L’avevano promesso quelli di Casale Monferrato. Il giorno d’apertura del processo contro i proprietari dell’Eternit doveva diventare la giornata mondiale, simbolo della collera contro l’amianto.
15 pullman stracolmi di persone provenienti da Casale, da Francia e Belgio, in rappresentanza delle migliaia di vittime dell’amianto si sono date appuntamento davanti al Tribunale di Torino il 6 aprile scorso per presidiare l’udienza preliminare del primo processo penale in Europa contro i due proprietari del colosso Eternit.
“Un aspetto non indifferente – afferma il pubblico ministero, Raffaele Guariniello -. Per la prima volta si potranno accertare le vere responsabilità. Sarà quindi un processo giusto sia per gli imputati, ma soprattutto per le vittime”.
Oltre 2900 sono le parti lese che hanno cominciato a registrarsi già in questa prima udienza. La Cgil nazionale e le sedi territoriali dell’Emilia Romagna e del Piemonte si sono costituite parte civile. Così come hanno fatto i rispettivi rappresentanti delle amministrazioni locali.
Davanti al Tribunale di Torino la sete di giustizia trapelava dai volti delle centinaia di persone italiane e straniere, organizzate nelle tante associazioni che nel corso degli anni si sono costituite per creare questa straordinaria rete di solidarietà. Tra le delegazioni straniere spicca quella francese, a Torino con quattro pullman.
“In Francia – riferisce Attilio Manerin, del Caper (Comitato amianto prevenzione e risarcimento) dal ’97 ad oggi sono morte 40 mila persone e secondo alcuni studi epidemiologici entro il 2025 la cifra dovrebbe addirittura più che raddoppiare.
La Francia è il paese con il più alto indice di presenza di amianto: circa 70 kilogrammi di fibre per ciascun abitante ancora svolazzano nell’aria. E nonostante sia stato bandito nel 1997 continua ad essere il paese che ne importa di più in Europa.
In questo pezzo di continente europeo i comitati hanno già realizzato 18 mila cause civili e ottenuto per i familiari delle vittime un risarcimento medio di circa 160 mila euro ciascuno. “Ma non siamo ancora riusciti a fare un processo penale – precisa Manarin -. Per questo guardiamo con un certo interesse ciò che sta accadendo in Italia”.
La fase preliminare del processo proseguirà con altre udienze fissate per il mese di aprile. Tra maggio e giugno è attesa la sentenza di rinvio a giudizio per i due imputati assenti e rappresentati da una squadra di avvocati ben nutrita. Alla fine dell’anno il processo entrerà nel vivo con il dibattimento.
Sarà dunque lungo e difficile; pesano su esso le incognite di quale sarà la strategia difensiva di Eternit. Lo scoglio più grande sono la prescrizione dei reati e quale sarà la reazione dei familiari rispetto alla proposta di risarcimento giunta alla vigilia del processo da parte dello svizzero Schmidheiny, che per circoscrivere le proprie responsabilità, ha offerto un massimo di 60 mila euro a ciascun lavoratore e cittadino deceduti, di Casale Monferrato, ma solo per gli anni che vanno dal ’73 e al 1986, data di dichiarazione di autofallimento di Eternit.
Sono quindi esclusi i molti morti prima e dopo questo periodo. “Si tratta di una proposta unilaterale – spiega Gianni Marchioro, coordinatore dell’Inca Piemonte – ed è chiaro l’intento di Eternit di ridurre il numero delle parti lese a questo processo. Ciononostante, noi faremo la nostra parte”.
“Come patronato – avverte Marchioro – stiamo già seguendo le domande di quelli che vorranno accettare. Per noi non ci sono morti di serie A e di serie B. Per questo vorremmo che qualunque cifra dovesse essere decisa da questo tribunale finisse in un fondo comune da ripartire tra tutte le vittime dell’amianto”.
Lisa Bartoli