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Malattie professionali – Norme, storie, incognite e traguardi della in-formazione
Al termine del seminario sulle malattie professionali organizzato da Inca nazionale, Cgil Toscana e Associazione Ambiente Lavoro che si è tenuto a Firenze il 20 e 21 settembre u.s., il presidente dell’Inca, Morena Piccinini ha sottolineato l’importanza del compito svolto dall’Inca per quanto riguarda la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. “Ci consideriamo – ha detto Piccinini – tra coloro che hanno contribuito a far emergere le malattie professionali e tra coloro che hanno spinto per ottenere il riconoscimento di nuove tipologie che fino ad allora erano sconosciute (patologie muscoloscheletriche, etc.).
Il patronato ha lavorato in sinergia costante con le categorie sul versante sia della prevenzione che su quello della denuncia. E, su questo fronte – ha sottolineato il presidente dell’Inca – bisogna denunciare anche la forte assenza dei medici delle strutture di diagnosi e cura, di base, dei medici competenti inadempienti all’invio del referto medico che certifica le malattie da causa di lavoro. Parimenti – ha proseguito Piccinini – sta crescendo la resistenza da parte dei lavoratori nel denunciare le patologie perché forte è la percezione che i loro diritti sono messi in pericolo, proprio perché oggi più di ieri, la crisi economica, ha generato un ricatto occupazionale e dunque una forte diminuzione nell’esercizio dei diritti individuali e collettivi”.
“D’altra parte – ha continuato Piccinini – l’investimento in termini prevenzionali è considerato un lusso da parte delle imprese, rendendo inscindibile e forte la connessione tra lavoro e salute. Il caso dell’Ilva è esaustivo da questo punto di vista. E, come patronato, copioso, dal punto di vista giudiziario, è stato il nostro intervento nei confronti dell’azienda per risarcire il danno alla salute dei lavoratori. Come Cgil abbiamo chiesto interventi immediati per mantenere sia la produttività in azienda con investimenti importanti sul piano della bonifica aziendale per garantire il mantenimento dei posti di lavoro”.
“Bisogna ridare valore – ha proseguito Piccinini – alla buona occupazione anche e soprattutto in termini di prevenzione. E’ necessario agevolare la rete con Inail, con le piccole imprese per un investimento attento teso alla riduzione dei costi finali rispetto alla salute. Sono ancora troppo poche le regioni virtuose sia per la disorganizzazione sanitaria, per la scarsa relazione fra le strutture nazionali, per la responsabilità pubblica, per il ruolo della formazione. Come si può lavorare sulla prevenzione? Bisognerebbe, ad esempio, prestare più attenzione alle politiche di genere e dunque – prosegue il presidente dell’Inca – all’organizzazione del lavoro, ai dati epidemiologici, alla cura e al recupero rispetto al danno subito. Così come ai nuovi cittadini, lavoratori immigrati che sono adibiti a lavori pesanti con sistemi di prevenzioni molto bassi o totalmente assenti. Sono figure che necessitano di una particolare attenzione perché sono diverse le modalità con le quali rapportarsi sia in termini comunicativi che formativi ma è necessario farlo perché altrimenti sarebbe una mancata tutela a fronte di un grave sfruttamento sul piano lavorativo e soprattutto civile”.
“E’ indispensabile– ha continuato Piccinini – dotarci di disposizioni normative più avanzate rispetto all’attuale per quanto riguarda, ad esempio la inidoneità al lavoro per infortuni o malattie professionali che rappresenta l’anticamera dell’allontanamento dal posto di lavoro. Per quanto riguarda le indennità economiche (rendita di passaggio), devono essere riviste le normative di accompagnamento anche perché quando si comprimono gli ammortizzatori sociali c’è bisogno di aiutare le persone nel difficile momento della ricollocazione, così come è necessario un approfondimento sul Dlgs n. 81 sul risarcimento del danno. Siamo convinti che ci siano gli spazi economici per trovare la giusta soluzione visto che l’Inail ha prodotto grandi risparmi anche per effetto delle modifiche normative, risparmi, dunque, che devono essere dedicati a rivedere le soglie di indennizzabilità al 16% (troppo alto) così come per il danno biologico. Ma – ha sottolineato il dirigente dell’Inca – anche la legislazione pensionistica sul danno da lavoro non tiene conto di una serie di mutamenti, come il riconoscimento delle famiglie di fatto. E’ necessario inoltre rivedere l’importo dell’assegno funerario (ultimo esempio la liquidazione di 1.900 euro ai genitori di Ivan Cavicchi, morto sul lavoro nel terremoto emiliano del maggio scorso).
“C’è bisogno di contestualizzare la prevenzione, la cura del danno, il risarcimento e questo seminario è l’opportunità che volevamo per dire che ci sono ancora molti, troppi punti ancora aperti. Il sindacato, il suo patronato stanno facendo un lavoro prezioso sul fronte della tutela individuale e collettiva, è necessario adesso investire anche in termini di volontà politica”.