Lavoro e Previdenza - "Triballadores" - a cura di Vittorio Casula -

dall’Osservatore Romano

​L’abbraccio degli ultimi

 
 

20 dicembre 2014

 
 

 

La testimonianza di pace che, da gennaio, Letizia, Marcello e Carlo porteranno per le strade di Bagdad e l’accoglienza agli ultimi nelle tre nuove case appena aperta in Cameroun, Nepal e Grecia. Ecco i due regali di Natale che la comunità Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, ha presentato a Papa Francesco sabato mattina 20 dicembre durante l’incontro nell’aula Paolo VI.

Ma il vero, grande, dono è stato l’abbraccio di questo «popolo dei poveri e degli ultimi» che vede insieme emarginati, disabili, persone che hanno vissuto sulla loro pelle i drami della prostituzione, del carcere, della droga. E stamani, davanti a Francesco, sono stati Joy, una ragazza nigeriana di ventisei anni che è stata costretta a prostituirsi, e una famiglia rom «a dare voce alle tante storie di dolore che diventano speranza».

Senza giri di parole, Joy ha raccontato di essere stata venduta dal padre e accompagnata, con l’inganno, nella periferia di Torino. Costretta da suoi aguzzini a vendere il suo corpo per strada, «dopo un anno e mezzo sono rimasta incinta e i miei sfruttatori voleva farmi abortire: mi sono opposta con tutta me stessa». Quella bambina, però, è diventata un’ulteriore arma di ricatto nelle mani di chi teneva Joy prigioniera. Ma quando ha capito che anche la piccola era in pericolo, la donna ha deciso di scappare chiedendo aiuto a Luca, un volontario della comunità Giovanni XXIII che da due anni le proponeva di cambiare vita andandola a trovare per strada e pregando con lei il rosario. «Oggi lavoro come assistente a una persona disabile — ha raccontato Joy — e ho una casa dove vivo con mia figlia».

Ed è stata, poi, un pugno allo stomaco alla superficialità anche la testimonianza di Daniele Dragutinovic, accompagnato dalla moglie Mira con i figli Natasha, Walter, Marcela, Miriam e Valeria. Questa famiglia rom ha vissuto in campi di periferia pieni di fango e in mezzo ai topi e ammassati in macchina in un parcheggio. Senza servizi di nessun genere. Daniele non nasconde di essere pure finito in carcere e ammette: «Io andavo a rubare per dare da mangiare ai miei bambini e mia moglie leggeva la mano». Anche per loro, proprio come è accaduto a Joy, è stato l’incontro con un volontario della comunità Giovanni XXIII a segnare la svolta decisiva. Ora questa famiglia ha trovato un posto fisso per vivere nel Villaggio della gioia a Forlì.

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dall’Osservatore Romanoultima modifica: 2014-12-21T17:53:10+01:00da
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