GIURISPRUDENZACOMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALESENTENZACOMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE CALTANISETTA – Sentenza 29 dicembre 2014, n. 1117FISCALEIscrizione a ruolo irpef, lrap, Iva, e Add.Regionale irpef – Impugnazione CORTE DI CASSAZIONEORDINANZACORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 gennaio 2015, n. 106FISCALECORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 gennaio 2015, n. 322FISCALETributi – Contenzioso – Giudicato implicito sul rimborso d’imposta – Limiti CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 gennaio 2015, n. 373FISCALETributi – Contenzioso – Spese processuali – Mancata costituzione dell’amministrazione – Compensazione – Non sussiste SENTENZACORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 dicembre 2014, n. 26163LAVOROAvvocato e procuratore – Controversia di lavoro – Onorari – Procedimento di liquidazione CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 dicembre 2014, n. 26199FISCALETributi erariali indiretti (riforma tributaria del 1972) – Imposta sul valore aggiunto (i.v.a.) – Obblighi dei contribuenti – Pagamento dell’imposta – Rimborsi – Art. 1 del d.l. n. 258 del 2006, convertito in legge n. 278 del 2006 – Istanze di rimborso proposte e disattese prima della sua entrata in vigore – Applicabilità della norma ai fini dell’ammissibilità dell’istanza già proposta – Esclusione – Fondamento CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 gennaio 2015, n. 211LAVORORapporto di lavoro – Infortunio – Inabilità – Indennità – Certificato medico – Prescrizione – Termine CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 gennaio 2015, n. 344LAVOROLavoro – Licenziamento per giustificato motivo soggettivo – Dipendente in malattia – Sottrazione alle fasce orarie di reperibilità – Abuso del veicolo aziendale concesso a titolo di benefit CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 gennaio 2015, n. 968LAVOROOmesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali – Accertamento della violazione – Comunicazione dell’Inps – Forma libera CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 gennaio 2015, n. 972FISCALEReati fiscali – Frode carosello – Limiti alla custodia cautelare in carcere LEGISLAZIONEDECRETO LEGISLATIVODECRETO LEGISLATIVO 17 dicembre 2014, n. 198LAVORO, FISCALEComposizione, attribuzioni e funzionamento delle commissioni censuarie, a norma dell’articolo 2, comma 3, lettera a), della legge 11 marzo 2014, n. 23 DECRETO MINISTERIALEMINISTERO FINANZE – Decreto ministeriale 30 dicembre 2014FISCALEAccertamento del periodo di mancato funzionamento della Segreteria della Commissione tributaria provinciale di Ancona DECRETO PRESIDENTE REPUBBLICADECRETO PRESIDENTE REPUBBLICA 06 novembre 2014LAVOROAutorizzazione al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, per le esigenze delle Istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), ad assumere a tempo indeterminato, per l’anno accademico 2013/2014, 23 unità di direttore di ragioneria e di biblioteca – EP1 e di 3 unità di collaboratore, nonché al trattenimento in servizio di 3 coadiutori e di 1 assistente amministrativo nonché, per l’anno accademico 2014/2015, ad assumere 10 unità di direttore di ragioneria e di biblioteca- EP1 e di 3 unità di collaboratore DECRETO PRESIDENTE REPUBBLICA 12 novembre 2014LAVOROAutorizzazione al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, per l’anno scolastico 2014/2015, all’assunzione di 15.439 unità di personale docente ed educativo, 4.599 unità di personale ATA, comprensive delle unità di personale interessato alla procedura di statalizzazione dell’Istituto tecnico «Aldini Valeriani Siriani» di Bologna e del Liceo linguistico «A. Lincoln» di Enna, 13.342 unità di personale docente da destinare al sostegno degli alunni con disabilità e 620 dirigenti scolastici PRASSICOVIPCIRCOLARECOVIP – Circolare 09 gennaio 2015, n. 158LAVORO, FISCALELegge 23 dicembre 2014, n. 190. Tassazione delle forme pensionistiche complementari. Profili applicativi per la determinazione del valore della quota di fine anno 2014. MINISTERO FINANZE SECITCIRCOLAREMINISTERO ECONOMIA E FINANZE – Circolare 09 gennaio 2015LAVORO, FISCALELegge 15 dicembre 2014, n. 186 (pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 292 del 17 dicembre 2014) – Collaborazione volontaria per l’emersione e il rientro di capitali detenuti all’estero PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRINOTAPRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI – Nota 30 dicembre 2014, n. 73731LAVORONota operativa in materia di compilazione del prospetto informativo e di computo della quota d’obbligo ai sensi della legge 12 marzo 1999, n. 68 REGIONE TOSCANACOMUNICATOREGIONE TOSCANA – Comunicato 13 gennaio 2015LAVORO, FISCALEApprovazione dell’ordinanza n. 59 del 12 dicembre 2014 |
Archivi giornalieri: 14 gennaio 2015
ULTIMISSIME EDILIZIA – COPERATIVE14/01/2015O
GIURISPRUDENZACORTE DI CASSAZIONESENTENZACORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 gennaio 2015, n. 211COOPERATIVE, EDILIZIARapporto di lavoro – Infortunio – Inabilità – Indennità – Certificato medico – Prescrizione – Termine CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 gennaio 2015, n. 344COOPERATIVE, EDILIZIALavoro – Licenziamento per giustificato motivo soggettivo – Dipendente in malattia – Sottrazione alle fasce orarie di reperibilità – Abuso del veicolo aziendale concesso a titolo di benefit CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 gennaio 2015, n. 968COOPERATIVE, EDILIZIAOmesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali – Accertamento della violazione – Comunicazione dell’Inps – Forma libera PRASSIPRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRINOTAPRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI – Nota 30 dicembre 2014, n. 73731COOPERATIVE, EDILIZIANota operativa in materia di compilazione del prospetto informativo e di computo della quota d’obbligo ai sensi della legge 12 marzo 1999, n. 68 |
rassegna.it
Newsletter del 14/01/2015
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Salute
Salute: Uno studio rivela che il troppo lavoro aumenta rischio abuso di alcol
Chi lavora oltre 48 ore alla settimana è più propenso a consumare alcol a livelli di rischio, rispetto a chi fa turni standard. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista scientifica “British Medical Journal”. Per proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori, la direttiva dell’Unione Europea sull’orario di lavoro prevede che nei Paesi membri non si vada oltre le 48 ore a settimana, compresi gli straordinari. Ma molte persone, per esempio, i manager o i liberi professionisti, lavorano ben di più, magari per ottenere promozioni o aumenti di stipendio, o semplicemente per aumentare la propria efficienza.
Il consumo di alcol è considerato a rischio (di malattie del fegato, cancro, ictus, malattia coronarica e disturbi mentali) quando si superano 14 drink a settimana nelle donne e 21 drink a settimana negli uomini. Già precedenti ricerche avevano rilevato un legame tra molte ore di lavoro e il rischio di consumo eccessivo di alcol, ma si trattava di studi di piccole dimensioni.
Marianna Virtanen e i colleghi del Finnish Institute of Occupational Health di Helsinki (Finlandia) forniscono la prima analisi sistematica sull’associazione tra lunghe ore di lavoro e uso di alcol.
Analizzando i dati di 333.693 persone in 14 Paesi, hanno scoperto che l’orario di lavoro più lungo comporta la probabilità di uso di alcol in dosi eccessive dell’11%, senza differenza tra uomini e donne, età, status socio-economico o regione.
L’esame di 18 studi prospettici ha dimostrato inoltre che coloro che lavorano 49-54 ore o 55 ore e più alla settimana hanno un rischio aumentato rispettivamente del 13% e il 12% di consumo di alcol a rischio, rispetto a coloro che lavorano 35-40 ore a settimana. “Il posto di lavoro è un ambiente importante per la prevenzione dell’abuso di alcol – scrive il team di ricercatori – perché più della metà della popolazione adulta ha un’occupazione. Sono necessarie ulteriori ricerche per valutare l’opportunità di interventi di prevenzione contro l’uso di alcol a rischio”. (Adnkronos)
Appalti
Appalti: Camusso presenta una legge di iniziativa popolare della Cgil
Garanzia dei trattamenti dei lavoratori impiegati negli appalti privati e pubblici; contrasto alle pratiche di concorrenza sleale tra le imprese; tutela dell’occupazione nei cambi di appalto. Sono questi alcuni dei punti della proposta di legge di iniziativa popolare in tema di appalti, promossa dalla Cgil per garantire la tutela dei lavoratori.
Nel presentarla, Susanna Camusso, segretario generale della Cgil afferma: “Vogliamo partire da quel milione di lavoratori che ogni giorno si interrogano su quando ci sarà la gara del loro appalto; su cosa succederà loro; di quante ore hanno già tagliato in questi anni il loro lavoro e di quante volte si sono visti tagliare la retribuzione pur di mantenere il lavoro”.
Camusso sottolinea che è molto importante partire dagli ultimi per “ripristinare un principio fondamentale: la clausola sociale, ovvero un lavoratore non può perdere il lavoro in ragione esclusivamente del cambio della gara d’appalto. Se oggi alla parola “appalti” si associa il termine “inchieste” il motivo è perché la non trasparenza sulle norme degli appalti determina la crescita dell’illegalità in materia economica”.
“Invece di tagliare orizzontalmente i servizi ai cittadini perché non si riducono le trentamila stazioni appaltanti che ci sono? – domanda Camusso- Non lo si fa perché vorrebbe dire intervenire in un sistema di potere, dietro il quale però ci sono milioni di lavoratori che hanno visto in questi anni peggiorare le loro condizioni di lavoro. Sono i figli e le vittime degli appalti al massimo ribasso, alla massima convenienza economica”.
“E il Jobs Act rischia di fare di questi lavoratori le prime vittime”, aggiunge Camusso. “Siamo ancor più preoccupati – continua il segretario generale Cgil – davanti ai decreti della legge delega perché, per come sono fatti nella precarizzazione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, si rischia di fare come prime vittime i lavoratori degli appalti. Perché al cambio di appalto, invece di conservare la propria professionalità e la propria anzianità, potrebbero essere considerati dei neo assunti senza più le tutele precedenti”.
“Ecco quindi che – ha concluso Camusso – se si usa il tema dell’unità del lavoro come una clava contro il sindacato poi nella realtà non lo si pratica nella legge. La sfida è se il lavoro deve essere la vittima delle politiche della crisi o se il lavoro è, come noi siamo convinti, la risorsa per uscire dalla crisi”.
inca Nazionale
Diritti degli italiani all’estero: Nuova guida della Tuc e dell’Inca Regno Unito
La Confederazione nazionale dei sindacati britannici (che rappresenta 54 sindacati di categoria) e l’Inca Cgil UK presenteranno a Londra, il 23 gennaio prossimo alle 18.30, presso la sede dell’Inca (124 Canonbury Road N1 2UT) una guida bilingue ai diritti di chi lavora nel Regno Unito e il nuovo sito dedicato del TUC.
All’incontro con la stampa saranno presenti sindacati delle categorie della scuola e Università, della Sanità, della ristorazione, It e finanza. L’incontro sarà introdotto da Marisa Pompei, presidente dell’Inca Cgil UK e da Rosa Crawford, del dipartimento di relazioni europee e internazionali del TUC.
Citando alcuni dati della Fondazione Migrantes, una nota del Patronato della Cgil di Londra avverte che “il Regno Unito è diventato il Paese dove gli Italiani sono emigrati maggiormente durante il 2014, con un incremento pari al 71% rispetto al 2103. Il 2015, stando alle previsioni, dovrebbe confermare il trend.”
I dati ufficiali parlano di 250 mila persone iscritte all’AIRE (Anagrafe degli Italiani residenti all’Estero) e di altrettante non iscritte, per un totale di circa 550 mila in tutto il territorio nazionale, con punte di maggiore concentrazione nelle grandi città: Londra per prima, Birmingham e Manchester ma anche Leeds, York e Liverpool.
“Almeno il 60% dei nuovi immigrati ha meno di 35 anni e il 25% si colloca fra i 35 ed i 44 anni. I settori in cui sono impegnati – spiega il Patronato – si discostano da quelli tradizionali e vanno dalla sanità alla scuola e università, dall’ingegneria alla finanza, dal commercio alla ristorazione e ai servizi, dai trasporti alla moda e, infine, anche al design, senza escludere il campo della Information Technology”.
“Questo – conclude la nota – ci restituisce l’immagine di una immigrazione complessa e variegata, ma accomunata da un unico bisogno: quello di conoscere e capire le regole del lavoro e i diritti che ne conseguono e che non sempre sono gli stessi della esperienza italiana”.
Il tag “Francesco Casula” raggruppa 64 articoli
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Gaspare Barbiellini Amidei, già brillante editorialista del Corriere della Sera, nel 1971 scrive un suggestivo saggio: Il minusvalore . In esso sostiene la tesi secondo la quale gli uomini ricchi rubano da sempre agli altri uomini la loro fatica, pagandola con il salario che è soltanto una parte del valore dei loro prodotti. Il resto (plus valore e dunque profitto) va ad accumulare altra ricchezza. Marx smascherò questo furto e le magiche parole della religione, della morale, della cultura e del prestigio che avevano coperto per millenni il plus valore. Ma gli uomini ricchi non rubano solo fatica agli altri uomini ma anche memoria, storia, lingua, cultura: minusvalore, appunto, di qui il titolo dell’opera. Che è l’altra faccia dello sfruttamento denunciato da Marx con il plus valore. Il che non significa – precisa l’autore – andare contro Marx, ma aggiungere a Marx qualcosa in più. Ebbene, mi piace applicare tale tesi agli Stati ufficiali, che fin dalla loro nascita rubano alle piccole patrie, alle nazionalità oppresse o comunque non riconosciute, ai popoli marginali, non solo fatica, lavoro e salario – attraverso il colonialismo interno – ma anche memoria, cultura, identità e storia. Questa tesi ben si attaglia ai Sardi: depredati e deprivati nella loro storia non solo a livello materiale (risorse, materie prime) ma anche a livello immateriale (cultura,lingua e storia soprattutto).
Succede così che in pieno Ottocento a Pietro Martini – uno dei padri della storiografia sarda – intenzionato a introdurre fra gli studenti dell’Isola l’insegnamento della Storia sarda, capitò di sentirsi rispondere dalle autorità governative piemontesi che “nelle scuole dello Stato debbasi insegnare la storia antica e moderna, non di una provincia ma di tutta la nazione e specialmente d’Italia”.Tale concezione, da ricondurre a un progetto di omogeneizzazione culturale, la ritroviamo pari pari nelle Leggi sull’istruzione elementare obbligatoria nell’Italia pre e post-unitaria: del Ministro Casati (1859) come di Correnti (1867) e di Coppino (1887). I programmi scolastici, impostati secondo una logica rigidamente nazional-statale o statalista che dir si voglia e italocentrica, sarebbero finalizzati a creare una coscienza “unitaria“, uno “spirito nazionale“, capace di superare i limiti – così si pensava – di una realtà politico sociale composita ed estremamente differenziata sul piano storico, culturale e linguistico. Questo paradigma fu enfatizzato nel periodo fascista, con l’operazione della “ nazionalizzazione” dell’intera storia italiana.
L’idiosincrasia – uso volutamente un termine eufemistico – nei confronti di tutto ciò che è locale, nel nostro caso di tutto ciò che è sardo, sia essa la storia che la lingua, continuerà abbondantemente anche dopo la guerra. Con una impostazione pedagogica, didattica e culturale tutta giocata sulla proibizione, cancellazione e potatura della storia locale, ma lo stesso discorso vale per la cultura e la lingua sarda. Che ha prodotto effetti devastanti negli studenti e nei giovani in genere, in modo particolare attraverso la smemorizzazione. Provate a chiedere a uno studente sardo che esca da un liceo artistico, cosa conosce di una civiltà e di un’architettura grandiosa come quella nuragica, sicuramente fra la più significativa dell’intero Mediterraneo; provate a chiedere a uno studente del liceo classico cosa sa della parentela fra la lingua sarda e il latino; provate a chiedere a uno studente di un Istituto tecnico per Ragionieri e persino a un laureato in Giurisprudenza cosa conosce di quel meraviglioso codice giuridico che è la Carta de Logu di Eleonora d’Arborea. Vi rendereste conto che la storia, la lingua, la civiltà complessiva dei Sardi dalla Scuola ufficiale è stata non solo negata ma cancellata. Ma c’è di più: una scuola monoculturale e monolinguistica, negatrice delle specificità, tutta tesa allo sradicamento degli antichi codici culturali e basata sulla sovrapposizione al “periferico” di astratti paradigmi e categorie che le “grandi civiltà” avrebbero voluto irradiare verso le “civiltà inferiori”, ha prodotto in Sardegna, soprattutto negli ultimi decenni, giovani che ormai appartengono a una sorta di area grigia, a una terra di nessuno. Appiattiti e omologati nell’alimentazione come nell’abbigliamento, nei gusti come nei consumi, nei miti come nei modelli. Di tale appiattimento, una delle cause fondamentali è sicuramente la mancanza di memoria storica. Mi piace a questo proposito citare quanto sostiene, Umberto Eco nel suo monumentale romanzo L’Isola del giorno prima: “Io sono memoria di tutti i miei momenti passati, la somma di tutto ciò che ricordo”. O l’afgano Khaled Hosseini, nel suo primo romanzo di grande successo Il cacciatore di aquiloni, “Non è vero come dicono molti che si può seppellire il passato. Il passato si aggrappa con i suoi artigli al presente”.
A significare cioè che l’individuo esiste e ha una sua identità in quanto possiede la memoria storica. Recisa ed estinta questa, sia come singoli che come comunità, saremmo semplicemente omologati, soggetti e comunità indifferenziate, senza la ricchezza delle specificità culturali e storiche.
Eppure la scuola italiana, dopo interi secoli di vera e propria insofferenza nei confronti della “storia locale” avrebbe dovuto imparare dalla Francia e da storici come Marc Bloch, Lucien le Febvre (con la creazione nel 1929 degli Annales) e Fernand Braudel, la cui storiografia rifiuta la storia come grande evento politico-militare, rivalutando la storia locale che si pone anzi come “laboratorio“ della nuova concezione storiografica secondo la quale non vi è una gerarchia di rilevanza fra storia locale e storia generale. Superando così il paradigma storiografico secondo il quale solo la “storia generale” è degna di essere studiata. Per cui la nuova storia aperta e senza barriere diagando a tutto campo: dalla cantina al solaio.sciplinari, è capace di valorizzare la vita degli uomini nel tempo e nello spazio, ind