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Il decreto legislativo n. 119/11, che entrerà in vigore il prossimo 11 agosto, attua la delega prevista all’articolo 23 della legge n. 183/2010 che aveva disposto l’emanazione da parte del governo di “uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa vigente in materia di congedi, aspettative e permessi, comunque denominati, fruibili dai lavoratori dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati”.
Le nuove norme, che valgono per i lavoratori del settore pubblico e del settore privato, per la loro attuazione devono attendere l’emanazione delle circolari applicative dell’ Inps e del Dipartimento della Funzione Pubblica.
Cosa cambia per i genitori che assistono un figlio disabile
Permessi orari
Non sono stati oggetto di modifiche e pertanto continuano ad essere un diritto dei genitori di figli disabili dal 1° anno di vita e sino al compimento del 3° anno (nel 1° anno di vita vige la possibilità di usufruire dei permessi (2 ore) per allattamento). Sono pari a due ore per ogni giorno lavorativo con orario di lavoro pari o superiore a 6 ore (un’ora se l’orario di lavoro é inferiore alle 6 ore giornaliere).
Prolungamento del congedo parentale
Le novità vanno individuate nella durata – 36 mesi complessivi – e nella possibilità di fruirne entro i primi 8 anni di vita del figlio. Il termine di 36 mesi vale per ogni figlio disabile ed é il massimo fruibile complessivamente non solo dal padre e dalla madre ma anche fra congedo parentale e prolungamento dello stesso.
Vengono concessi per riconoscimento dello stato di grave handicap del figlio; età del bambino: entro il compimento dell’ottavo anno; non ricovero a tempo pieno in istituto specializzato salvo il caso in cui la presenza del genitore sia richiesta dagli stessi sanitari.
Possono essere fruiti in maniera continuativa o frazionata, a giorni, a settimane o a mesi. I genitori si possono alternare nella fruizione sia del congedo parentale sia del prolungamento del congedo parentale.
Va sottolineata l’introduzione di una novità importante quale quella di non essere più obbligati a fruire (anche solo in linea teorica) del congedo parentale prima di poter beneficiare del prolungamento. Una pre-condizione incomprensibile e inutile, giustamente archiviata in un’ottica di semplificazione delle procedure.
In altre parole, i genitori di un figlio disabile sanno di poter contare su 36 mesi di congedo parentale, un congedo prolungato rispetto a quello “normale”, che potranno decidere come e quando utilizzare, sapendo che i 36 mesi sono complessivi anche fra i due genitori, se ne fruiscono alternandosi. La possibilità di “spalmare” il prolungamento del parentale sino al compimento degli 8 anni del figlio, permette ai genitori di un bambino disabile di decidere, in base alle esigenze proprie e del bambino, come avvalersi di tale diritto utilizzandone anche la maggiore flessibilità. Il diritto riguarda entrambi i genitori poiché, in linea con la legge sui congedi parentali (legge 53/2000) ad ambedue viene riconosciuto il diritto di accudire il figlio.
La retribuzione è quella riconosciuta durante il congedo parentale: il 30% dell’ultima retribuzione percepita, sia nel settore pubblico sia nel settore privato. Laddove la contrattazione collettiva avesse stabilito norme di maggior favore, valgono queste ultime.
L’accredito contributivo è figurativo, nel pubblico e nel privato, e il valore retributivo della contribuzione figurativa é pari al 100%.
Permessi mensili (tre giorni al mese)
I requisiti per ottenerli sono: il figlio disabile non deve essere ricoverato a tempo pieno salvo il caso in cui la presenza del genitore sia richiesta dai sanitari della struttura; età del bambino: dalla nascita.
I beneficiari dei permessi mensili sono i genitori (anche adottivi o affidatari), oppure un parente o affine entro il 2° grado (ad es. nonni, fratelli) del bambino.
I permessi possono essere fruiti da un solo genitore oppure da entrambi in maniera alternativa. Naturalmente, qualora la contrattazione collettiva abbia stabilito condizioni di miglior favore, valgono queste ultime.
Il congedo biennale retribuito (due anni retribuiti)
Ne hanno diritto i genitori del figlio disabile.
Può essere accordato ad ogni età del figlio che però non deve essere ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che la presenza del genitore sia richiesta dai sanitari.
Può essere fruito alternativamente dal padre o dalla madre, per un massimo complessivo di 2 anni. Il lavoratore richiedente ha diritto ad usufruire del congedo entro 60 giorni dalla richiesta. La durata del congedo si intende per ogni figlio disabile e nell’arco della vita lavorativa di ogni genitore.
La legge così modificata nel confermare il diritto all’alternatività nella fruizione del congedo da parte dei due genitori, conferma anche l’impossibilità del padre (o viceversa), mentre la madre (o viceversa) sta usufruendo del congedo, di beneficiare negli stessi giorni dei permessi mensili o del prolungamento del congedo parentale o dei permessi orari.
Il padre, invece può beneficiare di un periodo di congedo retribuito anche quando la madre del bambino disabile é in congedo di maternità o in congedo parentale.
Il periodo di congedo é coperto da contribuzione figurativa. Non è chiaro se questa disposizione vale solo per il settore privato o anche per quello pubblico.
Ferie
Nel decreto viene riportata una norma della Finanziaria 2007 che prevede, nel caso in cui il lavoratore fruisca di un periodo di congedo retribuito non superiore a 6 mesi, il diritto ad assentarsi dal lavoro per un numero di giorni di permesso non retribuito pari al numero dei giorni di ferie che avrebbe maturato in costanza di rapporto di lavoro. Questi giorni di congedo non retribuito non sono coperti da alcuna contribuzione.
Infine, il decreto dispone esplicitamente che durante il periodo di congedo non maturano le fiere, la 13sima mensilità e il trattamento di fine rapporto. Per quanto non espressamente previsto dai commi 5, 5-bis, 5-ter e 5 quater si applicano le disposizioni dell’articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53.”.
Il passo indietro é notevole. Le nuove disposizioni fanno compiere ai diritti dei lavoratori un drastico passo indietro e non considerano la norma antidiscriminatoria di cui al dlgs 216/2003. Se la maturazione delle ferie è un aspetto controverso, così non é per la 13ma e 14ma mensilità.
Cosa cambia per i lavoratori che assistono un familiare disabile
Permessi mensili ( tre giorni al mese)
Per ottenerli il familiare disabile non deve essere ricoverato a tempo pieno, deve essere il coniuge, o un parente o affine entro il 2° grado (genitori, figli, suoceri, nuore, generi, nonni, nipoti, fratelli, sorelle, cognati); oppure, entro il 3° grado se i genitori o il coniuge del disabile hanno compiuto i 65 anni oppure sono affetti da patologie invalidanti oppure sono deceduti o mancanti.
Quando più lavoratori assistono lo stesso familiare disabile, resta ferma la regola che non é possibile riconoscere i permessi a più di un lavoratore per assistere la stessa persona disabile.
Tuttavia il lavoratore può assistere più familiari, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente/affine entro il 1° grado (figli, genitori). La possibilità di assistere più familiari disabili entro il 2° grado invece é concessa nel caso in cui i genitori o il coniuge della persona disabile hanno compiuto i 65 anni oppure sono affetti da patologie invalidanti oppure sono deceduti oppure sono mancanti.
Viene introdotta una novità che riguarda l’assistenza a familiari residenti lontano dal lavoratore richiedente i permessi. Infatti, se il familiare disabile é residente in un comune situato ad una distanza stradale superiore a 150 km da quello del lavoratore richiedente i permessi, quest’ultimo deve attestare con titolo di viaggio o altra documentazione idonea, il raggiungimento del luogo di residenza dell’assistito (biglietto del treno, biglietto aereo, ticket autostrada, telepass, ….).
Congedo biennale retribuito – Cosa cambia per i lavoratori che assistono un familiare
E’ quello maggiormente modificato poiché é stato aggiornato sulla base delle sentenze della Corte Costituzionale. Il giudice delle leggi ha stabilito un ordine di priorità fra gli aventi diritto a richiedere il congedo, sulla base del grado di parentela con la persona disabile e cioè il coniuge; i genitori; i figli; i fratelli o le sorelle.
In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge, il diritto a fruire del congedo passa alla madre o al padre (anche adottivi) del disabile, i quali, a loro volta, se mancanti o deceduti o affetti da patologie invalidanti, passano il diritto ai figli, e così via.
Il diritto a fruire del congedo si concretizza entro 60 giorni dalla richiesta. La persona da assistere non deve essere ricoverata salvo che la presenza del familiare sia richiesta dai sanitari. Non può superare la durata complessiva di due anni per ogni familiare disabile e nell’arco della vita lavorativa di ognuno. Nel caso in cui il lavoratore fruisce di un periodo di congedo retribuito non superiore a 6 mesi, ha diritto ad assentarsi dal lavoro per un numero di giorni di permesso non retribuito pari al numero dei giorni di ferie che avrebbe maturato in costanza di rapporto di lavoro. Questi giorni di congedo non retribuito non sono coperti da alcuna contribuzione.
La norma precisa che “il richiedente ha diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione” facendo riferimento alle voci fisse e continuative.
Il periodo é coperto da contribuzione figurativa; la contribuzione é già figurativa nel caso dei dipendenti privati e sembrerebbe diventarlo anche per i pubblici.
Il periodi di congedo biennale retribuito non incide sulla maturazione delle ferie né della 13ma né del TFR.
Il congedo per cure per gli invalidi
Si tratta della possibilità di assentarsi legittimamente dal posto di lavoro e interessa quelle lavoratrici e quei lavoratori affetti da patologie (comportanti una riduzione della capacità lavorativa superiore al 50%) che richiedono lunghi periodi di cura (non superiori a 30 giorni) non rinviabili e utili ad un suo recupero fisico.
La conservazione del posto di lavoro durante il periodo di malattia é stabilita dai CCNL che determinano e regolano il cosiddetto “periodo di comporto”, superato il quale il lavoratore rischia il licenziamento. Relativamente a questo aspetto, la maggior parte dei CCNL prevede per i lavoratori affetti da patologie che comportano, fra l’altro, anche la necessità di trattamenti salvavita, un comporto più elastico rispetto a quello della malattia comune.
Si conferma che non si tratta di congedo per cure termali per i dipendenti pubblici, il quale continua ad essere regolato dalla normativa vigente.
Per accedere al congedo per cure è necessario oltre all’accertamento di un’invalidità civile superiore al 50% anche la richiesta del medico convenzionato con il SSN o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica dalla quale risulti la necessità della cura in relazione all’infermità invalidante riconosciuta
La domanda va presentata al datore di lavoro con allegato il verbale Asl di accertamento e la richiesta del medico.
Il lavoratore deve documentare in maniera idonea l’avvenuta sottoposizione alle cure e, in caso di trattamenti terapeutici continuativi, la documentazione che giustifica l’assenza può essere cumulativa.
I giorni di assenza per “congedo per cure” vengono retribuiti dal datore di lavoro con le regole delle assenze per malattia. Pertanto, nel settore pubblico, durante i primi 10 giorni di assenza per congedo per cure, la retribuzione del dipendente potrebbe subire la decurtazione stipendiale stabilita con legge 133/08.
Ricordiamo che vigono alcune deroghe al regime della decurtazione che riguardano le assenze dovute a trattamenti terapeutici conseguenti a infortunio sul lavoro o causa di servizio e a patologie gravi che richiedono terapie salvavita
Nel settore privato, il CCNL normalmente prevede che il datore di lavoro retribuisca i primi 3 giorni di malattia (cosiddetta carenza) ed integri l’indennità di malattia erogata all’Inps nei giorni successivi al 3°. Pertanto, sembra di capire che i giorni di assenza relativi al congedo per cure saranno retribuiti con il solo importo a carico del datore di lavoro così come previsto dal CCNL di riferimento, cioè quello che va ad integrare l’indennità dell’Inps. Se così fosse, il danno retributivo per i lavoratori privati potrebbe essere maggiore che per i dipendenti pubblici.
Per quanto riguarda il comporto, la norma stabilisce chiaramente che i giorni di congedo non rientrano nel periodo di comporto.
Presso le sedi dell’Inca, dislocate su tutto il territorio nazionale, gli operatori di patronato sono a disposizione di coloro che vogliono avere informazioni più approfondite sulla materia.