni nel bacio del Signore. Spirò a Bologna circondato dai suoi religiosi il 6 agosto 1221.

PRATICA. Col Rosario anche noi vinceremo tutte le nostre difficoltà.

PREGHIERA. O Signore, che ti sei degnato illuminare la tua Chiesa mediante le dottrine ed i meriti del Beato Domenico confessore, concedici, per sua intercessione, ch’essa non venga privata degli aiuti temporali, e sempre più progredisca nelle vie dello spirito.

MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di San Domenico, sacerdote, che, canonico di Osma, umile ministro della predicazione nelle regioni sconvolte dall’eresia albigese, visse per sua scelta nella più misera povertà, parlando continuamente con Dio o di Dio. Desideroso di trovare un nuovo modo di propagare la fede, fondò l’Ordine dei Predicatori, al fine di ripristinare nella Chiesa la forma di vita degli Apostoli, e raccomandò ai suoi confratelli di servire il prossimo con la preghiera, lo studio e il ministero della parola. La sua morte avvenne a Bologna il 6 agosto.

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Ma I NURAGICI CONOSCEVANO LA SCRITTURA?

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di Francesco Casula

Nei testi scolastici ufficiali continuiamo a leggere che “l’uso della scrittura fu introdotto dai Fenici”: esattamente come sostiene l’archeologo Donald B. Harden. Da non pochi anni però alcuni studiosi sardi hanno iniziato a mettere in discussione la storiografia ufficiale affermando che la scrittura in Sardegna era nota molti secoli prima: la conoscevano infatti e l’utilizzavano i cosiddetti “Nuragici”, gli scribi sacerdoti dell’età del bronzo finale e del ferro. A sostenerlo è soprattutto lo studioso oristanese Gigi Sanna (1) che si occupa con una rigorosa e ormai trentennale ricerca, dell’interpretazione di antichissimi documenti di scrittura in metallo, in pietra e in ceramica, rinvenuti in Sardegna e non solo. Egli è così arrivato alla conclusione, esposta in libri (in modo particolare in Sardoa Grammata e nel testo di didattica I geroglifici dei Giganti- Introduzione allo studio della scrittura nuragica), e in numerosi articoli e saggi, che i cosiddetti Nuragici conoscessero, leggessero e utilizzassero vari system alfabetici.
“La Stele di Nora – scrive Gigi Sanna – è, insieme alle minuscole ‘tavolette’ rinvenute in un ripostiglio nei pressi del Nuraghe Tzricotu di Cabras (con le quali condivide identici “principii” e modalità di scrittura), un bellissimo documento attestante il ruolo dell’altissima e raffinatissima scuola scribale nuragica della Sardegna (già operante dalla fine del Secondo Millennio a.C.) e non prodotto scrittorio di quella “fenicia”. Lo dimostrano, senza margini di dubbio, le recenti scoperte della scrittura e della stessa lingua nuragica; il rinvenimento del “coccio” nuragico di Orani (con segni alfabetici e contenuto identici a quelli della stele norense; la rilettura di questa in base a stupefacenti scoperte epigrafiche (ad es. i due “shalom” laterali della lastra, individuati dalla dott. Alba Losi dell’Università di Parma) che spingono nella direzione di letture aggiuntive rispetto alla “normale” lettura retrograda; la conferma dell’esistenza di una scrittura “numerica” a rebus, che dà al documento un significato eccezionale nella stessa storia generale della scrittura consonantica; la stupefacente comparsa del nome di un “santo” nuragico (LPHSY > EPHISY), oggi celeberrimo santo cristiano dell’Isola, alla fine della scritta (nome di persona che sostituisce l’improbabile, anche perché rarissimo, nome del dio Pumay).
Il Sanna dunque fa risalire con certezza alla cultura specifica alfabetica dei nuragici la Stele di Nora: lo confermerebbe in modo incontestabile anche il ritrovamento recente di un documento: un ciondolo scritto, di pietra grigio-scura, di forma ellissoidale (cm.7,5×4,3) contenente dei segni di scrittura graffiti in entrambe le facce alcuni dei quali solo apparentemente “fenici” perché scritti con il codice fenicio.
A conferma della presenza della “scrittura nuragica” inoltre, nel corso di un ventennio e più di ricerca, lo studioso oristanese ha proposto, oltre alla suddetta stele, più di trecento documenti, in vario supporto scrittorio scritti in diversi periodi “nuragici”. Oltre alle quattro “tavolette” bronzee (più propriamente “sigilli”: i sigilli dei ‘Giganti’ di Monte ‘e Prama) di Tzricotu di Cabras e ai “cocci di Orani”, ricordiamo il “brassard” di Is Locci – Santus di San Giovanni Suergiu, il sigillo di S. Imbenia di Alghero, lo spillone di Antas di Fluminimaggiore, il coccio del Nuraghe Alvu di Pozzomaggiore, la pietra del Nuraghe Pitzinnu di Abbasanta, il coccio di Su Pranu di Selargius, la pietra di YHW di Aidomaggiore, la fusaiola “nuraghetto” di Su Cungiau de is mongias di Uras, la pietra della capanna di Perdu Pes di Paulilatino, il frammento di “alyl” (crogiolo) del Nuraghe Addanas (Cossoine), la scritta dell’archetto della chiesetta campestre di San Nicola di Trullas di Semestene, la pietra di Jerzu, il ciondolo di Solarussa. Naturalmente ricordiamo anche e soprattutto la barchetta fittile di s’Urbale di Teti, unico documento, per ora, “accettato” dalla scienza accademica in quanto, sottoposto a perizia, è stato giudicato essere stato scritto all’incirca nel IX secolo a.C. E, notizia fondamentale, con i segni graffiti “ante coctionem”.
Tantissimi documenti dunque, tutte belle prove attinenti non solo alla disciplina epigrafica ma anche a quella scientifica storica in quanto “fonti dirette” o di conoscenza primaria. Le prove insperate che servono per far passare la Sardegna dalla preistoria alla storia, anche quella più conosciuta, del Mediterraneo.
“Eppure c’è da scommettere – scriveva specificamente per la stele e scrive ancora Sanna per gli altri documenti – che da parte dei soliti negazionisti e dei cosiddetti feniciomani si cercherà di soffocare il tutto con il più rigoroso silenzio”.
Perché, evidentemente, si tratta di verità “scomode”, che mettono in discussione e il più delle volte inficiano vecchie certezze di accademici e sovrintendenti che su di esse hanno costruito le loro carriere e i loro successi. Ad iniziare dall’inglese Donald Harden.
Nota Bibliografica
1. Gigi Sanna, Sardôa grammata, Ed. S’Alvure, Oristano, 2004

L A STRAGE DI BOLOGNA

Di fronte al tentativo di negare verità storiche e anche processuali, ripubblico il mio articolo pubblicato su “In Terris”, nell’anniversario della strage di Bologna “2 agosto 1980: 43 anni fa la strage di Bologna”

43 anni orsono, il 2 agosto del 1980, alle 10,25, un improvviso boato coprì le mille voci festose dell’affollata stazione ferroviaria di Bologna. Una potentissima bomba era scoppiata nella sala d’aspetto di seconda classe, provocando il crollo dei piani superiori dove si trovavano gli uffici dell’azienda di ristorazione Cigar. Crolla anche la pensilina per ben 30 metri e la potente esplosione investe anche il treno Ancona-Chiasso, che era in sosta al primo binario.
Il bilancio delle vittime è terribile: 85 morti e 200 feriti. L’attentato è subito denominato “strage di Bologna”, così come l’attentato alla Banca nazionale dell’agricoltura del 12 dicembre 1969, con i suoi 17 morti e 88 feriti, era già passato alla storia come la “strage di Milano”. Ha il triste primato di essere la più grande dell’intera storia dell’Italia repubblicana.
Il presidente Sandro Pertini, prontamente accorso a Bologna, essendo già accertato, con la prova evidente del cratere provocato dalla bomba, che si era trattato di un attentato, dopo la prima ipotesi che all’origine vi fosse stata l’esplosione di una caldaia, disse sgomento: “Siamo di fronte all’impresa più criminale che sia avvenuta in Italia”.
Il settimanale “L’Espresso”, la settimana successiva, uscì con un numero speciale che in copertina aveva la riproduzione di un dipinto di Renato Guttuso, realizzato per l’occasione, cui è dato lo stesso titolo di una nota incisione di Francisco Goya: “Il sonno della ragione genera mostri”, con l’aggiunta della data della strage, 2 agosto 1980, vicino alla firma del pittore siciliano.
Gli autori materiali dell’attentato e, ancor più, i loro ispiratori-mandanti-finanziatori sono sicuramente “mostri”, certamente, però, non folli. La Strage di Bologna è l’atto forse più eclatante del progetto eversivo che mirava, con una serie preordinata e ben congegnata di atti terroristici, a creare in Italia uno stato di tensione e di paura diffusa e crescente ad auspicare e giustificare una svolta di tipo autoritario dell’azione governativa e dello stesso assetto istituzionale.
Furono gli inviati in Italia del settimanale inglese, “Observer”, in un servizio di cronaca e commento dell’attentato alla Banca nazionale dell’agricoltura del 12 dicembre del 1969, a scrivere per primi di “Strategy of Tension”, coniando una categoria interpretativa, che nella traduzione italiana, “strategia della tensione”, era destinata ad avere larga e perdurante condivisione. A livello di studiosi ma anche di pubblica opinione.
Illuminante è, al riguardo, il libro, “Dietro tutte le trame. Gianfranco Alliata e le origini della strategia della tensione” (Donzelli 2022), di Giovanni Tamburino, magistrato dal 1970 al 2015, componente, negli anni Ottanta, del Consiglio superiore della magistratura, oggi presidente dell’Archivio Flamigni. Il suo ricco Centro di documentazione, con costante attenzione al mondo della scuola e dell’università, promuove e coordina ricerche sulla stagione delle stragi e del terrorismo, animando anche la “Rete degli archivi per non dimenticare”.
Ha ribadito lo stesso presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo messaggio inviato lo scorso anno all’Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna: “L’immagine della stazione ferroviaria con l’orologio fermo al minuto della tremenda esplosione è divenuta simbolo della disumanità del terrorismo, dell’attacco sferrato al cuore della democrazia italiana e della risposta, ferma e solidale, che la società e lo Stato seppero dare agli eversori assassini. La strage di Bologna – ha continuato il Capo dello Stato – era iscritta in una strategia che mirava a destabilizzare le istituzioni e la sua matrice è stata accertata dalle conclusioni giudiziarie”.
Nelle motivazioni della sentenza della Corte d’Assise di Bologna, depositate nell’aprile di quest’anno, che in oltre 1.700 pagine ne elencano le prove “granitiche”, si legge: “In conclusione, deve ritenersi che l’esecuzione materiale della strage di Bologna sia imputabile a un commando di soggetti provenienti da varie organizzazioni eversive, tra i quali era presente Paolo Bellini, uniti dal comune obiettivo di destabilizzazione dell’ordine democratico, coordinati dai funzionari dei servizi segreti o da altri esponenti di apparati dello Stato, che a loro volta rispondevano delle direttive dei vertici della Loggia P2, cui avevano giurato fedeltà, con un vergognoso tradimento della Costituzione Repubblicana”.
È questa, secondo la Corte d’Assise di Bologna, l’articolata struttura che ha pensato, finanziato e realizzato la strage alla stazione di Bologna, come emerge dalle 1.714 pagine delle motivazioni della sentenza del processo che ha condannato Bellini all’ergastolo.
Avendo presente le finalità della strategia della tensione è facile comprendere perché fu scelta proprio la stazione di Bologna, il nodo ferroviario più importante in cui convergono treni e passeggeri di tutta Italia, come obiettivo dell’attentato, con la mefistofelica intelligenza di collocare la bomba nella sala d’attesa di seconda classe, per di più in fascia oraria di grande affollamento. Per di più il 2 agosto, quando nel pieno delle ferie è comune il proposito di liberarsi dalle fatiche, dalle preoccupazioni e dalle tensioni di un anno di lavoro.
Nella logica della strategia della tensione provocare tante vittime anonime, uomini e donne, di tutte le età e di tutte le regioni, compresi degli stranieri, avrebbe conseguito un effetto moltiplicatore, non momentaneo, nella creazione di un clima di paura e d’insicurezza propizio per il progetto eversivo.
Nel sito ufficiale dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna 2 agosto 1980 (http://www.stragi.it), nel quale, con una grande mole di documenti, immagini e testimonianze, sono ricostruite la strage e la vicenda politico-giudiziaria, in un’apposita sezione, “Le vittime”, è dato loro un volto e un’identità, personale e familiare. Ne cito solo due, Maria Fresu e la figlia Angela, una bambina di soli tre anni, che assieme a due amiche erano in viaggio per una breve vacanza sul Lago di Garda. I resti martoriati di Maria furono ritrovati e riconosciuti sono a fine dicembre. Era di una famiglia sarda, con ben sette fratelli, che vivevano in Toscana, a Montespertoli, come tanti isolani che, a seguito della crisi della mezzadria avevano occupato e ridato vita con l’attività agropastorale ai poderi delle colline toscane.
Le vittime, nel loro insieme, sono una fotografia emblematica dell’Italia popolare, frutto anche delle grandi migrazioni interne, che, grazie alle conquiste, anche salariali, del decennio precedente può permettersi persino brevi vacanze. Quest’Italia, come dai versi della bellissima canzone preveggente, “Viva l’Italia”, dell’anno prima, di Francesco De Gregori, “l’Italia che lavora”, “l’Italia presa a tradimento e colpita al cuore”, con la reazione delle istituzioni e dei cittadini seppe rispondere con fermezza e unità. Citando ancora i versi di De Gregori, si rivelò come “l’Italia che non ha paura, l’Italia che resiste”.

Carlo Felice Casula

Santa Maria della neve

 

Santa Maria della Neve


Nome: Santa Maria della Neve
Titolo: Dedicazione della basilica di Santa Maria Maggiore
Ricorrenza: 5 agosto
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Memoria facoltativa

La festa della Beata Vergine della Neve è una delle più celebri, specie in Italia, ove numerosi sono i Santuari dedicati alla Madonna sotto questo titolo.

Viveva in Roma nel secolo IV, sotto il pontificato del Papa Liberio, un nobile patrizio di nome Giovanni, il quale, non meno che la sua consorte, di nome Maria, era acceso di grande amore verso la SS. Vergine. Non avendo figliuoli, andava pensando quale fosse la volontà di Dio a loro riguardo acciocchè potessero sempre meglio servirlo usando in bene le loro cospicue ricchezze. Maria SS., alla quale essi di continuo rivolgevano ferventi suppliche, aveva però su di loro disegni cui certo essi non avrebbero mai pensato: voleva che in Roma venisse eretto un santuario in suo onore. Per questo apparve in sogno ai due suoi devoti manifestando il suo desiderio; indicò pure il luogo ove dovevano farlo costruire, annunziando che nel giorno appresso avrebbero trovato uno dei sette colli di Roma bianco di neve.

Giovanni e Maria furono assai contenti e ringraziarono il Signore di gran cuore. Venuta poi la mattina, Giovanni volle visitare i colli sicuro di vedervi il miracolo nonostante la calma di agosto; ed il miracolo era veramente avvenuto sull’Esquilino ove doveva essere costruita la chiesa. Manifestò la visione e il miracolo al Papa, e questi, che aveva avuto la medesima visione « io pure, disse il Papa, ebbi la stessa visione, ed è segno che Maria scelse quel colle a stia gloria », fu ben lieto di approvare e benedire l’opera. Subito si scavarono le fondamenta ed in poco tempo la basilica fu compiuta per opera dei due bravi cristiani, rimanendo così a perpetuo ricordo della loro devozione a Maria.

Questo grandioso monumento alla Madre di Dio fu dapprima chiamato Basilica Liberiana per ricordale il Pontefice Liberio che aveva approvato i disegni; ma in seguito, oltre al nome di S. Maria al Presepe venutole per la culla del Redentore ivi portata, venne chiamata S. Maria Maggiore e dedicata alla Beata Vergine della Neve.

Basilica di Santa Maria Maggiore

In S. Maria Maggiore si venera pure il Presepio o Culla di Gesù Bambino che è il più prezioso tesoro posseduto da questo celebre santuario; nel giorno di Natale viene esposto alla pubblica venerazione.

PRATICA. Purifichiamoci bene col Sacramento della Confessione! Solo così possiamo sperare da Maria le grazie più elette.

PREGHIERA. O Vergine SS. che hai voluto manifestare miracolosamente a Giovanni e a Maria tuoi devoti il desiderio della tua glorificazione in terra, fa’ che anche noi ti invochiamo in tutti i bisogni della nostra vita per rimanere sempre sotto la tua protezione e così poter un giorno cantare le tue lodi in paradiso.

MARTIROLOGIO ROMANO. Dedicazione della basilica di Santa Maria Maggiore, innalzata a Roma sul colle Esquilino, che il papa Sisto III offrì al popolo di Dio in memoria del Concilio di Efeso, in cui Maria Vergine fu proclamata Madre di Dio.

Maria Santissima Madre di Dio

Basilica di Santa Maria Maggiore
Papale arcibasilica patriarcale maggiore arcipretale liberianaI primi lavori di trasformazione di una certa importanza furono eseguiti durante il pontificato di Eugenio III (1145-1153), il quale fece sopprimere il…

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Santa Maria della Neve
Dedicazione della basilica di Santa Maria MaggioreLa Madonna apparve in sogno ad un nobile patrizio di nome Giovanni indicandogli di costruire una chiesa nel luogo in cui avrebbe trovato la neve il mattino seguente.

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Trasfigurazione del Signore
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Per quello spirito di penitenza che vi indusse a far costantemente vostra particolare delizia il digiuno più severo, la povertà più rigorosa e le mortificazioni più penose e quindi la privazione di tutti…
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I. O glorioso s. Lorenzo, che, fatto poi vostro disinteresse, poi vostro zelo, il primo dei sette diaconi della chiesa romana, quindi custode e amministratore di tutti i di lei beni per il sollievo dei…
 
 

 

 

 

 

SANT’ ASPRENO DI NAPOLI

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Sant’ Aspreno di Napoli


Nome: Sant’ Aspreno di Napoli
Titolo: Vescovo
Nascita: I Secolo, Napoli
Morte: II Secolo, Napoli
Ricorrenza: 3 agosto
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Patrono di:
Napoli

Aspreno nacque nel primo secolo a Napoli, della sua vita si hanno poche notizie. Si narra che San Pietro dopo aver fondato fondata la Chiesa d’Antiochia si mise in viaggio per Roma e nel mezzo incontrò una vecchietta di nome Santa Candida La Vecchia la quale promise di adorare il signore se fosse guarita dal suo male.

Pietro invocando la forza del Signore Dio pregò per la donna che guarì in breve tempo, ella, grazie al prodigiosa guarigione decise di presentare a San Pietro Aspreno un suo amico malato per poter ricevere la medesima grazia. Così Pietro riuscì a guarire anche Asperno decidendo poi di battezzarlo.

A guarigione avvenuta Aspreno si convertì e quando Pietro dovette lasciare Napoli per Roma consacrò l’uomo vescovo poiché nel frattempo la comunità cristiana era divenuta ampia e necessitava di un pastore. Aspreno fece costruire un edificio di culto Santa Maria del Principio, dove poi sarebbe sorta la Basilica di Santa Restituta e quindi il Duomo di Napoli.

Aspreno fu il primo vescovo di Napoli e secondo il Calendario Marmoreo di Napoli, un’antica stele in cui ci sono i nomi dei vescovi di Napoli sino al IX secolo, la sua guida pastorale durò circa 23 anni. La sua vita si svolse sotto gli imperatori Traiano e Adriano. Fu particolarmente ricolmo d’amore verso i poveri e si dimostrò sempre disponibile verso qualsiasi persona al di là del ceto e della condizione sociale, il suo speciale carisma fece accrescere la comunità cristiana napoletana.

Secondo la tradizione Sant’Aspreno guariva in modo miracoloso le persone dal mal di testa e per questo è invocato contro l’emicrania.

Fu il primo patrono di Napoli, dal 1673 è venerato come secondo patrono della città.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Napoli, sant’Asprenato, primo vescovo della città.

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– Santa Chiara
Per quello spirito di penitenza che vi indusse a far costantemente vostra particolare delizia il digiuno più severo, la povertà più rigorosa e le mortificazioni più penose e quindi la privazione di tutti…
– San Domenico di Guzman
I. O glorioso s. Domenico, che fin dai vostri primi anni diveniste l’ammirazione di tutto il mondo per la pratica continua dell’orazione, del digiuno, delle veglie o d’ogni sorta di austerità, non che…
– Santa Filomena di Roma
Ti saluto, Filomena, Vergine e Martire di Gesù Cristo, e ti supplico di pregare Dio per i giusti, affinché si conservino nella loro giustizia e crescano ogni giorno di virtù in virtù. Credo in Dio, Padre…
– San Gaetano Thiene
I. O viva immagine di angelica illibatezza, glorioso patriarca s. Gaetano, che, affidato fin dall’infanzia alla custodia d’un Serafino, e visibilmente investìto dallo Spirito Santo, vi deste a conoscere…
– Santa Giovanna Francesca de Chantal
I. O gloriosa s. Giovanna Francesca, che, fanciulletta ancor di cinque anni gettando al fuoco gli scritti di un eretico, combattendo con eloquenza superiore alla vostra età tutti i suoi falsi ragionamenti…
– San Giovanni Maria Vianney
Il desiderio del Cielo San Giovanni-Maria Vianney, la prima parola che hai rivolto al piccolo pastore, arrivando ad Ars, è stata: “Tu ini ha mostrato la strada che conduce ad Ars, io ti indicherò la via…
– San Lorenzo
I. O glorioso s. Lorenzo, che, fatto poi vostro disinteresse, poi vostro zelo, il primo dei sette diaconi della chiesa romana, quindi custode e amministratore di tutti i di lei beni per il sollievo dei…
– Madonna della Neve
O Maria, potentissima Regina del cielo e della terra, poiché Tu hai accordato una particolare protezione su coloro che ti onorano sotto il bel titolo di Signora della Neve, accogli sotto il tuo potente…