di FRANCESCO CASULA
Se non si muove la politica
scende in campo la
società. Per riscrivere il
Nuovo Statuto attraverso
un’Assemblea costituente.
È questa la proposta presentata
nei giorni scorsi a Cagliari
da un “Comitato per la Costituente
” formato da 11 personalità (ci
sono fra gli altri i segretari di Cgil-
Cisl-Uil-Css oltre a intellettuali ed
esponenti della Chiesa).
Il Comitato, se il Consiglio regionale
non si assumerà il compito di
dare il via alla Costituente, organizzerà
i seggi in tutti i Comuni
della Sardegna, con il sostegno
dell’Anci, per arrivare entro la
prossima primavera, alla elezione
di una Assemblea Costituente
aperta a tutti i cittadini e composta
di 70 rappresentanti.
Per riscrivere lo Statuto che, nato
già depotenziato, debole e limitato
– più simile a un gatto che a un
leone, secondo la colorita espressione
di Lussu – nell’ormai lontano
1948, in questi sessant’anni e
più ha subito un processo di progressivo
svuotamento sia da parte
dello Stato centrale che da parte
delle forze politiche dirigenti sarde.
Tanto che oggi di fatto rappresenta
un ostacolo alla realizzazione
di una vera Autonomia, o peggio:
serve solo come copertura alla
gestione centralistica della Regione
da parte dello Stato, di cui non
ha scalfito per niente il centralismo.
Paradossalmente lo ha perfino
favorito, consentendo ai Sardi
solo il succursalismo e l’a m m i n istrazione
della propria dipendenza.
L’Assemblea Costituente per il Comitato
– ed è difficile non convenire
– non è solo il modo più democratico
per riscrivere la Nuova Carta
Costituzionale della Sardegna,
per regolare con un nuovo patto fra
i Sardi, i rapporti fra la Sardegna,
l’Italia e l’Europa e insieme per definire
e sancire le prerogative e i poteri
di una Comunità moderna, orgogliosa
e sovrana.
Essa può anche rappresentare
un’occasione formidabile per mettere
in campo il protagonismo e la
partecipazione diretta dei Sardi,
per realizzare un grande e profondo
movimento di popolo, finalmente
coeso, che creda in se stesso
e che prenda coscienza della sua
Identità, dispiegando tutta intera la
propria energia per potersi così
aprire, senza subalternità e complessi
di inferiorità, alle culture
d’Europa e del mondo, pronta a
competere con le sue produzioni
materiali e immateriali, finalmente
decisa a costruire un futuro di prosperità,
lasciandosi alle spalle lamentazioni
e piagnistei.
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