ECCO I NUOVI
”SPOGLIATORI
DI CADAVERI”
di FRANCESCO CASULA
Gramsci in un articolo del
1919 sull’Avanti,
fortemente critico nei
confronti della politica
italiana postunitaria,
scrive di 4 specie di “spogliatori di
cadaveri ” in Sardegna. Due sono
particolarmente illuminanti e
persino drammaticamente attuali,
specie in riferimento alla situazione
del Sulcis oggi. Sono gli spogliatori
di cadaveri che sbarcano dalla
Francia, dal Belgio e da Torino per
un’attività di pura rapina delle
risorse del sottosuolo: non industria
mineraria moderna dunque, ma
pura fase di estrazione, senza
paralleli impianti per la riduzione
del greggio e senza industrie
derivate e di trasformazione. Con i
minatori che durante il lavoro
mangiano un tozzo di pane nero e
per companatico polvere di
calamina. Ai Francesi (presenti
soprattutto a Buggerru e a
Montevecchio) ai Belgi (presenti a
Iglesias) e ai Torinesi (che sfruttano
le miniere di Bacu Abis, Caput
Acquas e Monteponi, con Baudi di
Vesme) si aggiungeranno gli Inglesi
(che otterranno la concessione dello
sfruttamento del pimbo-zinco di San
Giovanni) e i tedeschi (a Ingurtosu).
Con loro arriveranno un codazzo di
tecnici e managers: fra gli altri Giulio
Keller, un esule ungherese, e Karl
Marx (che non ha niente a che fare
col famoso rivoluzionario).
Una seconda specie di spogliatori di
cadaveri che irrompono in Sardegna
alla fine dell’800, dopo la rottura dei
trattati doganali con la Francia, sono
gli industriali caseari. I signori
Castelli – scrive Gramsci – vengono
dal Lazio nel 1890, molti altri li
seguono arrivando dal Napoletano e
dalla Toscana. Il meccanismo dello
sfruttamento (“ed è un lascito della
borghesia peninsulare non più
rimosso”) è semplice: al pastore che
deve fare i conti con gli affitti del
pascolo e con l’esattore, l’industriale
concede i soldi per l’affitto in
cambio di una quantità di latte il cui
prezzo a litro è fissato
vessatoriamente dallo stesso
industriale. Il prezzo del formaggio
cresce ma va ai caseari e ai
proprietari del pascolo. Non a chi lo
produce.
Mutatis mutandis: come non vedere
negli industriali che sfruttano le
miniere del Sulcis alla fine dell’800,
le multinazionali che oggi, dopo aver
intascato i finanziamenti pubblici,
s’involano con il malloppo,
seminando disoccupazione e
disperazione fra i Sardi? E gli
industriali del latte di oggi, non
fissano arbitrariamente il prezzo,
esattamente come quelli di ieri?
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