Lavoro e Previdenza - "Triballadores" - a cura di Vittorio Casula -

Maternità

Maternità più forte in tutta Europa? L’Ue ci spera

Nei prossimi sei mesi si deciderà il futuro della revisione di una legge a livello europeo sula maternità, che potrebbe estendere in tutta l’UE a venti settimane pagate a salario pieno il sussidio riservato alle neo mamme (ora il minimo è di quattordici settimane). Così almeno spera la Commissione Europea, che per bocca del suo vicepresidente, l’olandese Frans Timmermans, ha annunciato recentemente che o i ventotto Stati membri troveranno un accordo entro giugno del prossimo anno, o la proposta di revisione della direttiva, che da ormai quasi cinque anni è congelata, verrà ritirata e ne verrà presentata un’altra, che da più parti si teme sarà comunque meno ambiziosa.

Ma facciamo un po’ di cronistoria per capire cosa c’è in ballo. Nel 2008, la Commissione ha proposto un aggiornamento della direttiva UE sul sussidio di maternità, che compie quest’anno il suo ventiduesimo compleanno. La bozza di revisione della Commissione, emendata e approvata dal Parlamento Europeo nel 2010, contiene importanti novità quali un sussidio minimo di venti settimane a salario pieno, una migliore protezione per le donne licenziate o il cui contratto termini durante la maternità o nei sei mesi successivi, sei settimane di riposo obbligatorio per le mamme prima o dopo la nascita, misure speciali in caso di nascite multiple o bambini disabili, estensione degli stessi diritti alle madri adottive e alle lavoratrici domestiche, esenzione da turni di lavoro notturni, flessibilità dell’orario di lavoro per consentire l’allattamento al seno e soprattutto un periodo minimo di due settimane di sussidio di paternità per i padri, anche in presenza di coppie dello stesso sesso.

Da oltre quattro anni, però, la proposta di legge è bloccata a livello di Consiglio, l’organo dell’Unione Europea composto dai ministri dei ventotto Stati membri, che non riescono a raggiungere una posizione di compromesso sul testo della direttiva. A luglio dello scorso anno, la Commissione ha preso atto dello stallo e inserito la proposta di legge sul congedo di maternità nel faldone di quelle da riconsiderare e forse ritirare, visto che  risultava congelata da ormai troppo tempo.

Ma perché un tale blocco? Perché diversi paesi, con capofila la Germania – seguita però anche dal Regno Unito, da Malta, dall’Ungheria, dalla Slovenia, dalla Danimarca e dall’Olanda – sostengono che l’estensione a venti settimane pagate a salario intero del sussidio di maternità e l’eccessiva protezione sociale garantita alle mamme lavoratrici rappresenterebbero un costo troppo alto per le imprese e per i datori di lavoro in generale e andrebbero a minare il principio di sussidiarietà, inserendosi in competenze che dovrebbero rimanere a esclusivo appannaggio dei singoli Stati Membri. Ma anche la Svezia, ad esempio, si opporrebbe sorprendentemente alla direttiva così com’è uscita dal Parlamento, non tanto per la questione delle venti settimane, ma perché andrebbe a influire sul la sua gestione integrata della maternità all’interno del più ampio sistema di welfare previsto nel paese scandinavo e perché non tutelerebbe abbastanza la paternità.

A essere non contrari in principio alla bozza sono invece Repubblica Ceca, Spagna e Grecia che però restano preoccupate dell’impatto che questa potrà avere sulla loro spesa pubblica. La Francia vorrebbe un sistema più flessibile. L’Italia, invece, fin dall’inizio si è detta  favorevole al testo così come emendato dal Parlamento, anche perché il nostro paese ha già un congedo di maternità di venti settimane e quindi la revisione della direttiva non rappresenterebbe un grosso onere in termini di costi.

Il vero rischio, paventano sia le organizzazioni europee di difesa dei diritti delle donne che diversi europarlamentari, è che per trovare un compromesso si minino le modifiche in senso progressista che il Parlamento ha apportato alla bozza di direttiva della Commissione, in particolare l’istituzione dell’obbligo di sussidio di paternità e l’applicazione della direttiva anche alle coppie omosessuali.

Redattore sociale

Maternitàultima modifica: 2014-12-22T12:47:44+01:00da
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