Archivi giornalieri: 16 ottobre 2014

Da Patronato Acli

Ex-Ipost e ex-Enplas: presentazione telematica per l’accredito contributivo del periodo di servizio militare
13/10/2014

Dal prossimo 1° gennaio la presentazione della domanda di accredito contributivo del periodo di servizio militare avverrà esclusivamente per via telematica anche per gli iscritti al Fondo di Quiescenza Poste (ex Ipost) e alla Gestione Ex-Enpals.
Lo afferma l’Inps con circolare n.121, del 10 ottobre 2014, che nel precisare l’improcedibilità di domande presentate in forma diversa da quella telematica, informa che l’accredito potrà avvenire o mediante i servizi telematici offerti dai Patronati, direttamente dal cittadino tramite PIN attraverso il portale dell’Inps, o tramite il numero 803164 del Contact Center Integrato.
La circolare informa inoltre che non è prevista la possibilità di invio telematico di domande di accredito figurativo del servizio di leva da stati esteri, che possono essere presentate tramite i Patronati.


Inps, Circolare n. 121,

dall’OSSERVATORE ROMANO

La crisi
di cui nessuno parla

 

· Duecento milioni di bambini malnutriti nel mondo ·

16 ottobre 2014

 
 

 

Un bambino indiano con evidenti segni di malnutrizione

Duecento milioni di bambini al mondo soffrono la fame, o come si dice in termini tecnici, sono malnutriti. Di questi, centosessanta milioni si trovano in una condizione di malnutrizione cronica. I dati — diffusi oggi in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione — rilevano inoltre che a causa della penuria di cibo un bambino su quattro a livello globale ha ritardi nella crescita, con conseguenze irreversibili sul suo sviluppo fisico e intellettivo. La malnutrizione, inoltre, espone i bambini a un rischio maggiore di morte e di sviluppare gravi malattie, tanto da rappresentare una causa concomitante nel 45 per cento delle morti degli oltre sei milioni di bambini che ogni anno non raggiungono il quinto anno di vita. La tragica emergenza dell’ebola che ha colpito alcuni Paesi dell’Africa occidentale rischia di mettere ulteriormente a repentaglio i bambini malnutriti. Infatti, il collasso dei servizi sanitari di base e di monitoraggio non permette diagnosi tempestive sui livelli di malnutrizione e di garantire in tempo le terapie nutrizionali necessarie. La malnutrizione è una delle tante facce della povertà eppure combatterla e salvare i bambini è possibile con misure semplici e a basso costo. E in questo senso preziose sono le iniziative intraprese dalle agenzie dell’Onu quali, l’Unicef e il Programma alimentare mondiale.

 
 

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Fidel Castro

 Se tutti donassimo 2 €, la raccolta fondi sarebbe completa nel giro di un’ora. 

Fidel Castro

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
« Per non lottare ci saranno sempre moltissimi pretesti in ogni epoca e in ogni circostanza, ma mai, senza lotta, si potrà avere la libertà»
(Fidel Castro[1])
Fidel Castro
 Premio Lenin per la pace 1961
Premio Premio Lenin per la pace 1961

Presidente della Repubblica di Cuba
Durata mandato 2 dicembre 1976 –
24 febbraio 2008
Predecessore Osvaldo Dorticós Torrado
Successore Raúl Castro

Primo Ministro di Cuba
Durata mandato 16 febbraio 1959 –
2 dicembre 1976
Predecessore José Miró Cardona
Successore Carica unita a quella di Presidente

Segretario Generale delMovimento dei paesi non allineati
Durata mandato 10 settembre 1979 –
6 marzo 1983
Predecessore Junius Richard Jayawardene
Successore Neelam Sanjiva Reddy

Primo Segretario del Partito Comunista di Cuba
Durata mandato 24 giugno 1961 –
19 aprile 2011
Predecessore carica istituita
Successore Raúl Castro

Leader del Movimento del 26 luglio
Durata mandato 1955 –
1 gennaio 1959
Predecessore carica creata
Successore carica abolita

Dati generali
Partito politico Movimento del 26 luglio(1955-1959)
Partito Comunista di Cuba (dal 1961)
Alma mater Università dell’Avana
Professione avvocatogiornalista
Firma Firma di Fidel Castro

Fidel Alejandro Castro Ruz (Birán13 agosto 1926[2]) è un rivoluzionario e politico cubano. È stato primo ministro di Cuba dal 16 febbraio 1959 all’abolizione della carica, avvenuta il 2 dicembre 1976, ed è stato, dal 3 dicembre 1976 al 18 febbraio 2008, Presidente del Consiglio di Stato[3] e Presidente del Consiglio dei ministri, nonché Primo Segretario del Partito Comunista Cubano, il partito unico del paese, che tuttavia non partecipa direttamente alle elezioni.

Castro, assieme al fratello Raúl, a Che Guevara e Camilo Cienfuegos è stato uno dei protagonisti della rivoluzione cubana contro il regime del dittatore Fulgencio Batista e, dopo il fallito sbarco nella Baia dei Porci da parte di esuli cubani appoggiati dagli Stati Uniti d’America, proclamò l’istituzione della Repubblica di Cuba, uno stato monopartitico di stampo socialista, che secondo Castro e i suoi sostenitori è una democrazia popolareapartitica[4][5], ma che i dissidenti e buona parte degli analisti politici internazionali definiscono come regime totalitario[6].

Ha spesso giocato un ruolo internazionale maggiore di quanto lascino supporre le dimensioni geografichedemografiche ed economiche di Cuba, a causa della posizione strategica e della vicinanza geografica agli Stati Uniti d’America del Paese. Castro è una figura controversa: i detrattori lo considerano un nemico dei diritti umani, mentre i suoi sostenitori lo considerano un liberatore dall’imperialismo e sottolineano i progressi sociali che egli ha promosso a Cuba[7].

È noto anche con l’appellativo di Líder máximo (“Condottiero supremo”), a quanto pare attribuitogli quando, il 2 dicembre 1961, dichiarò che Cuba avrebbe adottato il comunismo in seguito allo sbarco della Baia dei Porcia sud dell’Avana, un fallito tentativo da parte del governo statunitense di rovesciare con le armi il regime cubano; nel corso degli anni Castro ha rafforzato la popolarità di quest’appellativo.

Secondo i suoi sostenitori, la leadership di Castro si è mantenuta così a lungo grazie al sostegno delle masse, dovuto al miglioramento delle condizioni di vita. Secondo i detrattori, invece, le cause andrebbero cercate nell’utilizzo di metodi coercitivi e repressivi.

Il 18 febbraio 2008, dopo quasi mezzo secolo di presidenza, Fidel Castro ha dichiarato che non avrebbe accettato una nuova elezione alla Presidenza del Consiglio di Stato e del consiglio dei Ministri, a causa di problemi di salute.

Il 19 aprile 2011, Fidel Castro si dimette anche dalla carica di primo segretario del Partito Comunista Cubano,[8] consegnando i suoi poteri nelle mani del fratello Raul Castro, il quale sta lentamente avviando alcune riforme in senso liberale a favore del popolo e della disastrata economia locale, compromessa anche dal lungo embargo a cui è stata costretta l’isola.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

I primi anni (1926 – 1949)[modifica | modifica wikitesto]

Lettera dell’allora dodicenne Fidel Castro scritta in inglese e inviata al presidente statunitense dell’epoca, Franklin D. Roosevelt, ai tempi in cui Castro studiava al Colegio de Dolores, a Santiago di Cuba.

Nasce a Birán, un piccolo toponimo della provincia di Holguín, il 13 agosto del 1926, primogenito di Ángel Castro Argiz, un benestante proprietario terriero gallego nativo di Láncara, e di Lina Ruz González, cubana figlia di emigranti spagnoli originari delle Isole Canarie.

Nel 1932 Fidel studiò a Santiago di Cuba, inizialmente alla scuola La Salle, un istituto per ragazzi di famiglie benestanti.

Dal 1941 al 1945, Fidel Castro si trasferì all’Avana, dove studiò nell’esclusivo collegio de Belén, sotto la guida di sacerdoti Gesuiti, quando l’esperienza della guerra civile spagnola era ancora fresca. I Gesuiti pervadevano il giovane Fidel con l’ideale di una cultura spagnola (Hispanidad), sottolineando la superiorità dei valori spagnoli di onore e di dignità in contrapposizione al materialismo anglosassone.

Nel 1945 Castro si iscrisse alla facoltà di Diritto dell’Università dell’Avana. Qui venne in contatto con gli scritti di professori nazionalisti che credevano che il destino di Cuba fosse stato deviato dall’intervento degli Stati Uniti del 1898, dall’emendamento Platt e dalla dominazione economica degli Stati Uniti, sottraendo a Cuba la sua indipendenza e la sua nazionalità. Nell’ateneo molto politicizzato, Fidel aderì alla lega antimperialista, schierandosi apertamente contro il nuovo presidente cubano, Ramón Grau.

Nel 1948 sposò Mirta Diaz-Balart, studentessa di filosofia. In viaggio di nozze i due sposi trascorsero un breve periodo negli Stati Uniti.

La resistenza contro Batista (1950 – 1958)[modifica | modifica wikitesto]

Assalto alla caserma Moncada, la prigione e l’esilio[modifica | modifica wikitesto]

Il Líder máximo nel 1959.

Castro fece praticantato in un piccolo studio associato dal 1950 al 1952. Intendeva candidarsi al parlamento nel 1952 per il “Partito Ortodosso”, ma il colpo di Stato del generale Fulgencio Batista rovesciò il governo di Carlos Prio Socarras e portò alla cancellazione delle elezioni. Castro denunciò Batista in tribunale per violazione della costituzione, ma la sua petizione venne rifiutata. In risposta Castro organizzò un disastrosoassalto armato alla caserma della Moncada, nella provincia di Oriente, il 26 luglio 1953. Più di ottanta tra gli assalitori vennero uccisi, Castro fu fatto prigioniero, processato e condannato a quindici anni di prigione. Castro utilizzò l’arringa finale del suo caso per il suo famoso “La storia mi assolverà”[9], un discorso appassionato con cui difese le sue azioni spiegando la sua visione politica. Venne rilasciato grazie a una amnistiagenerale nel maggio 1955 e andò in esilio in Messico e negli Stati Uniti.

La rivoluzione cubana[modifica | modifica wikitesto]

Castro ritornò in patria clandestinamente, con diversi altri esiliati, navigando dal Messico a Cuba su una piccola imbarcazione, il Granma. La prima azione del gruppo, che volle chiamarsi il Movimento del 26 di luglio, si svolse nella provincia di Oriente il 2 dicembre 1956. Solo dodici degli ottanta uomini, tra cui Ernesto “Che” GuevaraRaúl Castro e Camilo Cienfuegos, sopravvissero alla ritirata sulle montagne della Sierra Maestra, e da lì iniziarono la guerriglia contro il governo di Batista.

Il gruppo di guerriglieri crebbe fino a superare gli 800 uomini. Il 24 maggio 1958, Batista lanciò diciassette battaglioni contro Castro nell’Operazione Verano. Nonostante lo svantaggio numerico, le forze di Castro misero a segno una serie di vittorie, aiutate dalla massiccia diserzione e dalle rese all’interno dell’esercito di Batista. Il capodanno del 1959 Batista lasciò il paese, e le forze di Castro entrarono a L’Avana. Il 5 gennaio del 1959 il professore di legge José Miró Cardona creò un nuovo governo, con lo stesso come primo ministro e Manuel Urrutia Lleó come presidente. L’8 gennaio 1959 Fidel Castro assunse il ruolo di Comandante in Capo delle Forze Armate. Il 13 febbraio 1959 José Miró Cardona si dimise inaspettatamente dalla sua carica e gli succedette Fidel Castro. Il 17 luglio 1959 Osvaldo Dorticós Torrado fu nominato Presidente della Repubblica, carica in cui rimase sino al 1976, sostituito poi da Fidel Castro; divenne successivamente membro del Consiglio di Stato.

Dopo il trionfo della rivoluzione (1960 – 2011)[modifica | modifica wikitesto]

La politica estera, l’embargo e gli scontri con gli Stati Uniti[modifica | modifica wikitesto]

Castro e il Presidente del BrasileLula nel 2005. Alle loro spalle, in sahariana, Frei Betto

Inizialmente gli USA furono rapidi a riconoscere il nuovo governo. Castro divenne Primo Ministro in febbraio, ma gli attriti con gli Stati Uniti si svilupparono ben presto, quando il nuovo governo iniziò a espropriare le proprietà delle principali compagnie statunitensi (la United Fruit in particolare), proponendo risarcimenti basati sulla valutazione fiscale delle proprietà, che per molti anni le stesse compagnie avevano fatto in modo di tenere artificialmente basse. Castro visitò la Casa Bianca poco dopo la presa del potere, e si incontrò con il Vice Presidente Richard Nixon. Presumibilmente Dwight Eisenhower snobbò Castro con la scusa che stava giocando a golf e lasciò Nixon a parlare con lui per cercare di scoprire se fosse comunista e filo-sovietico. Nixon commentò che Castro era “naif”, ma non necessariamente un comunista.

Castro e Che Guevara

Nel febbraio 1960, Cuba firmò un accordo per l’acquisto di petrolio dall’URSS. Quando le raffinerie cubane, di proprietà statunitense, si rifiutarono di raffinare il petrolio sovietico, vennero espropriate e gli Stati Uniti interruppero subito le relazioni diplomatiche con il governo Castro. In reazione alla politica statunitense dell’amministrazione Eisenhower, che andava facendosi sempre più ostile verso la novità cubana[10], il governo castrista iniziò a stabilire legami sempre più stretti con l’Unione Sovietica. In seguito a diversi patti firmati tra Castro e il Premier sovietico Nikita Khruščёv, Cuba iniziò a ricevere aiuti economici e militari dall’URSS.

Il 17 aprile 1961, gli Stati Uniti sponsorizzarono un fallimentare attacco a Cuba, appoggiando degli esiliati cubani. In quell’occasione una forza di circa 1.400 dissidenti, finanziati ed addestrati dalla CIA, sbarcarono a sud de L’Avana, nella Baia dei Porci. Secondo le previsioni della CIA, l’invasione avrebbe dovuto innescare una sollevazione popolare contro Castro. Ciò non avvenne e la parte dei golpisti che giunse a riva venne catturata, mentre il Presidente Kennedy, che non aveva dato l’appoggio aereo fondamentale per la riuscita dell’operazione, si impegnò per evitare il supporto[11];[12]. 104 combattenti furono uccisi in battaglia e 1.189 uomini vennero processati a seguito di quest’azione e il 23 dicembre 1962 rilasciati[13]. Ne furono trattenuti due che erano stati condannati in precedenza a Cuba per omicidio e condannati a 30 anni di prigione. Più tardi, il 2 dicembre di quell’anno, in un discorso alla nazione, Castro si dichiarò un marxista-leninista e disse che Cuba avrebbe adottato il comunismo.

Il 3 gennaio 1962 si diffuse la notizia che Papa Giovanni XXIII avesse scomunicato Castro dando seguito al decreto del 1949 di Papa Pio XII che vietava ai cattolici di appoggiare i governi comunisti. In realtà tale atto non è stato mai effettuato dal Pontefice, come ha rivelato il 28 marzo 2012 l’allora segretario di Angelo Giuseppe Roncalli, monsignor Loris Capovilla, secondo cui la parola “scomunica” non faceva parte del vocabolario del Papa Buono[14]. A testimonianza di quanto dichiarato, basti leggere il diario di Giovanni XXIII in cui egli non accenna al provvedimento né il 3 gennaio 1962 (data in cui parla solamente delle sue udienze) né in altre date[14].

A parlare di scomunica fu l’arcivescovo Dino Staffa, in quel momento segretario della Congregazione per i seminari, che in base a quanto scritto nel provvedimento, ricordava che la scomunica per i comunisti era “ipso facto […] in quanto apostati della fede cattolica”[15]; inoltre altri importanti esponenti della curia volevano con questa mossa lanciare un segnale ostile al centrosinistra nascente in Italia[14]. L’autorevolezza di tali voci fece in modo che la leggenda della scomunica fosse creduta da tutti, anche dallo stesso Castro, che aveva precedentemente abbandonato la fede cattolica e che dunque lo considerò un evento di scarse conseguenze poiché per sua stessa ammissione non è mai stato credente.[16] Lo scopo del provvedimento era quello di minare il supporto a Castro tra i cattolici cubani e no; ad ogni modo, ci sono poche prove che il fatto ebbe qualche effetto.

Nell’ottobre 1962, quando gli USA scoprirono che l’Unione Sovietica stava tentando attivamente di schierare missili nucleari sull’isola, si ebbe la cosiddetta “Crisi dei missili di Cuba“. Dopo che le tensioni vennero disinnescate, le relazioni tra Stati Uniti e Cuba rimasero mutuamente ostili, e la CIA continuò a finanziare, supportare ed appoggiare per decenni attentati terroristici contro l’isola e contro la persona di Castro[17][18], mentre il regime cubano tentava di esportare il proprio modello in diverse regioni del Sud Americae dell’Africa.

Campagna di alfabetizzazione[modifica | modifica wikitesto]

La campagna per l’alfabetizzazione di Castro, si concentrò sulle aree rurali dove questa era molto bassa. In un discorso dell’autunno 1960 davanti alle Nazioni Unite, Castro annunciò che “Cuba sarà la prima nazione d’America che, nel giro di pochi mesi, sarà in grado di dire di non avere una persona analfabeta”. Quasi 270.000 insegnanti e studenti vennero utilizzati per l’alfabetizzazione dell’isola. Nel 1961 il tasso di analfabetismo fu ridotto dal 20% al 3,9%.[19] Il Museo Nazionale Cubano dell’Alfabetizzazione raccoglie più di 700.000 lettere inviate a Castro da coloro che avevano terminato il corso come testimonianza dell’avvenuta alfabetizzazione.

La televisione cubana trasmette corsi di livello universitario per la popolazione adulta.

L’incontro con Feltrinelli[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1964 l’editore italiano Giangiacomo Feltrinelli si reca a Cuba e incontra il leader della rivoluzione con cui stabilirà una lunga amicizia. Nel 1967 Feltrinelli arriva in Bolivia e incontra Régis Debray, che nel paese latino vive in clandestinità. L’editore è arrestato a seguito dell’intervento dei servizi segreti americani. Insieme a lui viene fermato anche il colonnello Roberto Quintanilla, che, anni dopo, presenziò all’amputazione delle mani di Che Guevara. Intanto Castro affida all’editore italiano l’opera di Che Guevara, “Diario in Bolivia”, che diventerà uno dei principali best-seller della casa milanese. Feltrinelli entra in possesso di Guerrillero Heroico, la famosa foto del Che scattata da Alberto Korda il 5 marzo 1960, in occasione delle esequie delle vittime dell’esplosione della fregata La Coubre. Nel 1968, Giangiacomo Feltrinelli si recò in Sardegna, secondo i documenti scoperti dalla Commissione Stragi nel 1996, per prendere contatto con gli ambienti della sinistra e dell’indipendentismo isolano. Nelle intenzioni di Feltrinelli vi era il progetto di trasformare la Sardegna in una Cuba del Mediterraneo e avviare un’esperienza analoga a quella di Che Guevara e Fidel Castro.[20]

Nel 1976, all’apice della politica di embargo statunitense contro CubaPierre Elliott Trudeau, allora Primo Ministro del Canada, fece visita di Stato nell’isola, la prima da parte di un leader occidentale, e abbracciò personalmente il capo cubano. Trudeau gli portò in dono 4 milioni di dollari e organizzò prestiti per altri 10 milioni. Nel suo discorso Trudeau dichiarò: “lunga vita al Primo Ministro e Comandante in Capo cubano. Lunga vita all’amicizia cubano-canadese”.

Politica economica[modifica | modifica wikitesto]

Fidel Castro nel 1978

Castro consolidò il controllo dello Stato, nazionalizzando ulteriormente l’industria, confiscando i beni di proprietà straniera, collettivizzando l’agricoltura, ed emanando politiche a beneficio dei lavoratori nell’ambito dell’economia pianificata di stampo socialista. Molti cubani lasciarono il paese dal 1959 in poi (sia perché dissidenti, sia per motivi economici: tra questi la maggioranza erano proprietari terrieri e sostenitori di Batista, solo dopo anni di embargo vi furono i primi balseros di estrazione sociale povera o media[21][22]), alcuni per MiamiFlorida, dove formarono una numerosa comunità anti-castrista, sovente in contatto, secondo opinioni spesso vicine al governo di Cuba, con gruppi malavitosi (come la mafia italo-cubano-americana che sosteneva Batista) e della destra dei servizi segreti statunitensi[23][24][25][26]. Essi furoni inoltre forti sostenitori del mantenimento dell’embargo contro il loro paese d’origine.[27] Proprio causa del duro embargo imposto dagli Stati Uniti, Cuba divenne sempre più dipendente dai sussidi sovietici. Il collasso dell’Unione Sovietica nel 1991 portò quindi un periodo di forte sofferenza economica a Cuba, da cui l’isola si è leggermente ripresa, pur rimanendo in una situazione grave, solo negli anni 2000.

Le aspre sanzioni economiche volute dagli USA, in primis l’embargo, ma anche il divieto generale di viaggio verso Cuba per i turisti americani (i quali devono ottenere un visto speciale del governo, possibilità introdotta da Bill Clinton negli anni ’90 e sospesa durante la presidenza Bush, per poter viaggiare sull’isola[28]), sono state una delle ragioni dei problemi economici di Cuba. Comunque, tra il 1960 e il 1990 gran parte dei loro effetti vennero attenuati dall’aiuto dell’Unione Sovietica, che in alcuni anni equivaleva a un quarto del PIL nazionale. Nonostante l’embargo statunitense, condannato dall’ONU, Cuba continua a commerciare con le altre nazioni, ed è la seconda meta turistica più popolare dei Caraibi (dopo la Repubblica Dominicana). La sua economia riceve anche un afflusso di valuta (stimato in 850 milioni di dollari all’anno) dai Cubani Americani che mandano soldi a familiari e amici rimasti sull’isola, anche se, dopo il primo insediamento dell’Amministrazione Bush (su pressione della comunità cubana anti-castrista della Florida) questo è tassativamente vietato dalle leggi degli Stati Uniti.

Negli anni recenti Castro ha scommesso sulla biotecnologia per supportare l’economia di Cuba. Lo sviluppo cubano in questo campo ha però causato preoccupazione per le possibili ricerche di armi biologiche. Nel 2002 uno degli scopi della visita dell’ex Presidente statunitense Jimmy Carter era di ispezionare i siti cubani per l’ingegneria genetica. Il 14 dicembre 2004 Castro ha siglato con il Presidente del Venezuela Hugo Chávez l’accordo preliminare per la costituzione dell’Alleanza Bolivariana per le Americhe (ALBA), un progetto di cooperazione politica, sociale ed economica tra i paesi dell’America del Sud e i paesi caraibici, che ha permesso a Cuba di usufruire del petrolio venezuelano e di parte dei suoi profitti, onde risollevare la propria economia; in cambio il governo dell’Avana ha fornito il proprio personale medico e culturale alle nazioni sudamericane aderenti all’ALBA, contribuendo a combattere le malattie e la malnutrizione, oltre a ridurre l’analfabetismo, soprattutto in Venezuela, Bolivia ed Ecuador, tramite prestazioni gratuite erogate alla popolazione; molti nuovi medici sudamericani hanno potuto inoltre formarsi a spese dei governi nelle Università cubane.

Il 9 settembre 2010 Castro in un’intervista a “The Atlantic” avrebbe dichiarato che “il modello economico cubano ha fallito. Non è valido per essere esportato in altri paesi e non va più bene neanche per noi”, così ha detto al giornalista Jeffrey Goldberg[29]. Tuttavia Castro ha smentito l’interpretazione che era stata data delle sue dichiarazioni[30].

L’incontro con Giovanni Paolo II[modifica | modifica wikitesto]

Nel novembre del 1996 Fidel Castro andò a Roma, in occasione dell’Incontro mondiale sull’alimentazione promosso dalla FAO. In quell’occasione andò in Vaticano, per incontrare il Papa Giovanni Paolo II.

Il 21 gennaio del 1998 Giovanni Paolo II contraccambiò la visita ed andò a Cuba. Pochi giorni prima del suo arrivo Castro, per un accordo preesistente, liberò 106 detenuti, che comparivano in una lista di 260 nomi consegnata a Castro dal segretario vaticano Angelo Sodano[31]. Fidel Castro ricevette Giovanni Paolo II con tutti gli onori, rinunciando alla sua famosa divisa militare per indossare giacca e cravatta.

Il caso Elián[modifica | modifica wikitesto]

Il 22 novembre del 1999 Elián, un bambino cubano, partì da Cuba insieme alla madre su una barca diretta in Florida. Una pattuglia cubana raggiunse la barca cercando invano di convincere gli occupanti a non continuare il viaggio, ma poco dopo la barca naufragò. La madre del bambino morì, mentre lui si salvò insieme a due adulti. Fu avvistato dalla guardia costiera americana, che lo recuperò.

Elián fu preso in custodia temporanea da alcuni parenti della madre che vivevano in Florida, senza il consenso del padre che era rimasto a Cuba. Nella capitale cubana si susseguirono cortei per il rientro in patria del bambino, mentre in Florida l’FBI e gli avvocati dei parenti materni riuscirono a ritardare la decisione. Il 22 aprile del 2000 la polizia federale prelevò il bambino e lo riportò a Cuba.

Fidel Castro non intervenne mai sulla questione, ma quando seppe del ritorno del bambino disse: “Il problema generale non è ancora risolto. Fino a quando la legge dell’accordo cubano non verrà abrogata potranno verificarsi altri casi. Se al resto dell’America Latina e dei Caraibi offrissero gli stessi incentivi per l’immigrazione, più della metà degli Stati Uniti sarebbe oggi occupata da immigrati provenienti da quelle zone.[31]

Istruzione e sanità[modifica | modifica wikitesto]

Fidel Castro durante una cerimonia ufficiale il 26 settembre 2003

Istruzione e sanità vennero rese accessibili a tutti, anche alle persone che vivevano nelle zone più remote dell’isola. Le statistiche dell’UNESCO hanno confermato negli anni che il tasso di istruzione di base a Cuba è tra i più alti dell’America Latina. Il governo sta inoltre portando avanti un programma che consente a studenti stranieri, di trasferirsi sull’isola e seguire corsi di studio universitari gratuiti. Attualmente sono presenti circa ventiduemila ragazzi, provenienti soprattutto dai paesi del terzo mondo.

Contrariamente alla situazione riscontrabile in molte altre nazioni latino-americane e caraibiche, nessun bambino cubano vive per la strada. I tassi di mortalità infantile sono i più bassi della regione (perfino più bassi di nazioni come gli Stati Uniti), il livello della sanità è elevato e tutti i cubani ricevono latte quasi gratis fino all’età di sette anni. Le aspettative di vita a Cuba, nel 2002, erano solo leggermente inferiori a quelle degli USA. Il tasso di mortalità infantile cubano è il secondo più basso delle Americhe (dopo il Canada, dati OMS, 2000). Viene generalmente riconosciuto che Cuba ha fatto sostanziali progressi nello sviluppo farmaceutico. Cuba ha un suo portafoglio di brevetti e cerca di commercializzare le sue medicine in tutto il mondo.

media cubani, controllati dal governo, spesso evidenziano il contrasto tra i soddisfatti bambini cubani e le loro controparti a BogotáLos Angeles o Buenos Aires, che in alcuni quartieri delle metropoli spacciano droga, sono trascinati nella prostituzione, o vivono in baraccopoli.

I problemi di salute e l’allontanamento dalla politica (2006 – oggi)[modifica | modifica wikitesto]

Fidel Castro e la presidente argentina Cristina Fernández de Kirchner il 21 gennaio 2009

Fidel Castro parla davanti al monumento a José Marti (2003)

Per la prima volta dal 1959, il 1º agosto 2006 Castro cedette temporaneamente il governo al fratello Raúl, vicepresidente del Consiglio di Stato, per sottoporsi a un intervento chirurgico intestinale. Sebbene il 7 agosto venisse comunicato l’esito positivo dell’intervento, l’annullamento dei festeggiamenti per l’ottantesimo compleanno (previsti il 13 agosto) e la prolungata assenza alle manifestazioni pubbliche alimentarono le voci, poi smentite, secondo cui Castro fosse malato terminale di tumore all’intestino. In effetti, una moderata ripresa della vita pubblica si ebbe solo nella primavera del 2007 con la pubblicazione di un articolo apparso su Granma (29 marzo) e poi con l’incontro ufficiale con le delegazioni del Partito comunista cinese (22 aprile) e di quello vietnamita (2 giugno).

Con una missiva del 17 dicembre 2007, Fidel Castro lasciò intendere che non sarebbe più ritornato ad assumere un ruolo politico attivo[32]. Solo 18 febbraio 2008 fu ufficializzata la rinuncia alle cariche di Presidente del Consiglio di Stato e Comandante in capo, e la cessione del potere al fratello Raúl. Da allora non ha più compiuto nemmeno viaggi al di fuori da Cuba.

Secondo documenti diplomatici statunitensi del 2008, ripresi poi anche dal sito Wikileaks, Castro non avrebbe sofferto per un tumore, ma per una forma grave di diverticolite, degenerata poi in peritonite ed emorragie interne, che l’hanno costretto ad interventi d’emergenza in cui ha rischiato più volte la vita.[33][34]

Il 19 aprile 2011, in occasione del congresso del Partito Comunista Cubano, Fidel Castro si dimise anche dalla carica di Primo Segretario del partito[8], l’ultima che deteneva ufficialmente.

Il 29 marzo 2012, durante la visita a Cuba di Papa Benedetto XVI, Fidel Castro ha avuto un colloquio di circa 30 minuti con il Pontefice, definito da entrambi molto cordiale, nel quale Castro, pur mostrando alcune difficoltà motorie dovute alla malattia ed alla età avanzata, si è dimostrato ancora perfettamente lucido e cosciente, anche a dispetto delle voci circolate pochi giorni prima riguardo alla sua presunta morte. Si è vociferato che, durante l’incontro con il Papa, Castro avrebbe confidato al Pontefice la sua conversione al Cattolicesimo, ma la notizia non ha trovato conferme ed è rimasta un’indiscrezione[35]. Dopo molto tempo lontano dalla scena pubblica, Castro, assieme al fratello Raul, ha incontrato il politico venezuelanoDiosdado Cabello all’Avana l’8 giugno 2013.[36] Un’altra uscita pubblica il 9 gennaio 2014, inaugurando a l’Avana uno spazio culturale [37].

Immagine popolare[modifica | modifica wikitesto]

Attorno a Castro si è sviluppato uno scarso culto della personalità, visti i suoi ripetuti tentativi di scoraggiarlo[38]. Ad esempio, Castro è stato raffigurato solo due volte su un francobollocubano: nel 1974 apparve su un francobollo commemorativo della visita di Leonid Brežnev e nel 1999 apparve su uno che commemorava il 40º anniversario della rivoluzione. Non c’è a Cuba nessuna via, piazza o monumento a suo nome, non ci sono statue di Castro, anche se sono frequenti grandi tabelloni con sue immagini[39]. C’è stata una tendenza più forte a incoraggiare la reverenza per l’eroe dell’indipendenza cubana José Martí e per i caduti della rivoluzione cubana, come Camilo Cienfuegos, oltre che per Che Guevara. Castro è famoso per i suoi lunghi (spesso di diverse ore) documentati discorsi. Castro compare raramente in pubblico senza divisa militare e berretto, perlomeno fino al periodo dopo la malattia, in cui è apparso spesso in abiti civili, e, in alcuni video girati nella sua residenza, anche in tuta da ginnastica.[40]

Il regista statunitense Oliver Stone ha girato due interviste-documentario sulla figura di Castro, Comandante, nel 2003 e Looking for Fidel, nel 2004.

Attentati alla persona[modifica | modifica wikitesto]

Fabian Escalante, a lungo guardia del corpo di Fidel Castro, ha calcolato l’esatto numero dei tentativi di assassini e/o attentati a Fidel Castro da parte della CIA, per un totale di 638 casi (di cui 192 ad opera dell’amministrazione Reagan). Alcuni di questi attentati hanno incluso un sigaro esplosivo, una tuta da sub infettata da funghi, e un attentato di tipo mafioso con armi da fuoco. Alcuni di questi casi sono presenti all’interno del documentario 638 Ways To Kill Castro[18]. Concordemente ai documenti declassificati nel 2007 dalla CIA, uno di questi attentati venne organizzato prima dell’invasione della Baia dei Porci da parte di noti boss mafiosi come Sam Giancana, boss della famiglia mafiosa di Chicago, il suo braccio destro John Roselli e da un altro potente capomafia della Florida,Santo Trafficante, i quali avevano interessi sull’isola all’epoca della dittatura di Batista.

Questi attentati furono personalmente autorizzati dall’Attorney general degli Stati Uniti Robert Kennedy[41]. Nel 2006, basandosi sui numerosi attentati ideati contro lo statista cubano, Channel 4 produsse il documentario dal titolo 638 metodi per uccidere Castro.

Diritti umani[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Diritti umani a Cuba.

Secondo alcune fonti alcuni dissidenti cubani e opponenti politici sono stati imprigionati in condizioni estremamente difficili e senza processo con l’accusa di essere “contro-rivoluzionari“, “fascisti” o agenti della CIA[42]. Diverse associazioni per la tutela dei diritti umani accusano inoltre il governo di Castro di reprimere sistematicamente il dissenso politico mediante processi e carcerazioni arbitrarie, sorveglianza e licenziamenti a motivazione politica[43]. Castro sostiene che Cuba non detenga prigionieri politici, ma criminali che hanno commesso atti contro-rivoluzionari, incluso l’uso di ordigni esplosivi.[44] In più sostiene che l’opposizione al governo sia illegittima e sia il risultato delle azioni dei rifugiati cubani statunitensi e della CIA. I sostenitori di Castro ritengono che le misure adottate dal governo cubano servano a prevenire un possibile fallimento del suo governo e le giustificano con le costanti pressioni economiche e militari da parte degli USA e degli alleati che durano da più di mezzo secolo. Anche Amnesty International afferma che a Cuba siano violati alcuni diritti umani fondamentali e la libertà di espressione non esista, tuttavia riconosce che negli ultimi anni non c’è stato nessun caso di tortura[45], cosa affermata anche dai sostenitori di Castro, oltre che dai premi Nobel Rigoberta Menchú TumAdolfo Pérez Esquivel (dissidente della dittatura argentina) e José Saramago.[46]

Il superamento dei pregiudizi verso i gay[modifica | modifica wikitesto]

Castro nel 2003

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Diritti LGBT a Cuba.

Dagli anni sessanta agli anni ottanta il regime castrista ha adottato forme di persecuzione nei confronti degli omosessuali. Considerati “controrivoluzionari”, molti di loro sono stati rinchiusi nei campi di lavoro forzati UMAP(Unidades Militares de Ayuda a la Producción) a causa del loro orientamento sessuale[47]. Nell’ideologia castrista i maricones (“finocchi”) erano infatti considerati espressione dei valori decadenti della società borghese[48]:

« Agli omosessuali non dovrebbe essere concesso di stare in posizioni dove potrebbero essere capaci di mal influenzare i giovani. Nelle condizioni in cui viviamo, a causa dei problemi che il nostro paese deve affrontare, dobbiamo inculcare ai giovani lo spirito della disciplina, della lotta, del lavoro… Noi non arriveremmo mai a credere che un omosessuale possa incarnare le condizioni e i requisiti di condotta che ci permetterebbe di considerarlo un vero rivoluzionario, un vero comunista aggressivo. Un deviazione di questa natura si scontra con il concetto che abbiamo di ciò che un militante comunista deve essere.[49] »

Nel marzo del 1965, Giangiacomo Feltrinelli riuscì ad ottenere da Castro una lunghissima intervista chiedendogli anche perché perseguitasse i gay e cosa c’entrasse quel pogrom con la rivoluzione. Il lìder maximo, dopo una risata per la domanda sfacciata, rispose accennando alla paura di “mandare un figlio a scuola e vederselo tornare frocio[50].

In un’intervista del 31 agosto 2010, però, Fidel Castro pronuncerà un mea culpa e ammetterà gli errori commessi in quegli anni[51].

Nel frattempo i rapporti tra regime e omosessuali erano completamente cambiati. Dal 1992 era diventato legale allacciare relazioni omosessuali tra maggiorenni. Nel 2003 Carlos Sanchez, dell’Associazione Internazionale dei Gay e delle Lesbiche, ha presentato un rapporto in cui dichiara che non esiste più una legislazione punitiva verso gli omosessuali e da parte dei cubani esiste un alto livello di tolleranza[52], anche se non tutti sono d’accordo.[53]Esistono anche programmi culturali per la lotta all’omofobia.[54] Dal 2005, inoltre, gli interventi chirurgici di cambiamento di sesso sono gratuiti e regolati dalla legge[55][56].

Va rimarcato il fatto che la nipote di Fidel, Mariela Castro, guida il Centro Nacional de Educación Sexual, un ente che, con il sostegno del governo, si occupa di educazione sessuale e conduce campagne a favore dei diritti delle persone omosessuali[57]. Secondo Mariela, suo padre Raúl (successo a Fidel alla guida di Cuba) ha espresso opinione favorevole all’introduzione del matrimonio omosessuale, finora respinto dal Parlamento cubano.[58]

Patrimonio personale[modifica | modifica wikitesto]

Fidel Castro durante l’incontro conEnrico Berlinguer

Dispute con Forbes[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2005 la rivista Forbes inserì Castro nella lista[59] dei “re, regine e dittatori” più ricchi, attribuendogli un patrimonio di 550 milioni di dollari.

Il governo castrista smentì affermando che si trattava «di una goffa diffamazione orchestrata dagli Stati Uniti».

Nel 2006 la rivista inserì nuovamente Castro nella lista[59] attribuendogli questa volta un patrimonio ancora superiore, pari a 900 milioni di dollari (quasi il doppio rispetto a quanto la stessa rivista stimò come patrimonio nel 2005), specificando però che questi deriverebbero dal “controllo” di una rete di compagnie statali” (il Palacio de Convenciones, un centro congressi vicino all’Avana; Cimex, un conglomerato di vendite al minuto e Medicuba, società di vendita di farmaci prodotti nell’isola), e affermando che “ex funzionari cubani insistono che Castro, che viaggia esclusivamente in una flotta di Mercedes nere, si è appropriato dei profitti di queste attività d’affari, nel corso degli anni”. Forbes affermò di aver così calcolato la cifra fornita: “con l’obiettivo di arrivare ad una cifra netta abbiamo utilizzato un metodo nel quale le entrate di denaro liquido vengono scontate per valutare queste compagnie e dopo abbiamo presunto che una parte di questo flusso di profitti va a Castro“, “adottando un criterio prudenziale abbiamo evitato di stimare qualunque profitto che possa avere intascato in altre epoche, anche se esistono voci che trasferì grosse somme in conti bancari svizzeri. Castro lo ha negato pubblicamente ed ha insistito che non possiede nulla”.

Dopo l’articolo di Forbes, Fidel Castro sfidò pubblicamente la rivista[60], il «ladruncolo» George W. Bush, la CIA, le 33 agenzie segrete e le banche americane a dimostrare le accuse: «se riescono a provare ciò che dicono, a trovare un conto a mio nome di 900 milioni, di 500 milioni o di un solo dollaro, se lo proveranno, offrirò loro quello che hanno preteso e non hanno potuto ottenere durante mezzo secolo, durante il quale hanno cercato di distruggere la rivoluzione e assassinarmi in centinaia di attentati: rinuncerò ai miei incarichi».

Il 17 maggio 2006, in risposta alle dichiarazioni di Castro, Forbes ammise alla BBC di «non avere alcuna prova che Castro abbia nascosto denaro in conti bancari all’estero»[61]. Forbes si giustificò dicendo che in quell’articolo si intendeva che, se solo Castro avesse voluto, avrebbe potuto abbandonare Cuba con quella somma.

Questi “attacchi” da parte di Forbes, che nonostante le successive smentite e i distinguo hanno avuto notevole risonanza mediatica in tutto il mondo, potrebbero avere motivazioni politiche, essendo il direttore (e nipote del fondatore) Steve Forbes schierato con l’ala più conservatrice del partito Repubblicano (partecipò anche alle primarie per la candidatura a presidente degli Stati Uniti sia nel 1996 che nel 2000 e vinse anche in qualche stato) ed uno dei firmatari del Progetto per un nuovo secolo americano.[62]

MiM[modifica | modifica wikitesto]

In un articolo scarsamente documentato, l’organizzazione anti-castrista del MiM (Movimento Insurrezionale Martiano) ha accusato Castro di possedere un patrimonio, già nel 1976, per un valore di ben 1,2 miliardi di dollari. Le prove sarebbero state raccolte da un servizio di intelligence dell’organizzazione, che denunciano un notevole arricchimento del dittatore cubano a partire dai primi giorni della sua leadership. Appena salito al potere, Castro, secondo il MIM, avrebbe sottratto dalle casse dello Stato 28 milioni di dollarigirandoli alla Novodyt Bank di Londra. Il MiM sostiene inoltre che Castro pretendesse dal 20 al 25% di ogni operazione commerciale di Cuba e fino al 5% dei guadagni relativi alla vendita di zucchero in Unione Sovietica fino al 1988. Tale organizzazione anti-castrista afferma inoltre che Fidel Castro sarebbe proprietario anche di grandi appezzamenti di terreno in SveziaFinlandia e Svizzera, oltre a diverse residenze in SpagnaItalia e Francia.

Un membro del MIM, Reinol Rodriguez, è stato accusato di vari atti di terrorismo, incluso l’assassinio a Porto Rico nel 1979 di Muñiz Varela, colpevole di organizzare viaggi a Cuba nell’ambito del processo di avvicinamento USA-CUBA promosso dall’amministrazioneCarter. Rodriguez si è espresso in un’intervista concessa a Porto Rico al settimanale la Cronica con le seguenti parole: «per ogni nostro agente che cada nelle mani di Castro uccideremo 5 cubani. 5×1 è l’ordine».

I rapporti con la famiglia[modifica | modifica wikitesto]

Molte polemiche ha generato la fuga negli Stati Uniti della figlia di Castro Alina Fernandez Revuelta, che non ha mancato mai di esternare la propria contrarietà al regime castrista[63]. In generale Castro ha sempre tenuto la sua famiglia lontano dai riflettori della politica e degli eventi istituzionali nazionali ed internazionali, con l’eccezione del secondogenito Alex Castro che, attraverso l’agenzia di stampa Prensa Latina, ha ricoperto la carica di fotografo ufficiale della presidenza della repubblica cubana e del Balletto Nazionale di Cuba (collaborando in queste vesti con ReutersANSA e altre agenzie), oltre che, naturalmente, del fratello Raul, da sempre al suo fianco.

Opere scritte[modifica | modifica wikitesto]

  • La rivoluzione cubana, Roma, Editori Riuniti, 1961.
  • Rivoluzione e pace mondiale, Roma, Samona e Savelli, 1963.
  • Per i comunisti dell’America Latina: o la rivoluzione o la fine!, Milano, Feltrinelli, 1967.
  • Che Guevara, esempio di internazionalismo proletario, Milano, Libreria Feltrinelli, 1967.
  • Orazione funebre per Ernesto Che Guevara, Milano, Feltrinelli, 1967.
  • Le radici storiche della rivoluzione cubana, con altri, Firenze, La nuova Italia, 1968.
  • Cultura e rivoluzione. Discorso di chiusura al Congresso Culturale dell’Avana, Milano, Feltrinelli, 1968.
  • Difficoltà e prospettive della costruzione socialista, Milano, Libreria Feltrinelli, 1968.
  • Dichiarazione di Fidel Castro sulla Cecoslovacchia. La UJC appoggia la dichiarazione di Fidel, Milano, Libreria Feltrinelli, 1968.
  • Cuba 1969: anno dello sforzo decisivo, Milano, Jaca book, 1969.
  • Rivoluzione nell’università, Milano, Feltrinelli, 1969.
  • Socialismo e comunismo. Un processo unico, Milano, Feltrinelli, 1969.
  • Nel centenario di Lenin, Milano, Edizioni della libreria, 1970.
  • L’autocritica di Fidel Castro, S. l., Zephyr, 1971.
  • Cuba dopo l’autocritica. Il potere del popolo, questo è il vero potere, Milano, Feltrinelli, 1971.
  • Lo spirito del popolo. Castro parla alle masse di Cuba, Milano, Jaca book, 1971.
  • La rivoluzione e l’America latina, Roma, Editori Riuniti, 1971.
  • Cuba e il socialismo. Rapporto e conclusioni al primo congresso del Partito comunista di Cuba, Roma, Editori Riuniti, 1976.
  • La storia mi assolverà, Rimini-Firenze, Guaraldi, 1976.
  • Imperialismo e sottosviluppo, Varese, Aurora, 1982. ISBN 88-85039-07-3
  • La mia fede. Cristianesimo e rivoluzione in un’intervista con Frei Betto, Cinisello Balsamo, Paoline, 1986. ISBN 88-215-1085-9
  • L’ideale del socialismo e del comunismo sarà mantenuto e difeso a qualunque costo, Milano, a cura del Gruppo di ricerca sui problemi del sud del mondo, 1990.
  • L’isola che non c’è. Presente e futuro di Cuba, Roma, Edizioni associate, 1992. ISBN 88-267-0143-1
  • Un chicco di mais, Sesto San Giovanni, Il papiro, 1994.
  • Guevara, Roma, Avvenimenti-Liberazione, 1995.
  • Messaggio alla Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo. Rio de Janeiro, giugno 1992, Napoli, Laboratorio politico, 1995.
  • Queremos, Palermo, Edizioni della Battaglia, 1995.
  • Ernesto Che Guevara raccontato da Fidel Castro, Roma, Grandi Tascabili Economici Newton, 1997. ISBN 88-818-3797-8
  • La WTO, la Cina e il Terzo Mondo, Napoli, La città del sole, 2000. ISBN 88-829-2058-5
  • Prima della rivoluzione. Memorie di un giovane lider, Roma, Minimum fax, 2006. ISBN 88-7521-085-3
  • Io e il Che. Un’amicizia che ha cambiato il mondo, Milano, Oscar Mondadori, 2007. ISBN 9788804572503

Filmografia[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2003 Fidel Castro appare nelle pellicola Comandante e Looking for Fidel di Oliver Stone, entrambi documentari che si sviluppano come lunghe interviste del regista statunitense al Lider maximo.

Nel 2006 partecipa inoltre, nei panni di sé stesso, alle riprese della pellicola spagnola Cuando la verdad despierta, diretta dal regista italiano Angelo Rizzo e presentata al Festival di Berlino nel 2008[64][65].

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Onorificenze straniere[modifica | modifica wikitesto]

Ordine di Georgi Dimitrov (Bulgaria) - nastrino per uniforme ordinaria Ordine di Georgi Dimitrov (Bulgaria)
— 1972[66]
Cavaliere di I Classe dell'Ordine del Leone Bianco (Cecoslovacchia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di I Classe dell’Ordine del Leone Bianco (Cecoslovacchia)
— 1972[67]
Ordine di Klement Gottwald (Cecoslovacchia) - nastrino per uniforme ordinaria Ordine di Klement Gottwald (Cecoslovacchia)
«Per gli eccezionali meriti personali per l’espansione della fraterna e amichevole collaborazione e cooperazione tra i partiti comunisti cubano e cecoslovacco e tra i due paesi e i loro popoli»
— 1989[68]
Eroe della Repubblica (Corea del Nord) - nastrino per uniforme ordinaria Eroe della Repubblica (Corea del Nord)
— [69]
Ordine della Bandiera Nazionale di I Classe (Corea del Nord) - nastrino per uniforme ordinaria Ordine della Bandiera Nazionale di I Classe (Corea del Nord)
— 1986[69]
Ordine della Bandiera Nazionale di I Classe (Corea del Nord) - nastrino per uniforme ordinaria Ordine della Bandiera Nazionale di I Classe (Corea del Nord)
«Per aver promosso la riunificazione della penisola coreana e la costruzione del socialismo»
— 2006
Premio d'onore (Dominica) - nastrino per uniforme ordinaria Premio d’onore (Dominica)
— novembre 2008[70]
Ordine della Stella d'Onore dell'Etiopia Socialista (Etiopia) - nastrino per uniforme ordinaria Ordine della Stella d’Onore dell’Etiopia Socialista (Etiopia)
«Per gli aiuti di Cuba alla vittoria nella guerra dell’Ogaden»
— 1978[71]
Membro Onorario dell'Ordine della Giamaica (Giamaica) - nastrino per uniforme ordinaria Membro Onorario dell’Ordine della Giamaica (Giamaica)
— 1977[72]
Membro Onorario dell'Ordine al Merito (Giamaica) - nastrino per uniforme ordinaria Membro Onorario dell’Ordine al Merito (Giamaica)
— [73]
Collare dell'Ordine del Quetzal (Guatemala) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell’Ordine del Quetzal (Guatemala)
«In segno di apprezzamento per le oltre 17 milioni di consultazioni e le più 40.000 operazioni del fatte da medici cubani per il bene del popolo guatemalteco»
— febbraio 2009[74]
Cavaliere di I Classe dell'Ordine della Stella di Adipurna (Indonesia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di I Classe dell’Ordine della Stella di Adipurna (Indonesia)
— 1974

[senza fonte]

Membro dell'Ordine del Coraggio (Libia) - nastrino per uniforme ordinaria Membro dell’Ordine del Coraggio (Libia)
— 1977

[senza fonte]

Cavaliere dell'Ordine della Corona del Reame (Malesia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell’Ordine della Corona del Reame (Malesia)
— 11 maggio 2001[75]
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Nazionale del Mali (Mali) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine Nazionale del Mali (Mali)
— luglio 1998[76]
Collare dell'Ordine dell'Aquila Azteca (Messico) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell’Ordine dell’Aquila Azteca (Messico)
— 1987[77]
Ordine dell'Ordine di Welwitchia Mirabilis (Namibia) - nastrino per uniforme ordinaria Ordine dell’Ordine di Welwitchia Mirabilis (Namibia)
— marzo 2008[78]
immagine del nastrino non ancora presente Ordine della Gloria e dell’Onore (Patriarcato di Russia)
«Per il contributo al rafforzamento della cooperazione inter-religioso in relazione con la consacrazione della chiesa di Nostra Signora di Kazan all’Avana»
— 19 ottobre 2008[79]
Gran Croce dell'Ordine della Polonia Restituta (Polonia) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Croce dell’Ordine della Polonia Restituta (Polonia)
— 1973[80]
Collare dell'Indipendenza (Qatar) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell’Indipendenza (Qatar)
— 15 settembre 2000[81]
Ordine di Karl Marx (Repubblica Democratica Tedesca) - nastrino per uniforme ordinaria Ordine di Karl Marx (Repubblica Democratica Tedesca)
— [82]
Gran Croce con Stella d'Oro dell'Ordine al Merito di Duarte, Sanchez e Mella (Repubblica Dominicana) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Croce con Stella d’Oro dell’Ordine al Merito di Duarte, Sanchez e Mella (Repubblica Dominicana)
— 1998[83]
Ordine della Stella di Romania di I classe (Repubblica Socialista di Romania) - nastrino per uniforme ordinaria Ordine della Stella di Romania di I classe (Repubblica Socialista di Romania)
«Per meriti speciali nella lotta rivoluzionaria per la liberazione nazionale e lo sviluppo sociale di Cuba, per la difesa dell’indipendenza e della sovranità in patria del socialismo nazionale contro l’imperialismo e per lo speciale contributo reso alla crescita delle relazioni multilaterali di cooperazione, amicizia e solidarietà internazionale tra il Partito Comunista di Cuba e del Partito Comunista Romeno, tra la Repubblica di Cuba e la Repubblica Socialista di Romania e tra Cuba e il popolo rumeno»
— 1972[84]
Gran Croce dell'Ordine della Buona Speranza (Sudafrica) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Croce dell’Ordine della Buona Speranza (Sudafrica)
— 1998[85]
Ordine dei Compagni di O.R. Tambo in Oro (Sudafrica) - nastrino per uniforme ordinaria Ordine dei Compagni di O.R. Tambo in Oro (Sudafrica)
«Per il suo contributo per l’eliminazione del razzismo, del colonialismo, dell’apartheid e dell’ineguaglianza nella società umana.»
— 27 marzo 2009[86]
Gran Collare dell'Ordine di Timor Est (Timor Est) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Collare dell’Ordine di Timor Est (Timor Est)
«Per il sostegno cubano nella sanità e nell’istruzione»
— novembre 2010[87]
Ordine di Jaroslav il Saggio di I Classe (Ucraina) - nastrino per uniforme ordinaria Ordine di Jaroslav il Saggio di I Classe (Ucraina)
«Per l’assistenza medica prestata alle vittime del disastro di Chernobyl»
— 2000[88]
Ordine al Merito di I Classe (Ucraina) - nastrino per uniforme ordinaria Ordine al Merito di I Classe (Ucraina)
«Per il suo importante contributo al ripristino della salute dei bambini di Chernobyl, dopo l’incidente nel 1986 nella Repubblica Socialista Sovietica dell’Ucraina»
— 26 marzo 2010[89]
Eroe dell'Unione Sovietica (URSS) - nastrino per uniforme ordinaria Eroe dell’Unione Sovietica (URSS)
«Per la sua eroica lotta di successo per la libertà e l’indipendenza del popolo cubano, che ha dato un contributo degno per la grande causa della pace e del socialismo e per il suo grande ruolo nel rafforzamento e nello sviluppo delle la fraternità sovietico-cubana»
— 23 maggio 1963[90]
Ordine di Lenin (URSS) - nastrino per uniforme ordinaria Ordine di Lenin (URSS)
— 23 maggio 1963[91]
Ordine di Lenin (URSS) - nastrino per uniforme ordinaria Ordine di Lenin (URSS)
«Per il suo contributo alla promozione di relazioni fraterne tra l’URSS e Cuba»
— 1972[92]
Ordine della Rivoluzione d'Ottobre (URSS) - nastrino per uniforme ordinaria Ordine della Rivoluzione d’Ottobre (URSS)
— 1976[93]
Ordine di Lenin (URSS) - nastrino per uniforme ordinaria Ordine di Lenin (URSS)
— 1986[94]
Medaglia per il giubileo dei 30 anni della vittoria della grande guerra patriottica del 1941-1945 (URSS) - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia per il giubileo dei 30 anni della vittoria della grande guerra patriottica del 1941-1945 (URSS)
— 1975[95]
Gran Collare dell'Ordine del Liberatore (Venezuela) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Collare dell’Ordine del Liberatore (Venezuela)
— ottobre 2000[96]
Collare dell'Ordine dell'Aquila (Zambia) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell’Ordine dell’Aquila (Zambia)
«Per aver ispirato molti a lottare per la dignità e l’uguaglianza»
— settembre 2009[97]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Dall’introduzione a Che Guevara. Diario in Bolivia Feltrinelli, 2005 (1968) ISBN 9788807830013
  2. ^ Si ritiene che questa sia la sua data di nascita; tuttavia, non è mai stata accertata ufficialmente: Castro, leader a cavallo di due secoli, Corriere della Sera
  3. ^ Carica corrispondente a quella di Capo dello Stato
  4. ^ Fidel Castro e la democrazia (intervento del leader cubano tratto da Elecciones en Cuba: farsa o democracia?
  5. ^ Elezioni senza partiti, a cura di Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba
  6. ^ Samuel Farber, Cuba Since the Revolution Of 1959: A Critical Assessment, Haymarket Books, 2011, pp. 18-19, ISBN 978-1-60846-139-4.
  7. ^ Al fianco di Cuba per tenere aperta la prospettiva del Socialismo nel XXI secolo
  8. ^ a b Cuba, via alle riforme economiche e Fidel esce dal Comitato Pcc, la Repubblica.it. URL consultato il 19 aprile 2011.
  9. ^ “La storia mi assolverà”
  10. ^ Castro versus Eisenhower administration
  11. ^ U.S. Navy. Memorandum for Record. Rules of Engagement (regole d’ingaggio) Operations Bumpy Road [1]
  12. ^ Arthur Schlesinger. I mille giorni. Rizzoli, 1966, pag. 330
  13. ^ K. E. Meyer and T. Szulc, The Cuban Invasion (1962)
  14. ^ a b c Il segretario di Giovanni XXIII: «La scomunica al Líder Máximo? Non c’è mai stata» Corriere della Sera 28 marzo 2012
  15. ^ Fidel Castro, il <<giallo>> della scomunicaLa Stampa, 4 febbraio 2012]
  16. ^ Documentario Comandante di Oliver Stone del 2003
  17. ^ Attentato a Cuba, muore italiano
  18. ^ a b Sito del Guardian britannico
  19. ^ Ruth A. Supko, Perspectives on the Cuban National Literacy Campaign, University of Arkansas
  20. ^ GNOSIS, rivista italiana di intelligence, Sardegna, laboratorio politico.
  21. ^ Stack, John F. Jr. (1999), “The Ethnic Citizen Confronts the Future: Los Angeles and Miami at Century’s Turn”, The Pacific Historical Review 68: 309–316, doi:10.2307/3641990
  22. ^ I balseros
  23. ^ L’impero de La Habana: mafia italo-americana a Cuba
  24. ^ Carlo Vitali, Occidentali, Volume VI, Lulu.com, Google Books, pag. 231
  25. ^ Kennedy: un mito nel fango della mafia
  26. ^ Gli anticastristi e il narcotraffico
  27. ^ “Cuban-Americans The Miami mirror.” The Economist. March 24, 2012. Retrieved on February 8, 2014.
  28. ^ Obama riapre Cuba agli americani ma niente rum
  29. ^ Cuba: anche Castro riconosce che il comunismo ha fallito | News | La Repubblica.it oppure http://libero-news.it/news/484409/Anche_a_Cuba__il_comunismo_non_funziona_pi%C3%B9_.html
  30. ^ Cuba/ Castro: su frase comunismo sono stato fraintesoURL consultato il 14-09-2010.
  31. ^ a b “La storia mi assolverà. Una biografia consentita”, di Claudia Furiati.
  32. ^ Cuba: lettera di Castro, “Mio dovere contribuire con esperienze”URL consultato il 18 dicembre 2007.
  33. ^ Operazioni non riuscite e peritonite: “Fidel Castro in gravi condizioni”
  34. ^ Wikileaks, la vera malattia di Fidel Castro
  35. ^ Pope Benedict XVI meets Fidel Castro, The Guardian.co.uk. URL consultato il 10 giugno 2012.
  36. ^ Cabello conversa con los Castro sobre relación bilateral eluniversal.com
  37. ^ Dopo nove mesi Fidel Castro torna in pubblico all’Avana – IlGiornale.it
  38. ^ Fonte
  39. ^ La famiglia Castro.y
  40. ^ Fidel Castro in tuta e camicia per dimostrare che non è morto
  41. ^ January 4, 1975 memorandum of conversation between President Gerald Ford and Henry Kissinger, made available by the National Security Archive, June 2007
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  65. ^ 200 errore
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  73. ^ Order of Merit (OM)
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  78. ^ Conceden en Namibia condecoración a Fidel Castro
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  81. ^ The Amir visit Cuba
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  83. ^ Discurso pronunciado por Fidel Castro Ruz al recibir la Orden del Mérito de Duarte, Sánchez y Mella en el grado Gran Cruz Placa de Oro e imponer al Presidente de la República Dominicana, Dr. Leonel Fernández, la Orden José Martí. Santo Domingo, August 22, 1998.
  84. ^ Castro Speech Data Base
  85. ^ Discurso pronunciado por el Comandante en Jefe Fidel Castro Ruz, Primer Secretario del Comité Central del Partido Comunista de Cuba y Presidente de los Consejos de Estado y de Ministros, en el acto de imposición de la Orden de Buena Esperanza, efectuado en Ciudad del Cabo, Sudáfrica, el día 4 de septiembre de 1998.
  86. ^ About Government – National Orders March 2009
  87. ^ Fidel Castro recibe la mayor distinción de Timor Oriental
  88. ^ Asistencia a los niños en Cuba
  89. ^ Yanukóvich condecora a Fidel y Raúl Castro por ayuda consecuencias Chernóbil
  90. ^ Кастро Рус Фидель Алехандро, Герой Советского Союза
  91. ^ Concediendo a Fidel Castro Ruz el título de Héroe de la Unión Soviética, La Prensa.
  92. ^ Fidel Castro
  93. ^ Биография Фиделя Кастро
  94. ^ Un día como hoy: 11 de noviembre
  95. ^ CASTRO, PCC OFFICIALS RECEIVE SOVIET DECORATION
  96. ^ La Guerra Sucia Sobra
  97. ^ Distinguen a Fidel Castro con Orden Águila de Zambia

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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  • Herbert Lionel Matthews, Castro, Milano, Longanesi & C., 1971.
  • Alberto Baini (a cura di), Castro, Milano, Mondadori, 1973.
  • Pierre Golendorf, Un comunista nelle prigioni di Fidel Castro, Milano, SugarCo, 1978.
  • Mario Mencia, Il prigioniero dell’Isola dei Pini. Fidel Castro nelle carceri di Batista, Roma, Editori riuniti, 1982.
  • Gianni MinàIl racconto di Fidel, Milano, Mondadori, 1988. ISBN 88-04-30887-7
  • John J. Vail, Fidel Castro, Milano, Targa italiana, 1990. ISBN 88-7111-053-6
  • Carlos Alberto Montaner, Vigilia della fine. Fidel Castro e la rivoluzione cubana, Roma, EDILIR, 1992. ISBN 88-7945-001-8
  • Gianni Minà, Fidel Castro. La sua vita, la sua avventura in due interviste storiche, Milano, Sperling & Kupfer, 1996. ISBN 88-200-2267-2
  • Alina Fernandez, Alina. La figlia di Fidel Castro racconta, Milano, Sonzogno, 1998. ISBN 88-454-1061-7
  • Jesus Yanez Pelletier, L’uomo che non volle uccidere Fidel Castro, Leonforte, Lancillotto e Ginevra editori, 2000. ISBN 88-87464-04-9
  • Claudia Furiati, La storia mi assolverà, Milano, Il Saggiatore, 2002. ISBN 88-428-0848-2
  • Volker Skierka, Fidel, Roma, Fandango, 2003. ISBN 88-87517-50-9
  • Carlo Feltrinelli, con Aldo Garzia, Fidel revisited, Milano, Feltrinelli, 2005.
  • Salvatore Cicala, Buon compleanno, Fidel Castro. I veri segreti di Cuba, Crotone, CSA, 2006.
  • Salim Lamrani (a cura di), Il terrorismo degli Stati Uniti contro Cuba, Milano, Sperling & Kupfer, 2006. ISBN 88-200-3998-2
  • Valeria Manferto De Fabianis (a cura di), Fidel Castro. Storia e immagini del Lider Maximo, Vercelli, White Star, 2007. ISBN 9788854007734
  • Salim Lamrani, Fidel Castro, Cuba, gli Stati Uniti, Milano, Sperling & Kupfer, 2007. ISBN 9788820043452
  • Armando Valladares, Contro ogni speranza. 22 anni nel gulag delle Americhe. Dal fondo delle carceri di Fidel Castro, Milano, Spirali, 2007. ISBN 9788877708076
  • Ignacio Ramonet, Fidel Castro, autobiografia a due voci, Milano, Mondadori, 2007. ISBN 978-88-04-52649-0
  • Nino d’Ambra (a cura di), Luigi il Cubano, Fidel Castro e gli anni Cinquanta a Forio, Napoli, Centro ricerche storiche d’Ambra, 2008.
  • Gordiano Lupi, “Fidel Castro – biografia non autorizzata”, Acar, Lainate, 2011

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Comandante en Jefe delle FAR Successore
Nessuno, ufficio creato 1959 — 2008 Raúl Castro
Predecessore Primo ministro di Cuba Successore
José Miró Cardona 1959 — 1976 Nessuno, ufficio abolito
Predecessore Presidente del Consiglio di Stato e del Consiglio dei Ministri di Cuba Successore Flag of the President of Cuba.svg
Osvaldo Dorticós Torrado come Presidente di Cuba 3 dicembre 1976 — 24 febbraio 2008 Raúl Castro

Umberto Terracini

Umberto Terracini

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Umberto Terracini
UmbertoTerracini.jpg

Presidente dell’Assemblea Costituente
Durata mandato 8 febbraio 1947 –
31 gennaio 1948
Predecessore Giuseppe Saragat
Successore Giovanni Gronchi
on. Umberto Terracini
Bandiera italiana
Assemblea costituente
Luogo nascita Genova
Data nascita 27 luglio 1895
Luogo morte Roma
Data morte 6 dicembre 1983
Titolo di studio Laurea in giurisprudenza
Professione Avvocato
Partito Partito Comunista Italiano
Gruppo Comunista
Circoscrizione Liguria
Incarichi parlamentari
  • Presidente dell’Assemblea Costituente, della quale era già stato vicepresidente;
  • Presidente del Comitato per i diritti civili;
  • Presidente della Giunta per il regolamento interno;
  • Vicepresidente della Commissione per la Costituzione;
  • Presidente della Seconda Sottocommissione;
  • è stato inoltre componente del comitato di redazione, del comitato italiano dell’Unione interparlamentare e della commissione speciale per l’esame del disegno di legge sulle nuove formule di giuramento.
Pagina istituzionale
sen. Umberto Terracini
Bandiera italiana
Parlamento italiano
Senato della Repubblica
Partito Partito Comunista Italiano
Legislatura IIIIIIIVVVIVIIVIII,IX
Gruppo Comunista
Circoscrizione Senatore di diritto (I Legislatura),
Liguria (dalla II alla IX Legislatura)
Incarichi parlamentari
  • Vicepresidente della Commissione Affari Istituzionali (I-II)
  • Vicepresidente della Commissione per la Riforma del Senato (III)
  • Presidente del Gruppo Comunista (VI)
Pagina istituzionale
« L’Assemblea ha pensato e redatto la Costituzione come un patto di amicizia e fraternità di tutto il popolo italiano, cui essa la affida perché se ne faccia custode severo e disciplinato realizzatore. »
(Umberto Terracini)

Umberto Elia Terracini (Genova27 luglio 1895 – Roma6 dicembre 1983) è stato un politico e antifascista italiano, presidente dell’Assemblea costituente e dirigente – sempre in posizione di autonomia critica – delPartito Comunista Italiano. Numerose furono le volte in cui Terracini criticò frontalmente le decisioni del comitato centrale comunista: nel 1924 fu contrario, a seguito dell’assassinio di Giacomo Matteotti, alla svolta dell’Aventino; nel 1939 criticò l’alleanza tra Adolf Hitler e Stalin e fu per questo sospeso dal partito; negli anni settanta fu contrario al compromesso storico e successivamente fu favorevole ad una politica più vicina alle posizioni di Israele. Ha collaborato con la rivista Il Calendario del Popolo.

 

 

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Origini familiari e formazione politica[modifica | modifica wikitesto]

Umberto nacque a Genova da Jair Terracini e Adele Segre, entrambi ebrei di origine piemontese. I nonni paterni erano commercianti ambulanti di panni, che operavano nei mercati della provincia astigiana. Con il tempo, il lavoro e il risparmio, erano riusciti a sviluppare un’attività fiorente abbastanza da permetter loro di allestire, in un palazzo della vecchia Genova, un grande negozio di tessuti, fornito di ampio magazzino, da loro gestito con la collaborazione dei figli e di alcuni commessi.

In questa famiglia benestante, Jair Terracini aveva cercato di seguire altre strade: unico tra i fratelli, si era laureato in ingegneria civile per dedicarsi alla libera professione, nella quale tuttavia non aveva avuto successo ed era perciò ritornato a curare gli affari della “ditta Terracini”. Morì prematuramente nel 1899, lasciando i tre figli Amadio, Umberto e Margherita con la moglie Adele, i quali si trasferirono a Torino, in una casa di via Accademia Albertina, dove la vedova avrebbe potuto contare, nei casi di estrema necessità, sull’assistenza della famiglia di origine, appartenente alla borghesia benestante. La loro fu la povertà decorosa e orgogliosa dei buoni borghesi decaduti, salvaguardata dalla modesta rendita della dote di Adele, costituita da titoli di Stato.

Completati gli studi elementari, Umberto frequentò la scuola ebraica, i cui programmi corrispondevano a quelli ministeriali, salvo l’aggiunta dello studio della lingua e della storia d’Israele: non ricavò, né dalla famiglia, né dalla scuola, alcun interesse religioso, pur frequentando regolarmente la sinagoga. In una casa nella quale scarsi erano i libri e di poco valore, crescendo, per procurarsi delle letture, iniziò a frequentare la Biblioteca civica, avvicinandosi ai romanzi popolari degli autori che allora godevano di particolare fortuna: Victor HugoEdmondo De AmicisÉmile ZolaEugène Sue.

Fu la frequentazione del cugino materno Elia Segre, giovane anticonformista, già allievo del Collegio militare dal quale era stato espulso per indisciplina, insignito di due medaglie d’oro al valor civile, socialista eanticlericale – leggeva infatti l’Avanti! e la Critica sociale di Turati, ma anche l’Asino di Guido Podrecca – a indirizzare i primi pensieri del giovanissimo Umberto verso temi sociali e politici: «Adesso li capivo i discorsi del cugino Elia, mi commuovevo alla sorte di tanti miseri e mi indignavo contro chi ne aveva la responsabilità».[1] Ma ben più importante fu, dopo che nel 1908 Terracini fu iscritto al Liceo Gioberti, l’amicizia con uno studente delle classi superiori, Angelo Tasca: «un incontro decisivo per il mio avvenire […] Si raccontavano di lui cose mirabili in quanto a prontezza nello studio […] ma paurose le sue propensioni ideali e politiche».[2] Figlio di un manovale delle ferrovie, aveva il piccolo alloggio, nello stesso palazzo di piazza Carlina dove un giorno andrà ad abitare Antonio Gramsci, stracolmo di libri, di opuscoli e di giornali socialisti, dei quali approfittò anche il giovane Terracini.

Fu così che nel 1911 Terracini, accompagnato da Tasca e senza dire nulla alla madre, andò a iscriversi nel Fascio socialista giovanile del quartiere Centro, in corso Siccardi: le polemiche sulla guerra di Libia erano all’ordine del giorno e Terracini fece le sue prime prove di polemista socialista, contrario alla guerra, nei capannelli che si formavano nei giardini di piazza Carlo Felice o sotto i portici di via Po, controbattendo le ragioni dei «colonialisti». In un partito, come quello socialista, dove allora militavano, nelle città, soprattutto operai, la buona cultura e la possibilità che egli aveva di approfondire, studiando, i temi politici e teorici propri del movimento socialista, resero il giovane Terracini prezioso per tenere conferenze e lezioni nelle sezioni di partito, dove si fece conoscere e apprezzare.

In questo modo, nel 1912, fu eletto segretario della sua sezione e, dopo aver conseguito la maturità nel 1913 ed essersi iscritto nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università torinese, nell’agosto del 1914 veniva eletto segretario provinciale. Era appena iniziata la Prima guerra mondiale, pe la quale Terracini oppose subito la sua contrarietà a una eventuale partecipazione dell’Italia e fu proprio un comizio pacifista da lui tenuto il 15 settembre 1916 a Trino Vercellese a costargli l’arresto e la condanna a un mese di carcere, dal quale fu fatto uscire solo per essere arruolato a Bra, come soldato semplice nel 72º Reggimento fanteria. Di qui, nel 1917, venne inviato al fronte, nella zona di Montebelluna, assegnato come autiere in un corpo motorizzato, dove lo raggiunse la notizia che in Russia era avvenuta la prima Rivoluzione socialista della storia.

 

Umberto Terracini

Alla fine della guerra, senza essere ancora congedato, fu trasferito a Torino, dove si laureò e iniziò, nel dicembre del 1919, a frequentare uno studio legale come praticante. Aveva intanto ripreso i contatti con i compagni di partito, Tasca per primo, e poi Gramsci e Togliatti. Furono i quattro giovani che progettarono una rivista nuova, che trattasse di politica e di cultura: Tasca trovò i finanziatori, la sede fu ricavata nei locali dell’Avanti! e il 1º maggio 1919 poteva uscire il primo numero de L’Ordine Nuovo. L’impostazione del settimanale, che Tasca aveva concepito come una rivista di cultura indirizzata agli operai, non soddisfaceva gli altri collaboratori, che intendevano privilegiare piuttosto l’analisi politica del movimento socialista italiano e internazionale, con una decisa impronta operaista: dopo due mesi, L’Ordine Nuovo mutò impostazione e, in polemica con la Camera del Lavoro e con la linea politica del Partito socialista, svolse un’intensa propaganda a favore dei Consigli operai, le rappresentanze operaie costituite direttamente nelle fabbriche. Terracini collaborava anche all’edizione piemontese dell’Avanti!, dirigeva un altro settimanale socialista, Falce e martello e, con Gramsci, Togliatti, Tasca, Zini, PastoreBalsamo-Crivelli e altri, teneva lezioni di dottrina socialista nelle sezioni socialiste.

La conclusione del conflitto non sembrava aver portato i benefici che i sostenitori dell’intervento avevano sperato: alle centinaia di migliaia di vittime e di invalidi si erano aggiunti i disoccupati gettati sulla strada dalla lentezza della riconversione industriale, le difficoltà provocate da salari insufficienti, i reduci che non riuscivano a reinserirsi nella vita civile, i nazionalistiesasperati da una vittoria che consideravano «mutilata» dalle promesse di guadagni territoriali non mantenute, i timorosi di un’ondata rivoluzionaria proveniente dalla Russia. Gli squadristidi Mussolini cercavano di inserirsi in questi contrasti sociali presentandosi come i garanti dell’ordine e della proprietà, assalendo e devastando le sedi del Partito socialista, dei suoi giornali, delle Camere del Lavoro.

Tra i fondatori del PCd’I[modifica | modifica wikitesto]

Il 28 settembre del 1920 la direzione del PSI si divide tra chi aderisce all’idea di Terracini e chi invece proclama l’esigenza di mantenere unito il partito pur accettando alcuni punti proposti dall’Internazionale comunista. La divisione, ormai divenuta insanabile, porta nel 1921, al termine del XVII Congresso del Partito socialista, alla formazione del Partito Comunista d’Italia, cui Terracini aderisce diventandone un personaggio di rilievo (fa parte, infatti, del primo Esecutivo, assieme ad Amadeo BordigaBruno FortichiariRuggero GriecoLuigi Repossi).

Eletto deputato nel 1921 e nel 1924, nell’agosto 1926 fu arrestato e nel 1928 fu processato dal Tribunale Speciale (con Antonio Gramsci e Giovanni Roveda). Il 4 giugno 1928, dopo le richieste di condanna del pubblico ministero, il Tribunale concesse la parola a Terracini affinché parlasse a nome di tutti gli imputati; Terracini approfittò dell’occasione per elevare un atto di accusa contro la dittatura fascista:

« Io dicevo: qual è il significato politico delle conclusioni del Pubblico Accusatore? Niente altro che questo: che il fatto puro e semplice dell’esistenza del partito comunista è sufficiente, di per se stesso, a porre in pericolo grave e imminente il regime. Oh, eccolo, dunque, lo Stato forte, lo Stato difeso, lo Stato totalitario, lo Stato armatissimo! Esso si sente minacciato nella sua solidità, di più, nella sua esistenza, solo perché di fronte a lui si leva questo piccolo partito, disprezzato, colpito e perseguitato, che ha visto i migliori tra i suoi militanti uccisi o imprigionati, obbligato a sprofondarsi nel segreto per salvare i suoi legami con la massa lavoratrice per la quale e con la quale vive e lotta. Vi è da meravigliarsi se io dichiaro di fare mie, integralmente, queste conclusioni del Pubblico accusatore?… »
(Umberto Terracini[3])

Fu condannato a 22 anni e 9 mesi di carcere. Dopo averne scontati 11 a Roma, nel 1937 venne inviato al confino prima a Ponza e poi a Santo Stefano, dove fu liberato dai partigiani nel 1943[4].

Tra i critici del Patto Molotov-Ribbentrop[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1939 criticò aspramente e coraggiosamente il Patto Molotov-Ribbentrop, il che ne provocò l’espulsione dal partito ed il formale divieto, imposto ai suoi compagni di confino, di rivolgergli la parola. Questo fu per lui motivo di tremenda amarezza. Fu riammesso nel partito nel 1943, mentre era profugo in Svizzera, senza che la vicenda fosse resa pubblica.[5] Affiancò dunque, in veste di segretario generale, la Giunta provvisoria di Governo della Repubblica libera partigiana dell’Ossola.

Tra i firmatari della Costituzione della Repubblica[modifica | modifica wikitesto]

 

Umberto Terracini firma la Costituzione, Roma 27 dicembre 1947.

Eletto deputato e vicepresidente dell’Assemblea Costituente nel 1946, un anno dopo ne sarà presidente dopo le dimissioni di Giuseppe Saragat. È lui a firmare la Costituzione italiana insieme al Capo dello StatoEnrico De Nicola e al Presidente del Consiglio dei ministri Alcide De Gasperi.

Favorevole all’alleanza coi socialisti nel Fronte Democratico Popolare, a seguito dell’attentato a Togliatti, avvenuto il 14 luglio 1948, presenta una mozione di sfiducia al governo guidato dalla Democrazia Cristiana, che secondo lui ha la responsabilità morale e politica dell’attacco al leader comunista. La mozione, in cui Terracini fece uso dell’espressione “complesso del tiranno” per indicare che a suo dire la DC stava imitando i metodi del Partito Nazionale Fascista, viene respinta con 173 voti contrari e 83 favorevoli.
Nel medesimo periodo fonda il movimento “Solidarietà democratica” con l’intento di difendere le libertà democratiche e di fornire assistenza legale e materiale agli arrestati per motivi politici e alle loro famiglie.

Fu in questi anni, e precisamente nel 1948, che Terracini fu costretto a convolare frettolosamente a nozze con la sua compagna, la bella attrice di cinema e teatro Maria Laura Rocca; questo per sedare lo scandalo nascente. Infatti, la Rocca era ancora ufficialmente sposata con il colonnello Giuseppe Bisazza, dal quale aveva anche avuto un figlio, Oreste, e quindi i due risultavano due pubblici concubini, intollerabile immoralità per l’epoca. Durissime le parole sul fatto dei quotidiani dell’epoca: “… La concubina che con lui (cioè Umberto Terracini) continua a vivere nell’appartamento di Montecitorio, da entrambi trasformato in volgare alcova di comodo per illegittimi ed immorali incontri, al pari di una qualsiasi camera ammobiliata…”.[6] Una volta legalizzata la sua situazione matrimoniale, Terracini decise di adottare il figlio della Rocca, che prese così il nome di Oreste Bisazza Terracini, che oggi è uno dei più affermati avvocati romani.

La reazione al rapporto di Chruščëv sui crimini di Stalin[modifica | modifica wikitesto]

Quando, nel marzo del 1956Togliatti tornò da Mosca dopo aver ascoltato il rapporto di Nikita Chruščëv (allora segreto) sui crimini di Stalin, Terracini ricordò la sparizione del suo amico Béla Kun ed esortò i compagni di partito a non accontentarsi di condannare gli “errori” (così li definiva Togliatti) del regime sovietico, bensì ad avere l’onestà di fare insieme una dura autocritica su come i comunisti di tutto il mondo si fossero trincerati dietro il loro “desiderio di non sapere”:[7]

«Qui non si tratta di chiarire degli errori. Si tratta di disporci tutti a una sincera e severa autocritica che stabilisca, di fronte al partito e di fronte soprattutto alla nostra coscienza, fino a che punto la nostra cosiddetta “disciplina” sia stata invece quiescenza e omertà coi delinquenti».[8]

L’appoggio all’intervento sovietico in Ungheria[modifica | modifica wikitesto]

Nel novembre del 1956, in linea con le posizioni del partito sulla rivolta ungherese, salutò l’entrata delle truppe sovietiche che misero fine al governo Nagy con le seguenti parole: “Questa mattina abbiamo saputo che le truppe sovietiche, di stanza in Ungheria, sono intervenute per porre fine ai massacri in atto, a scudo dei combattenti per la costruzione del socialismo. Questo fatto non può che trovare unanime appoggio e solidarietà in tutti i veri democratici e socialisti italiani.”[9]

Anni sessanta e settanta[modifica | modifica wikitesto]

Terracini confermò fino alla morte il suo seggio alla Camera dei deputati, dove nel 1954 eseguì un intervento indignato quando lo scudo crociato non diede le autorizzazioni fondamentali per poter realizzare la Festa dell’Unità. Nel 1962 viene candidato alla presidenza della Repubblica, ma (dopo 200 preferenze al primo scrutinio e 196 al secondo) esce dalla possibilità di elezione; nel 1964 ci riproverà ma, nonostante il considerevole aumento di consensi (da 200 a 250, per tutti i 12 scrutini su 21 in cui lotta per la vittoria) fu sconfitto da Giuseppe Saragat.

Nel 1971 fu tra i firmatari della lettera aperta pubblicata sul settimanale L’Espresso sul caso Pinelli, in cui si accusava il commissario Calabresi di essere un “torturatore”. Negli anni settanta partecipò attivamente alle campagne innocentiste a favore di alcuni esponenti della sinistra extraparlamentare quali Giovanni Marini[10] (condannato per l’omicidio di Carlo Falvella), Achille Lollo[11] (condannato per il Rogo di Primavalle) e Fabrizio Panzieri[12] (condannato per l’omicidio di Miki Mantakas). Non può peraltro essere sottaciuto il suo impegno nel favorire il ritorno in Italia dall’Urss ed il sostegno nei primi difficili anni offerto a Dante Corneli, il comunista di Tivoli, oppositore di Stalin, incarcerato nel 1936 e deportato nel Gulag staliniano. Umberto Terracini seguì con simpatia sia l’edizione (1977) delle memorie di Dante Corneli, sia l’edizione (1982) delle lettere al fratello Mario di Emilio Guarnaschelli, l’antifascista torinese fucilato nell’Estremo Oriente siberiano nel 1937, curata da Nella Masutti.

Vecchio saggio della politica italiana, negli ultimi vent’anni della sua vita svolge un ruolo marginale nello scacchiere istituzionale.

La morte[modifica | modifica wikitesto]

Si spense a Roma il 6 dicembre 1983, all’età di 88 anni. Le sue spoglie si trovano nel cimitero di Cartosio, dove ogni anno si commemora l’anniversario della morte alla presenza di autorità politiche.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Archivio Umberto Terracini, fascicolo 2119, citato in Lorenzo Gianotti, Umberto Terracini. La passione civile di un padre della Repubblica, 2005, p. 24.
  2. ^ U. Terracini, Intervista sul comunismo difficile, 1978, p. 6.
  3. ^ Citato in: Paolo SprianoStoria del Partito comunista italiano, II. Gli anni della clandestinità, Einaudi, Torino 1969, pag. 159.
  4. ^ Su un tentativo, fallito, della Santa Sede di propiziarne la liberazione – mediante lo scambio di lui e Gramsci con due sacerdoti detenuti in URSS – cfr. Andreotti, Giulio, “Un passo della Santa Sede a favore di Gramsci e Terracini” in Rivista di Storia della Chiesa in Italia, 43, no. 1 (June 1989): 169-172.
  5. ^ Indro Montanelli, I protagonisti, Rizzoli Editori, Milano 1976, p.54.
  6. ^ 1
  7. ^ Indro Montanelli, I protagonisti, Rizzoli Editori, Milano 1976, pp.55-56.
  8. ^ Citato in Indro Montanelli, I protagonisti, Rizzoli Editori, Milano 1976, p.56.
  9. ^ L’Unità, 05/11/1956, pag. 7
  10. ^ Vito Faenza, Storia di giovani degli anni ’70Corriere.it, 06/07/2010
  11. ^ Rocco Cotroneo, Intervista ad Achille LolloCorriere.it, 10/02/2005
  12. ^ Michele Brambilla, Dieci anni di illusioni. Storia del Sessantotto, Rizzoli, Milano, 1994

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Archivio Umberto Terracini, documenti custoditi nell’Archivio municipale di Acqui Terme.
  • Umberto Terracini, Intervista sul comunismo difficile, Bari, Laterza 1978.
  • Aldo Agosti e altri, Umberto Terracini nella storia contemporanea, Atti del primo convegno di studi su Umberto Terracini tenutosi in Acqui Terme il 26-27 gennaio 1985, Alessandria, Edizioni dell’orso, 1987.
  • Umberto Terracini: discorsi parlamentari, 3 voll., Roma, Senato delle Repubblica Segreteria Generale Servizio studi, 1995.
  • Aldo Agosti (a cura di), La coerenza della ragione. Per una biografia politica di Umberto Terracini, Roma, Carocci, 1998.
  • Lorenzo Gianotti, Umberto Terracini. La passione civile di un padre della Repubblica, Roma, Editori Riuniti, 2005. ISBN 88-359-5622-6.
  • Leonardo Pompeo D’Alessandro, Umberto Terracini nel “partito nuovo” di Togliatti, Roma, Aracne, 2012. ISBN 978-88-548-4677-7.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Predecessore Presidente dell’Assemblea Costituente Successore Emblem of Italy.svg
Giuseppe Saragat 8 febbraio 1947 – 31 gennaio 1948 Giovanni Gronchi (alla Camera)

interinali – cassazione –

Interinali a termine: indennizzo senza assunzione

In una recente sentenza (n. 21001/2014), la Corte di Cassazione ha stabilito che in caso di conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato, anche in caso di contratto interinale, per il risarcimento del danno trova applicazione l’indennità prevista dall’art. 32, comma 5, della legge n. 183 del 2010.

La sentenza riguardava in particolare un caso di somministrazione di lavoro irregolare (a termine), nel quale in sede giudiziaria il lavoratore aveva chiesto ed ottenuto la conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze dell’utilizzatore, ai sensi dell’art. 27 del Dlgs n. 276 del 2003 ed il conseguente risarcimento dei relativi danni, con effetto dall’inizio della somministrazione.

Per la Corte di Cassazione, in questi casi, è dunque lecito il ricorso al risarcimento a forfait, mentre non è possibile condannare l’azienda al pagamento delle retribuzioni maturate dalla cessazione illegittima fino al ripristino stabilito in sentenza. In sostanza anche per i contratti di somministrazione di lavoro irregolari a tempo determinato viene ridimensionata la condanna economica ad una mera indennità e al lavoratore spetterà soltanto l’indennizzo previsto dalla Legge n. 183/2010. L’indennità sarà omnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’articolo 8 della legge 604/1966.

Nel dettaglio, la Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione richiamando quella che è stata definita una “tendenza normativa” e precisando che:

“L’indennità prevista dall’art. 32 legge n. 183/10 trova applicazione ogni qual volta vi sia un contratto a tempo determinato per il quale operi la conversione in contratto a tempo indeterminato e, dunque, anche in caso di condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore che abbia chiesto ed ottenuto dal giudice l’accertamento della nullità di un contratto di somministrazione lavoro convertito – ai sensi dell’ultimo co. dell’art. 27 d.lgs. n. 276/03 – in un contratto a tempo indeterminato tra lavoratore e utilizzatore della prestazione”.

 
www.pmi.it

 

Salute e sicurezza

Salute e sicurezza, il sindacato internazionale boccia la bozza Iso

La Confederazione Internazionale dei Sindacati (CSI-ITUC ) ha espresso la propria contrarietà alla definizione, da parte dell’ISO – International Organisation for Standardization, di uno standard relativo ad un Sistema di gestione della Salute e Sicurezza sul Lavoro (Occupational Health and Safety Management System).

Per il sindacato internazionale la sede istituzionale per le definizione di norme relative alla salute e sicurezza sul lavoro è unicamente quella dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO, nell’acronimo inglese), per la sua appartenenza al sistema delle Nazioni Unite, per la sua quasi centenaria competenza in materia, per la sua unica struttura tripartita, che consente a Governi, rappresentanti degli imprenditori e rappresentanti dei lavoratori di emanare norme ben fondate sulla conoscenza delle reali condizioni di lavoro e meglio implementabili proprio in funzione della loro elaborazione condivisa.

Quelli dell’ILO sono trattati internazionali cui i 185 stati membri devono attenersi. In questi giorni, in cui i rappresentanti delle organizzazioni di standardizzazione (l’UNI, in Italia) devono votare su una bozza di testo da “promuovere” o meno a base condivisa per la fase successiva di lavoro, la CSI ha chiesto – direttamente e attraverso i propri membri – di bocciare l’attuale testo. Infatti, nonostante il lavoro fosse proceduto sulla base di un Accordo – siglato nel 2013 – tra la stessa ISO e l’ILO, nel tentativo di garantire l’adesione del testo ISO alle convenzioni internazionali sul lavoro dell’ILO, un documento dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro afferma chiaramente che l’attuale bozza ISO “…non rispetta e non sostiene le norme internazionali del lavoro (ILS) in un vasto campo di questioni sotto il mandato dell’ILO (ILO issues) e mette il possibile standard in contrasto con le norme internazionali ampiamente riconosciute e con molte leggi nazionali”.

Il documento dell’ILO denuncia una serie di mancanze rispetto alle norme internazionali del lavoro della bozza messa in approvazione.

Il ruolo dei lavoratori e la loro partecipazione – diretta e tramite sindacati – alla gestione della salute e sicurezza; la riduzione delle responsabilità delle proprietà e direzioni aziendali nella garanzia della salute e sicurezza per i lavoratori; la discrezionalità nella fornitura degli strumenti di protezione individuale; la definizione di rischio, infortunio e malattia professionale – sono, fra gli altri, alcuni dei punti sui quali l’ILO dichiara il mancato rispetto delle norme internazionali sul lavoro e una modificazione “unilaterale” della bozza di testo, rispetto a quanto definito nel gruppo di lavoro, pur criticato dall’ILO per la assolutamente insufficiente presenza di rappresentanti dei sindacati (ISO non la prevede).

La CGIL – in una lettera all’UNI – ha chiesto che i partecipanti italiani al gruppo di lavoro ISO votino contro l’adozione della bozza, consentendo di riaprire una discussione per un testo aderente alle norme internazionali sul lavoro.

 

L. stabilità

L. stabilità: Cgil, gravissimo se più tasse su rendimenti fondi complementari

“Se si rivelassero vere le indiscrezioni su una ulteriore tassazione dei rendimenti dei fondi pensione, ci troveremmo di fronte ad un fatto gravissimo, un vero e proprio saccheggio del risparmio previdenziale dei lavoratori”. E’ quanto afferma il segretario confederale della Cgil, Vera Lamonica, in merito ad alcune anticipazioni di stampa circa l’intenzione del governo di procedere ad un aumento della tassazione sui rendimenti dei fondi pensione.

“Ricordiamo – prosegue il segretario confederale della Cgil in una nota – che nei fondi negoziali viene allocato il trattamento di fine rapporto e un costo contrattuale che fa parte del salario, così come va sottolineato che la previdenza complementare nasce anche in ragione della progressiva trasformazione del sistema, per evitare l’impoverimento futuro dei lavoratori. Ecco perché questa misura, oltre ad incidere sull’intero sistema della previdenza complementare, è ingiusta perché colpisce direttamente il risparmio dei lavoratori e la loro futura pensione”, conclude
Lamonica.