ABOLIAMO L’ART.12 DELLA LEGGE 122/2010

NO ALLA RICONGIUNZIONE ONEROSA DEI CONTRIBUTI PENSIONISTICI

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Nell’estate del 2010 la Legge 122/2010 ha modificato, rendendole onerose,  le operazioni  di ricongiunzione o trasferimento dei contributi da Fondi esclusivi o sostitutivi verso il regime generale dell’Assicurazione Generale Obbligatoria  (I.N.P.S).

 

Questa modifica introdotta dal precedente governo e per sua stessa ammissione realizzata per impedire che le donne del settore pubblico, raggiunto il 60° anno di età, potessero spostare gratuitamente  i loro contributi dall’INPDAP all’INPS per andare in pensione anticipatamente senza dover raggiungere i 65 anni, di fatto colpisce tutti i lavoratori in regola con i requisiti pensionistici in modo indiscriminato.

 

Per far fronte ad una emergenza di carattere transitorio, come appariva l’esigenza di impedire l’aggiramento della norma sull’elevazione dell’età pensionabile da parte delle donne del pubblico impiego, è stata soppressa una norma fondamentale dell’ordinamento come la legge 322/58.

 

L’effetto pratico di questa modifica è che tutti quei lavoratori che hanno avuto una vita lavorativa svolta in aziende private e/o pubbliche diverse, oggi per poter accedere alla propria pensione per la quale hanno sempre versato regolarmente i contributi dovuti, devono pagare ulteriori, spesso insostenibili, oneri.

 

Il problema tocca migliaia e migliaia di lavoratori:

– dipendenti pubblici che sono  passati a lavorare nel settore privato;

– insegnanti che hanno lavorato presso scuole private e poi presso istituti pubblici;

– dipendenti delle società afferenti a Poste Italiane dapprima iscritti all’INPS e  successivamente ad IPOST;

– dipendenti delle aziende municipalizzate (con iscrizione INPDAP) il cui contratto è stato “ceduto” alla società subentrata

  nel servizio;

– lavoratori del settore telefonico, elettrico, ecc.

 

Dopo l’intervento dell’art. 12 delle legge 122/2010 qualsiasi movimento di contribuzione (anche quelli verso INPS da sempre gratuito) è divenuto oneroso.

 

Se un lavoratore può vantare complessivamente, tra tutte le gestioni a cui è stato assicurato, un’anzianità contributiva e un’età anagrafica sufficienti a realizzare il diritto a pensione, di fatto, non può esercitare tale diritto perché l’INPS, per ricongiungere o trasferire i periodi contributivi, richiede improponibili ed ingiustificati oneri di ricongiunzione, in alcuni casi di centinaia di migliaia di euro.

 

Chiediamo pertanto che venga ripristinato il principio di matrice Costituzionale espresso dalla soppressa legge 322/58, secondo il quale chiunque cessi l’attività lavorativa senza aver maturato il diritto a pensione nel proprio fondo, ma avendo maturato complessivamente la medesima contribuzione richiesta a qualsiasi altro lavoratore rimasto continuativamente nella stessa azienda,  ha diritto a far confluire gratuitamente tutta la sua contribuzione verso il regime generale dell’ INPS.  

Chiediamo che le norme che regolano l’accesso alla pensione,  valide per tutti i lavoratori, esplichino i loro effetti anche per quelli, come noi, che hanno avuto la fortuna o sfortuna di cambiare durante la vita lavorativa più posti di lavoro.

Chiediamo che vengano immediatamente sospesi i pagamenti di quanti hanno “dovuto” soccombere ad una simile ingiustizia e vengano rimborsati i versamenti già effettuati.

A parità di anzianità contributiva analoghi diritti e stesse regole “certe” per tutti.

 

L’impossibilità sopravvenuta di trasferire gratuitamente la contribuzione maturata nel fondo esclusivo o sostitutivo verso l’INPS in molti casi ha reso sterile l’utilizzo di quella contribuzione incrementando il numero delle posizioni silenti in contraddizione con il dettato costituzionale. 

 

L’introduzione della norma lede diritti acquisiti durante un’intera vita lavorativa e scelte effettuate dai lavoratori in funzione di regole in vigore fin dal 1958 e confermate negli anni dagli uffici INPS e dai diversi Patronati che hanno sempre suggerito, ante Legem,  di non effettuare la ricongiunzione ma di attendere l’approssimarsi della fine dell’attività lavorativa, considerato che la ricongiunzione era gratuita.

Giunto finalmente il momento,  la stessa ricongiunzione diventa talmente onerosa da non poter più essere effettuata.

Scelte di una vita lavorativa sono state assunte in virtù di norme vigenti e consolidate, ed il peso delle modifiche apportate oggi assume valenza retroattiva (si sarebbe potuto decidere di non cambiare lavoro o si sarebbe potuto ricongiungere in età giovanile a costi di molto inferiori).

In taluni, purtroppo non sporadici, casi assistiamo inoltre a contribuzione originariamente versata all’INPS e già ricongiunta in INPDAP la cui inevitabile ricongiunzione nuovamente  in INPS oggi costa oneri improponibili (a suo tempo qualora le regole fossero state diverse nessuno avrebbe ricongiunto in INPDAP per non aggravare l’onere).

 

 

Come riconosciuto nella precedente legislatura dal Parlamento e dallo stesso Governoin più occasioni e con una produzione di atti parlamentari abbastanza cospicua la questione nasce da un errore legislativo.

Se una norma è errata o sbagliata (ed è stata riconosciuta tale da organi parlamentari e di governo) non può continuare ad esplicare i suoi effetti nell’ordinamento. Né vi possono essere perplessità sui costi dell’operazione poiché il danno che ne deriva ai lavoratori che si vedono negare il diritto a pensione è ben più alto.

 

La norma sbagliata deve essere rimossa dall’ordinamento con la medesima urgenza con cui vi è stata introdotta, altrimenti diventa odiosa e intollerabile.

 

Creare differenziazioni in funzione degli Enti presso cui viene versata la contribuzione (cosa che per di più non rientra nelle libere scelte del dipendente), e chiedere poi esorbitanti oneri per ricongiungere i periodi contributivi, diventa oggi ancor più incomprensibile ed ingiustificabile a seguito della fusione dei vari Enti, tra cui l’INPDAP, nella nuova  “SUPER INPS” che è subentrata in tutti i rapporti attivi e passivi degli Enti incorporati: tutti tranne quelli verso i lavoratori.

 

L’art. 12 delle legge 122/2010 discrimina le scelte pensionistiche fatte dai lavoratori, che hanno mostrato una lodevole flessibilità ad adattarsi alle diverse forme lavorative.

Ciò appare peraltro in netto contrasto con quanto asserito oggi dall’attuale capo del Governo, il  Presidente Monti, che invita ad una maggiore mobilità lavorativa ed ad abbandonare la monotonia del “posto fisso” .

 

Chiediamo pertanto che venga abrogata la legge 122/2010 nella consapevolezza che non si chiede di mantenere privilegi ma di ripristinare diritti legittimi.

 

 

                                                                                                                                       Raccolte 925 Firme                

                                                                                                                                        Gruppo Facebook                                

                                                                                                             “Aboliamo l’art.12 della Legge 122”                                                                                                            

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                 

 

 

 

 

 Riepilogo Atti Parlamentari

 

 

Già lo stesso Governo Berlusconi si era reso dei guasti, prodotti dalla Legge 122/2010,

1. L’11 luglio 2011 la Camera ha approvato all’unanimità la mozione 1-00690 concernente “Iniziative relative alla disciplina dei contributi pensionistici”. Nella dichiarazioni di voto della mozione, il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Luca Bellotti, esprimendo il parere del Governo, ha riconosciuto che: “gli effetti concreti che la riforma ha  prodotto sul tessuto sociale hanno in parte travalicato le iniziali intenzioni del legislatore.” – L’On.le Giuliano Cazzola del PDL ha dichiarato che “le norme del decreto-legge n. 78 del 2010 erano finalizzate ad impedire che una disposizione assunta in materia di età pensionabile su indicazione dell’Unione europea (l’equiparazione dell’età di vecchiaia tra uomini e donne nel pubblico impiego) potesse essere elusa mediante il trasferimento della posizione contributiva all’ Inps, per chi ne avesse, ovviamente, la possibilità. Tale trasferimento avrebbe comportato l’applicazione del requisito dei 60 anni, anziché di quello dei 65 anni a regime nel 2012. Il fatto è – e il Governo lo ha riconosciuto – che lo strumento assunto per disincentivare tale trasferimento (quello di rendere onerosa la ricongiunzione anche nei casi in cui prima era gratuita) è divenuta una norma di carattere generale, valida per chiunque avesse il problema di congiungere periodi lavorativi effettuati in differenti gestioni o enti. Di conseguenza, tanti lavoratori che contavano sulla possibilità di ricongiungere gratuitamente storie contributive distinte, si sono trovati  all’improvviso a doverlo fare in modo oneroso, a volte anche parecchio oneroso.” – L’On.le Emanuela Munerato della Lega Nord Padania ha dichiarato che “è necessario tornare al principio che, se le ricongiunzioni vengono fatte verso enti con trattamenti meno favorevoli rispetto all’ente di provenienza, l’operazione deve avvenire senza oneri a carico del lavoratore”. La mozione impegnava il Governo ad assumere le iniziative di competenza, ove  possibile anche in sede di interpretazione autentica, per chiarire ab initio i casi di effettiva applicabilità di quanto previsto, in materia di ricongiunzione onerosa, nel decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

2.             La Commissione Lavoro della Camera, in sede referente, ha approvato Martedì 26 luglio 2011 – Presidente Silvano MOFFA – la proposta di legge: Disposizioni in materia di totalizzazione dei periodi assicurativi e di estensione del diritto alla pensione supplementare. C. 3871 Gnecchi, C. 4260 Cazzola, C. 4384 Poli. Unificando in un unico testo (bi-partisan) tre diverse proposte di legge.

3.             Il 27 luglio, nella seduta n. 508, il Parlamento all’unanimità ha approvato la mozione che impegnava il Governo a “mantenere l’impegno assunto per realizzare le iniziative di competenza, ove possibile anche in sede di interpretazione autentica, per chiarire ab initio i casi di effettiva applicabilità di quanto previsto, in materia di ricongiunzione onerosa, nel decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122”.

4.             Il 14 settembre 2011 sono stati presentati in Parlamento: la interrogazione n. 9/04612/109, da parte dell’on. Maria Luisa Gnecchi (PD), e  l’ordine del giorno 9/04612/017  a firma dell’On. Santo Versace (PDL), finalizzati a capire le reali intenzioni del governo.

 

 

ABOLIAMO L’ART.12 DELLA LEGGE 122/2010ultima modifica: 2012-02-07T12:03:48+01:00da vitegabry
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2 pensieri su “ABOLIAMO L’ART.12 DELLA LEGGE 122/2010

  1. Se l’errore commesso con la Legge 122/2010 non verrà presto sanato a farne le spese saranno anche le casse dell’Inps. Infatti visto che tante pensioni si avviano ad essere analoghe all’assegno minimo garantito dall’assistenza,#antitesi della previdenza#,verràincentivato ulteriormente il lavoro nero ,nonché l’evasione e l’elusione:
    molto meglio che RIPAGARE cifre abnormi e non proponibili e quindi non pagabili.

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