Archivi giornalieri: 11 marzo 2009

Pane e Liberta’

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Storia dell’ INAIL

 

Storia dell’INAIL dalle origini ad oggi. Quando l’Italia si scoprì industriale

 

23 febbraio 2009. La nascita e lo sviluppo dell’Istituto dalla seconda metà del XIX secolo ai giorni nostri. Prima puntata: lo spopolamento delle campagne e la nascita della classe operaia sollevano il problema dell’indennizzo degli infortuni sul lavoro

ROMA – Spetta alla legge n. 80 del 17 marzo 1898 il merito di avere introdotto, per la prima volta, nel sistema legislativo italiano l’obbligatorietà dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Un provvedimento, quello emanato dal Parlamento, che rappresentò, da una parte, un punto di approdo in un momento critico dell’assetto economico-sociale del nostro Paese e, dall’altra, l’inizio di un percorso complesso e, per certi aspetti, ancora in corso. Ripercorriamo, dunque, in poche – e speriamo interessanti – tappe la storia dell’INAIL. Un modo per cogliere, da un punto di vista prospettico particolare e sempre di grande attualità, alcuni passaggi evolutivi essenziali dell’intera storia d’Italia.

La crisi dell’agricoltura. Dall’agricoltura all’industria: fu questo lo snodo determinante dell’evoluzione economico-sociale italiana a rendere ineludibile, nella seconda metà del XIX secolo, il problema degli infortuni sul lavoro. Sebbene in modo discontinuo a seconda delle diverse realtà territoriali del paese, in questa dinamica si intersecarono elementi molteplici  – dai crescenti investimenti stranieri alla riforma della politica doganale – che si “canalizzarono” in un complessivo esito finale: via via, masse di popolazione sempre più numerose abbandonarono le campagne per trasferirsi, in nome della migliore congiuntura, nei nuovi centri urbani.

I settori industriali che più beneficiarono di questo passaggio (agevolati dalle nuove tecnologie e da scelte imprenditoriali di concentrazione economica) furono soprattutto la metalmeccanica, la chimica e il tessile. Comparti dove la forza lavoro – una nascente classe operaia costretta a vivere nella mancanza delle più elementari norme di igiene e sicurezza, all’insegna di turni di lavoro massacranti e senza reali forme di regolamentazione – iniziò a sperimentare le prime forme di organizzazione politica e sindacale. Il proliferare degli infortuni, così, si affermò in breve tempo come una delle principali preoccupazioni che animarono il dibattito politico e il problema degli indennizzi venne sollevato per la prima volta in Parlamento col Regio Decreto del 29 dicembre 1869. Il provvedimento istituiva la “Commissione consultiva del lavoro e della previdenza sociale”, incaricandola di definire i contenuti specifici di una futura legge in materia.

Gli indennizzi e l’assenza di leggi. Da un punto di vista giuridico quello degli indennizzi era un ambito caratterizzato da una generale deficienza dei principi del diritto e da uno stato di tutela essenzialmente labile. Secondo le originarie norme in vigore, infatti, il risarcimento del danno era possibile solo a fronte di una provata colpa del datore di lavoro nell’accadimento del fatto: cosa spesso difficile da dimostrare sia per la dinamica spesso accidentale dell’evento, sia per la ritrosia dei lavoratori a citare in giudizio chi erogava loro il salario.

A partire dal 1879 i primi disegni di legge proposti si sforzarono di realizzare, pertanto, una sorta di inversione dell’onere della prova, spostando sul datore di lavoro il compito di dimostrare l’inesistenza delle proprie responsabilità. Di pari passo si fece progressivamente largo nell’opinione pubblica la consapevolezza dell’esigenza di una legislazione complessiva di protezione del lavoratore: a partire dall’orario dei turni fino alla tutela delle donne e dei bambini. Consapevolezza che, tuttavia, da un punto di vista realmente normativo si tradusse in un nulla di fatto, dal momento che – a oltre vent’anni dalla propria istituzione –  la Commissione consultiva, malgrado volenterosi tentativi e proposte, non fu capace di dare vita a risultati tangibili.

(Continua)

 

 

Cultura

Storia dell’INAIL dalle origini ad oggi. Nascono le prime forme assicurative

 

2 marzo 2009. La nascita e lo sviluppo dell’Istituto dalla seconda metà del XIX secolo ai giorni nostri. Seconda puntata: nel 1883 viene realizzata una Convenzione nazionale relativa a una polizza volontaria contro gli infortuni sul lavoro. E le adesioni registrano il boom 

ROMA – Se a livello legislativo la realizzazione di una normativa per regolamentare gli infortuni sul lavoro continuava a registrare una continua fase di stallo, alcune imprese cominciarono a muovere dei primi passi per affrontare la  situazione. Ecco, allora, che nel 1877 la Supermeister e C., azienda di filatura del novarese, per la prima volta in Italia stipulava una polizza assicurativa con una compagnia privata straniera per la copertura degli incidenti professionali occorsi ai propri dipendenti.

L’iniziativa ebbe due conseguenze. La prima: l’impresa conseguì una medaglia d’oro al merito all’Esposizione nazionale del Milano del 1881. La seconda, ben più importante: alcuni parlamentari cominciarono a maturare l’idea di una Cassa nazionale che – senza perseguire fini di lucro e sulla base di una convenzione generale –  potesse gestire una forma di assicurazione volontaria contro questo genere di accadimenti.

La proposta si rivelò decisamente più fattibile rispetto a quella normativa. Al punto che – già nel 1882 –  lo schema per la Convenzione era ultimato. Furono necessari solo poche migliorie (alcuni approfondimenti sul concetto stesso di “infortunio” e qualche ritocco migliorativo in materia fiscale) e il documento fu firmato nel febbraio del 1883. Nel luglio dello stesso anno un altro grande traguardo veniva tagliato: la tanto agognata “Cassa nazionale di assicurazione per gli infortuni degli operai sul lavoro” vedeva, finalmente, la luce.

Il suo sviluppo, dopo una nascita così faticosa, fu rapido. A poco più di un anno dalla sua fondazione, l’organo, infatti, vide l’apertura dei suoi primi uffici al pubblico nella sede centrale di Milano. Le polizze stipulate crebbero a vista d’occhio: dal 1884 al 1894 da 54 a 3.242. Numerosi anche i lavoratori assicurati che, nel giro del decennio, salirono da 1.663 a 130.985.

Il successo dell’iniziativa rendeva evidente un principio, non solo presso il Parlamento ma soprattutto nell’opinione pubblica: che il “rischio professionale” non era un fattore che poteva più essere trascurato e che una forma di assicurazione in grado di connettere questo pericolo direttamente all’attività imprenditoriale era cosa più che legittima. Non a caso, un articolo del gennaio 1892 pubblicato sul quotidiano meneghino “Il Secolo” concludeva così: “Il rischio professionale è dunque il maggior fattore dei casi di infortunio e parrebbe opera equa il ripartire l’obbligo dell’assicurazione”.

Cominciava a manifestarsi, dunque, un’inadeguatezza di fondo che caratterizzava l’esito pur positivo riscosso dalla Cassa: ovvero il non accettabile fondamento volontario dell’assicurazione. Era difficile, infatti, tollerare una realtà del genere in un Paese dove il crescere continuo delle industrie determinava incrementi esponenziali degli infortuni in fabbrica. Un primo passo per ovviare al problema fu il tentativo di incentivare – mediante opportuni incentivi – la sottoscrizione delle polizze da parte del Consiglio superiore della Casa. Ma si trattava di una soluzione di ben corto raggio. La vera soluzione andava cercata altrove.

(continua)

  

INAIL

Storia dell’INAIL dalle origini ad oggi. Lo sviluppo dello Stato sociale

 

10 marzo 2009. Nel 1898 il Parlamento promuove la legge che sancisce l’obbligatorietà dell’assicurazione contro gli infortuni. Nasce il principio del “rischio professionale” (terza puntata)

ROMA – Ci vollero circa vent’anni e la presentazione di una dozzina di disegni di legge perché il Parlamento riuscisse, alla fine, a promulgare la tanto agognata normativa in materia di infortuni sul lavoro. A riuscire nell’obiettivo fu il ministro dell’agricoltura, industria e commercio Francesco Guicciardini, il cui ddl vide l’approvazione del Senato nel luglio del 1897 e della Camera nel marzo del 1898.

L’assicurazione contro gli infortuni diventa obbligatoria. La legge n. 80 del 1898 se, a livello generale, sanciva l’obbligatorietà dell’assicurazione ed estendeva la copertura anche in caso di colpa del lavoratore, proponeva tuttavia dei passaggi decisamente graduali. Il provvedimento, così, non solo tutelava poche categorie di lavorazioni, ma riconosceva anche un indennizzo parziale. Mancava, inoltre, l’assegnazione ad un unico Ente del compito di gestire le polizze, lasciando – salvo che per alcuni casi – libera volontà di scelta.

Ispirata da un modello di Stato poco incline a realizzare interventi diretti, questa normativa per certi aspetti contrastava con quel processo inarrestabile che vedeva accrescere sempre di più l’incidenza delle masse nella vita politica ed economica del Paese: un fenomeno che, da una parte, dava luogo a nuove e più intense forme di tutela e, dall’altra, determinava un livello più forte di attenzione delle istituzioni nei confronti del governo del sociale, non più lasciato alla libera determinazione delle parti.

Ecco, allora, che il legislatore – nel delinearsi di un generale sistema a tutela del lavoro – diventava protagonista anche della realizzazione di programmi statali che cercavano di incidere direttamente nella fase di prevenzione degli eventi dannosi, attraverso la promozione di adeguate misure di sicurezza. Nel 18 giugno 1899, proprio in virtù di una delega contenuta nella legge 80/1898, venivano emanati tre successivi decreti legislativi che realizzavano il primo intervento organico in materia di sicurezza con l’approvazione del “Regolamento generale di prevenzione”.

I primi anni del XX secolo. La legislazione sociale che caratterizzò i primi anni del secolo XX testimonia in maniera piena il progressivo affermarsi di una concezione più interventista dello Stato rispetto ai problemi sociali. Il momento culminante di questo processo è rappresentato dall’allargamento, accanto alla obbligatorietà delle assicurazioni sociali, delle aree di mediazione pubblica attraverso la promozione di forme di sostegno diretto ad alcune categorie organizzate e ai loro specifici interessi di lobby. Il testo unico n. 51 del 31 gennaio 1904 – che raggruppò e  riordinò la normativa in materia di infortuni sul lavoro ed estese la tutela ad alcune lavorazioni agricole (senza introdurre, però, alcuna novità in materia di soggetto assicuratore) – può considerarsi, in tal senso, un primo e preciso – per quanto timido – segnale della nascita di un embrione di Stato sociale.

Il “rischio professionale”. Lo sviluppo del sistema previdenziale da parte delle istituzioni, oltre che a rispondere alle legittime aspettative delle classi lavoratrici, si caratterizzò anche per una volontà di sostegno nei confronti dell’assetto produttivo e industriale, strutturandosi intorno a forme di tutela selettiva di alcune tipologie categoriali e professionali. Un chiaro segnale di questo passaggio culturale è rappresentato dall’affermarsi del concetto di “rischio professionale”: principio che veniva a gravare sull’imprenditore sulla base di regole che derogavano da quelle del “classico” risarcimento del danno proprio del diritto comune. Si affermava, di fatto, una nuova modalità di gestione impostata su una “dinamica” triangolare Stato-imprenditore-lavoratore del rapporto previdenziale.

In questa direzione, pertanto, vanno registrate come tentativo di estensione della tutela sociale anche la legge del 19 giugno 1902 n.242 (successivamente integrata dalla legge 818/1907) sulla tutela del lavoro femminile e dei minori e la legge del 22 marzo 1908 n.105 per la regolamentazione del lavoro notturno. Si trattò di un processo non privo di impacci. Le difficoltà a realizzare da parte delle imprese gli obblighi previsti dalla legge imposero, infatti, le prime forme di vigilanza per l’applicazione della legislazione sociale: con la legge 22 dicembre n.1.361 venne istituito, così, un corpo di ispettori dell’industria e del lavoro.

(continua)