Decreto attuativo della Legge Delega sulla disabilità – DECRETO LEGISLATIVO 3 maggio 2024, n. 62

Decreto attuativo della Legge Delega sulla disabilità – DECRETO LEGISLATIVO 3 maggio 2024, n. 62

Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 15 aprile 2024, ha approvato in via definitiva il decreto legislativo che fornisce la nuova definizione della condizione di disabilità (che comprende anche l’attuale definizione di invalidità), i criteri per valutazione di base, la valutazione multidimensionale per l’elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato per le persone con disabilità.

Il testo è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.111 del 14 maggio 2024.

Uno dei decreti attuativi della Legge delega sulla disabilità, uno dei decreti cardine della riforma e da molti definito come una vera e propria “pietra miliare”, è un testo normativo con importanti cambiamenti nell’attuale normativa relativa alla condizione di disabilità.

Il decreto legislativo n. 62/2024 entrerà in vigore il 30 giugno 2024 e per alcuni aspetti prevede l’emanazione entro 6 mesi di un decreto ministeriale con disposizioni effettivamente applicabili dal 10 gennaio 2025.

Esso si occupa in particolare di fornire una definizione della condizione di disabilità e delle procedure di accertamento di tale condizione con una revisione dei processi valutativi di base  volti a una valutazione multidimensionale,  necessaria per la predisposizione di un progetto di vita individuale personalizzato e partecipato.

L’obiettivo è di rimuovere gli ostacoli ed attivare sostegni utili ad esercitare le libertà e i diritti civili e sociali nei vari contesti di vita, scelti liberamente dalla persona stessa. Il decreto modifica l’attuale contesto normativo, in particolare la legge 104 1992, con aspetti innovativi.

Innanzitutto le definizioni di disabilità, della condizione di disabilità e della persona con disabilità, introducono una nuova prospettiva non derivante più dalla mera visione medica dell’impedimento determinato dalla malattia o patologia ma intesa quale risultato dell’interazione tra persone con compromissioni e barriere comportamentali e ambientali che impediscono o limitano la partecipazione nei diversi contesti di vita.

L’adozione dal 1° gennaio 2025 della classificazione internazionale delle malattie (lCD) dell’Organizzazione mondiale della sanità e della classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (ICF): il loro utilizzo congiunto fornisce un quadro più ampio e significativo della salute delle persone.

Il procedimento unitario (e unificato) di valutazione di base, sarà affidato all’INPS dal 1° gennaio 2026, e la certificazione della condizione di disabilità, sarà unificata al processo dell’accertamento dell’invalidità civile, della cecità civile, della sordocecità, degli alunni con disabilità, degli elementi utili alla definizione della condizione di non autosufficienza.

Il procedimento sarà attivato da un certificato medico introduttivo.

Un procedimento di valutazione multidimensionale per la predisposizione del progetto di vita con una valutazione bio-psico-sociale, effettuata con la persona con disabilità al centro del progetto, e che, partendo dalla valutazione di base si completa con gli elementi del contesto sociale concreto della persona.

Dell’unità di valutazione faranno parte anche soggetti delle istituzioni ed enti assistenziali coinvolti nella fase attuativa per creare un vero e proprio patto di corresponsabilità.

Il diritto all’accomodamento ragionevole, cioè la possibilità di modifiche e adattamenti, purché non eccessivi o sproporzionati, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio dei diritti civili e sociali.

La sperimentazione delle nuove procedure è prevista per tutto l’anno 2025 con l’applicazione a campione delle disposizioni sia in materia di valutazione di base che relativamente alla valutazione multidimensionale, finalizzata anche all’aggiornamento delle definizioni, dei criteri e delle modalità di accertamento.

Analizzati gli aspetti di carattere generale, andiamo a “snocciolare”, più nel particolare i vari articoli del decreto, 40 per l’esattezza.

Finalità e definizioni generali

Il capo I consta di 4 articoli che si occupano dell’oggetto e delle finalità, delle definizioni, le modifiche introdotte alla L. 104 del 1992 nonché della terminologia in materia di disabilità.

Il decreto legislativo attua l’articolo 1, comma 5, lettere a), b), c), d) e h), della legge 22 dicembre 2021, n. 227, per assicurare alla persona il riconoscimento della propria condizione di disabilità, per rimuovere gli ostacoli e per attivare i sostegni utili al pieno esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, delle libertà e dei diritti civili e sociali nei vari contesti di vita, liberamente scelti.

Le modifiche apportate all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, sono relative alle definizioni che erano prima ivi esistenti ed in particolare ora viene specificato che è persona con disabilità chi presenta durature compromissioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la piena ed effettiva partecipazione nei diversi contesti di vita su base di uguaglianza con gli altri, accertate all’esito della valutazione di base.

La persona con disabilità ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla necessità di sostegno o di sostegno intensivo, correlata ai domini della Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (ICF) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, individuata all’esito della valutazione di base, anche in relazione alla capacità complessiva individuale residua e alla efficacia delle terapie.

Qualora la compromissione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, il sostegno è intensivo e determina priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.

Con l’entrata in vigore del decreto la parola: «handicap», ovunque ricorre, è sostituita da condizione di disabilità; le parole persona handicappata, portatore di handicap, persona affetta da disabilità, disabile e diversamente abile, ovunque ricorrono, sono sostituite da persona con disabilità; le parole con connotazione di gravità e in situazione di gravità,  sono sostituite da con necessità di sostegno elevato o molto elevato; le parole disabile grave, sono sostituite da persona con necessità di sostegno intensivo

 

Procedimento valutativo di base e accomodamento ragionevole

 Il capo II analizza ( dall’art. 5 all’art. 17) la procedura per il procedimento valutativo di base cioè quella valutazione che riconosce l’invalidità civile ed inoltre fornisce una definizione univoca ed uniforme dell’accomodamento ragionevole.

Il procedimento per la valutazione di base si attiva su richiesta dell’interessato, dell’esercente la responsabilità genitoriale in caso di minore, o del tutore o amministratore di sostegno se dotato di poteri, con la trasmissione, in via telematica, del certificato medico introduttivo.

Qualora vi siano situazioni di eccezionalità, l’istante può richiedere, contestualmente alla trasmissione del certificato medico introduttivo, di essere valutato senza il ricorso alla visita diretta, sulla base degli atti raccolti.

In tal caso, l’istante, unitamente alla richiesta di rinuncia alla visita, trasmette l’intera documentazione, compreso il WHODAS ( WHO Disability Assessment Schedule, questionario di valutazione basato sull’ICF che misura la salute e la condizione di disabilità).

Se la commissione ritiene che vi siano motivi ostativi all’accoglimento della richiesta, dispone la visita.

Il richiedente, sino a sette giorni prima della visita di valutazione di base, può trasmettere o depositare ulteriore documentazione medica o sociale, rilasciata da una struttura pubblica o privata accreditata.

In occasione della visita per la valutazione di base all’istante è sottoposta la compilazione del questionario WHODAS.

La valutazione si svolge in un’unica visita collegiale.

La commissione richiede integrazione documentale o ulteriori approfondimenti diagnostici nei soli casi in cui siano necessari per il riconoscimento di una maggiore intensità dei sostegni ovvero ricorrano motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.

L’esito della valutazione di base è attestato da un certificato con validità non limitata nel tempo, che viene acquisito al fascicolo sanitario elettronico.

Nel caso di riconoscimento della condizione di disabilità della persona, sono individuate nel medesimo certificato la necessità e l’intensità dei sostegni, nonché i criteri per stabilire gli eccezionali casi nei quali la revisione della condizione di disabilità  è possibile e il relativo periodo di validità del certificato.

Il procedimento di valutazione di base si conclude entro novanta giorni, nei casi riguardanti soggetti con patologie oncologiche entro quindici giorni e, nei casi di soggetti minori, entro trenta giorni dalla ricezione del certificato medico.

Nei casi di cui la commissione richieda integrazione documentale o ulteriori approfondimenti diagnostici ovvero ricorrano motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, i termini sono sospesi per sessanta giorni, prorogabili, su richiesta, di ulteriori sessanta giorni.

Importante inoltre la previsione che le persone affette dalle patologie determinanti gravi compromissioni funzionali attestate da certificazione rilasciata da una struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata accreditata, accedono, su richiesta, alle prestazioni sociali, sociosanitarie e socioassistenziali individuate anche prima della conclusione del procedimento valutativo di base, fatta salva la ripetizione delle prestazioni e dei sostegni in caso di conclusione di tale procedimento con esito negativo o con accertamento indicante una necessità di sostegni di minore intensità rispetto a quanto erogato.

Costituisce presupposto per l’avvio del procedimento valutativo di base la trasmissione telematica all’INPS di un certificato medico rilasciato dai medici in servizio presso le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, i centri di diagnosi e cura delle malattie rare. Il certificato medico può essere rilasciato e trasmesso anche dai medici di medicina generale, dai pediatri di libera scelta, dagli specialisti ambulatoriali del Servizio sanitario nazionale, dai medici in quiescenza iscritti all’albo, dai liberi professionisti e dai medici in servizio presso strutture private accreditate.

Il certificato medico introduttivo reca quale contenuto essenziale i dati anagrafici, il codice fiscale, il numero di tessera sanitaria della persona per cui si richiede la valutazione di base; la documentazione relativa all’accertamento diagnostico, comprensivo di dati anamnestici e catamnestici, inclusi gli esiti dei trattamenti terapeutici di natura farmacologica, chirurgica e riabilitativa; la diagnosi codificata in base al sistema dell’ICD ed il decorso e la prognosi delle eventuali patologie riscontrate

A partire dal 1 gennaio 2026, la valutazione di base sarà di esclusiva competenza dell’INPS.

Il riconoscimento della condizione di disabilità sarà effettuato dall’INPS mediante le unità di valutazione di base.

Le unità di valutazione di base si compongono di due medici nominati dall’INPS, da un professionista sanitario in rappresentanza, rispettivamente, dell’Associazione nazionale dei mutilati ed invalidi civili (ANMIC), dell’Unione italiana ciechi e degli ipovedenti (UICI), dell’Ente nazionale per la protezione e l’assistenza ai sordomuti (ENS) e dell’Associazione nazionale delle famiglie e delle persone con disabilità intellettiva e disturbi del neurosviluppo (ANFFAS), individuato in relazione alle specifiche condizioni di disabilità oggetto della valutazione e di una sola figura professionale appartenente alle aree psicologiche e sociali.

Le commissioni sono presiedute da un medico dell’INPS specializzato in medicina legale.

Nel caso non sia disponibile un medico di medicina legale, l’INPS nomina, come presidente, un medico con altra specializzazione che abbia svolto attività per almeno tre anni in organi di accertamento dell’INPS in materia assistenziale o previdenziale.

In ogni caso, almeno uno dei componenti deve essere un medico specializzato in medicina legale o

in medicina del lavoro o altre specializzazioni equipollenti o affini.

Nel caso di minori, le unità di valutazione di base si compongono di due medici nominati dall’INPS, del componente individuato dalle associazioni sopra richiamate e di una sola figura professionale appartenente alle aree psicologiche e sociali.

Anche in questo caso le commissioni sono presiedute da un medico dell’INPS specializzato in medicina legale e nel caso non sia disponibile un medico di medicina legale, l’INPS nomina, come presidente, un medico con altra specializzazione che abbia svolto attività per almeno tre anni in organi di accertamento dell’INPS in materia assistenziale o previdenziale.

In ogni caso, almeno uno dei medici nominati dall’INPS deve essere in possesso di specializzazione in pediatria, in neuropsichiatria infantile o equipollenti o affini o di specializzazione nella patologia che connota la condizione di salute della persona.

La valutazione di base è definita con la partecipazione di almeno tre componenti, al cui numero può

concorrere anche il professionista sanitario di cui al comma 4, se presente. In caso di parità di voti, il voto del presidente di commissione vale doppio.

Nel corso della valutazione di base, la persona interessata può farsi assistere dal proprio medico o psicologo di fiducia, senza diritto di voto.

Al fine di garantire la semplificazione e razionalizzazione degli oneri procedurali connessi all’espletamento della valutazione di base, l’INPS, sulla base delle risorse disponibili a legislazione vigente, può stipulare apposite convenzioni con le regioni per avvalersi delle risorse strumentali e organizzative delle aziende sanitarie locali e aziende ospedaliere, necessarie allo svolgimento dei procedimenti di valutazione di base.

Nell’ambito della propria autonomia organizzativa, l’INPS, ai fini della gestione della valutazione di base garantisce l’omogeneità e la prossimità dell’attività valutativa su tutto il territorio nazionale; impronta i procedimenti amministrativi strumentali alla valutazione di base e relativi alla concessione ed erogazione delle prestazioni a criteri di semplificazione, razionalizzazione, efficacia e trasparenza; definisce il sistema organizzativo interno secondo criteri che individuano competenze e responsabilità degli organi e degli uffici, nonché gli ambiti di competenza degli uffici centrali e periferici.

Il riconoscimento della condizione di disabilità costituisce il risultato del procedimento valutativo di base, comprendente:

  1. a) l’accertamento e la verifica della condizione di salute della persona, descritta nel certificato medico introduttivo con i codici ICD;
  2. b) la valutazione delle durature e significative compromissioni dello stato di salute, funzionali, mentali, intellettive o sensoriali, in conformità alle indicazioni dell’ICF e tenendo conto dell’ICD;
  3. c) l’individuazione dei deficit funzionali e strutturali che ostacolano, in termini di salute, l’agire della persona e che rilevano in termini di capacità secondo l’ICF;
  4. d) l’individuazione del profilo di funzionamento della persona, limitatamente ai domini della mobilità e dell’autonomia nelle attività di base e strumentali agli atti di vita quotidiana, con necessità di sostegni continuativi;
  5. e) la valutazione della ricaduta delle compromissioni funzionali e strutturali in termini di capacità secondo la classificazione ICF, nei domini relativi all’attività e alla partecipazione, considerando anche i domini relativi al lavoro e all’apprendimento nell’ambito della formazione superiore;
  6. f) la valutazione del livello delle necessità di sostegno, lieve o medio, o di sostegno intensivo, elevato o molto elevato, correlate ai domini dell’ICF sull’attività e sulla partecipazione.

Il riconoscimento della condizione di disabilità per i minori è effettuato con le stesse procedure ma comprende, per la valutazione della ricaduta delle compromissioni funzionali e strutturali in termini di capacità secondo la classificazione ICF, i domini relativi all’apprendimento, anche scolastico.

A decorrere dal 1° gennaio 2025 nella valutazione di base sarà utilizzata la Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute – International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF) e come conseguenza cambiano le definizioni, i criteri e le modalità di accertamento e di valutazione di base, a seguito dell’adozione delle classificazioni ICD e ICF.

Infatti saranno individuati, tenendo conto delle differenze di sesso e di età i criteri per accertare l’esistenza e la significatività delle compromissioni delle strutture e delle funzioni corporee in base all’ICF, tenendo conto  dell’ICD; i criteri per accertare se le compromissioni sono di lunga durata; l’elenco delle particolari condizioni patologiche, non reversibili, per le quali sono esclusi i controlli nel tempo; i criteri per stabilire gli eccezionali casi nei quali la revisione della condizione di disabilità è ammessa al termine della scadenza indicata nel certificato, di regola dopo due anni e secondo procedimenti semplificati fondati anche sull’impiego della telemedicina o sull’accertamento agli atti; le tabelle che portano ad individuare una percentuale correlata alle limitazioni nel funzionamento determinate dalla duratura compromissione; i criteri, secondo l’ICF, per l’individuazione del profilo di funzionamento; i criteri per la definizione della condizione di non autosufficienza; il complesso di codici ICF con cui verificare in che misura le compromissioni strutturali e funzionali che ostacolano, in termini di capacità, l’attività e la partecipazione, inclusi i domini relativi al lavoro e alla formazione superiore per gli adulti e all’apprendimento, anche scolastico, per i minori; un sistema delineato per fasce, volto ad individuare l’intensità di sostegno e di sostegno intensivo, differenziandoli tra i livelli di lieve, media, elevata e molto elevata intensità; i criteri per individuare le compromissioni funzionali per le quali riconoscere l’efficacia provvisoria alle certificazioni mediche; gli eccezionali casi in cui il richiedente può chiedere l’accertamento sulla sola base degli atti.

Il certificato che riconosce la condizione di disabilità sostituirà a tutti gli effetti tutte le altre relative certificazioni.

Cosa importantissima è il diritto all’informazione al termine della valutazione di base che deve essere data dall’UVM: al termine della visita relativa alla valutazione di base, informa la persona con disabilità e, se presente, l’esercente la responsabilità genitoriale in caso di minore, il tutore o l’amministratore di sostegno, se dotato di poteri, che, fermi restanti gli interventi, i sostegni e i benefici che direttamente spettano all’interessato a seguito della certificazione della condizione di disabilità, sussiste il diritto ad elaborare ed attivare un progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato, quale ulteriore strumento di capacitazione.

La commissione informa, altresì, i soggetti di cui al primo periodo della possibilità di presentare l’istanza per l’elaborazione del progetto di vita attraverso l’invio telematico del certificato della condizione di disabilità da parte della stessa commissione.

L’art. 17 del Dl 62/2024 definisce inoltre, in maniera chiara, il concetto di “accomodamento ragionevole”.

Nei casi in cui l’applicazione delle disposizioni di legge non garantisca alle persone con disabilità il godimento e l’effettivo e tempestivo esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali, l’accomodamento ragionevole, individua le misure e gli adattamenti necessari, pertinenti, appropriati e adeguati, che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo al soggetto obbligato.

L’accomodamento ragionevole è attivato in via sussidiaria e non sostituisce né limita il diritto al pieno accesso alle prestazioni, ai servizi e ai sostegni riconosciuti dalla legislazione vigente.

La persona con disabilità, l’esercente la responsabilità genitoriale in caso di minore, il tutore ovvero l’amministratore di sostegno se dotato dei poteri, ha la facoltà di richiedere, con apposita istanza scritta, alla pubblica amministrazione, ai concessionari di pubblici servizi e ai soggetti privati l’adozione di un accomodamento ragionevole, anche formulando una proposta.

La persona con disabilità ed il richiedente, se diverso, partecipano al procedimento relativo all’individuazione dell’accomodamento ragionevole.

L’accomodamento ragionevole deve risultare necessario, adeguato, pertinente e appropriato rispetto all’entità della tutela da accordare e alle condizioni di contesto nel caso concreto, nonché compatibile con le risorse effettivamente disponibili allo scopo.

Nella valutazione dell’istanza di accomodamento ragionevole deve essere previamente verificata la possibilità di accoglimento della proposta eventualmente presentata dal richiedente.

La pubblica amministrazione nel provvedimento finale tiene conto delle esigenze della persona con disabilità anche attraverso gli incontri personalizzati e conclude il procedimento con diniego motivato, ove non sia possibile accordare l’accomodamento ragionevole proposto, con l’indicazione dell’accomodamento.

Avverso il diniego motivato di accomodamento ragionevole da parte della pubblica amministrazione, è ammesso ricorso ai sensi della legge 1° marzo 2006, n. 67.

Resta salva la facoltà dell’istante e delle associazioni legittimate ad agire ai sensi della legge n. 67 del 2006, di chiedere all’Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità di verificare la discriminazione per rifiuto di accomodamento ragionevole da parte della pubblica amministrazione e anche di formulare una proposta di accomodamento ragionevole.

Nel caso di rifiuto da parte di un concessionario di pubblico servizio dell’accomodamento ragionevole, l’istante e le associazioni legittimate ad agire ai sensi della legge n. 67 del 2006, ferma restando la facoltà di agire in giudizio, possono chiedere all’Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità di verificare la discriminazione per rifiuto di accomodamento ragionevole proponendo o chiedendo, anche attraverso l’autorità di settore o di vigilanza, accomodamenti ragionevoli idonei a superare le criticità riscontrate.

Nel caso di rifiuto da parte di un soggetto privato dell’accomodamento ragionevole, si applica la stessa procedura.

 

Valutazione multidimensionale e progetto di vita individuale personalizzato e partecipato

Il Capo III (dagli art. 18 a 32)  riforma completamente la visione del Progetto di vita, dando vera ed effettiva attuazione ad esso ponendo la persona al centro, vero e proprio fulcro del progetto.

Innanzitutto l’art. 14 della L. 328 del 2000 è stato sostituito interamente da questo nuovo testo: “Le persone con disabilità di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, possono richiedere l’elaborazione del progetto di vita di cui all’articolo 2, comma 2, lettera c) , della legge 22 dicembre 2021, n. 227.”

Il progetto di vita è diretto a realizzare gli obiettivi della persona con disabilità per migliorare le condizioni personali e di salute nei diversi ambiti di vita, facilitandone l’inclusione sociale e la partecipazione nei diversi contesti di vita su base di uguaglianza con gli altri.

Individua, per qualità, quantità ed intensità, gli strumenti, le risorse, gli interventi, i benefici, le prestazioni, i servizi e gli accomodamenti ragionevoli, volti anche ad eliminare e a prevenire le barriere e ad attivare i supporti necessari per l’inclusione e la partecipazione della persona stessa nei diversi ambiti di vita, compresi quelli scolastici, della formazione superiore, abitativi, lavorativi e sociali.

Nel progetto di vita sono comprese le misure previste per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale, nonché gli eventuali sostegni erogabili in favore del nucleo familiare e di chi presta cura ed assistenza.

La persona con disabilità è titolare del progetto di vita e ne richiede l’attivazione, concorre a determinarne i contenuti, esercita le prerogative volte ad apportarvi le modifiche e le integrazioni, secondo i propri desideri, le proprie aspettative e le proprie scelte.

La persona con disabilità può chiedere l’elaborazione del progetto di vita all’esito della valutazione di base.

Il progetto deve essere sostenibile nel tempo ovvero garantire continuità degli strumenti, delle risorse, degli interventi, dei benefici, delle prestazioni, dei servizi e degli accomodamenti ragionevoli, sempre nel rispetto della autodeterminazione del beneficiario.

Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle relative competenze, garantiscono l’effettività e l’omogeneità del progetto di vita, indipendentemente dall’età e dalle condizioni personali e sociali.

Esso inoltre assicura il coordinamento tra i piani di intervento previsti per ogni singolo contesto di vita e dei relativi obiettivi.

L’integrazione sociosanitaria è conseguita in sede di valutazione multidimensionale attraverso la valutazione del profilo di funzionamento, l’analisi dei bisogni e delle preferenze e la definizione congiunta e contestuale degli interventi da attivare.

I programmi, gli interventi di sostegno alla persona con disabilità e alla famiglia e i piani personalizzati volti a promuovere il diritto ad una vita indipendente già attivati dalle regioni nell’esercizio della loro competenza, mantengono ambiti autonomi di attuazione ed esecuzione.

Restano salvi i sostegni, i servizi e i piani di intervento attivati prima dell’elaborazione del progetto di vita, con l’eventuale aggiornamento degli stessi per essere coerenti ai miglioramenti e ai nuovi sostegni indicati nel progetto.

Il progetto di vita tende a favorire la libertà della persona con disabilità di scegliere dove vivere e con chi vivere, individuando appropriate soluzioni abitative e, ove richiesto, garantendo il diritto alla domiciliarità delle cure e dei sostegni socioassistenziali, salvo il caso dell’impossibilità di assicurare l’intensità, in termini di appropriatezza, degli interventi o la qualità specialistica necessaria.

I soggetti competenti alla realizzazione del progetto di vita assicurano la continuità dei sostegni, degli interventi e delle prestazioni individuati, anche in caso di modifiche del luogo di abitazione della persona con disabilità, tenendo conto della specificità del contesto, salvo il caso dell’impossibilità di assicurare, in termini di appropriatezza, l’intensità degli interventi o la qualità specialistica necessaria.

Il procedimento di valutazione multidimensionale, di redazione e di monitoraggio del progetto di vita si conforma al principio di autodeterminazione e assicura la partecipazione attiva della persona con disabilità all’intero procedimento di valutazione multidimensionale, di redazione e di monitoraggio del progetto di vita con l’adozione di strategie e, nei limiti delle risorse disponibili, anche mediante l’utilizzo di strumenti, finalizzati a facilitare la comprensione delle fasi del procedimento e di quanto proposto per supportare l’adozione di decisioni e la manifestazione dei desideri, aspettative e scelte, anche attraverso la migliore interpretazione possibile degli stessi.

La persona con disabilità può anche essere supportata da una persona che faciliti l’espressione delle sue scelte e l’acquisizione della piena comprensione delle misure e dei sostegni attivabili con il progetto di vita.

L’attività di supporto della persona comprende l’adozione di tutte le strategie utili nell’acquisizione delle scelte, anche attraverso la migliore interpretazione della volontà e delle preferenze.

La persona può essere scelta dalla persona con disabilità anche tra i componenti dell’unità di valutazione multidimensionale e gli eventuali oneri, qualora non sia personale afferente a servizi pubblici, sono a carico della persona con disabilità.

La persona con disabilità o chi la rappresenta, può avanzare l’istanza per la predisposizione del progetto di vita in forma libera e in qualsiasi momento.

L’istanza è presentata all’ambito territoriale sociale, se dotato di personalità giuridica, in cui ricade il comune di residenza della persona con disabilità o altro ente individuato con legge regionale, quale titolare del relativo procedimento. Le regioni possono individuare ulteriori punti di ricezione dell’istanza. L’istanza può essere raccolta anche per il tramite del comune di residenza o di uno dei punti unici di accesso (PUA) del territorio, individuati dagli enti locali o dalle regioni. La persona con disabilità può allegare all’istanza una proposta di progetto di vita. La proposta di progetto di vita può essere presentata anche successivamente all’avvio del procedimento. L’avvio del procedimento è comunicato all’istante da parte del responsabile del procedimento, entro quindici giorni dalla presentazione dell’istanza.

La comunicazione dell’avvio del procedimento deve contenere l’indicazione dei seguenti elementi:

  1. la data di presentazione dell’istanza o dell’assenso manifestato alla commissione, per l’elaborazione del progetto di vita;
  2. l’indicazione della trasmissione del certificato della condizione di disabilità e del deposito della documentazione;
  3. l’indicazione che la persona con disabilità può farsi assistere da una persona che lo supporta;
  4. la data entro cui termina il procedimento per la redazione del progetto di vita.

La persona con disabilità può rinunciare all’istanza o al progetto di vita, anche se già definito. La rinuncia non preclude il diritto di ripresentare istanza per l’avvio di un nuovo procedimento. Il procedimento per la formazione del progetto di vita si conclude entro novanta giorni dall’avvio del procedimento, salva diversa disposizione regionale. L’unità di valutazione multidimensionale elabora il progetto di vita a seguito della valutazione secondo la volontà della persona con disabilità e nel rispetto dei suoi diritti civili e sociali.

Sono componenti dell’unità di valutazione multidimensionale:

  1. la persona con disabilità;
  2. l’esercente la responsabilità genitoriale in caso di minore, il tutore o l’amministratore di sostegno, se dotato di poteri;
  3. la persona indicata, se nominata dall’interessato;
  4. un assistente sociale, un educatore o un altro operatore dei servizi sociali territoriali;
  5.  uno o più professionisti sanitari designati dalla azienda sanitaria o dal distretto sanitario col compito di garantire l’integrazione sociosanitaria;
  6. un rappresentante dell’istituzione scolastica;
  7.  ove necessario, un rappresentante dei servizi per l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità;
  8.  il medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta della persona con disabilità, senza oneri a carico della finanza pubblica.

Possono partecipare all’unità di valutazione multidimensionale, su richiesta della persona con disabilità o di chi la rappresenta o su richiesta degli altri componenti dell’unità di valutazione multidimensionale di cui al comma 2, lettere d) e) f) g) h) , e senza oneri a carico della pubblica amministrazione:

  1. il coniuge, un parente, un affine o il caregiver
  2.  un medico specialista o specialisti dei servizi sanitari o sociosanitari;
  3. un rappresentante di associazione, fondazione, agenzia o altro ente con specifica competenza nella costruzione di progetti di vita, anche del terzo settore;
  4. referenti dei servizi pubblici e privati presso i quali la persona con disabilità fruisce di servizi o prestazioni, anche informale.

Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del  decreto, le regioni, al fine della predisposizione del progetto di vita, programmano e stabiliscono le modalità di riordino e unificazione, all’interno delle unità di valutazione multidimensionale, delle attività e dei compiti svolti dalle unità di valutazione multidimensionale operanti per:

  1. l’individuazione di prestazioni e trasferimenti monetari connessi alla condizione di non autosufficienza, eccettuata quella dei soggetti anziani;
  2. l’individuazione di prestazioni e trasferimenti monetari connessi alla condizione di disabilità gravissima;
  3. l’individuazione delle misure di sostegno ai caregiver ;
  4. la redazione dei progetti individuali di cui all’articolo 14 della legge 8 novembre 2000, n. 328;
  5. l’individuazione dei servizi, degli interventi e delle prestazioni di cui all’articolo 4 della legge 22 giugno 2016, n. 112.

Nello stesso termine, le regioni individuano i criteri con cui attribuire, tra i componenti dell’unità di valutazione, senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, le funzioni di coordinamento dell’unità stessa, garantendo un raccordo tra gli ambiti sociali e sanitari, anche al fine di identificare i soggetti responsabili del trattamento dei dati personali. Il procedimento di valutazione multidimensionale è svolto sulla base di un metodo multidisciplinare ed è fondato sull’approccio bio-psico-sociale, tenendo conto delle indicazioni dell’ICF e dell’ICD.

Il procedimento si articola in quattro fasi:

  1. nel rispetto dell’esito della valutazione di base, rileva gli obiettivi della persona secondo i suoi desideri e le sue aspettative e definisce il profilo di funzionamento, anche in termini di capacità e performance dell’ICF, nei differenti ambiti di vita liberamente scelti;
  2.  individua le barriere e i facilitatori e le competenze adattive;
  3. formula le valutazioni inerenti al profilo di salute fisica, mentale, intellettiva e sensoriale, ai bisogni della persona e ai domini della qualità di vita, in relazione alle priorità della persona con disabilità;
  4. definisce gli obiettivi da realizzare con il progetto di vita, partendo dal censimento di eventuali piani specifici di sostegno già attivati e dai loro obiettivi.

Nel caso di minori, la valutazione multidimensionale considera anche il profilo di funzionamento redatto ai fini scolastici. Ciascuna fase è svolta collegialmente, ferma restando la possibilità di delegare ad uno dei componenti dell’unità di valutazione specifici compiti. Sulla base degli esiti della valutazione multidimensionale, i soggetti che hanno preso parte al relativo procedimento predispongono il progetto di vita che individua i sostegni, il budget di progetto e gli accomodamenti ragionevoli che garantiscono l’effettivo godimento dei diritti e delle libertà fondamentali.

Nel caso in cui la persona con disabilità o chi la rappresenta abbia presentato una proposta di progetto di vita, l’unità di valutazione multidimensionale ne verifica l’adeguatezza e l’appropriatezza e, contestualmente, definisce ibudget di progetto.

Il progetto individua:

  1. gli obiettivi della persona con disabilità risultanti all’esito della valutazione multidimensionale;
  2. gli interventi individuati nelle seguenti aree:

1) apprendimento, socialità ed affettività;

2) formazione, lavoro;

3) casa e habitat sociale;

4) salute;

  1. i servizi, le misure relative ai processi di cura e di assistenza, gli accomodamenti ragionevoli volti a perseguire la migliore qualità di vita e a favorire la partecipazione della persona con disabilità nei diversi ambiti della vita, nonché i sostegni e gli interventi idonei e pertinenti a garantire la piena inclusione e il godimento, sulla base di uguaglianza con gli altri, dei diritti civili e sociali e delle libertà fondamentali;
  2. i piani operativi e specifici individualizzati delle azioni e dei sostegni correlati agli obiettivi del progetto, con indicazione di eventuali priorità, o, nel caso di piani già esistenti, il loro riallineamento, anche in termini di obiettivi, prestazioni e interventi;
  3. gli operatori e le altre figure coinvolte nella fornitura dei sostegni indicati con l’indicazione di compiti e responsabilità;
  4. il referente per la sua attuazione;
  5. la programmazione di tempi e le modalità delle verifiche periodiche e di aggiornamento, anche al fine di controllare la persistenza e l’adeguatezza delle prestazioni rese rispetto agli obiettivi;
  6. il dettaglio e l’insieme delle risorse umane, professionali, tecnologiche, strumentali ed economiche, pubbliche, private e del terzo settore, già presenti o attivabili anche in seno alla comunità territoriale, alla rete familiare nonché al sistema dei supporti informali, che compongono il budget di progetto.

Nel progetto di vita sono definite le sfere di competenza e le attribuzioni di ciascun soggetto coinvolto nella sua attuazione, inclusi gli enti del terzo settore. Il progetto di vita è soggetto ad aggiornamento anche su richiesta dalla persona con disabilità o di chi la rappresenta. Le misure, le prestazioni e i servizi contenuti nel progetto di vita sono determinati per garantire l’inclusione della persona e, a tal fine, possono essere conformati sulla base delle esigenze emerse dalla valutazione multidimensionale e possono assumere contenuto personalizzato rispetto all’offerta disponibile.

Il progetto di vita con il relativo budget , redatto in formato accessibile per la persona con disabilità, è predisposto dall’unità di valutazione multidimensionale unitamente ai responsabili dei vari servizi e interventi, anche informali, previsti e da attivare nell’ambito del progetto. I soggetti di cui al primo periodo, previa adozione dei relativi atti, anche amministrativi, lo approvano e lo sottoscrivono. Il progetto è sottoscritto dalla persona con disabilità secondo le proprie capacità comunicative o da chi ne cura gli interessi.

Il diritto al progetto di vita è garantito anche in caso di variazione, temporanea o definitiva, del contesto territoriale, di vita o del luogo di abitazione, tenendo conto della specificità dei contesti di riferimento.

Esso è rimodulato in funzione della valutazione dei nuovi contesti di vita o di residenza, secondo il principio di continuità dell’assistenza e perseguendo, per qualità, quantità e intensità, livelli di organizzazione e di prestazioni non inferiori a quelli precedenti.

Nel caso in cui la persona con disabilità intenda proseguire il progetto di vita trasferendosi in altra regione, il progetto, nel rispetto della continuità dell’assistenza, sarà riformulato tenuto conto del nuovo contesto territoriale e dei relativi assetti organizzativi. Il progetto di vita per la persona con disabilità non si interrompe al compimento dell’età che, ai sensi della legislazione vigente, individua le persone anziane.

L’attuazione del progetto di vita è sostenuta dal budget di progetto che è costituito, in modo integrato, dall’insieme delle risorse umane, professionali, tecnologiche, strumentali ed economiche, pubbliche e private, attivabili anche in seno alla comunità territoriale e al sistema dei supporti informali.

La predisposizione del budget di progetto è effettuata secondo i principi della co-programmazione, della coprogettazione con gli enti del terzo settore, dell’integrazione e dell’interoperabilità nell’impiego delle risorse e degli interventi pubblici e, se disponibili, degli interventi privati.

Il budget di progetto è caratterizzato da flessibilità e dinamicità al fine di integrare, ricomporre, ed eventualmente riconvertire, l’utilizzo di risorse pubbliche, private ed europee. Alla formazione del budget di progetto concorrono, in modo integrato e nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, gli interventi pubblici. Al fine di garantire interventi personalizzati, i soggetti responsabili dei servizi pubblici sanitari e sociosanitari che intervengono, si avvalgono delle risorse complessivamente attivabili nei limiti delle destinazioni delle risorse umane, materiali, strumentali e finanziarie dell’ambito sanitario. Il budget di progetto costituisce parte integrante del progetto di vita e viene adeguato in funzione dei progressivi aggiornamenti. La persona con disabilità può partecipare volontariamente alla costruzione del budget conferendo risorse proprie, nonché valorizzando supporti informali. La persona con disabilità può anche autogestire il budget con l’obbligo di rendicontare secondo quanto preventivamente previsto nel progetto, nel rispetto delle modalità, dei tempi, dei criteri e degli obblighi di comunicazione definiti con regolamento dell’Autorità politica delegata in materia di disabilità, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, della salute, del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza unificata, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto.

Il budget di progetto è impiegato senza le limitazioni imposte dall’offerta dei singoli servizi, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza e dei relativi tetti di spesa statali e regionali a legislazione vigente, per garantire prestazioni integrate e trasversali agli ambiti sociali e sanitario e alle rispettive competenze.

Le regioni disciplinano i profili soggettivi per l’individuazione del referente per l’attuazione del progetto di vita, i relativi compiti. In ogni caso, il referente ha i seguenti compiti:

  1. curare la realizzazione del progetto e dare impulso all’avvio dei servizi, degli interventi e delle prestazioni in esso previsti;
  2. assistere i responsabili e i referenti degli interventi, dei servizi e delle prestazioni, secondo quanto indicato nel progetto di vita, anche al fine di assicurare il coordinamento tra i singoli servizi o piani operativi;
  3. curare il monitoraggio in corso di attuazione del progetto, raccogliendo, se del caso, le segnalazioni trasmesse dai terzi;
  4. garantire il pieno coinvolgimento della persona con disabilità e del suo caregiver o di altri familiari nel monitoraggio e nelle successive verifiche;
  5. richiedere la convocazione dell’unità di valutazione multidimensionale al fine di rimodulare il progetto di vita.

Per l’implementazione dei progetti di vita che prevedono l’attivazione di interventi, prestazioni e sostegni non rientranti nelle unità di offerta del territorio di riferimento, è istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, il Fondo per l’implementazione dei progetti di vita, di seguito denominato «Fondo».

La dotazione del Fondo è determinata in 25 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell’Autorità politica delegata in materia di disabilità, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, della salute e del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza unificata, sono annualmente ripartite tra le regioni le risorse del Fondo, sulla base della rilevazione, effettuata entro il 28 febbraio di ogni anno, dei fabbisogni inerenti all’implementazione dei progetti di vita del territorio. Con il medesimo decreto sono stabilite le priorità di intervento, le modalità di erogazione e le modalità di monitoraggio e di controllo dell’adeguatezza delle prestazioni rese. Le risorse del Fondo, che costituiscono comunque un limite di spesa per l’attuazione delle finalità di cui al presente articolo, sono integrative e aggiuntive rispetto alle risorse già destinate a legislazione vigente per le prestazioni e ai servizi in favore delle persone con disabilità che confluiscono nel budget di progetto.

 

Disposizioni finanziarie, transitorie e finali

Il Capo IV indica le disposizioni transitorie finali e le disposizioni finanziarie.

In relazione a questo capo è utile segnalare la fase di sperimentazione che inizierà dal 1 gennaio 2025 e che avrà durata di 12  mesi oltre che al principio di non regressione indicato nell’art. 35 della tutela dei diritti precedentemente acquisiti.

 

Approfondimento a cura del Centro Studi Giuridici HandyLex

 
Decreto attuativo della Legge Delega sulla disabilità – DECRETO LEGISLATIVO 3 maggio 2024, n. 62ultima modifica: 2024-06-13T20:13:39+02:00da vitegabry
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